CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 310

“Spettri” di Ibsen, la nebbia invade la casa del perbenismo

Al Carignano, sino a domenica 18, per la stagione dello Stabile torinese

 

Il palcoscenico pressoché spoglio, l’interno di una casa, su nel nord norvegese, due alte colonne al centro, un lampadario con la sua luce fioca che incombe dall’alto, una mezza dozzina di sedie, un tavolo sul fondo ingombro di bicchieri e lampade e un mucchio di libri, un grande specchio sul fondo che saprà anche accompagnare, come in una folle quanto macabra danza, i momenti più stranianti della vicenda; poi un fumo che dall’esterno a poco a poco continua a invadere l’ambiente, ovvero i miasmi di cui la vita ha riempito non solo la casa ma un’intera famiglia o forse l’evocazione dell’incendio dell’asilo da inaugurare, che qui passa in secondo piano, e una pioggia continua, battente, nauseabonda, come i fragorosi tuoni che l’accompagnano. “Spettri”, uno dei capolavori di Ibsen, arriva al Carignano (repliche sino a domenica 11 dicembre) per la Stagione dello Stabile torinese, prodotto dallo Stabile del Veneto, nella versione e nell’adattamento prosciugante, di 90’, di Fausto Paravidino (fu già Osvald a Bolzano) e per la regia lineare, estremamente rigorosa del lituano Rimas Tuminas. È anche il ritorno sulle scene italiane, nel ruolo di Hélène Alving, di Andrea Jonasson, in un bel contrasto pittorico dei suoi capelli ramati e l’abito verde di scena, algida e avara di dialoghi nella prima parte per poi esplodere lungo la tragedia che s’allunga all’interno del finale, concepita a madonna, con il suo scialle in capo, a raccogliere, la boccetta di morfina in una mano, la richiesta dolorosa e la morte del figlio. Ruolo non semplice, drammaticamente alto, che a tratti la frequentazione diradata di una lingua pare rallentare, cercare il giusto silenzio o afferrare la parola immediata, ma un ruolo superato felicemente, in piena eleganza, con la passione e la maestria che le vedevamo abituale in quel Piccolo milanese di strehleriana memoria.

Pare una tragedia greca questo “Spettri”, dove una madre dice che “gli spettri siamo noi” e un figlio intona “Vesti la giubba” dei “Pagliacci” per chiedere poi disperato il sole. Ma quel sole, nella casa, non potrà mai entrare. Forse qualcuno dovrà immolarsi. C’è realtà e c’è sogno nella elaborazione di Paravidino, c’è il tempo presente e il passato che può aver visto i giochi di due ragazzi, c’è in vantaggio il grumo di rapporti familiari – le parole di Osvald trovano anche lo spazio per un riallacciarsi alla contemporaneità, quando afferma che famiglia non è quella stabilita ma forse incancrenita, bensì quella dove c’è amore tra i componenti – con il ritorno di Osvald da Parigi, artista squattrinato e malato di quella sifilide (“i medici mi parlano di allentamento cerebrale, parole che sanno di tende di velluto!”) che un padre sempre in giro per femmine e gonnelle s’è portato in casa, con la giovinezza e la fuga di Regine (Eleonora Panizzo, tra spensieratezza e ribellione giustamente descritte), che da sempre vede nel vecchio falegname Jakob Engstrand (un appartato Giancarlo Previati, che si prefigura un diverso avvenire, non sai quanto chiaro) una figura paterna per poi scoprire, nella confessione di Hélène che svelerà quanto di marcio non vi sia soltanto in Danimarca, che il vero padre è il signor Alving e che lei sta per innamorarsi di un ragazzo che le è fratellastro. C’è il moralismo puritano e il perbenismo incarnati dal pastore Manders (un logico – “loico” – Fabio Sartor), c’è una pericolosa ambiguità, che hanno lungo un’intera esistenza seppelliti i peccati di casa, c’è il comportamento di Hélène che ha finto di non vedere e che mai s’è sognata di sbattere la porta come la Nora di “Casa di bambola” e di allontanarsi, di fuggirsene via. Ma il tutto sembra essere lo specchio di un destino, di un percorso prefissato, “è d’obbligo per noi umani essere felici?” si chiederà il pastore.

