CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 232

I greci di Torino ricordano la “catastrofe” del 1922

Nelle viuzze del Quadrilatero, in pieno centro, la piccola comunità greco-ortodossa torinese si raccoglie in chiesa.
Si prega, si ascolta, si commentano i fatti e non si trascura la storia, le vicende dei greci dominati per quattro secoli dai turchi, l’indipendenza dal giogo ottomano, le tragedie di cent’anni fa, i massacri, la fuga e la gioia di vivere in patria, nella propria terra. Ma quanti lutti, quante sofferenze patite dai greci a causa di eventi storici che molti neppure conoscono. I greci del Piemonte, alcune centinaia di persone, ci ricordano quel passato con un grande manifesto su cui compare la scritta “1922, la catastrofe dell’Asia Minore”, appeso sul portone della chiesa della Santissima Annunziata delle Orfane, oggi utilizzata dai greci-ortodossi, in via Delle Orfane angolo via San Domenico, a pochi passi dal Mao e dalla Consolata. Perché la catastrofe?
Il periodo storico è quello della guerra greco-turca che si svolse, da maggio 1919 a ottobre 1922, tra la Grecia e la nuova Repubblica di Turchia nata sulle ceneri dell’Impero ottomano. Il Trattato di Sèvres (10 agosto1920) successivo alla Prima guerra mondiale, aveva assegnato alla Grecia i territori dell’Anatolia, della Tracia e la città di Smirne e fu proprio il passaggio di questa città ai greci che scatenò la furia dei turchi. La Turchia di Ataturk vinse la guerra e ottenne i confini attuali ma per la Grecia la fine del conflitto provocò lo stravolgimento dell’assetto demografico del Paese. Nell’estate 1922 i soldati turchi entrarono a Smirne con l’obiettivo di cancellare ogni elemento greco dell’Asia Minore. È quello che fece il comandante dell’esercito turco repubblicano Nureddin Pascià il cui scopo era quello di sterminare i cristiani di Smirne.
Per attuare il piano furono commessi crimini terribili, le case furono incendiate, migliaia di greci torturati e uccisi, i distretti greco, armeno ed europeo della città rasi al suolo. I due terzi di Smirne furono distrutti. Le vittime furono oltre 30.000. Solo l’area turca rimase intatta. L’incendio di Smirne per i greci dell’Asia Minore rappresentò il culmine degli eventi chiamati dagli storici greci con il nome di “Catastrofe dell’Asia Minore” da cui riuscirono a salvarsi 250.000 cristiani che fuggirono in Grecia. Un testimone d’eccezione che descrisse il dramma degli abitanti di Smirne fu Ernest Hemingway, allora giovane corrispondente di guerra nell’Impero Ottomano. I suoi articoli raccontano in modo terrificante l’odissea della popolazione greca. Nello stesso anno si concluse anche la tragedia dei greci del Ponto, regione storica della Turchia nord-orientale sul Mar Nero, la cui popolazione scampata allo sterminio dei turchi fu compresa nell’accordo sullo scambio di popolazioni tra i due Paesi stabilito dal Trattato di Losanna del 1923 con il quale la Grecia perse tutti i territori che aveva ottenuto con il Trattato di Sèvres nel 1920. Losanna stabilì in pratica le frontiere della Turchia moderna di Ataturk. Si creò così un immenso esodo di profughi nelle due direzioni, circa un milione e mezzo di cristiani greco-ortodossi verso la Grecia e oltre 500.000 musulmani verso la Turchia. Tutti costretti da un giorno all’altro a lasciare case, paesi, città e beni per spostarsi in un territorio sconosciuto che diventerà la loro patria.
La “catastrofe dell’Asia Minore” è considerata la più grande calamità nella storia moderna della Grecia. Ancora oggi greci e turchi si detestano ricordando il passato e le ferite aperte portano a volte le due nazioni a un passo da un conflitto. Secondo diversi studiosi il numero totale dei morti varia da 300.000 a 900.000 vittime. Ogni anno, il 14 settembre, la Grecia commemora lo sterminio dei greci dell’Asia Minore da parte dei turchi. È trascorso un secolo da quella tragedia. “Non dimenticate la nostra storia, chiedono i greci del Piemonte.
 
