CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 285

Al Teatro Astra di Torino “Frankenstein”, la nuova produzione TPE “Buchi Neri”

Dall’8 al 12 febbraio prossimo sarà di scena ,lo spettacolo che indaga il rapporto con la verità scientifica. Previsto un incontro anche con il meteorologo Luca Mercalli al Circolo dei Lettori

 

Dall’8 al 12 febbraio prossimo andrà in scena al Teatro Astra una nuova produzione dal titolo “TPE Buchi Neri”, che si inserisce nell’ambito della tematica che accompagna la stagione teatrale 2022/2023, quella del rapporto con la verità scientifica. Verrà messo in scena il celebre “Frankenstein” di Mary Shelley, scritto da un’autrice ancora adolescente, che anticipa l’ansia climatica contemporanea, dando origine a un nuovo genere letterario: l’horror fantascientifico.

Ad andare in scena sarà l’OHT Office for a Human Theatre, per la regia e scene di Filippo Andreatta, con suoni e musica di Davide Tomat e la performance di Silvia Costa.

Per la prima volta OHT si confronterà con un classico della letteratura occidentale, ovvero “Frankenstein o il moderno Prometeo”.

Pubblicato nel 1816, esso non soltanto rappresenta un’icona letteraria, ma anche una reazione estetica all’eruzione del vulcano Tambora in Indonesia, una delle più potenti mai registrate dall’uomo.

Sorprendentemente vicino alle sfumature politiche della ricerca di OHT, Frankenstein rappresenta un mito in cui i paesaggi esteriori si confondono con quelli interiori. Gli strapiombi del Monte Bianco diventano vertigini intime e personali nell’incontro fra il mostro e il suo creatore; luoghi inaccessibili come le Alpi si trasformano in rifugio determinante per una creatura inafferrabile, che in queste montagne impara a conoscersi, attraverso i fenomeni naturali che vi si manifestano.

La radicalità del lavoro di Mary Shelley si materializza nell’emancipazione della creatura, in quanto il demone e il paesaggio diventano un tutt’uno, mentre Victor Frankenstein non sembra più in grado di controllare ciò che lo circonda. Frankenstein si rivela come un veemente romanzo contemporaneo di formazione; incastrato dai limiti della tassonomia culturale, l’essere – più che-umano per eccellenza della letteratura occidentale non ha avuto una lettura distaccata dal contesto in cui veniva interpretato. Questo ha sempre rappresentato un limite che ha imprigionato il libro tra i lacci di un’interpretazione imbrigliata dai lettori normali. L’immaginario di Frankenstein ha sempre prevalso sulla realtà del libro e è proprio da questo scarto che nasce il lavoro di OHT. Per la prima volta è il mostro a parlare e prendere la parola, non come un soggetto escluso, ma come un concittadino, un nostro pari mostruoso che si rivela neonato della letteratura occidentale e capace di creare un nuovo immaginario.

La nuova produzione di OHT si muove dall’esperimento del Dottor Victor Frankenstein e, scartando la narrazione, opera affondi parziali e verticali nel testo, senza alcun limite di forma, linguaggio e durata. L’opera di Mary Shelley diventa un materiale prezioso da esaminare, da sezionare, ricucire e un corpo disponibile per esperimenti scenici diversi. Una reading session, un radiodramma, un’installazione, una release musicale e un libro verranno generati come parti di una stessa sperimentazione che avanza nel romanzo orizzontalmente per poi indagarne le molteplici ramificazioni.

Mary Shelley, i cui genitori erano filosofi, la madre femminista, il padre un politico anarchico dalle idee illuministe, fu influenzata profondamente da loro nello sviluppo del suo pensiero, e decise di prendere i loro due cognomi fino al matrimonio con il poeta Percy B. Shelley. La sua vita fu segnata dalla perdita dei suoi figli e da un aborto spontaneo che le risultò quasi fatale. Oltre a “Frankenstein” scrisse, tra gli altri, “The last man”, considerato uno dei primi testi post apocalittici e ambientato negli ultimi anni del XXI secolo, che, attraverso la voce dell’ultimo uomo, narra di una pandemia che annienta l’intera umanità e le sue istituzioni sociali.