La vera sorpresa della serata è Gianluca Merolli con il suo Osvald, febbricitante, ai limiti della follia, chiuso nella conoscenza, nel disvelamento, nella conseguente propria sofferenza, tra ricordi antichi e paure, una costruzione che arriva anche a scomporsi fisicamente, in quel muovere svirgolato delle labbra e delle mani, in quell’accartocciarsi come un fantoccio sul pavimento. Una prova eccellente, applauditissimo con tutti i compagni la sera della prima. Non ultime raccolgono il successo le musiche, struggenti e appropriate, che vanno da Faustas Latènas a Giedrius Puskunigis, da Georges Bizet a Jean Sibelius. Davvero spettacolo da non perdere.

 

Elio Rabbione

 

Le immagini dello spettacolo sono di Serena Pea

Al Museo per leggere l’antico Egitto

Nell’anno 2022 ricorre il bicentenario della decifrazione dei geroglifici da parte di Jean-François Champollion.

Questo evento storico segna la nascita dell’egittologia moderna e il Museo Egizio lo celebra con una mostra dedicata interamente alle scritture e alla lingua della civiltà egizia. Secondo il mito, fu il dio Thot a ideare l’arte della scrittura, divenendo patrono della conoscenza e degli scribi.

La scrittura è uno strumento fondamentale per l’amministrazione del paese e, allo stesso tempo, componente essenziale della visione del mondo e dell’immaginario egiziano, veicolo del pensiero religioso e del rito, della rappresentazione del potere regale e dell’identità sociale delle élite.

Il Dono di Thot: Leggere l’antico Egitto” ripercorre l’evoluzione delle scritture(ieratico, demotico, copto e geroglifico) e la varietà dei supporti su cui si scriveva, aprendo una finestra sull’ambiente, il pensiero e la società dell’antico Egitto.

Sono 170 i reperti in esposizione, tutti provenienti dalle Collezioni del Museo Egizio, ad eccezione delle tavolette cuneiformi provenienti dai Musei Reali di Torino. In mostra sono esposti papiri, capolavori della statuaria, oggetti in alabastro e statuine lignee, a testimonianza di quella cultura materiale attraverso cui egittologi e storici hanno ricostruito la biografia non solo degli oggetti, ma dell’intera civiltà nilotica.

Curata da Paolo Marini, Federico Poole e Susanne Töpfer, curatori del Museo Egizio, la mostra è frutto di un progetto scientifico ideato dal direttore del Museo, Christian Greco ed è sostenuta dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino.

Dal 7 novembre 2022 al 7 settembre 2023.

Al Tff quasi 50 mila presenze

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Si è conclusa la 40° edizione del Torino Film Festival, diretto da Steve Della Casa e inaugurato con un messaggio del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. L’edizione 2022 si è svolta completamente in presenza nella prospettiva del ritorno in sala del pubblico e coinvolgendo attivamente la città. Sono stati 173 i film presentati nei quattro cinema coinvolti, oltre agli appuntamenti dislocati in numerose location cittadine tra cui Casa Festival in Cavallerizza Reale, cuore pulsante della manifestazione.

I dati dell’edizione 2022 sono i seguenti: 49.622 presenze suddivise in 37.622 spettatori agli eventi a pagamento e 12.000 spettatori agli eventi gratuiti (tra cui masterclass, anticipate stampa, altre proiezioni ed eventi), 2074 accrediti rilasciati (stampa e professionali/industry), 411 abbonamenti e 224 pass giornalieri venduti e un incasso di 151.632 euro a fronte di 64.699 posti a sedere nelle sale cinematografiche contro i 98.963 dell’edizione 2019 (ultima pre pandemia).