Filippo Re
nelle foto Chiesa greco-ortodossa in via delle Orfane
interno chiesa greco-ortodossa
Incendio di Smirne
Conquista turca di Smirne

Gli appuntamenti nei musei della Fondazione

Ecco l’agenda  in programma alla GAM, a Palazzo Madama e al MAO

 

Domenica 26 febbraio ore 17.30

THERESA WONG

MAO – concerto nell’ambito della mostra Buddha10

 

 

DOMENICA 26 FEBBRAIO

 

Domenica 26 febbraio ore 11

RIFLETTIAMO INSIEME: È UN DIRITTO SALVARSI LA VITA?

Palazzo Madama – convegno

Introduzione con proiezione video documentario in prima visione “Donne rifugiate” di Deka Mohamed Osman; partecipano Abdullahi Ahmed, scrittore e consigliere Comune di Torino, Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 Ottobre, Berthin Nzonza dell’associazione Mosaico e Suor Giuliana Gallo della Fondazione Mamre. Conduce Ikram Mohamed dell’associazione ADASS.

Evento in occasione del Black History Month Torino – Seconda edizione, rassegna dedicata alla storia e alla cultura afrodiscendente.

Ingresso libero. Posti limitati con prenotazione obbligatoria: blackhistorymonthto@gmail.com

 

Domenica 26 febbraio ore 16

L’EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA E L’APPLICAZIONE CONCRETA SUI NUOVI CITTADINI

Palazzo Madama – convegno

Con l’avv. Fairus Jama, Ihsane Ait Yahia, operatrice legale e interprete PA Reggio Emilia e l’avv. Rania Maadani, Associazione Avvocati di discendenza straniera in Italia. Conduce Ikram Mohamed dell’associazione ADASS.

Evento in occasione del Black History Month Torino – Seconda edizione, rassegna dedicata alla storia e alla cultura afrodiscendente.

Ingresso libero. Posti limitati con prenotazione obbligatoria: blackhistorymonthto@gmail.com

 

Domenica 26 febbraio ore 16.30

LUSTRO E LUSSO DALLA SPAGNA ISLAMICA. Frontiere liquide e mondi in connessione

MAO – visita guidata alla nuova mostra

La visita guidata all’esposizione approfondisce lo stretto legame culturale ed artistico tra il mondo islamico e quello europeo, che per diversi secoli ebbe nella penisola iberica il punto di maggior contatto e interconnessione. L’invasione musulmana dei territori andalusi gettò le basi per uno scambio continuo tra l’arte islamica e quella cristiana, scambio da cui scaturì una produzione di manufatti sempre più ricca e fiorente che via via attrasse l’interesse dei collezionisti e delle corti di tutta Europa.

Tappeti, frammenti di tappeti e ceramiche a lustro esposti nell’allestimento temporaneo raccontano sapientemente il lusso della produzione risalente al XV e XVI secolo, e la visita guidata ne approfondirà il significato culturale oltreché artistico in un continuo rimando e confronto con le collezioni permanenti esposte nella Galleria dedicata ai Paesi islamici dell’Asia.

A cura di Theatrum Sabaudiae.

Costo: € 6 a partecipante; costi aggiuntivi: ingresso alla mostra temporanea (gratuito per possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte)

Info e prenotazioni: t. 011.5211788, prenotazioni ftm@arteintorino.com

 

Domenica 26 febbraio ore 17.30

THERESA WONG

MAO – concerto nell’ambito della mostra Buddha10

Un’interpretazione personale della musica classica contemporanea: radicale e seducente.

La musica della compositrice, violoncellista e cantante Theresa Wong unisce musica classica, arti visive e teatro in composizioni innovative, spesso collaborative e improvvisate. “Harbors”, il suo album collaborativo con Ellen Fullman, l’inventrice del Long String Instrument, ha avuto un grande successo di critica. Wong ha presentato il suo lavoro a livello internazionale in luoghi quali Fondation Cartier, Parigi; Café Oto, Londra; Fabbrica Europa, Firenze; Festival di Sidney; The Lab, San Francisco; e The Stone a New York. Nel 2022 ha composto tre performance site-specific ispirate alle opere d’arte della collezione del San Francisco Asian Art Museum per la serie Sound/scapes.

