CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 26

Ultimo giorno: CAMERA meets ICP. Un archivio vivente

Una selezione fra 10mila fotografie, realizzate in 10 anni di storie per immagini, raccolte nella “Project Room” di “CAMERA” a Torino

Dal 4 luglio al 14 settembre

Un Oceano di “scatti fotografici”. Impressionante per quantità e contenuti. Per gli organizzatori “un archivio vivente di immagini e storie su Torino e oltre”.

Parliamo della mostra “CAMERA meets (incontra) ICP. Un archivio vivente”, ospitata da venerdì 4 luglio a domenica 14 settembre, all’alba della decima edizione dell’“Intensive Program in Visual Storytelling”, nella “Project Room” di “CAMERA – Centro Italiana per la Fotografia” di via delle Rosine, a Torino. In rassegna, una ricca selezione del materiale fotografico realizzato nelle scorse edizioni del programma di “alta formazione professionale” nato nel 2016 dalla collaborazione di “CAMERA” con l’“International Center of Photography (ICP)” – scuola fondata da Cornell Capa (fratello del leggendario Robert) nel 1974 e sede degli “Infinity Awards” dal 1985 – che ad oggi conta oltre 10mila fotografie realizzate da 221 studenti arrivati a Torino, ogni anno a luglio, da 34 Paesi del mondo.

Curata da Cristina Araimo (responsabile delle attività educative), Barbara Bergaglio (responsabile archivi) e Giangavino Pazzola (curatore e responsabile dei progetti di ricerca), la mostra, che per tutta l’estate farà da forte richiamo a un pubblico sempre più curioso e attento, presenterà un’accurata selezione tra le migliaia di fotografie prodotte fino ad ora, un vero e proprio archivio visivo della città di Torino, protagonista dei progetti fotografici degli studenti e delle studentesse provenienti, oltre che da diverse zone d’Italia, da Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Canada, Ucraina, Filippine e Argentina.

“I partecipanti al programma intensivo – spiegano gli organizzatori – hanno lavorato sulla città osservandola da diverse angolature e attraverso la lente di numerose tematiche, alcune delle quali ricorrenti, come la crisi abitativa connessa alla fragilità sociale, affrontata in diversi progetti tra cui quello dedicato ai servizi di ‘social housing’ e ai ‘bagni pubblici’ di via Agliè; le comunità straniere, come quella somala e cinese, la vita dei giovani di seconda generazione e le esperienze di integrazione nei quartieri di Barriera di Milano, Borgo Dora e Aurora; il tema dell’identità di genere e dei diritti, esplorato in progetti che hanno messo in luce la vita di persone ‘queer’ nell’ambito dell’associazionismo e dello spettacolo dal vivo per arrivare infine al tema centrale delle donne e del lavoro”.

Immagini che raccontano i sostanziali, spesso infelici cambiamenti, realizzati e subiti nell’ultimo decennio dal tessuto urbano e umano cittadino e che, in esposizione vengono presentate, in vario modo: attraverso la “visualizzazione grafica” delle dieci edizioni del programma di formazione rappresentata da “dieci cassetti” di un “archivio ideale”, dove i visitatori, attraverso il materiale informativo, possono approfondire i dati relativi alle provenienze degli studenti, ai temi trattati nei loro progetti, ai risultati e alle forme del processo creativo o (è il caso di una selezione di 300 immagini) “come proiezione” o “formato cartolina” a disposizione del pubblico all’interno di un “archivio reale”.

Infine sono esposti 42 scatti firmati da sette giovani fotografi internazionali – Lucia Buricelli (Italia), Nastassia Kantorowicz Torres (Colombia), Gianluca Lanciai (Italia), Ashima Yadava (USA), Deka Mohamed (Italia), Andrés Altamirano (Ecuador), Iva Sidash (Ucraina) – che hanno frequentato sia il programma intensivo di “CAMERA” a Torino sia il “One Year Certificate Program” a New York. Particolarmente toccante lo scatto (2024) di Iva Sidash che ritrae “Stepan”, soldato ucraino di 28 anni seduto nella sua camera da letto in un centro di riabilitazione a Staten Island (New York), mentre ripensa con occhi stanchi al caro prezzo pagato a una guerra scellerata e disumana di cui porterà a vita le gravi, criminali ingiurie. Suggestiva anche la foto scattata nel 2019 dall’americana Ashima Yadava e inserita nel progetto “Bright Star” realizzata a Torino e che narra la bellezza e l’intensità delle relazioni sentimentali tra persone di diverse età, genere e provenienza; così come la fresca briosa immagine realizzata a Torino, al mercato di Porta Palazzo, nel 2016 da Nastassia Kantorowicz Torres, durante la prima edizione del “CAMERA/ICP Intensive Program in Visual Storytelling”.

