Con la partecipazione del Trio Quodlibet
La De Sono omaggia il compositore Giacomo Puccini nel centenario della morte con un concerto in collaborazione con “How I met Puccini” e la partecipazione del Trio Quodlibet. In programma per il concerto del 29 febbraio 2024, alle 20:30 presso il teatro Vittoria, pagine operistiche di Puccini, arrangiate da Valentina Ciardelli, con una commissione De Sono in prima assoluta.
Anna Astesano sarà all’arpa, Valentina Ciardelli al contrabbasso. Il Trio Quodlibet presenta Vittorio Sebeglia al violino, Virginia Luca alla viola e Fabio Fausone al violoncello. Per l’arrangiamento di Valentina Ciardelli, verranno eseguiti “Butterfly Effect”(le melodie giapponesi attraversano le mura di Lucca) per contrabbasso e arpa; “La Tregenda”(estratto della fantasia ‘V’è nella selva oscura una leggenda’) tratta dall’opera “Le Villi” per contrabbasso e arpa; seguirà una fantasia su Turandot intitolata “Una femmina con la corona in testa” per quintetto con arpa, in prima esecuzione assoluta. La serata è realizzata in collaborazione con “How I met Puccini”, un progetto multidisciplinare nato nel secondo lockdown da un’idea della compositrice e performer Valentina Ciardelli, come serie video su youtube dedicata alla vita e alle opere pucciniane. Oggi “How I met Puccini” rappresenta una realtà giovane e dinamica, che rilegge il repertorio pucciniano in chiave strumentale e in ambiti artistici trasversali, dal teatro alla musica da camera, fino ai progetti di educazione all’ascolto con l’intenzione di avvicinare nuove generazioni adattando la poetica di Puccini al linguaggio moderno, pur non tradendone l’essenza.
“La musica pucciniana è concepita per organici molto ampi – illustra Valentina Ciardelli – la trascrizione e ricomposizione per organici cameristici e orchestre aiuta la valorizzazione del linguaggio pucciniano, molto adatto e fruibile, anche a livello strumentale, per aumentare l’offerta musicale e il repertorio cameristico e sinfonico”.
In occasione della ricorrenza del centenario pucciniano, la De Sono ha commissionato “Una femmina con la corona in testa – Fantasia su Turandot” per quintetto con arpa, che sarà eseguita in prima assoluta al teatro Vittoria:
“Si tratta di una Turandot che nasconde la filosofia del Tao, dell’equilibrio universale che crea armonia tra tutte le cose – spiega l’autrice – in questo caso, tra i cinque musicisti che si scambiano i ruoli dei personaggi della storia, dell’orchestra, della scenografia e dei costumi attraverso la musica senza tempo di quest’opera incompiuta.
Il programma del concerto prende il via con “Butterfly Effect” per contrabbasso e arpa. Il brano, tratto da “Madama Butterfly” è stato riadattato utilizzando i timbri e gli attacchi degli archi per evocare gli aspetti più importanti dell’opera, dai lati oscuri del mondo tradizionale del Giappone, culminanti nel “seppuku” di Madama Butterfly, fino all’atteggiamento colonialista di Pinkerton. Si prosegue con “La Tregenda”, composizione per contrabbasso e arpa, dalla fantasia “V’è nella selva oscura una leggenda” da “Le Villi”, opera d’esordio del compositore lucchese dedicata ai leggendari spiriti vendicativi di donne morte per amore tradito. Le Villi erano, infatti, creature ultramondane, donne belle ma sinistre, che si racconta danzassero intorno ai loro amanti infedeli per vendicarsi del tradimento, con movimenti eleganti ma minacciosi che simboleggiavano la loro rabbia e il loro dolore.
L’omaggio a Puccini prosegue e si chiude con “La femmina con la corona in testa – Fantasia su Turandot” per quintetto per arpa, che riprende le parti più significative dell’opera “Turandot”: divisa in tre movimenti, come gli atti dell’opera, la fantasia esplora le sonorità più mature del compositore, esaltandone la musica che si presta perfettamente al camerismo e al virtuosismo strumentale.