Tante le proiezioni sold out tra cui: Dry Ground Burning di Joana Pimenta e Adirley Queirós, Eo di Jerzy Skolimowski, Empire of Light di Sam Mendes, Magical Girl e Mantìcora di Carlos Vermut, Nocebo di Lorcan Finnegan, O Acidente di Bruno Carboni, Pacifiction di Albert Serra, Palm Trees and Power Lines di Jamie Dack, Pinball di Austin e Meredith Bragg, Plan 75 di Chie Hayakawa, Riotsville, Usa di Sierra Pettengill, Runner di Marian Mathias, The Woodcutter Story di Mikko Myllylahti, Un Varón di Fabian Hernández, Urban Myths di Won-Ki Hong.

La copertura social del TFF è stata di circa 600 mila utenti unici, con dati di assoluta eccellenza per le piattaforme Facebook e Instagram con oltre 116 mila interazioni con i canali del festival. Tutti i canali social del TFF – Instagram, Facebook, Twitter e Youtube – hanno prodotto oltre 2.000.000 di impression totali e 330 mila visualizzazioni di video.

Molto significativo anche il dato del canale Instagram con impression organiche durante il festival che si attestano oltre quota 1.335.000 mila, trainate da oltre 145.000 views dei 24 video postati durante eventi, presentazioni e masterclass, e un incremento di oltre il 45% del numero di follower.

Durante il TFF40 sono stati inoltre realizzati diversi TikTok a tema Torino Film Festival sul canale TikTok del Museo Nazionale del Cinema con un totale di oltre 122.000 views.

Alla luce di queste considerazioni, i dati del 40° Torino Film Festival sono testimonianza di un importante segnale di ripresa, a conferma del valore della manifestazione e della sua capacità di coinvolgimento della città.

 

“La città segreta” A Ivrea si apre il Natale con le “Luci d’artista”

Dedicate a “Le città invisibili” di Italo Calvino, in occasione dell’ormai prossimo centenario dalla nascita

Mercoledì 7 dicembre

Ivrea (Torino)

Ad Ivrea, “Capitale italiana del libro 2022”, è ormai avviata la macchina organizzativa del Natale, che quest’anno, doverosamente per il capoluogo eporediese, si aprono alle ormai prossime celebrazioni del centenario della nascita di Italo Calvino (Santiago de las Vegas, Cuba, 15 ottobre 1973 – Santa Maria della Scala, Siena, 19 settembre 1985), con un’installazione di “Luci d’artista” in centro città ispirata ad uno dei suoi romanzi più celebri e amati “Le città invisibili”, pubblicate nel 1972, esattamente cinquant’anni fa. L’opera, realizzata da Paolo Amico, siciliano di San Cataldo (“l’artista delle penne a sfera”), a cura dell’assessore alla cultura di Ivrea Costanza Casali e nata da un’idea di Paolo Verri, coordinatore del programma di “Ivrea Capitale del libro”, è composta da 63 striscioni bifacciali collocati nel cuore della città, in via Palestro e in via Arduino, e realizzati con un particolare effetto che li rende visibili in qualsiasi momento della giornata. Ognuno riporta una frase tratta da “Le città invisibili” e particolarmente “vicina” a Ivrea, per l’appunto la “città segreta” che dà il titolo all’intera opera. La tecnica scelta dona un particolare effetto luminoso e permette di vedere l’opera senza il bisogno dell’illuminazione esterna, una scelta precisa di sostenibilità ambientale e culturale” del progetto, che non produce impatto ambientale e nello stesso tempo è fruibile da tutti, a qualunque ora del giorno. Quest’ultimo aspetto è particolarmente significativo poiché è stato uno dei capisaldi intorno a cui si è sviluppato il dossier di candidatura di “Ivrea a Capitale del libro 2022”. L’opera (che rientra nel circuito di “Luci d’Artista”, il progetto della Città di Torino nato nel 1998 per volontà dell’allora assessore alla Cultura, Fiorenzo Alfieri) sarà inaugurata mercoledì 7 dicembre (ore 17,30 Sala Dorata del “Palazzo di Città” di Ivrea) con una lectio magistralis di Marco Belpoliti – il più autorevole studioso contemporaneo di Calvino – dal titolo “Guardare è un modo di essere nel mondo. Italo Calvino e il visivo”, che anticipa l’uscita in marzo del volume di Italo Calvino “Guardare, a cura dello stesso Belpoliti (per Mondadori),  proprio in occasione del centenario della nascita dello scrittore.