All’origine del mito di Frankenstein è presente la vulcanologia. Nell’aprile del 1815 il monte Tambora, nell’isola di Sumbawa, in Indonesia, eruttava emettendo circa duecento km al cubo di materiale nell’atmosfera. Il Tambora diventava così il primo Supervulcano, ovvero un vulcano la cui eruzione toccava il valore più alto della Scala VEI (indice di esplosività vulcanica). L’eruzione fu sentita a più di 2500 km di distanza e abbassò la cima del monte Tambora di 1499 metri, provocando un’anomalia climatica chiamata “L’anno senza estate”, nel 1816, che coincideva con l’anno della pubblicazione di Frankenstein. Nelle parole di Mary Shelley, Frankenstein nasce a Napoli, vicino ai Campi Flegrei che, come il Tambora, è uno dei rarissimi Supervulcani del mondo.

 

Sabato 11 febbraio, alle ore 17:30, al Circolo dei Lettori di Torino, sarà presente uno spunto letterario intorno al tema del cambiamento climatico, con “I Dialoghi” con Luca Mercalli, una collaborazione tra TPE Teatro Piemonte Europa e Fondazione Circolo dei Lettori.

Questa lezione, a cura del climatologo, meteorologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli, avrà come titolo “Dall’anno senza estate all’anno senza inverno – spunti letterari sul cambiamento climatico”. Lo studioso parlerà della grande anomalia climatica dell’era moderna, avvenuta durante la stesura del romanzo Frankenstein da parte di Mary Shelley, eruzione che coprì di cenere il cielo, causando un oscuramento globale, carestie e un drastico calo delle temperature. Luca Mercalli tratterà anche il tema del surriscaldamento globale dell’epoca contemporanea, per esplorare accadimenti reali e riflettere su spunti letterari nell’ambito del cambiamento climatico.

L’incontro si inserisce nell’ambito de “I Dialoghi”, che accompagnano la stagione TPE “Buchi Neri”.

Ingresso libero

Consigliata la prenotazione, scrivendo a dialoghi@fondazionetpe.it

O tramite form su circolodeilettori.it

Negli spazi del Teatro Astra è anche stata pensata un’installazione, uno scarto architettonico omesso dai disegni esecutivi del teatro stesso. Un affondo nell’architettura del teatro che si manifesta attraverso la sua aporia intellettuale. Si tratta di un luogo precluso, omesso alla vista, capace di evocare la presenza del mostro e di scatenare un dialogo incomprensibile, con la necessità di rimanere nascosti e capace di rendere l’invisibilità. Siamo di fronte a un incontro sentimentale fra l’oscenità architettonica e l’evocazione del mostro di Frankenstein.

Mara Martellotta

Fondazione Teatro Piemonte Europa

Via Rosolino Pilo 6, 10143 Torino

Sede organizzativa: Via Santa Teresa 23, 10121 Torino

 

“Mutamorfosi” al Café Muller

Informazione promozionale

Lo spettacolo ideato e portato in scena dall’artista Sara Lisanti, con un reading di poesia introduttivo del poeta Gian Giacomo Della Porta, il 9 febbraio prossimo alle ore 21

Il 9 febbraio prossimo, alle ore 21:00, presso la sala teatro del Café Muller di Via Paolo Sacchi 18/d, a Torino, verrà portato in scena lo spettacolo “Mutamorfosi”, ideato dall’artista salernitana Sara Lisanti e introdotto da un reading di poesia del poeta torinese Gian Giacomo Della Porta.

La performance avrà inizio col momento poetico denominato “La calma della crisalide”, simbolo dell’imminente trasformazione, un’interpretazione contemporanea della poesia del cambiamento, la forza che precede l’esplosione in bellezza e che prepara lo spettatore alla fase in cui la parola lascia spazio ai colori, al silenzio e, infine, alla musica di un’immagine in movimento interpretata dalla talentuosa artista Sara Lisanti che, partendo da un bozzolo, si troverà rinchiusa all’interno della propria sofferenza, quasi fosse la consapevolezza ultima atta a innescare le fasi della metamorfosi, fino alla nascita, o alla rinascita.