Ingresso libero con prenotazione gratuita sulla piattaforma Eventbrite
Mara Martellotta









Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Un romanzo magnificamente introspettivo che si colloca sulla scia del suo successo “Va dove ti porta il cuore”; in cui rivede la sostanza dei suoi affetti, altrettante dichiarazioni di amore per ogni membro della sua famiglia.
Tim Winton è un talentuoso scrittore australiano, nato a Perth nel 1960, e dopo aver vissuto in Irlanda, Francia e Grecia, ora si è stabilizzato nell’Australia occidentale con la moglie e i 3 figli.
Ognuno di noi è anche il risultato del suo passato, a partire dall’infanzia; anche per questo è interessante scoprire i primi anni degli scrittori, perché da quel punto di partenza si sono sviluppate notevoli personalità.
E’ il settimo volume della Saga Millenium creata da Stieg Larsson e, dopo la sua precoce e improvvisa morte, continuata da altri autori. Diciamo subito che nessuno di loro ha neanche lontanamente riprodotto la magia, il pathos e i continui colpi di scena dei primi volumi scritti da Larsson.
Due opere soltanto sarebbero sufficienti a definire la grande bellezza, i sentimenti di chi guarda, gli incanti, le presenze e le tante storie, i ritratti soprattutto con la loro perfezione, della mostra “Moroni (1521 – 1589). Il ritratto del tempo” ospitata sino al primo aprile (val bene un viaggio, per gli appassionati) nelle sale delle Gallerie d’Italia milanesi, di fronte alla Scala, un centinaio di dipinti esposti, accompagnati da armature, libri, medaglie, disegni, con i prestiti tra l’altro del Louvre e del Prado e della National Gallery londinese e con la cura di Arturo Galansino e Simone Facchinetti, i quali dopo i successi delle precedenti mostre sul ritrattista bergamasco cinquecentesco, l’uno nel 2014 a Londra e l’altro cinque anni dopo alla Frick Collection di New York, sono divenuti i campioni d’eccellenza in territorio moroniano. Senza tema di smentita, una delle più belle mostre viste in questi ultimi anni, importante e ampia, ricca di quei volti che ti catturano per l’energia ed il realismo, assolutamente lontani dall’idealizzazione, che sprigionano, per l’intensità, per l’immediatezza che scava nei caratteri e nei comportamenti, per l’esattezza di particolare che coltiva in sé come qualcosa di modernamente fotografico, e di quegli abiti che ti rimandano con intelligente e persuasiva dolcezza ad un’epoca, di quella ampia sala al cui interno gli abiti neri (il nero come colore della elegante nobiltà) delle tele sono una sequenza difficilmente dimenticabile, suggestiva altresì per quei precisi disegni che ti rimandano, e che puoi decifrare, alle opere definitive poste non lontano, per le grandi pale d’altare che ne sono una parte non indifferente, anche se non è quella la vetta dell’arte di Moroni, e per i rapporti che sono corsi tra l’artista e altri famosi suoi compagni di percorso e d’epoca.



Il 10 giugno cadrà l’anniversario del rapimento di Giacomo Matteotti e le iniziative in ricordo del suo assassinio del 1924 sono numerose. Io stesso sono coinvolto nel lavoro di storicizzazione di un evento drammatico della vita italiana come fu l’omicidio destinato a segnare la storia successiva. Stupisce che il comitato nazionale per le onoranze a Matteotti (affidato ad un anziano storico, allievo del marxista ortodosso Ernesto Ragionieri e a una segretaria con esperienze precedenti che nulla hanno a che vedere con Matteotti perché l’ultimo Francesco Forte, con cui fu in amichevoli rapporti, era un sostenitore della destra berlusconiana e perfino del monarchico Sogno) usi il termine morte e non omicidio o assassinio o delitto, gli unici termini storicamente corretti. Matteotti non morì nel suo letto, almeno questo credo che gli vada riconosciuto. Morì tra atroci sofferenze inferte dai suoi sicari all’interno dell’auto in cui fu costretto dopo il rapimento. Matteotti è un grande personaggio della storia d’Italia, per tanti decenni disconosciuto dalla sinistra e dalla destra e non apprezzato dal mondo cattolico, un grande italiano che va finalmente fatto conoscere agli Italiani. Questo lavoro dovranno in larga parte farlo altri, anche se il Comitato per il centenario della “morte” ha avuto un cospicuo finanziamento di cui dovrà rendere conto e siamo curiosi di apprendere come vorranno utilizzare i fondi pubblici loro affidati.