A seguire, alle 18,30 sarà acceso il tradizionale “Albero di Natale” contemporaneamente all’inaugurazione dell’opera di Paolo Amico. Tutta Ivrea sarà “vestita” di Italo Calvino grazie al coinvolgimento della “Biblioteca” e dei librai che realizzeranno delle vetrine a tema. “ ‘Ivrea 2022’ – sottolinea Paolo Verri – non poteva non dedicare uno spazio significativo a Italo Calvino. La pubblicazione nel 1972 delle  ‘Città  invisibili’  ha  segnato  un  punto  di  svolta  nei  modelli  narrativi  e  comunicativi contemporanei; quel libro è stato già indicato in candidatura come uno dei 10 libri italiani alla base della nostra idea di comunità dei lettori. Ora che il centenario di nascita di questo grande autore si avvicina, Ivrea si offre come luogo in cui librerie, biblioteche, scuole, semplici lettori, omaggiano con le  loro  vetrine  e  con  il  proprio  tempo  uno  dei  personaggi  fondamentali  dell’editoria  italiana  dello scorso  secolo.  Calvino  infatti,  oltre  che  scrittore,  è  stato  un  pilastro  della  casa  editrice  ‘Einaudi’, inventore di una collana innovativa come ‘Centopagine’, collaboratore del ‘Corriere della Sera’ e di ‘Repubblica’, del cui fondatore e direttore Eugenio Scalfari è stato anche compagno di classe. Da Ivrea parte l’invito a ricordarlo in ogni modo, per tutto il 2023. Siamo certi che accadrà non solo in Italia, ma in tutto il mondo, come merita, e come la diffusione delle sue opere, in particolare delle ‘Lezioni americane’, dimostra”Il romanzo di Calvino è composto da nove capitoli, ciascuno dei quali si apre e si chiude con un dialogo fra Marco Polo e l’imperatore dei Tartari Kublai Khan che interroga l’esploratore sulle città del suo immenso impero. Ciascun capitolo contiene cinque descrizioni delle città visitate da Marco Polo. Le città sono cinquantacinque e ciascuna ha un nome di donnaTra i tanti particolari narrati nelle varie città – aggiunge l’assessore Costanza Casali – è possibile riconoscere similitudini con la Città di Ivrea; con questo spirito si è dunque scelto di prendere queste frasi e dare vita al progetto ‘la città segreta’”“Ivrea, poi, anche quest’anno– conclude l’assessore – non rinuncerà agli alberi di Natale, che verranno posizionati in Piazza di Città, ai lati della Fontana ‘Camillo Olivetti’ e nelle periferie ‘Bellavista’ e ‘San Giovanni’. Inoltre, è stata indetta una manifestazione di interesse per la pista di pattinaggio, che ha avuto esito positivo, e verrà installata in Piazza Ottinetti. Vi saranno, altresì, varie iniziative per i bambini”.

g.m.

In anteprima nazionale allo Spazio Kairòs “Fantasie di complotto”