Il suo ultimo lavoro, “Practicing Sands”, è un album per violoncello e voce che sviluppa un vocabolario personale sul violoncello e documenta l’approccio personale di Wong all’utilizzo e al posizionamento dei microfoni come estensioni della composizione stessa.

Costo: 15 € | ridotto studenti 10 €. I biglietti sono disponibili presso la biglietteria del museo.

Info e prenotazioni: eventiMAO@fondazionetorinomusei.it

 

Prima del concerto, nello spazio dei giardini giapponesi, verrà proposta la performance “My Freedom”, curata da Vincenzo Di Federico e Lanxin Zheng, primo esito del Laboratorio di studio performativo proposto dal MAO in collaborazione con YizhongArt. Protagonisti dell’azione performativa sono i giovani studenti d’arte cinesi Cao Xiaoyu, Li Xinke, Liu Ruogu, Luo Siliang, Sun Yuancong, Zheng Yiwen. Si ringrazia l’Associazione degli Studenti e Studiosi Cinesi (ASSCAT) dell’Accademia di Belle Arti di Torino per aver promosso l’iniziativa.

La performance è inclusa nel costo del biglietto del concerto.

 

 

 

 

 

Theatrum Sabaudiae propone visite guidate in museo

alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.

Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

 

Torino e le leggende fondative: il toro rosso e la discendenza egizia

Personalità carismatiche, antiche storie e mistero: sono queste le tre coordinate che hanno reso il principale capoluogo del Piemonte celebre a livello mondiale. Questa fama però spesso fa passare in secondo piano altre nozioni altrettanto interessanti che fanno parte del patrimonio storico e culturale della città. Fra queste figurano le leggende fondative di Torino, che spiegano le origini del suo nome e il collegamento con l’animale-simbolo presente nel suo stemma. Infatti nonostante l’etimologia derivi probabilmente dalla radice celtico-ligure “-thor”, che rimanda semanticamente ai monti e alle alture, si possono trovare diverse storie che vedono come protagonista un toro.

Le leggende di Torino

Nella versione più antica del mito la popolazione viveva nel terrore costante, a causa di un drago che viveva nelle foreste vicine. Per scongiurare il pericolo, gli abitanti della città fecero ubriacare un toro e lo mandarono a combattere contro il nemico. Il coraggioso animale riuscì nell’impresa, ma perse la vita. Per onorare il suo gesto coraggioso, i cittadini decisero di inserire un toro rosso nelle effigi della città. Lo stemma infatti inizialmente presentava questo colore, ma dal XVII secolo in poi divenne dorato e assunse la posizione rampante che si può osservare ancora oggi nell’iconografia cittadina.

Questo racconto di origine celtica venne però poi soppiantato da una narrazione aristocratica. Infatti nel 1563 i Savoia decisero di trasferire la capitale del Ducato da Chambéry a Torino. In quel periodo incaricarono lo storico Filiberto Pingone di approfondire la loro genealogia. Lo studioso dunque mise ordine all’interno delle fonti storiografiche e aggiunse anche una parte  mitologica per nobilitare la stirpe.

Egitto e Torino:

In questa operazione è possibile trovare il primo collegamento fra la casata e l’Egitto: infatti secondo questa narrazione i Savoia discenderebbero dal figlio del faraone. Pa Rahotep lasciò la sua terra natia per dei dissidi con la casta sacerdotale e partì con l’intento di creare un nuovo regno. Sbarcò prima in Liguria e poi continuò il suo viaggio fino in Piemonte: attendeva infatti un segno divino. Quando vide un toro abbeverarsi lungo le sponde del Po, decise di fermarsi. Riconobbe in questa apparizione il benestare del dio Api e quindi ribattezzò il luogo Eridania.