Attraverso una continua stratificazione di suoni che andranno a determinare l’intensità delle varie fasi dello spettacolo, la Lisanti cambierà pelle più volte, prendendo spunto dalla muta tipica dei rettili e armonizzandosi nel più umano concetto di “venire al mondo”, nella fatica che precede il primo vagito del neonato, nella voce liberatoria di una nuova bellezza.

Mutamorfosi”

Café Muller, via Paolo Sacchi 18/d, Torino

Ore 21:00

Info e prenotazioni: 3389357120 – 3899641668

inforadoass@gmail.com

Le 3Chic Atmosfere e sonorità vintage

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 8 febbraio, ore 21.30

Le 3Chic

Atmosfere e sonorità vintage per il trio vocale al femminile che si esibisce cantando e danzando coreografie in stile Trio Lescano e Quartetto Cetra

Le 3Chic sono un trio vocale al femminile composto da Marinella Locantore, Martha Umana e Cristina Geremias: cantanti, ma anche ballerine jazz e musical style. Il loro spettacolo è un vero e proprio “vintage show” con un set di abiti, trucco e acconciature progettati ad hoc. Il loro repertorio spazia dagli arrangiamenti vocali anni ’40 in stile Trio Lescano e Quartetto Cetra a quelli americani in stile Andrews Sisters, ai brani degli anni ’50 e ’60 stile The Supremes, The Chordettes, fino ad arrivare alle canzoni odierne riarrangiate in stile vintage, stile Puppini Sisters, o in chiave blues.

Formazione

Marinella Locantore, voce

Martha Umana, voce

Cristina Geremias, voce

Emanuele Olivetti, contrabbasso

Alex Sorel, batteria

Riccardo Chiara, chitarra

Ora di inizio: 21,30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

“Video Killed The Radio Star”

MUSIC TALES, la rubrica musicale

“la tv ha ucciso la stella della radio

la tv ha ucciso la stella della radio

sono arrivate le immagini e ti hanno spezzato il cuore”

Per la serie … ci si ricorda di loro per una canzone che resta nel cuore e nelle orecchie del mondo, oggi si parla di: “Video Killed The Radio Star”.

La celebrità di questo brano la si deve soprattutto al fatto che il videoclip, diretto da Russell Mulcahy, andò in onda per inaugurare le trasmissioni di MTV il 1º agosto 1981.

Tale scelta non fu casuale, sia perché all’epoca pochi artisti avevano l’abitudine di realizzare videoclip dei propri brani, e i Buggles erano tra questi; sia perché la canzone e le immagini del video (in cui, tra l’altro, si vedono esplodere delle radio) parlano di una “stella della radio” che perde popolarità con l’avvento dell’era della “musica da vedere”.

Sono certa che ognuno di voi ricordi la canzone, perchè è un vero “cult”della musica di inizio degli anni ’80.

Forse non tutti sanno che la nota versione pubblicata dai Buggles, può essere considerata una cover di un’incisione precedente; infatti, nello stesso anno, una versione diversa fu registrata da Bruce Woolley (autore del brano con Horn e Downes) e dal suo gruppo “Camera Club” (che comprendeva anche Thomas Dolby) e pubblicata nel loro primo ed unico album English Garden.

Ve la linko qui se voleste andare ad ascoltarla

https://www.youtube.com/watch?v=1HLwljnmzR8&ab_channel=puske1990

Sebbene tecnicamente “Video Killed the Radio Star” appartenga per diritto anagrafico agli anni settanta, sul piano puramente musicale esso è di fatto il capostipite degli ottanta, dei quali anticipa lo stile: sofisticata elettronica, accenni di utilizzo del “Wall of Sound” (che verrà poi usato a piene mani per spruzzare di effetti sonori i brani di quel decennio) e quel tono vagamente romantico che fa da ponte sentimentale e cronologico tra il passato e le nuove tecnologie.

Una canzone che, forse al di là di ogni intenzione degli autori, ha costituito praticamente la porta d’ingresso verso un mondo dominato dagli epigoni del sintetizzatore elettronico, e un brano techno-pop ante litteram.