Complottismo a teatro

 Ispirato al libro di Wu Ming 1

Mercoledì 7 e domenica 11 dicembre

Per “fantasie di complotto” intendonsi “… quelle idee che riguardano una cospirazione universale, che ha come fine la conquista o la distruzione del mondo da parte di società segrete, confraternite occulte, ‘razze infide’ (…). Una cospirazione costantemente denunciata eppure sempre in pieno svolgimento, da decenni, da secoli”. Così l’attrice e drammaturga Debora Benincasa e la regista Silvia Marchetti spiegano il titolo e il messaggio del loro spettacolo, scritto a quattro mani, “Fantasie di complotto” portato in scena in anteprima nazionalemercoledì 7 e domenica 11 dicembre (ore 21) allo “Spazio Kairòs”, ex fabbrica di colla ora trasformata in teatro, al civico 7 di via Mottalciata, a Torino. Lo spettacolo, ricordano ancora “racconta una storia contemporanea, in cui si intrecciano le difficoltà di ascoltare gli altri e sé stessi” e nasce grazie alla lettura di “La Q di Qomplotto” di Wu Ming 1, pseudonimo dello scrittore e traduttore ferrarese Roberto Bui, membro del Collettivo “Wu Ming” e del precedente “Luther Blissett”. Frutto di una proficua collaborazione fra due realtà teatrali, “Anomalia Teatro” e “Compagnia del Calzino”, la pièce vede protagonisti sul palco Debora Benincasa e Marco Gottardello. Lui ha una vita soddisfacente: una casa di proprietà, un lavoro a tempo indeterminato (in banca: cosa di meglio?) e una fidanzata.  Eppure, la notte non riesce a dormire. Una vita come tante nella nostra società sempre più liquida e precaria, tesa a soddisfare aspettative difficili da mantenere (o da desiderare realmente) : sposarsi, guadagnare, mettere su famiglia…

Camminiamo all’interno di un flusso continuo di informazioni, video, parole, immagini – spiegano ancora le autrici.  Così, diventa sempre più difficile distinguere un articolo da una pubblicità, le false informazioni da quelle vere. Ciò che desideriamo da ciò che è desiderato per noi. Rimane solo un orologio che continua a ticchettare la notte: puoi definirti felice?”.

E proseguono: “Ci è sempre sembrato che il modo comune di parlare dei movimenti complottisti fosse estremamente denigratorio e a volte addirittura violentoCrediamo che questo tipo di narrazioni, volte a ridicolizzare gli individui che finiscono all’interno di questo tipo di pensieri, sia dannoso e nocivo e crei solo più distanza e rabbia”. Quale allora l’Obiettivo del vostro testo teatrale? “Quello di rendersi conto– precisano – che le risposte complottiste, come tutte le fantasie, fanno parte della nostra società, è il nostro modo di vivere stesso a crearle e accrescerle. In un mondo sempre più difficile e complesso, retto da un potere finanziario mascherato e dematerializzato, le fantasie di complotto danno invece risposte semplici e nemici specifici a cui dare la colpaCon questo spettacolo, quello che speriamo, è che si possa arrivare a prendere atto della facilità con cui chiunque può cadere nella tana del bianconiglio, non cerchiamo di dare risposte ma solo di aprire delle possibilità”.

Una sorta di attesa fra domanda e risposta. Al cui interno si sviluppa il pensiero.

g.m.

Nelle foto: Debora Benincasa e Marco Gottardello in scena

A Bardonecchia la mostra “Liberi di imparare ” in collaborazione con il Museo Egizio

Sarà Bardonecchia, località olimpica in Alta Val di Susa, nel periodo delle vacanze di Natale, ad ospitare la nuova tappa del tour della mostra “Liberi di imparare” , frutto della collaborazione iniziata nel 2018 tra il Museo Egizio, la Direzione della Casa Circondariale ‘Lorusso e Cutugno’ e l’Ufficio del Garante dei diritti delle persone private della libertà del Comune di Torino.

L’appuntamento è ideato in collaborazione con Unpli Piemonte, comitato regionale dell’Unione nazionale pro loco d’Italia, e con il patrocinio della Regione Piemonte.
“Liberi di imparare” espone le copie di alcuni reperti dell’antico Egitto, realizzate dai detenuti delle sezioni scolastiche della Casa Circondariale dell’Istituto tecnico “Plana” e del Primo Liceo Artistico, tra cui la Cappella di Maia, gli affreschi della tomba di Iti e Neferu, i ritratti del Fayyum, l’ostrakon della ballerina. Gli oggetti riprodotti fedelmente dai detenuti, al termine di un corso di formazione con egittologi del Museo torinese, hanno ricevuto l’apprezzamento dei vertici del Museo Egizio.

