CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 231

Occulto e Torino, il processo alle sonnambule

L’Ottocento è stato un secolo affascinante proprio per le sue enormi contraddizioni. Infatti lo sviluppo di un metodo scientifico rigoroso e il declino della fede religiosa hanno portato allo sviluppo del positivismo. Al contempo però a questa tendenza si è affiancata una visione spiritista, portata avanti dall’intento di indagare il mondo al di là della cornice del reale. Per questo da metà secolo sono nate delle istituzioni che hanno provato ad interessarsi scientificamente a fenomeni come il medianesimo o ad indagare la possibile esistenza di creature sovrannaturali. In Inghilterra sono infatti iniziate delle ricerche nelle campagne per confermare l’esistenza delle fate, di cui possono trovare ancora oggi delle interessanti “prove” fotografiche. In Italia invece c’è stato un caso giudiziario di estremo interesse per gli amanti del paranormale. Si è infatti svolto a Torino il processo alle sonnambule, evento che ha suggestionato l’intera città.

torino processo sonnambule I Il Torinese

Le teorie dell’ipnosi e della magnetizzazione

Per comprendere al meglio quest’avvenimento è però necessario fare un salto indietro di cinquant’anni, alla scoperta del fenomeno del mesmerismo. Il suo nome è dovuto al suo inventore, il medico tedesco Franz Anton Mesmer, che determinava l’equilibrio psicofisico di un paziente a seconda degli equilibri del suo “fluido” interno, mosso da una forza di tipo magnetico. Da qui deriva anche il nome di “magnetismo”. Il trattamento di ogni malattia quindi veniva operato tramite un’ipnosi, volta a riequilibrare queste forze. Questo processo nel corso del tempo venne poi spettacolarizzato, diventando praticamente un numero di prestigio nei teatri. Il magnetizzatore induceva le sue assistenti in uno stato di trance, rendendole di conseguenza in grado di guarire i problemi degli spettatori.

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1890, Torino: il processo alle sonnambule

In questo contesto si colloca l’episodio svoltosi all’ex teatro Scribe, all’epoca situato in via Giuseppe Verdi 16. Dopo uno spettacolo molte persone fra il pubblico ebbero degli effetti collaterali a causa del contatto con le guaritrici. Questo malessere provocò delle dicerie che volevano che l’uomo avesse dei poteri sovrannaturali, dovuti ad un piatto con il diavolo. L’isteria collettiva portò dunque ad un clamore mediatico tale da indurre la gente a denunciare l’accaduto alle autorità competenti.

L’illusionista Donato venne dunque portato al banco degli imputati con le sue complici verso la fine di febbraio nel 1890. Il processo fu al centro dell’opinione pubblica per lungo tempo, ma ebbe un esito inaspettato: pochissime persone vennero effettivamente dichiarate colpevoli. Nonostante i successivi ricorsi e le richieste di revisione, i magnetizzatori furono tranquillamente autorizzati a continuare la propria attività senza essere considerati dei truffatori. Il Tribunale emise infatti una sentenza dove non si esprimeva riguardo alla liceità della pratica. Il caso però passò alla storia proprio per le varie parti in causa: gli scettici, i curiosi e i ferventi sostenitori di questa usanza.

Leggi anche – Torino e le leggende fondative: il toro rosso e la discendenza egizia

Francesca Pozzo

 

“Beppe Fenoglio 22”, ecco il traguardo

Al “Teatro Sociale” di Alba una davvero “speciale serata” a conclusione del “Centenario Fenogliano”

Mercoledì 1° marzo

Alba (Cuneo)

Dodici intensi mesi ricchi di un’incredibile varietà di appuntamenti: “Beppe Fenoglio 22”, omaggio al centenario della nascita dello scrittore e partigiano albese (Alba, 1922 – Torino, 1963), promosso dal “Centro Studi Beppe Fenoglio” di Alba in sinergia con il “Comitato Promotore del Centenario Fenogliano” (composto da accademici e ricercatori da sempre vicini e attenti all’opera fenogliana), vede ormai il traguardo.