In rassegna, anche video e contenuti multimediali dedicati alle proposte educative delle due istituzioni.

Gianni Milani

“CAMERA meets ICP”; “CAMERA”, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

Dal 4 luglio al 14 settembre

Orari: lun. mart. merc. ven. sab. dom. 11/19; giov. 11/21

Nelle foto: Allestimento, part. (Ph. Enrico Turinetto); Iva Sidash “Stepan”; Ashima Yadawa “Bright Star”; Nastassia Katorowicz Torres: “Porta Palazzo”

Elisabetta Osimani e i Pittori di Via Platis: l’arte che unisce generazioni a Chivasso

L’associazione artistica e culturale Pittori di Via Platis, nata nel 1978 grazie a Luigi Rigoletti e Salvatore Pronestì, porta avanti da oltre quarant’anni la passione per la pittura e il disegno, promuovendo ogni forma di espressione artistica.
Tra i membri attivi spicca Elisabetta Osimani, pittrice sensibile e apprezzata, che contribuisce alla vita dell’associazione sia con le sue opere che nella formazione dei nuovi talenti.
L’associazione organizza incontri settimanali presso la sede di Chivasso, aperti a bambini, ragazzi e adulti, offrendo uno spazio creativo dove tutti possono imparare, sperimentare e crescere, seguiti da artisti esperti come Rigoletti e Osimani.
Un luogo dove l’arte diventa condivisione, dialogo e continua scoperta.

Enzo Grassano

La redenzione del colpevole: ma c’è uno spazio per la vittima?

Sugli schermi “Elisa”, un film che fa discutere

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Anche il suo precedente (2021) “Ariaferma” parlava di carceri, un chiuso carcere in via di dismissione dove si intrecciavano rapporti tra carcerati e carcerieri. Leonardo Di Costanzo (collaboratori alla sceneggiatura Bruno Oliviero e Valia Santella) con “Elisa”, presentato a Venezia in concorso, s’immerge in un’aria all’apparenza più salutare e fresca, laddove in nuove architetture, quasi grandi alberghi di montagna, trova l’ambientazione per un istituto sperimentale carcerario, in quel di Moncaldo in Svizzera, con ampi spazi per le detenute, lunghi corridoi invasi dal sole, tra fiabesche casette disseminate sulla montagna, solitari e tranquilli tragitti tra l’attività quotidiana e il riposo notturno, meditativi silenzi e piccoli dialoghi con la compagna di stanza, un’eccellenza universitaria in cui il criminologo Alaoui svolge quasi un corso per addentrarsi nella mente e nel passato delle detenute. Concentrandosi su quelli di Elisa – le basi del racconto stanno nel saggio di Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali “Io volevo ucciderla”: vicenda trasposta sullo schermo ma realissima, il nome dell’omicida essendo Stefania e il luogo dei fatti la Brianza -, appunto, amara, stracolma di inquietudini che inquietano, al decimo anno della sua detenzione, gliene rimangono secondo la sentenza altrettanti, rea di quello che lungo le sedute non si dovrà più definire “il fatto”, ma chiamarlo per quello che realmente è, “un omicidio”. Una condanna per l’uccisione e per aver dato alle fiamme il corpo della sorella maggiore, tra sequestri, sotterfugi, inganni, falsi messaggi. Forse senza un un motivo, forse perché sempre e da sempre sottovalutata, rifiutata, messa all’angolo da una famiglia che anche l’ha caricata di troppe responsabilità.

Un percorso, tra criminologo e colpevole, che parte dalla denuncia da parte di lei di non ricordare nulla di quanto commesso: ma un percorso che procede altresì lentamente tra le ammissioni e i ricordi che affiorano in una serie di flashback, disseminati da Di Costanzo qua e là, con intelligente tessitura, in un continuo prendere coscienza, confrontarsi con il passato, guardare al proprio interno, inventarsi un futuro, aprire il proprio squarcio ancora oscuro. Frasi, sguardi, parole che aprono scenari, mentre la macchina da presa di Luca Bigazzi si chiude in primissimi piani che sono allo stesso tempo un rapporto e una lotta, pronti in contrappasso a spalancarsi nell’ampiezza degli ambienti interni, ed esterni in quelle riprese dall’alto a inquadrare le giravolte della strada che dovrebbe condurre alla struttura di ricovero. Il percorso di Elisa è fatto di apprensioni e di dolore, di alti e bassi, di ricadute e di momenti di nuova speranza – ed è una nuova, eccezionale prova di Barbara Ronchi, che si carica sulle spalle gran parte della storia e del film, in un ritratto che non si potrà dimenticare nei Nastri o nei David di fine stagione, un ritratto fatto di gesti e parole sospesi, di attimi che riempiono lo schermo, di occhi che ri-costruiscono una ferocia e un misfatto, che cercano aiuto, che esprimono appieno sentimenti e cacciano via una cecità per lasciare posto a una tentennante consapevolezza.