“Siamo molto orgogliosi di questa iniziativa, che ci permette di far conoscere i nostri reperti in una veste inedita e accessibile e nell’ambito di un’iniziativa di grande valore sociale qual è ‘Liberi di imparare’ – dichiarano Evelina Christillin e Christian Greco, presidente e direttore del Museo Egizio – Un progetto che prosegue il nostro impegno nei confronti dei pubblici di prossimità e che sta proseguendo con successo in diverse località piemontesi”.
“Come Amministrazione di Bardonecchia – sottolinea il sindaco Chiara Rossetti – siamo molto felici di ospitare la mostra “Liberi di imparare”. La collaborazione con un’istituzione così importante come il Museo Egizio di Torino non può che essere per noi motivo di grande orgoglio. Auspichiamo che ci possano essere altre occasioni in futuro”. “E’ per noi molto importante – aggiunge il sindaco Rossetti – ospitare un appuntamento di così alto valore sociale, perfettamente in linea con le politiche di condivisione, accoglienza ed inclusione portate avanti con determinazione dalla nostra Amministrazione”.
La mostra sarà inaugurata il prossimo 9 dicembre, alle 17,30, nel Foyer del Palazzo delle Feste di Bardonecchia.

Con cortese richiesta di pubblicazione.

Buddha10: al via i restauri in mostra

Tra il 5 e il 20 dicembre (esclusi i giorni festivi) il pubblico potrà eccezionalmente osservare e interagire con i restauratori del Centro di conservazione e restauro di Venaria Reale all’opera sulle statue buddhiste della mostra Buddha10

Dal 5 al 20 dicembre 2022

MAO Museo d’Arte Orientale, Torino

In occasione dell’esposizione Buddha10 il Centro per la conservazione e il restauro dei beni culturali La Venaria Reale ha realizzato un complesso e profondo restauro delle opere in mostra, ripristinandole e riportandole a uno stato di conservazione tale da consentirne l’esposizione al pubblico.

Adesso l’attività prosegue live in mostra e, dal 5 dicembre, il pubblico potrà assistere dal vivo al delicato processo di restauro di una delle opere presenti nel percorso espositivo.

Per questo intervento è stato scelto uno dei due bodhisattva già oggetto di trattamenti conservativi che hanno contribuito alla comprensione della tecnica esecutiva e della sua storia – procedimento che ha anche permesso di confermare la datazione tardo ottocentesca per la decorazione pittorica del manufatto di provenienza cinese – e, in mostra, proseguirà il lavoro di pulitura mirata alla rimozione delle velature pittoriche più recenti, applicate, nell’ottica di armonizzare una superficie fortemente compromessa e disomogenea, considerate eccessivamente rispondenti ad un gusto tipicamente occidentale.

Per due settimane il pubblico che visiterà Buddha10 potrà assistere allo svolgersi del processo e dialogare con il restauratore, rivolgendogli domande e curiosità, in uno scambio immediato e privo di filtri assolutamente inedito, in linea con l’essenza stessa del progetto espositivo, che si conferma un dispositivo aperto e soggetto a continui cambiamenti.

Station 2 Station al Civico di Chivasso

STATION 2 STATION – Le Vie delle Arti è un viaggio fatto di eventi sia popolari che di avanguardia che si snoderanno fino a venerdì 23 dicembre 2022.

Promosso da Il Mutamento, Station 2 Station è realizzato da un ampio partenariato di professionisti delle arti e del sociale attivi nell’educativa territoriale, nell’animazione interculturale, nell’empowerment, e nel community building.

La rassegna prosegue giovedì 8 dicembre alle ore 21:00 presso il  Teatrino Civico di Chivasso con lo  spettacolo teatrale con Eliana Cantone, musiche dal vivo di Elisa Fighera.

 

“La favola di un’altra giovinezza” propone un intreccio tra letteratura, cinema e teatro a partire dal romanzo di Mircea Eliade e dall’omonimo film di Francis Ford Coppola.

La storia segue le esperienze della protagonista italo-rumena Maria Piarulli, figlia di immigrati italiani in Romania alla fine dell’Ottocento.
All’età di 65 anni Maria vien colpita da un fulmine che, anziché ucciderla, le dona una nuova possibilità, una seconda giovinezza.