La batteria è suonata da Warren Cann,

co-fondatore e batterista del gruppo new-wave Ultravox.

“La televisione. La televisione è la cosa più sinistra del nostro pianeta. Va’ subito a prendere la tua TV e buttala dalla finestra o vendila e compra uno stereo migliore.”

Kurt Cobain

Oggi vorrei proporvi (so che a molti non piacerà n.d.r.) una versione del brano se fosse stato sulla bocca di Freddy Mercury

Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=N26_hRITlsU&ab_channel=PostmodernJukebox

Chiara De Carlo

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Da Torino a New Delhi Capita a “Il Grande Vuoto”, la mostra prodotta dal “MAO”

Un grande orgoglio per Torino, per il suo “MAO – Museo d’Arte Orientale” di via San Domenico in primis e per la “Fondazione Torino Musei”, di cui il MAO è la pedina più recente (inaugurazione, nel 2008) di importante e riconosciuto prestigio.

Parliamo del trasferimento, avvenuto il 13 gennaio scorso, di parte della mostra “Il Grande Vuoto” – che ha dato il via (la scorsa primavera) alla direzione del Museo subalpino di Davide Quadrio, curatore della stessa mostra – verso l’India. Destinazione l’“Istituto Italiano di Cultura” di New Delhi. Dove, fino al prossimo 26 febbraio, della rassegna torinese, presentatasi sotto la Mole “come esperienza multisensoriale – parole dello stesso Quadrio – e come segno forte di speranza per un futuro che si rivela incerto e sconfortante”, saranno visibili alcune delle opere più significative presentate a Torino, fra cui una selezione di 40 immagini di “tulku”, realizzate dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri e che ritraggono i cosiddetti “Buddha viventi”, figure salvifiche la cui “mente di saggezza” rinasce in nuovi corpi per condurre l’umanità verso la salvezza e il “Grande Vuoto … verso la buddhità”. Non semplici ritratti fotografici, ma autentici oggetti di venerazione. Una raccolta iniziata oltre una decina d’anni fa dall’artista Paola Pivi che ha raggiunto il numero considerevole di migliaia di immagini e che costituisce quello che è oggi il più grande archivio di “tulku” al mondo. In mostra, da Torino a New Delhi, è arrivata anche la scultura “Dakini rossa”  dell’artista di origini liguri (Loano, 1969) Maurizio Anzeri.

Scultura terrifica a tecnica mista – filo di cotone e capelli sintetici, materiale a suo dire il più scultoreo di tutti, cuciti e tessuti insieme fino a diventare corpo solido – per la quale Anzeri s’è ispirato alla “Na-ro mkha’ – spyod – ma”, la “Dakini” (spiriti femminili dalla natura ferina quasi demoniaca, di tradizione hindu, IV sec. d. C., assistenti della dea Kali) esposta al MAO nella sezione dedicata al Tibet. La rassegna, promossa dall’“Istituto Italiano di Cultura”, prevede inoltre l’inserimento di alcuni contenuti nuovi e, in particolare, della performance “When I think of Her” della danzatrice Antonella Usai, realizzata su musiche di Vittorio Montalti e Park Jiha, in programma il 10 febbraio.

La partitura coreutica sarà in relazione proprio con l’opera “Dakini rossa”, “un dialogo – sottolinea Davide Quadrio – che porta, di rifrazione in rifrazione, dal ‘Grande Vuoto’ alla ‘dakini’ attraverso una gestualità fatta di movimenti pesanti, viscerali o iconici con richiami a una classicità indoeuropea”.

La tappa indiana de “Il Grande Vuoto” fa parte di un progetto di circuitazione internazionale, in collaborazione con importanti partner istituzionali che coinvolgerà tutti i progetti espositivi del Museo. “Il ‘MAO’ sta infatti costruendo – ancora Quadrio – moduli espositivi che possano essere adattabili a un concetto di collaborazione internazionale. Si tratta di un processo che, partendo da questa mostra, deve però e soprattutto coinvolgere le sue ‘Collezioni’, la vera ricchezza del Museo, su cui intendo investire e lavorare per renderle sempre più accessibili e fruibili”.