Panorami, luoghi di sole e luce, un lavoro in prospettiva, un percorso sempre più angusto di rieducazione: per una affermazione di “umanità”, ricordava Ronchi presentando il film al pubblico torinese nella sala del Nazionale, perché “non si ritorni al medioevo, ad un’idea esclusiva di vendetta”, auspicava il regista davanti allo stesso pubblico. D’accordo. Nel convincimento tuttavia che la giustizia debba chiamarsi giustizia. Ma in una sceneggiatura che alimenta a tratti il sospetto del farraginoso e della poca chiarezza, che soprattutto non le concede più spazio per l’affermazione di un’idea che a chi scrive pare sacrosanta, c’è un cameo di Valeria Golino, madre compostamente dolorosa, che non accusa (più) perché “lasciamo stare qui, non ci sono più parole” ma che racconta al criminologo di quel branco feroce di ragazzini che le ha rubato, con una serie di coltellate, un figlio e che adesso forse sono già liberi – una manciata di minuti, esile esile, che pare dire “è vero, ci siete anche voi vittime”, un guardare dalla parte opposta, dalla parte di chi ha perso e continua a perdere giorno dopo giorno, “perché volevo rappresentare il punto di vista delle vittime, proprio perché lo spettatore non lo trascuri.” Una goccia di nessun conto nel mare magnum (necessario) della redenzione. Nel cinema come nella quotidianità. Fatto non comune, di questi ultimi giorni anche, affidato a un giudice che oggi “assolve” dalla accusa di maltrattamenti un uomo che ha sfigurato la mente e lo spirito e il viso di una donna come le immagini dimostrano ad ognuno, all’uomo della strada come all’uomo di legge: e poco deve importare che un procuratore abbia presentato ricorso in Corto d’Appello. Si continua a rimanere sospesi, all’obbligo del perdono, a non guardare a fondo a un dolore che resta il primo e il più angosciante.

Elio Rabbione

Il segreto delle Porte Palatine: tra storia romana e suggestioni medievali

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SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO
Passeggiare oggi in piazza Cesare Augusto, nel cuore di Torino, significa compiere un salto indietro di duemila anni. Tra il traffico cittadino, i palazzi moderni e la vita frenetica del centro, all’improvviso si aprono davanti agli occhi le Porte Palatine, imponenti e silenziose.
Le Porte Palatine non sono solo un monumento. Sono un ponte tra epoche diverse, un luogo dove storia e leggenda si intrecciano. Forse per questo, ancora oggi, continuano ad affascinare torinesi e turisti, attirando chi vuole scoprire un lato più intimo e antico della città.
Una delle porte meglio conservate dell’Impero romano
All’epoca della sua fondazione, Julia Augusta Taurinorum era una città strategica: sorgeva lungo la via che collegava Roma alla Gallia e, in seguito, alle province settentrionali dell’Impero. La città era protetta da mura poderose e quattro porte principali permettevano l’accesso da ogni lato.
Le Porte Palatine erano l’ingresso settentrionale, quello che conduceva verso Ivrea e le vallate alpine. Oggi sono considerate uno dei migliori esempi di architettura romana conservati in Italia.
Nonostante le vicissitudini dei secoli, la struttura ha mantenuto intatto il suo fascino. Non è un caso che il sito sia stato inserito nel percorso di Torino romana e che rappresenti una delle mete preferite da chi vuole conoscere la città partendo dalle sue radici.
Dal Medioevo alla rinascita
Dopo la caduta dell’Impero romano, le Porte Palatine conobbero un periodo di abbandono. Come molte strutture antiche, furono inglobate nelle nuove costruzioni medievali e in parte smantellate per riutilizzare i materiali.
Nel corso del Medioevo, le torri furono trasformate in fortificazioni e poi in dimore nobiliari.
Fu solo tra il XVIII e il XIX secolo, con l’arrivo dei Savoia e la crescente attenzione per le origini della città, che le Porte Palatine tornarono al centro dell’interesse culturale. Gli scavi archeologici avviati nell’Ottocento riportarono alla luce gran parte della struttura originaria, restituendole dignità storica e valore artistico.
Leggende e suggestioni
Intorno alle Porte Palatine non si intrecciano solo fatti storici, ma anche leggende popolari che contribuiscono al loro fascino misterioso.
Una delle più note riguarda l’imperatore Augusto. Si dice che, poco dopo la fondazione della città, egli vi si sia recato di persona per benedire il passaggio delle legioni. Secondo la tradizione, avrebbe pronunciato parole propiziatorie per il futuro di Torino. Non ci sono prove storiche, ma la leggenda ha alimentato per secoli l’immaginario collettivo.
Un’altra suggestione riguarda le energie esoteriche. Torino è famosa per essere parte del cosiddetto “triangolo della magia bianca”, insieme a Lione e Praga. Alcuni sostengono che proprio le Porte Palatine siano uno dei nodi energetici più potenti della città. Non ci sono conferme scientifiche, ovviamente, ma basta visitare il sito di notte per percepire un’atmosfera diversa, sospesa, quasi fuori dal tempo.
Le Porte Palatine oggi
Oggi le Porte Palatine sono al centro di un grande progetto di valorizzazione promosso dal Comune di Torino. L’area circostante è stata riqualificata, con nuovi percorsi pedonali, pannelli informativi e visite guidate organizzate in collaborazione con il Museo di Antichità.
NOEMI GARIANO