giorni, dopo anni, ha scelto il suo vice sindaco. Di norma tutti i sindaci nominano subito un vicesindaco, ma Montagna non ha mai fatto la scelta, anche se c’è chi pensa che questa recente ed improvvisa nomina sia una sorta di investitura del possibile successore quando Montagna non potrà più candidarsi. Ci sono dei sindaci che cercano di far eleggere dopo il decennio un loro pupillo, magari ottenendo per sè un incarico da assessore e perfino da vicesindaco. Molti hanno anche interpretato la scelta tardiva del vice come un modo per intralciare la discesa in campo dell’assessore Laura Pompeo, da quasi dieci anni attivissima assessora alla cultura e unico volto noto e di prestigio tra gli attuali amministratori di Moncalieri. La carica da vicesindaco sarebbe toccata da subito a Pompeo, la più votata con oltre mille preferenze, ma Montagna non volle un vice, neppure una vice donna, come oggi è quasi d’obbligo per la parità. Pompeo dovrebbe prossimamente candidarsi in Regione come consigliere sicuramente eletto e potrebbe essere la nuova assessora regionale alla cultura, anche se i margini di vittoria del Pd – 5 stelle sono ridotti. Con Valle presidente, sarebbe una bella opportunità per la Regione avere un’assessora con una esperienza decennale. Dopo Leo e Oliva sarebbe la prima con competenze anche universitarie di prim’ordine e grande lavoro sul campo.
LETTERE
Qui si è giunti oggi ad un antisemitismo che assomiglia a quello nazifascista di ieri. E’ triste doverlo riconoscere. Anch’io come Lei sono stato e sono dalla parte di Israele almeno dal 1967, quando incominciai a ragionare politicamente. Già prima ascoltavo mio padre, che di problemi internazionali era un grande esperto, che diceva di essere stato sempre filo israeliano e che disprezzava la politica filo araba di Moro e Andreotti. Anche Craxi non gli piaceva per la sua posizione filo araba, lontana da quella di molti grandi socialisti non succubi del PCI. Detestava anche Scalfari filo arabo. Sono rimasto orgogliosamente suo figlio. E gli ebrei filo palestinesi li considero degeneri. Israele, unica democrazia in Medio Oriente, è uno stato laico che lotta per la sopravvivenza ogni giorno e i suoi cittadini rischiano quotidianamente di morire per causa del terrorismo palestinese che da mai tregua. Ogni giorno dell’anno. Detto questo, credo che i diversi governi (l’Onu di fatto è scomparsa come la Società delle Nazioni prima della II guerra mondiale: un parallelo allarmante!) debbano contribuire a favorire una via di pace sicura per il Medio Oriente, possibile polveriera di Guerra. Ma la via percorribile non è certo quella dei due Stati che creerebbe gravissimi problemi di tensione internazionale senza risolvere quello della convivenza dei due popoli. Lo stesso fallimento dell’Autorità palestinese lo indica. Solo i ragazzi che non sanno nulla di storia o i vecchi faziosi di sempre che bruciano le bandiere di Israele per le strade possono pensare certe corbellerie politiche e condividere certe farneticazioni che neppure i più superficiali utopisti oggi oserebbero affermare dopo il massacro del 7 ottobre che costituisce un ante e un post non dimenticabile.