Questa storia divenne poi centrale nella politica culturale dei Savoia, che incominciarono ad acquistare reperti archeologici egizi. Fra falsi storici e pezzi di pregio andò a costruirsi così la collezione che attualmente è custodita presso il Museo Egizio.

leggende torino iside I Il Torinese

Da allora fino ad oggi

Ma la potenza delle leggende fondative di Torino non ha solo portato alla creazione di una tradizione egittologica, ma anche ad un immaginario popolare condiviso. Ancora adesso infatti è diffusa la credenza che alcuni monumenti siano stati costruiti su vestigia di antichi templi. Costituisce un esempio la Gran Madre, edificata -secondo le dicerie- sui resti di un antico santuario dedicato alla dea Iside.

In un processo di sincretismo la divinità sarebbe poi stata traslata nella Madonna, con cui effettivamente sono presenti delle somiglianze. Entrambe condividono i tratti della vergine e della madre e rappresentano l’incarnazione di un amore puro e filiale. Su questo terreno confuso e affascinante si è poi andata ad innestare anche la leggenda del sacro Graal. Infatti si dice che la chiave per trovarlo sia conservata in una delle due statue presenti all’esterno della chiesa. Ai lati della scalinata sono infatti presenti le personificazioni di Fede e Religione, rappresentate rispettivamente con un calice e una croce. Secondo gli amanti dell’esoterismo la prima sarebbe la chiave per rintracciare il Santo Graal. Basterebbe infatti seguire il suo sguardo per trovare la reliquia più ricercata di tutti i tempi.

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Francesca Pozzo

I Maneskin dopo Eurovision di nuovo a Torino

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Questa sera  25 Febbraio al Pala Alpitour si tiene l’attesissimo concerto dei Maneskin. Sold out da mesi, l’evento inizia alle ore 21.

Nella foto di Giuliana Prestipino per il Torinese, vediamo il gruppo musicale “sorpreso” a pranzo a Torino in occasione di Eurovision.

Questa la scaletta dei pezzi che verranno proposti al pubblico dalla band italiana di fama mondiale:

Don’t wanna sleep
Gossip
Zitti e buoni
Own my mind
Supermodel
Coraline
Baby Said
Bla Bla Bla
In nome del padre
Beggin’
Timezone
For your love
Gasoline
Torna a casa
Vent’anni
Amandoti
I Wanna Be Your Slave
La fine
Feel
Mark Chapman
Mammamia
Kool Kids

Al Teatro Gobetti debutta “Farfalle”, scritto e diretto da Emanuele Aldrovaldi

In scena dal 28 febbraio al 5 marzo prossimi

Martedi 28 febbraio prossimo, alle ore 19:30, debutta al Teatro Gobetti di Torino lo spettacolo “Farfalle”, scritto e diretto da Emanuele Aldrovaldi, testo vincitore del premio “Hystrio Scritture di Scena” nel 2015 e del “Mario Fratti Award” nel 2016. In scena due attrici: Bruna Rossi e Giorgia Senesi. Scene e grafica sono di CMP Design, le luci di Vincent Longuemar, i suoni di Riccardo Caspani, le musiche di Riccardo Tesorini e i movimenti di Olivia Fortuni.

Sono in scena due sorelle ciniche e poetiche, una bionda (Bruna Rossi) e una mora (Giorgia Senesi), al centro, il gioco che le ha unite fin da quando, piccolissime, sono rimaste sole. A turno, chi ha in mano la collana a forma di farfalla può obbligare l’altra a fare qualsiasi cosa, pena la fine del gioco. Durante lo spettacolo, le due attrici giocano a interpretare i personaggi principali delle loro vite, in un susseguirsi di scene che raccontano, con una tragicomica ironia la crescita delle due sorelle e le loro scelte di vita bizzarre, banali, obbligate o inaspettate, che le portano a acquisire una sempre maggiore consapevolezza di sé, diventando molto diverse da quelle ragazzine che erano. Il loro percorso è opposto e quasi complementare, il cambiamento che vivono le porta a allontanarsi e successivamente a scontrarsi in maniera violenta.