“Eclectic Estival”: Musica e arti visive

Quarta edizione della Rassegna organizzata dalla “Fondazione BuonoLopera” negli spazi liberty di “Villa Chiuminatto”

Dal 19 al 21 settembre

Un suggestivo, intrigante cocktail artistico che per tre giorni, da venerdì 19 a domenica 21 settembre, animerà con la sua quarta edizione la città, sotto il libero – eclettico segno di un’internazionalità in cui vanno a intrecciarsi (apparentemente senza regole, ma in realtà seguendo ben chiari sentieri di alta professionale contemporaneità) musica, arti visive e performative che a Torino portano per l’occasione artisti da diverse parti del mondo. Fascinosa location, come sempre, quella “Villa Chiuminatto”, realizzata, a partire dal 1923 dall’architetto Gottardo Gussoni, al civico 27 di via Giuseppe Galliano, in un singolare stile di scuola liberty spesso aperto, a un “eclettismo” di libera magia costruttiva – capace di porla in netto contrasto con gli altri villini della “Crocetta” – e oggi sede della “Fondazione BuonoLopera” costituita nel 2021 da Stefano Buono, fisico italiano e imprenditore, e dalla moglie Maribel Lopera Sierra, medico nucleare, come fucina di iniziative “non profit” in campo sociale e artistico-culturale. E dunque ancora qui (ma quest’anno non solo) si svolgerà la nuova edizione di “Eclectic Estival”, con un’agenda ricca di “eclettiche” (e tali non potevano che essere) proposte e appuntamenti. A partire dalle “arti visive”, per poi proseguire lungo le strade della “musica”.

Evento clou del Festival è la “Collettiva a tre”, curata da “Almanac” –  organizzazione non-profit con sedi a Torino e a Londra, attiva da oltre un decennio nella promozione di linguaggi visivi emergenti e nella costruzione di relazioni culturali internazionali – che vede insieme le opere di Cleo Fariselli (Cesenatico, 1982, oggi residente a Torino), il regista e filmmaker Riar Rizaldi (Indonesia, 1990) e Bo Wielders (Olanda, 1998). Tratto comune dei “magnifici tre”, l’esplorare “elementi che evocano il misterioso e il perturbante, caratteristici della storia di Villa Chiuminatto e della stessa Torino”. La loro è una puntigliosa ricerca sospesa fra realtà e onirico, sostenuta dal forte gusto di un colore di matrice espressionista per Wielders o dal sintetico essenziale materiale estratto da un blocco d’argilla per la Fariselli o, ancora, per Rizaldi, quel giocare sui molti generi a lui cari (dall’horror allo “sci-fi” o genere fantascientifico) in cui rimarcare proprio “l’aspetto inspiegabile e opaco” delle singolari visioni del suo mondo filmico. Dipinti, disegni, video, fotografie e sculture abiteranno così, per il fine settimana, gli spazi della Villa, intrecciandosi alla storia del luogo.