Per info: “MAO – Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

 Gianni Milani

Nelle foto:

–       “Tulku” e “Dakini rossa”

–       Davide Quadrio

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Massimo Recalcati “La luce delle stelle morte” -Feltrinelli- euro 16,00

Cosa si spezza dentro di noi quando muore una persona amata? Come possiamo superare quel dolore e riprendere a vivere? Sono solo due delle tante domande su cui si interroga uno dei psicoanalisti più famosi d’Italia.

Lutto, nostalgia e melanconia ci appartengono e basta guardarsi indietro per constatare che la nostra vita è un cimitero di morti, sepolture, rimpianti, scomparse e tutto lo strazio che segue ad ognuno di questi eventi traumatici.

La morte fisica del nostro corpo non è l’unica esperienza che possiamo fare della fine; esistono innumerevoli lutti nell’esistenza di tutti noi, anche sotto forma di abbandoni, separazioni, perdite affettive.

Al centro del saggio ci sono temi portanti come l’elaborazione del lutto che non finisce mai, la narrazione della nostalgia che è rimpianto ma anche gratitudine, e può trasformarsi in forza di rinnovamento della vita, proprio come fa la luce delle stelle morte.

Perché morendo scompariamo ma forse continuiamo a brillare. Questo è un libro che ci induce a meditare, guidati da un autore che spinge a pensare in profondità. I lutti ci gettano nel baratro del dolore, ma in quelle disperazioni c’è anche la luce del passato che ci fa riemergere dalla sofferenza e rinascere alla vita.

 

 

Elisabeth Åsbrink “Abbandono” -Iperborea- euro 18,50

L’autrice è una scrittrice e giornalista svedese, nata nel 1965 a Göteborg, affermatasi per i suoi reportage letterari e vincitrice di svariati premi. In questo romanzo risale alle origini della sua famiglia, attraverso le figure della madre e della nonna, fino alla diaspora degli ebrei sefarditi nell’Europa Medievale.

Ambientato tra Londra, Stoccolma e Salonicco il libro ricompone vite e storie, a partire da quella della nonna Rita; il suo arrivo a Londra, le difficoltà della famiglia, la relazione tenuta segreta con Vidal.

Lui è un ebreo sefardita esule da Salonicco, uomo nato nell’Impero Ottomano che nella capitale inglese del primo Novecento si fa strada con ingegno e duro lavoro, ma non può identificarsi in nulla; non è turco, né greco e ancora meno inglese.

Per di più, è pesantemente condizionato dalla tradizione di famiglia e da una madre ingombrante.

Rita e Vidal si ameranno e metteranno al mondo due figlie, ma tutto tenuto nell’ombra in una sorta di doppia vita, in gran segreto, almeno fino a un certo punto.

Attraverso la ricostruzione anche della vita materna, la Åsbrink farà i conti con la storia, le sue radici più lontane e un senso di abbandono che attraversa non solo il suo destino….

 

Erin Kate Ryan “Quantum girl” -Neri Pozza- euro 18,00

Questa talentuosa giovane scrittrice americana (nata a Cincinnati nel 1978) prende spunto da un caso realmente accaduto ed imbastisce una trama quantistica, ovvero fatta di tanti multipli. Il fatto di cronaca a cui si ispira risale al 1946 quando scomparve nel nulla la 18enne Paula Jean Welden. La Ryan immagina tanti possibili destini toccati alla ragazza e ci immerge nella teoria secondo la quale quando una donna che sparisce può diventare tutto quello che si immaginano gli altri.

Una scelta più che stilistica, in cui immaginare il destino di una persona di cui non si sa più nulla è come evocare tanti mondi alternativi che si sostituiscono alla verità… ed ecco la meccanica quantistica dispiegata. Mentre sciorina in parallelo tante ipotizzabili storie che sarebbero scaturite da quell’assenza, l’autrice spariglia le carte e fa entrare in scena il personaggio chiave.

E’ Mary Garrett, donna in perenni difficoltà economiche e con alle spalle una famiglia pessima, che ha un dono derivante dalla sua esperienza personale: la chiaroveggenza che applica in modo prioritario alla ricerca delle persone scomparse.