“È difficile raccontare di cosa parli un testo – afferma il regista Emanuele Aldrovaldi – e risulta ancora più difficile sapere quali siano state le esigenze che l’hanno portato a scriverlo. Per ‘Farfalle’ ne posso ipotizzare tre. La prima, iniziale, è quella rappresentata dal desiderio di mettermi alla prova cimentandomi con la scrittura di personaggi femminili complessi. I testi che avevo scritto fino a quel momento avevano un protagonista vista maschile o una coppia di protagonisti uomo/donna. La sfida che avevo in testa era quella di provare a raccontare in modo credibile e profondo la storia di due possibili donne. Nel 2013, partendo da alcune novelle di Pirandello, ho iniziato a scrivere di queste due sorelle. La seconda esigenza rispecchia una riflessione sul valore dell’esperienza. Il mondo è pieno di persone che dispensano consigli in base alle loro esperienze personali, e tutta la nostra cultura è fondata sull’idea che la conoscenza scientifica, culturale, esperienziale e emotiva si possa diffondere o tramandare. Le esperienze che facciamo ci insegnano davvero qualcosa sulla vita,su noi stessi o sugli altri? Fino a che punto, trasmettendo ciò che abbiamo imparato a chi amiamo, facciamo del bene? La terza esigenza è scenica, quella di costruire una dinamica che fosseinterna alla vicenda, e che avesse il potere di costruire le situazioni e i personaggi. Per questo le altre figure della storia, dal padre inaffidabile al medico opportunista, sono sempre in bilico tra l’avere una vita propria e l’essere proiezioni generate dal vortice del gioco in cui sono immerse le due sorelle. Dal momento della scrittura sono passati dieci anni e, nel frattempo, il testo ha vinto dei premi, è stato pubblicato e tradotto e ricevuto il suo debutto mondiale nel 2019 a New York. In un certo senso è come se si fosse staccato da me e si fosse allontanato dalle motivazioni che mi avevano spinto a scriverlo, diventando un elemento autonomo. Questo è stato il mio approccio quando ho deciso di farne la regia, come se fosse il testo di qualcun altro. Rileggendolo e analizzando come se lo avessi scritto io, ho scoperto che si tratta di un testo che parla d’amore, un amore conflittuale e competitivo, che va oltre l’incomprensione e i confini della vita, e è stato questo il motivo per il quale ho scelto di farlo interpretare a due attrici che, dal punto di vista anagrafico, avessero la stessa età che avevano le protagoniste alla fine della storia e non all’inizio. Volevo concentrarmi sul raccontare due donne che hanno già vissuto e provato a capire e capirsi in un modo che trascende i confini i dello spazio e del tempo, e che risultano ancora unite.

 

Lo spettacolo è prodotta dalla Associazione teatrale “Autori Vivi” dal Teatro Elfo Puccini, dall’Emilia Romagna Teatro ERT, dal Teatro Nazionale e sarà replicato per la stagione in abbonamento dal Teatro Stabile di Torino fino al 5 marzo prossimo.

MARA MARTELLOTTA

Il violoncello di Smailović e le foto di Siccardi

La foto scelta per i manifesti della mostra fotografica di Paolo Siccardi “La lunga notte di Sarajevo” ( che rimarrà aperta al pubblico al Mastio della Cittadella di Torino, tra corso Galileo Ferraris e via Cernaia, fino al 19 marzo ) è dedicata a Vedran Smailović ,unico sopravvissuto del quartetto d’archi di Sarajevo, immortalato dal fotoreporter torinese mentre suona il violoncello nella stazione ferroviaria di Sarajevo.