E accanto all’arte visiva, la “Musica”Novità di quest’anno è l’“ampliamento del Festival” al vicino “Auditorium Orpheus” (corso Generale Giuseppe Govone 16/A) dell’ “Educatorio della Provvidenza”.

Il primo appuntamento, venerdì 19 settembre (ore 18,30 – 21), è dedicato alla “finale” per “giovani jazzisti under 35” della rassegna musicale Too Young To Jazz” di “AICS” con il patrocinio del “Conservatorio Giuseppe Verdi” di Torino. Le tre band finaliste, dopo l’esibizione, saranno giudicate da una giuria tecnica e popolare formata dal pubblico del Festival e la vincitrice riceverà il “Premio Extended Play” di quattro brani completo di mix mastering al “Laboratorio del Suono” del valore di 1.500 euro erogato dalla “Fondazione BuonoLopera” per la promozione del percorso formativo in ambito musicale. Sabato 20 settembre (ore 17 – 19,30) a salire sul palco sarà la “band swing” con i “ballerini” della Scuola di ballo “Carma Dance Studio” diretta da Mirko Volonnino, campione italiano di “Boogie Woogie” per tre anni consecutivi. A seguire, il Concerto Degenerativo”la performance musicale del chitarrista sardo Carlo Doneddu che fonde musica, teatro e poesia con “l’obiettivo di trasformarsi continuamente e creare un’esperienza indefinita per gli ascoltatori”Domenica 21 settembre (ore 17 – 19,30) gran finale con l’“Ecletic Band”, formazione allargata (non facile da ottenersi proprio per l’alto numero di artisti coinvolti), una rimpatriata di musicisti jazz del territorio, con l’inserimento di due ospiti internazionali di forte richiamo: Tolga Bilgin, trombettista turco che torna a Torino dopo molti anni dal periodo di studi trascorso in città e Badrya Razem, cantante soul jazz italo-algerina che si inserisce nella band con due brani. A seguire, “Close To You”, il progetto musicale che celebra Burt Bacharach combinando jazzpop e influenze arabe, con la partecipazione oltre che di Badrya Razem, del batterista Fabio AccardiGiorgio Vendola (contrabbasso) e Nicolò Petrafesa (pianoforte).

“Grazie a questo Festival, abbiamo incrociato – racconta Maribel Lopera Sierra, vicepresidente della ‘Fondazione BuonoLopera’ – le strade di ‘Almanac’ e ‘Too Young To Jazz’, che ci hanno dato l’opportunità di dare spazio e sostegno ai giovani in diversi ambiti culturali. E come Fondazione, siamo orgogliosi di sostenere i giovani che hanno inclinazioni speciali per le arti; ogni talento merita l’opportunità di crescere creativamente e svilupparsi in un ambiente che ne valorizzi le potenzialità e ne sostenga la formazione professionale”.

 

Gianni Milani

 

Nelle foto: “Villa Chiuminatto”; Bo Wielders: “When walking 2”, pastels and pencil on cardboard, 2024; Cleo Fariselli: “Scena”

OGR, “Tentacular Bed: on Moving” di Raffaella Naldi Rossano

Le OGR Torino presentano una narrazione corale che esplora desiderio, appartenenza, distanza e ritorno 

Mercoledì 24 settembre, dalle ore 19, con apertura delle porte alle ore 18.30, a ingresso libero fino a raggiungimento capienza, il Binario 1 di OGR Torino ospiterà “Tentacular Bed: on Moving”, restituzione pubblica del nuovo lavoro di Raffaella Naldi Rossano. Per una sola notte un grande letto collettivo, un’installazione abitabile, in costante trasformazione, fatta di sculture modulari che sono allo stesso tempo spazi di accoglienza e strumenti musicali, accoglierà il pubblico, che lo potrà attraversare e abitare per tutta la notte grazie a diversi momenti performativi, creando campi di relazioni e possibili nuove narrazioni.

“Tentacular Bed” è un progetto “on going” iniziato nel 2017, quando l’artista decisa di utilizzare la dimora della nonna materna, una rovina non abitabile come piattaforma di sperimentazione, dove indagare varie possibilità di stare insieme e generare relazioni fondate su forme inedite di vita in comune. Il progetto nasce con la volontà di creare uno spazio intermedio tra la casa e il litorale, una casa “in movimento”. Le sculture che abitano lo spazio di “Tentacular Bed” rispondono alle voci e ai corpi che la attivano, trasformando il letto in una piattaforma di relazioni che, per la prima volta alle OGR, prende la forma di una sceneggiatura poetica e performativa che intreccia materiali storici e contemporanei, trasformando lo spazio espositivo in rito collettivo.