Una sera Mary si presenta alla porta di casa degli Starking; la loro figlia Polly è scomparsa da pochi giorni e lei sostiene di poterla rintracciare grazie al suo dono che chiama “la Vista”.

Non vi resta che avventurarvi nelle pagine che narrano reticenze, angosce, esperienze spesso tragiche vissute dalle vittime di sparizioni. “LaVista” costringe Mary ad essere testimone di ogni cosa, compreso l’arrivo della morte, e non le permette di distogliere lo sguardo. Un esordio letterario stupefacente….

 

 

Leah Hager Cohen “Matrimonio in 5 atti” -BigSur- euro 18,00

L’autrice ha al suo attivo 6 romanzi e 5 opere di non fiction; in questo libro mette in scena una famiglia un po’ particolare. I progressisti Bennie e Walter Blumenthal sono una coppia di mezza età che ha messo al mondo 4 figli ed è inaspettatamente sono in attesa del quinto.

Ora si trovano ad affrontare i preparativi per le nozze della loro primogenita Clem che tra 5 giorni sposerà la compagna di college Diggs, in una cerimonia allestita nel giardino dei genitori.

Ecco il detonatore di una commedia a tratti deliziosa che narra come anche i più strampalati legami familiari possono salvare da situazioni complesse. L’organizzazione dell’evento è decisamente ancora in alto mare, affidata alla sposa e ai suoi amici, tutti carenti di senso pratico.

Tra ospiti in arrivo, panini al volo, bambini che richiedono attenzione, una zia che sembra un po’ confusa e mille altri piccoli imprevisti vengono a galla anche segreti traumatici del passato e altri di nuova fattura; tutto condito da spumeggiante ironia. Insomma poco più di 300 pagine all’insegna dell’ottimismo che finisce per stemperare qualsiasi tensione alberghi nei meandri dei rapporti che tengono insieme questa memorabile famiglia.

 

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Yari Selvetella “Vite mie” -Mondadori- euro 18,50

Questo è una sorta di memoir di vita vissuta scritta dal giornalista Rai e autore di romanzi Yari Selvetella che parla prima di tutto di amore e riflette sul senso della famiglia e dei rapporti affettivi.

Il protagonista Claudio Prizio è un uomo che ha attraversato la passione, l’amore bruciante che fa compiere pazzie; poi la maturità, il dolore della perdita con la morte della donna amata.

Come affrontare una tragedia di tale portata che lascia il protagonista con il rimpianto della compagna che aveva portato in dote 2 figli e poi ne aveva messo al mondo uno anche con lui?

Claudio lo fa a piccoli passi, dolorosi e introspettivi, assumendosi responsabilità importanti e scoprendo di covare una vocazione da pater familias.

Decide di crescere anche i figli della compagna scomparsa, facendo così un grande passo di amore e senso di responsabilità che travalica qualsiasi vincolo di sangue. Il cammino di Claudio attraversa momenti difficilissimi e poi le schiarite, sensazioni strane come l’impressione di imbattersi per strada in un suo sosia, fasi in cui diventa accudente come una buona madre. E dietro l’angolo di tanta fatica e impegno una rinascita, un nuovo amore e un’altra figlia.

 

 

Abraham Brueghel raccontato da Cottino al Centro Pannunzio

LUNEDÌ 6 FEBBRAIO ALLE ORE 17.30

al Centro  Pannunzio in via Maria Vittoria 35H a Torino Alberto COTTINO, docente di Storia dell’Arte alla Università di Torino e Bologna, presentando il suo libro “ABRAHAM BRUEGHEL”, edizioni etgraphiae, parlerà del grande pittore, nato ad Anversa e vissuto prevalentemente in Italia. Introdurrà Pier Franco QUAGLIENI.

Holden Grand Tour Ventuno tappe in Italia e una a Londra

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Per imparare a scrivere con la Scuola Holden
in collaborazione con autori e librerie locali

TORINO – Imparare a scrivere storie è un viaggio lunghissimo. Chi scrive per passione o per mestiere è sempre in cammino, e Holden Grand Tour può essere l’inizio di questo viaggio: si tratta di un progetto ideato dalla Scuola Holden di Torino per portare percorsi di scrittura base in giro per il mondo, in collaborazione con librerie e scrittori locali.