Il musicista durante l’assedio strinse i denti come tanti suoi concittadini sotto le bombe e il tiro degli snjper, patendo quotidiane sofferenze. Il 27 maggio del 1992 gli assedianti uccisero a colpi di mortaio ventidue persone, ferendone altre centocinquanta in via Vaso Miskin, a poca distanza dal Markale, il mercato austro-ungarico nel cuore della città, in quella che venne ricordata come la strage del pane. Quel giorno un gruppo di persone, approfittando di un breve periodo di tregua, erano in fila davanti a un forno quando vennero colpite dalle granate dell’artiglieria serbo bosniaca. Smailović reagì suonando per ventidue giorni tra quelle macerie il suo strumento indossando lo smoking con solennità. Nel luogo della strage per ventidue volte, una per ognuna delle vittime, risuonarono le note dolenti dell’Adagio di Albinoni. L’artista sarajevese scelse di testimoniare così la rabbia e il dolore dell’intera città. E continuò a farlo anche in altre occasioni “perché la gente mi diceva che se avessi smesso di suonare Sarajevo sarebbe caduta”. Suonò gratuitamente alle esequie di persone che nemmeno conosceva, incurante dei rischi perché i funerali in città erano presi di mira dai cecchini serbi. Quel brano, scelto istintivamente, pareva scritto apposta per quelle occasioni. L’Adagio in sol minore (Mi 26), noto come Adagio di Albinoni, è infatti una composizione scritta nel 1945 e pubblicata nel 1958 da Remo Giazotto, musicologo e compositore italiano. Grande esperto di Albinoni si deve a lui la ricostruzione dell’Adagio che si basava sui frammenti di spartiti del grande violinista veneziano, ritrovati tra le macerie della biblioteca di Stato di Dresda, la Sächsische Landesbibliothek, l’unica dov’erano custodite partiture autografe di Albinoni, distrutta nel bombardamento che rase al suolo la città il 13 e 14 febbraio del 1945 ad opera degli aerei inglesi della RAF e dei B17 americani, le famose fortezze volanti. I frammenti facevano parte di un movimento lento di sonata in sol minore per archi e organo, particolarmente evocativo. Un brano che provocava forti emozioni seguendo, da Dresda a Sarajevo, il robusto filo di un tragico parallelismo di memorie ferite dall’odio nazionalista e dalle guerre. Dalle macerie della Vijećnica, la biblioteca nazionale di Sarajevo, ai binari dimenticati e ai vagoni semidistrutti della stazione ferroviaria a Marijin Dvor  dove lo fotografò Paolo Siccardi, il solitario interprete di Albinoni  suonò in vari punti della città assediata, tenendo lo strumento tra le gambe dopo aver poggiato a terra  il puntale, facendo scorrere l’archetto sulle corde del violoncello. Spesso l’emozione di Vedran Smailović, interprete del dolore di tutta Sarajevo, si scioglieva in lacrime. Trent’anni dopo l’immagine del suo volto e dei suoi gesti rimanda alla memoria di quanto siano assurde tutte le guerre.

Marco Travaglini

Parco e Castello di Masino riaprono al pubblico

Dopo la chiusura invernale, da sabato 25 febbraio 2023 riapre  al pubblico il Castello e Parco di Masino, Bene del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ETS a Caravino (TO), millenaria e sontuosa dimora di una delle più illustri casate piemontesi, i Valperga, situata su un’altura antistante la suggestiva barriera morenica della Serra di Ivrea, in posizione dominante la vasta piana del Canavese.

Visitare il Castello di Masino non significa soltanto scoprire il suo glorioso passato grazie al percorso tra i saloni affrescati e arredati con cura (come il Salone dei Savoiada poco restaurato), le camere per gli ambasciatori, gli appartamenti privati, i salotti, la preziosa biblioteca con più di 25mila volumi antichi, fino alle terrazze panoramiche e al Belvedere. Venire al Castello di Masino offre anche l’opportunità di trascorrere una bella giornata all’aria aperta, passeggiando nel monumentale parco romantico con uno dei più grandi labirinti di siepi d’Italia, costituito da oltre duemila piante di carpini, un maestoso viale alberato, ampie radure e angoli scenografici che in primavera si riempiono di spettacolari fioriture. Un esempio: indicativamente da metà aprile ai primi di maggio, circa 6000 esemplari di Spirea Vanhouttei, piantati dal FAI nel 2007 su progetto dell’architetto paesaggista Paolo Pejrone, fioriscono creando una “nuvola bianca” che fa da contorno ai grandi prati del giardino all’inglese e fiancheggia il viale che dal parterre superiore scende al grande prato di Eufrasia (nella foto sopra, uno scorcio delle spiree fiorite con il tempietto neogotico sullo sfondo, foto di Dario Fusaro). Attraverso la scelta progettuale di utilizzare tale pianta, un arbusto rustico e molto resistente sia al freddo sia alla siccità, il FAI si fa esempio e promotore “in prima persona” di una pratica di giardinaggio sostenibile: l’oculata selezione della pianta giusta nel posto giusto, infatti, risulta essere ecosostenibile perché si abbattono o eliminano i trattamenti fitosanitari con prodotti di sintesi e le irrigazioni, salvaguardando la salute umana e ambientale.