Una favola insolita e paradossale, un viaggio in chiave ironica e onirica verso la ricerca di una seconda possibilità di vita, di un’altra giovinezza.
Spettacolo vincitore del bando Kilowatt Festival Visionari 2013.

 

Biglietto: 5 euro

Ufficio Stampa: 333 430 97 09

Al Colosseo Noemi, Zalone, Ranieri

Stagione 2022-2023

Mercoledì 7 dicembre ore 21
NOEMI
Live 2022 – In concerto
poltronissima € 55,00 | poltrona € 45,00 | galleria A € 35,00 | galleria B € 25,00
Emersa grazie a X Factor come una delle voci più belle ed emozionanti della musica italiana degli ultimi anni, Noemi è riuscita a cavalcare l’onda del successo grazie a una voce inconfondibile in grado di misurarsi con il pop, il soul, l’R&B e il blues. Sorridente, allegra, travolgente e a volte anche irriverente, la cantante si è imposta in pochi anni come una delle artiste più talentuose del nostro Paese. È di casa al Festival di Sanremo e ha fatto breccia nel cuore degli italiani anche come coach di The Voice Of Italy.
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Giovedì 8 e venerdì 9 dicembre ore 21
Lunedì 12 e martedì 13 dicembre ore 21
Giovedì 15 e venerdì 16 dicembre ore 21
CHECCO ZALONE
Amore + Iva
sold out
Checco Zalone, forte di una comicità pungente e fuori dagli schemi, arriva finalmente in teatro e arriva al Colosseo con il suo nuovo spettacolo dal titolo Amore + Iva, scritto con Sergio Maria Rubino e Antonio Iammarino. L’artista pugliese tornerà sul palco undici anni dopo il Resto Umile World Tour e dopo aver battuto tutti i record della storia del cinema italiano con uno spettacolo totalmente inedito in cui musica, racconti, imitazioni e parodie saranno accompagnati dall’inconfondibile ironia di uno degli artisti più caleidoscopici e amati dal pubblico italiano.
A questo link il comunicato stampa completo.
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Sabato 10 dicembre ore 21
MASSIMO RANIERI
Tour 2022
sold out
Archiviata l’infinita sequela di standing ovation con i suoi show da “Sogno”, Ranieri torna a stregare dal vivo migliaia di spettatori con un nuovo spettacolo, un altro straordinario viaggio tra canto, recitazione e danza, brani cult, sketch divertenti e racconti inediti, per catturare e stupire ancora il pubblico con le grandi melodie senza tempo, i suoi brani più celebri e l’incanto affabulatorio della sua magistrale interpretazione.
(E attenzione! per soddisfare tutte le richieste il concerto tornerà al Teatro Colosseo il 15 marzo 2023!)

Massimo Ranieri ph Angelo Tortorella
Tutte le informazioni sul sito www.teatrocolosseo.it e sui profili social del Teatro.

“Nessuno può dirti che c’è solo una canzone degna di essere cantata“

Music Tales, la rubrica musicale 

Nessuno può dirti

che c’è solo una canzone degna di essere cantata

potrebbero cercare di dartela a bere

perché vedere una persona come te

li mette in difficoltà”

Ma devi creare la tua musica

cantare la tua canzone speciale

creare la tua musica anche se nessun altro

canta con te.”

Mama Cass è il simbolo della summer of love: vivi liberamente, suona liberamente, ama liberamente.un’etica positiva, solare che la presenza di ideali degli anni sessanta e lo stile di vita della California degli hippy.

Lei è la voce dei Mamas & Papas (Cass Elliot) nata a Baltimora (con il nome di Ellen Naomi n.d.r.) attraversa la storia del rock americano, segnando con la sua voce la sua imponente presenza scenica il decennio d’oro della musica, e finisce la sua vita nel 1974, proprio quando aveva deciso di non essere più se stessa.

La sua carriera inizia quindi nei primi anni 60 nella scena folk del Greenwich Village di New York.

Mama lavora al guardaroba del club the showplace ed intanto recita nel Musical “the Music Man”.

Canta anche contemporaneamente in un gruppo folk chiamato the Triumvirate.