Questo evento conclude tre settimane di residenza, 2-24 settembre, durante le quali l’artista ha lavorato con performer e musicisti, attivando alle OGR un set vivo e un laboratorio condiviso. La drammaturgia creata per l’occasione intreccia il mito mediterraneo e i racconti orali, oltre ai riferimenti musicali. “Villanelle” napoletane, evocazioni arcaiche e testi contemporanei si uniscono in una narrazione corale che esplora desiderio, appartenenza, distanza e ritorno. Per condividere il processo creativo prima dell’evento del 24 settembre, il pubblico potrà accedere al lavoro durante la sua preparazione da lunedì 15 a giovedì 18 settembre, dalle 17 alle 19. All’interno del percorso di residenza, sabato 13 settembre, dalle 14 alle 17, si terrà una costellazione famigliare aperta al pubblico su prenotazione tramite sito ogrtorino.it.

OGR Torino – c.so Castelfidardo 22, 10128 Torino

www.ogrtorino.it

Gian Giacomo Della Porta

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso: Viva Jaquerio!

Domenica 14 settembre, ore 15 

Una visita immersiva alla scoperta di uno dei maggiori esponenti del gotico internazionale del Piemonte per i 650 anni dalla nascita

 

In occasione dei 650 anni dalla nascita di Giacomo Jaquerio, la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso propone una speciale visita immersiva nella vita di uno dei maggiori esponenti del gotico internazionale del Piemonte che a Ranverso ha lasciato proprio la sua firma e il suo più grande capolavoro.

Nato nel 1375 circa a Torino da una famiglia con una lunga tradizione nella pratica della pittura, vive la prima parte della sua vita tra continui spostamenti fra Torino, Ginevra, Thonon-les-Bains ed altre località d’oltralpe, lavorando al servizio di Amedeo VIII di Savoia e ricevendo commesse da istituzioni religiose e da importanti casate nobiliari. Dal 1429 in poi abitò stabilmente a Torino. Della sua vasta produzione solo pochissime opere sono documentate. Il primo documento certo relativo a Jaquerio è la sua firma, scoperta solo nel 1914 sugli affreschi dell’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso, databili intorno al 1410, epoca in cui l’artista doveva già essere a capo di un’ampia bottega. La Salita al Calvario è il suo capolavoro caratterizzato da toni marcatamente realistici di crudeltà e dolore che ne fanno un brano pittorico di grande tensione drammatica.

 

INFO

Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso

Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)

Domenica 14 settembre, ore 15

Viva Jaquerio!

Costo visita: 5 euro, oltre il prezzo del biglietto

Biglietti: intero 5 euro, ridotto 4 euro

Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone

Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito

È indispensabile la prenotazione entro il giorno precedente.

Info e prenotazioni (dal mercoledì alla domenica):

011 6200603 ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

“Grafica ed ex libris” in mostra al Castello dei Paleologi

Mostra Internazionale Biennale

In ricordo del Dott. Gian Carlo Torre  e del componente del Gruppo Arte Antonio Barbato

Il “Gruppo Arte Casale” comunica che la XVI edizione della Mostra Collettiva Biennale Internazionale “GRAFICA ED EX LIBRIS” si terrà presso le Sale Chagall del Castello dei Paleologi a Casale Monferrato (AL) dal 13 settembre al 5 Ottobre 2025, con il Patrocinio del Comune e della Regione Piemonte.

A documentazione della mostra verrà stampato un catalogo di 120 pagine bilingue con testi e immagini delle opere e relativa biografia degli artisti (visitabile sul sito www.graficaedexlibris.it).

Hanno aderito 100 artisti incisori provenienti da varie nazioni con 500 opere.

L’esposizione illustrerà le varie tecniche grafiche tradizionali quali xilografia, acquaforte, acquatinta, puntasecca, maniera nera, litografia, linoleografia, oltre a nuove sperimentazioni quali l’incisione su plexiglass, la fotografia, l’elaborazione al computer. La mostra verrà visitata da parecchie persone appassionate di grafica, artisti, critici, collezionisti e alunni delle scuole cittadine primarie e secondarie. Saranno esposti anche libri di grafica incisa, cataloghi, documenti, foto.

Verrà allestita anche una vetrina con l’esposizione degli strumenti da lavoro dell’incisore e stampatore: matrici lignee e calcografiche, pietre litografiche, bulini e sgorbie, inchiostri, rulli, caratteri da stampa.