Nell’ottica di divulgare le buone pratiche da adottare in giardino per contribuire a fronteggiare i gravi effetti della crisi ecologica e climatica, da venerdì 28 aprile a lunedì 1° maggio, proprio nel periodo della candida fioritura delle spiree, il FAI propone la Tre giorni per il giardino, tra le mostre mercato di florovivaismo più rinomate e attese in Italia e la manifestazione più importante della primavera a Masino. Oltre a incontrare i più qualificati vivaisti italiani e stranieri, che esporranno le migliori collezioni, i visitatori e gli appassionati di verde potranno partecipare a interessanti incontri a cura di professionisti ed esperti, dal meteorologo Luca Mercalli al giardiniere di Versailles Giovanni Delù, sul tema della biodiversità e della sua tutela, che condivideranno le proprie ricerche e le proprie preziose esperienze sul campo (in allegato il comunicato stampa con il programma completo della “Tre giorni per il giardino” e dettagli su orari e biglietti e alcune foto).

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Il Castello e Parco di Masino riaprire da sabato 25 febbraio 2023 ed è aperto al pubblico dal mercoledì alla domenica dalle ore 10 alle 18

 

Ingresso castello e parco: intero € 15; ridotto (6-18 anni) € 8; studenti fino ai 25 anni € 8; bambini fino ai 5 anni ingresso gratuito; famiglia (2 adulti e 2 o più bambini) € 38; iscritti FAI e altre convenzioni ingresso gratuito; Carta Musei € 10; persone con disabilità e accompagnatore ingresso gratuito; residenti Comune di Caravino ingresso gratuito

 

Ingresso solo parco: intero € 10; ridotto (6-18 anni) € 3; famiglia € 26; studenti fino ai 25 anni € 3; iscritti FAI e residente Comune di Caravino ingresso gratuito; Carta Musei 7 €

 

www.castellodimasino.itwww.fondoambiente.it

Neri Marcorè cantante al Teatro Concordia

Venerdì 24 febbraio, ore 21

Teatro Concordia, Venaria Reale (TO)

Le mie canzoni altrui

 

I primi passi mossi su un palco da Neri Marcorè, molto prima di diventare attore e conduttore, sono legati alla musica, una passione mai sopita che negli ultimi anni ha ripreso linfa e corpo. Produzioni teatrali come Un certo signor G, Beatles Submarine e Quello che non ho, e concerti di varia natura e formazioni diverse lo hanno portato a frequentare con crescente assiduità il repertorio di Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Gianmaria Testa e altri apprezzati artisti.

Senza far mancare al pubblico la sua ironia, come già si evince dal titolo, “Le mie canzoni altrui” è un concerto che spazia nel mondo dei cantautori italiani e stranieri, dal folk al pop, inanellando pezzi noti e meno noti che in qualche modo rappresentano la sua formazione musicale, legata a esperienze di vita personali o semplicemente al piacere di coinvolgere il pubblico nella condivisione di un patrimonio musicale comune.

Con lui, sul palco, Domenico Mariorenzi alla chitarra acustica, bouzouki e pianoforte, Fabrizio Guarino alla chitarra elettrica, Alessandro Patti al basso e contrabbasso e Simone Talone alla batteria.

 

Venerdì 24 febbraio, ore 21

Le mie canzoni altrui

Neri Marcorè, voce e chitarra

Domenico Mariorenzi, chitarra, bouzouki e pianoforte

Alessandro Patti, basso e contrabbasso

Fabrizio Guarino, chitarra elettrica

Simone Talone, batteria

Biglietti: intero 30 euro + d.p. – ridotto 28 euro + d.p.

 

Info

Teatro della Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

www.teatrodellaconcordia.it

011 4241124 – info@teatrodellaconcordia.it