Nel 1963 questo gruppo cambia nome (ne fanno parte anche Tim Rose e James Hendrix) esordiscono con una reinterpretazione di una famosa poesia per bambini intitolata “wynken, blynken, and Nod”.

Per un anno intero restano sulla cresta dell’onda registrano due album e anche alcuni spot commerciali sperimentando un suono definito pop folk.

Nel 1964 però Tim lascia la

band e da questa scissione nascono i Mamas & Papas ed i Lovin’ Spoonful.

Ellen comincia quindi a cantare in locali jazz.

Un giorno uno dei componenti convince John Philips, nome importante della discografia di quegli anni, ad andarla a sentire.

La sua voce lo incanta e partono tutti insieme per un viaggio ai Caraibi nelle isole Vergini e dopo alcune settimane di sperimentazione con acidi e melodie vocali, settimane in cui si finiscono tutti i soldi, decidono di intraprendere il viaggio verso la terra promessa del rock: la California.

E’ il 1965 e quando arrivano a Los Angeles in cerca di un’audizione, hanno composto una canzone a voi tutti nota che si intitola: “California Dreamin’ ”.

Quello è il pezzo che definisce un’epoca; esce nel novembre del 1965 e all’inizio non ha molto successo, finché una radio di Boston comincia a passarlo senza sosta.

La struttura melodica del pezzo è la descrizione di questa passeggiata in una giornata d’inverno sognando il sole della California, entrano nell’immaginario collettivo di un’intera generazione fino a far arrivare il brano al numero quattro della classifica americana ;

nel 1966 la grande scalata per questo gruppo che si insinua nelle orecchie di mezzo mondo. Ma la guerra in Vietnam sta spegnendo i sogni degli hippy, la Summer of Love è finita e anche i Mamas sono divisi da litigi e tradimenti e dalla troppa libertà nel sesso e nelle droghe.

La musica diventa solo ed esclusivamente più un impegno contrattuale fino a dissolvere il gruppo.


Lei esordisce come solista nel 1968 con il disco “dream a Little Dream” (che amo) seguito da altri singoli portati a termine molto faticosamente per mantenere fede al contratto stipulato con la Dunhill Records.

Faticoso il lavoro senza riscuotere successo quindi Cass vuole liberarsi del suo nome non vuole più essere la voce simbolo degli hippy.

Ellen nata il 16 aprile del 1967 firma un nuovo contratto con la RCA e pubblica altri due album ma ancora una volta il successo non arriva.

La sua carriera svolterà soltanto dopo aver conosciuto il manager di Peter Sellers, Allan Carr.

Quest’ultimo la riporta in un teatro, spingendola nel mondo del cabaret con uno show dedicato interamente a lei che debutta il 9 febbraio del 1973 e trionfa a Las Vegas.

Qui la sua voce torna brillare la trasformazione sembra completa. Nel luglio del 1974 vola a Londra per alcuni concerti Sold Out.

Alloggia nell’appartamento di un amico al numero 9 di Curzon Place
nella zona di Mayfair.

Il 28 luglio telefona alla sua amica Michelle Philips in lacrime, per raccontarle dell’accoglienza trionfale ricevuta, degli applausi del pubblico dell’emozione di sentirsi ancora una grande artista… Il giorno dopo viene ritrovata morta all’età di 32 anni.

La causa ufficiale è un infarto causato dall’obesità e da problemi cardiaci. Nel suo sangue non ci sono tracce di alcol o di stupefacenti era assolutamente pulita e pronta a ripartire ma il grande cuore della madre natura degli hippy non regge più.

Si spegne così, nel sonno, una voce simbolo degli anni 60.

Di fronte ad un insuccesso non ci si deve disperare, perché accade spesso che dai peggiori fallimenti nascono le più belle vittorie.”

Oggi vi propongo una rivisitazione di “Make your own kind of music”

reinterpretato da Paloma Faith. Fatemi sapere la vostra!


CHIARA DE CARLO

https://www.youtube.com/watch?v=PLaMYeMD9V4&ab_channel=MarkSummersCasting

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Ecco a voi gli eventi da non perdere!
 
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