La mostra vuole far conoscere la stampa e soprattutto l’ex libris, ovvero quel piccolo foglietto che identifica la personalità e il mondo poetico del proprietario del libro. I collezionisti possono mettersi in contatto con gli artisti e scambiare o ordinare l’esecuzione di ex libris dando indicazione su cosa raffigurare per essere al meglio rappresentati.

Le edizioni passate sono state dedicate ai grandi maestri dell’incisione: 1993 Tranquillo Marangoni, 1995 Bruno da Osimo, 1997 Benvenuto Disertori, 1999 Bruno Colorio, 2001 Remo Wolf, 2003 Italo Zetti, 2005 Publio Morbiducci, 2007 Pietro Parigi, 2009 Ercole Dogliani,

2011 Antonello Moroni, 2013 Luigi Servolini, 2015 Adolfo De Carolis, 2017 Emilio Mantelli,

2021 Rivista “Xilografia”, 2023 Rivista “l’Eroica”.

Chi volesse maggiori notizie sulla mostra può contattare il Gruppo Arte Casale, Organizzatori responsabili: Pio Carlo Barola, Antonio Barbato e Gianpaolo Cavalli.

cell. 348.7629167, barolapio@libero.it www.graficaedexlibris.it

ORARIO MOSTRA: feriali 16.00 – 19.00 / sabato e domenica 10.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00

Chiuso il Lunedì

“I sogni dei vecchi”

In una mostra che “intreccia memoria e futuro”, la torinese “CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia” espone i potenti “Ritratti” di Arianna Arcara

Dal 25 settembre al 19 ottobre

Oh, finalmente rivedo scritta (questa volta nel titolo di una mostra) la parola “vecchi”! E non insulsi eufemismi (ma non scherziamo!) del tipo “diversamente giovani” o “attempato” o  “âgé” o che altro. Vada ancora ancora per “anziani”. Ma non stiamo a girarci attorno. La “VECCHIAIA” è un’età della vita che fa parte (e che parte!) della vita. E non c’è “lifting” o “botulino” o “acido ialuronico” che tengano. E, del resto, ben fortunati coloro che riescono ad acchiapparla, la vecchiaia. Con tutti i suoi malanni, i suoi problemi, le sue solitudini, le sue magnifiche rughe, ma anche le sue gioie, i suoi piaceri, il suo orgoglio, le sue mille sfaccettature, il suo “pieno” di esperienza e saggezza (si spera!) da portare avanti fino allo sconosciuto traguardo. Con serenità, se ci è data la possibilità. Anche perché, come diceva – forse a ragione – la grande scrittrice e poetessa americana Gertrude Stein “dentro abbiamo sempre la stessa età”. Arma infallibile: la capacità ancora intatta, a qualsiasi età, di “sognare”. Basta volerlo. “Il sogno è una freccia lanciata verso il futuro: incerto, fragile, ma capace di tenerci vivi fino all’ultimo giorno”.

 

A sostenerlo sono gli organizzatori del progetto fotografico “I sogni dei vecchi”, commissionato da “Chora Media” alla fotografa Arianna Arcara (co-fondatrice del Collettivo Fotografico “CESURA” e della Casa Edtrice “CESURA Publish”) e sostenuto da “Fondazione Amplifon”, che da giovedì 25 settembre a domenica 19 ottobre sarà ospitato da “CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia” di Torino, nell’ambito dei “Chora & Will Days” e contemporaneamente alla nascita del nuovo Magazine trimestrale di “Chora Media” e “Feltrinelli”, “VOLUME”, dedicato a storie e a reportage, il cui primo numero è dedicato proprio al “tema del tempo”.