Nel 2023 il Grand Tour prevede 21 tappe in Italia più una tappa a Londra. Le città italiane coinvolte saranno Alghero, Ascoli Piceno, Bari, Bisceglie, Bitonto, Busto Arsizio, Catania, Catanzaro, Cosenza, Empoli, Enna, Firenze, Ladispoli, Mortara, Ravenna, Roma, San Benedetto del Tronto, Trapani, Trento, Varese e Venezia. Le lezioni cominceranno a marzo e di solito si concentrano nel weekend, per due o al massimo cinque appuntamenti.

In classe ci si addentra nel mondo della narrazione seguendo una mappa di libri, trame, autori e autrici classici e contemporanei: tra le loro pagine ci sono ispirazioni e segreti, metodi per affinare la tecnica e spunti per incoraggiare il talento.

In cattedra ci sarà sempre uno scrittore o una scrittrice, che insegnerà a mettere a punto diversi strumenti per poi usarli. Si leggerà molto e si scriverà ancora di più, ci si allenerà a scrivere incipit, dialoghi e descrizioni, si studierà come si organizza un plot, si sceglierà il genere a cui dedicarsi, soffermandosi sulla ricerca della giusta voce narrante. Si scoprirà che la grammatica delle storie è fatta da alcuni elementi fondamentali, come l’arco evolutivo dei personaggi, la struttura della trama, il punto di vista. Si comincerà a capire quando le storie funzionano e quando, invece, non stanno in piedi e perché.

Alla fine di ogni percorso, la Scuola Holden ripartirà per una nuova tappa del Grand Tour, alla ricerca di nuovi viaggiatori. Ma a quel punto, tutti quelli della classe appena conclusa saranno in grado di tracciare nuove rotte, ideate da loro, e di far arrivare lontano le proprie parole.

Tutte le date, i corsi e le informazioni per iscriversi si trovano online sul sito della Scuola Holden: scuolaholden.it/holden-grand-tour

Tutte le tappe di Holden Grand Tour

Londra / The Italian Bookshop in collaborazione con Londra Scrive

con Marco Mancassola, Caterina Soffici, Livia Franchini, Paolo Nelli, dal 1° al 29 marzo

Roma / in collaborazione con Libreria Spazio Sette

con Nadia Terranova, dal 7 marzo al 16 maggio

Varese / in collaborazione con Libreria Ubik Varese

con Giorgio Fontana, dal 18 marzo al 1° aprile

Empoli / in collaborazione con libreria La San Paolo * Libri & Persone

con Eleonora Sottili, 25 e 26 marzo

Ravenna / in collaborazione con Libreria Dante di Longo

con Giusi Marchetta, 25 e 26 marzo

Busto Arsizio / in collaborazione con Libreria Ubik Busto

con Giuseppe Culicchia, , 25 e 26 marzo

Venezia / in collaborazione con Libreria Toletta – Spazio Eventi

con Roberto Ferrucci e Tiziano Scarpa, 25 e 26 marzo

Firenze / in collaborazione con Libreria Alice

con Pietro Grossi, 25 e 26 marzo

Bitonto / in collaborazione con Libreria Hänsel e Gretel Libri e giochi

con Andrea Donaera, 25 e 26 marzo

Catanzaro / in collaborazione con Libreria Ubik Catanzaro

con Luca Ricci, 25 e 26 marzo

Trento / in collaborazione con Libreria Erickson

con Arianna Giorgia Bonazzi, 1 e 2 aprile

Catania / in collaborazione con Legatoria Prampolini – Libreria Vicolo Stretto

con Giorgio Vasta, 1 e 2 aprile

Enna / CNA Servizi in collaborazione con Bookstore Mondadori

con Eleonora Lombardo, 1 e 2 aprile

Cosenza / Ovo – Officina Visuale Orizzontale in collaborazione con Bookstore Mondadori