Sono 25 in b/n, e così emotivamente potenti da costringerti a sentirteli “dentro” e “a pelle” con tutto il loro carico espressivo, i “Ritratti” realizzati dalla bravissima fotografa monzese a soggetti (donne e uomini) incontrati, grazie ai progetti di “Amplifon” in alcune “RSA” italiane. A guidarla il concetto di “confine”, confine umano, naturale e culturale. “Anche gli anziani ritratti in questa mostra – afferma Arianna – sono vicini ad un confine, ma, ugualmente e allegramente, sognano”. E i loro sogni, che i visitatori potranno leggere e ascoltare inquadrando il “QR code” in mostra, “intrecciano la memoria e il futuro, realizzano desideri antichi, camminano sul filo tra realtà e fantasia, tra possibile e impossibile, ma anche in questo sta la potenza dei sogni”. Che non si spengono neanche alla bella età di 104 anni. Gli anni che si porta sul bel viso, illuminato da un dolce, simpatico e perfino un po’ sornione sorriso, la Leonilla che da giovane praticava pattinaggio su rotelle nella sua Pola e che ancora oggi “sogna di pattinare, e di farlo proprio a Pola”. E, accanto a lei, Giovanni Maria, che di anni ne ha 95 e che candidamente e con il viso fiero di chi sa il significato del “lavorare duro” per tutta una vita sogna poca cosa: solo “di poter invecchiare ancora”. E poi c’è la Vittoria, 80 anni: “Sogno di poter diventare ostetrica”, confessa. E Angelo, 75 anni (un bambino!): “Vorrei riprendere – dice – a dipingere sul fiume Adda, vicino al luogo in cui sono nato. Sulla mia tela rappresenterei la natura e il fiume in autunno”. Leonilla, Giovanni Maria, Vittoria e Angelo. E con loro tante altre e tanti altri. Donne e uomini che hanno attraversato il tempo. E quanto tempo ancora il buon Dio concederà loro, non c’è problema, lo riempiranno di immaginifici e fantastici voli onirici. Di “terapeutici” sogni. Che delicatamente scivolano dalla mente al cuore. Attraverso quelle loro bellissime rughe “che formano– come affermava lo scrittore francese Marc Levy – le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni”.

L’esposizione, come detto, sarà inaugurata giovedì 25 settembre, alle 18, con una presentazione introduttiva di Mario Calabresi (Direttore Editoriale di “Chora” e “Will Media”) e Guido Maria Brera (Presidente “Be Water”).

Alle 18,30 seguirà la presentazione di “VOLUME”, con un dialogo tra immagini e parole che vedrà protagonisti la stessa Arianna ArcaraMario Calabresi, la giornalista Silvia NuciniWalter Guadagnini (direttore artistico di “CAMERA”), Giulia Mangano (direttore creativo di “Chora” e “Will Media”) e Maria Cristina Ferradini (“Fondazione Amplifon”).

Gianni Milani

“I sogni dei vecchi”

CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

Dal 25 settembre al 19 ottobre

Orari: da mart. a dom. 11/19; giov. 11/21

Nelle foto: Arianna Arcara “Leonilla Malacrea, 104 anni”, “Giovanni Maria Bibbia, 95 anni”, “Vittoria Malara, 80 anni”, “Angelo Vaghi,75 anni”

L’Europa minacciata. Perché è ancora importante il 12 settembre 1683?

Il 12 settembre 1683 ha un grande significato storico, soprattutto per l’Europa, in particolare per alcune nazioni centro-orientali.
Questa data segna la Battaglia di Vienna, uno degli eventi più decisivi nella storia europea. Fu combattuta tra l’esercito dell’Impero Ottomano e le forze europee riunite in un’alleanza di eserciti cristiani sotto la guida del re polacco Giovanni III Sobieski. L’assedio di Vienna faceva parte di un tentativo di espansione dell’Impero Ottomano in Europa centrale. Conquistata Vienna sarebbe toccato a Roma, la capitale della Cristianità? La vittoria dell’esercito cristiano, con l’intervento decisivo delle truppe del re polacco Giovanni Sobieski e dei suoi celebri ussari alati fermò l’avanzata ottomana in Europa segnando l’inizio del declino dell’Impero Ottomano nel nostro Continente. Perché è ancora importante questa data? La vittoria a Vienna ha contribuito a rafforzare l’idea che l’Europa dovesse difendersi ad ogni costo dagli attacchi e dalle influenze esterne. Attuale anche oggi. Nell’odierno e delicato contesto geopolitico, quel 12/9/1683 è anche simbolico per le questioni legate alla difesa dei confini europei e alla protezione dei nostri valori di democrazia e di libertà minacciati da grandi potenze con ambizioni espansionistiche imperiali, la Russia, la Cina e la stessa Turchia del sultano Erdogan che sogna di ricostituire una una sorta di Impero Ottomano in miniatura. Il 12 settembre 1683 non viene certo celebrato in pompa magna come il Giorno della Liberazione ma negli Stati coinvolti, come Austria, Ungheria e Polonia, viene ricordato come una parte essenziale della storia patria. In Polonia, per esempio, Sobieski è un eroe nazionale. È solo una riflessione ma quella data ha ancora oggi un preciso significato.                           Filippo Re
Nella foto, il re polacco Sobieski manda al Papa il messaggio della vittoria a Vienna, dipinto di Jan Matejko (1838-1893)