con Elena Giorgiana Mirabelli, 1 e 2 aprile

Bisceglie (BA) / in collaborazione con Vecchie Segherie Mastrototaro

con Emiliano Poddi, 1 e 15 aprile

Alghero / Biblioteca della Confraternita della Misericordia in collaborazione con Cyrano Libri, Vino e Svago

con Loredana Lipperini, 1 e 2 aprile

Ascoli Piceno / in collaborazione con Libreria La Rinascita

con Cristiano Cavina, 1 e 2 aprile

Ladispoli / in collaborazione con Libreria Scritti & Manoscritti

con Elvira Seminara, 1 e 2 aprile

San Benedetto del Tronto / in collaborazione con Libri ed Eventi, Associazione culturale I Luoghi della Scrittura e Pelasgo 968

con Alessio Romano, 1 e 2 aprile

Trapani / in collaborazione con Libreria Galli Ubik (Erice Casa Santa)

con Evelina Santangelo, 1 e 2 aprile

Mortara / in collaborazione con Libreria “Le mille e una pagina”

con Iaia Caputo, 1 e 2 aprile

Bari / in collaborazione con Libreria Campus

con Alessandra Minervini, 2 e 16 aprile

Il Grande Fiume in fotografia

Si è svolta a Casale Monferrato, la mostra fotografica personale di Simonetta Guaschino e Maurizio Lupano, visitabile nei fine settimana dal 14 al 29 gennaio 2023.

La fotografa casalese, titolare tra l’altro di un’edicola al quartiere Priocco, da molti anni pratica la fotografia nel tempo libero, con il marito Maurizio Lupano. L’ esposizione fotografica prende il titolo ”Un Po tutti i giorni” nel Torrione del Castello di Casale Monferrato. Visibilli un centinaio di scatti, della poliedrica paesaggista e ritrattista monferrina. Nei giorni della pandemia, durante il lockdown, appena poteva staccava dal lavoro e con il marito, il mattino presto all’alba e sovente anche nelle ore della sera al tramonto e del pomeriggio, con una macchina fotografica reflex, si recava sulle rive del fiume Po, ai murazzi di Casale Monferrato, a riprendere con sguardo curioso e inusuale la natura circostante, fatta di piante e fitti boschi, radure e scorci mozzafiato.

Fino a farle venire l’idea di una mostra, quando cessato il tempo dell’emergenza e ritornata la normalità del post covid-19, anche la vita sociale ha ripreso vigore. Un giorno mi disse che «un’edicola è uno sguardo sul mondo» un punto di osservazione privilegiato, che aiuta l’occhio fotografico a visualizzare il mondo sociale. Luogo tra gli altri, affacciato sulle persone e le cose del quotidiano. Un diaframma panoptico sulla realtà, dove addestrare l’occhio visuale ad estrarre i soggetti della ripresa e il successivo utilizzo della macchina fotografica. Influenzata dallo stile del veneziano Fulvio Roiter e del francese Henry Cartier Bresson, la fotografa casalese non è nuova a mostre personali, nel monferrato e altrove. Ha praticato l’insegnamento della fotografia e con il consorte scatta, stampa, ingrandicse e cura la realizzazione delle immagini. Ha un profilo Facebook e uno Instagram sempre aggiornati e consultabili. Il soggetto paesaggistico invita il fruitore dell’esposizione, a visitare i luoghi fotografati con le luci fredde delle prime luci del mattino o quelle più sature e cromatiche del crepuscolo.


Il fiume è metafora della vita e della storia, ha animato la riflessione spirituale induista e buddista ( il Gange), la riflessione storico- letteraria  ( Riccardo Bacchelli, il mulino del Po), la cinematografia etnografica con Cesare Zavattini, il pensiero politico in Mao Tze Dong e moltissimi altri ambiti e autori. E chiudo con questo aforisma, da uno scrittore immortale:

« Ad ascoltare mi ha insegnato il fiume, e anche tu imparerai da lui. Lui sa tutto, il fiume, tutto si può imparare da lui. Vedi, anche questo tu l’hai già imparato dall’acqua, che è bene discendere, tendere verso il basso, cercare il profondo».

Hermann Hesse, Siddhartha, 1922.

ALDO COLONNA