A chiudere idealmente il cerchio delle celebrazioni, come già in apertura, sarà una speciale serata teatrale – mercoledì 1° marzoalle 20.45 al “Teatro Sociale Giorgio Busca” di Alba (piazza Vittorio Veneto, 3) – che ripercorrerà le tappe più emozionanti dell’anno trascorso tracciando un bilancio e anticipando il nuovo secolo fenogliano con l’aiuto di scrittori, musicisti e protagonisti del mondo della cultura. In sintesi, fra letteratura teatro musica storia e manifestazioni artistiche, sono stati ben 250 gli eventi dedicati, nel corso dell’anno da poco trascorso e nei primi mesi di questo, allo scrittore de “Il partigiano Johnny”. Tra gli incontri anche 60 appuntamenti didattici con Istituti Scolastici piemontesi e italiani, 6 appuntamenti con gli “Istituti di Cultura italiana all’estero” e 7 convegni di cui l’ultimo “Una parte per il tutto” organizzato dall’“Accademia delle Scienze” e dall’“Università degli Studi” di Torino in collaborazione con la “Fondazione Ferrero” e il “Centro Studi Beppe Fenoglio”, si è concluso proprio pochi giorni fa. Oltre 50 Associazioni e Istituzioni hanno collaborato con il “Centro Studi” in ognuna delle quattro stagioni che hanno caratterizzato il Centenario e sono state 10 le mostre che hanno raccontato l’opera e la vita dello scrittore, fra le quali “Una maniera di metter fuori le parole” in “Palazzo Banca d’Alba” e “Canto le armi e l’uomo. 100 anni di Beppe Fenoglio” in “Fondazione Ferrero”. La figura di scrittore è stata inoltre omaggiata nel corso dell’anno da numerosi esponenti del mondo della cultura e delle Istituzioni, come Roberto Vecchioni, Beppe Rosso, Aldo Cazzullo e Alessandro Baricco, nonché, primo fra tutti, il “Presidente della Repubblica” Sergio Mattarella, invitato, il 7 ottobre dell’anno passato, ad Alba proprio per ricordare insieme alla figura di Michele Coppino (deputato e ministro del Regno d’Italia, che nel 1877 promulgò la legge che rese obbligatoria e gratuita l’istruzione nel triennio inferiore delle scuole elementari), quella di Beppe Fenoglio, nella duplice ricorrenza dei natali, 200 anni per Coppino (Alba, 1822 – 1901) e 100 per Fenoglio. “Il prossimo 1° marzo – dichiara la figlia di Beppe, Margherita Fenogliosarà per me un giorno da ricordare perché segna la conclusione di un anno entusiasmante, travolgente oltre che commovente. È meraviglioso rendersi conto che una vita spezzata così presto sia stata in grado di lasciare un segno che va oltre il tempo e sa guardare al futuro”. La serata conclusiva del “Centenario” sarà presentata dall’attrice Lella Costa, vedrà l’intervento di illustri nomi della Letteratura e della Cultura italiana, legati dal grande amore per Fenoglio, come lo scrittore Sandro Veronesi ed i giornalisti Enrico Mentana e Massimo Giannini.

In apertura andrà in scena un estratto dello spettacolo teatrale “Raccontami com’era vestita”, omaggio alla figura femminile nei romanzi di Fenoglio, ideato e interpretatoda “TUTTE”, un collettivo di dieci donne provenienti da sei diverse associazioni con sede ad Alba che hanno ideato e diretto la pièce, mentre spetterà a Walter Porro, musicista e compositore, introdurre gli interventi con le note della sua fisarmonica. L’ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti con richiesta di prenotazione sul sitowww.beppefenoglio22.it

“Siamo all’ultima pagina di un libro che sappiamo non finire davvero: questi dodici mesi ci hanno regalato nuovi incontri e sfide  – dichiarano il presidente Riccardo Corino e la direttrice del “Centro Studi Beppe Fenoglio” Bianca Roagna – stimoli che ci permetteranno di approfondire sempre di più lo studio sullo scrittore e la divulgazione della sua opera. Un ringraziamento speciale va ai lettori, ai fenogliani, che ci hanno messo il cuore organizzando tantissimi eventi in collaborazione con noi, creando un calendario ricco ed entusiasmante”.

g. m.

Per info: “Centro Studi Beppe Fenoglio”, piazza Pietro Rossetti 2, Alba (Cn); tel. 0173/364623 o www.beppefenoglio22.it

Nelle foto:

–       Beppe Fenoglio

–       Lella Costa

–       Margherita Fenoglio

Note di Classica: Sergey Khachatryan e Sol Gabetta le “stelle” di marzo

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI 

Mercoledì primo marzo alle 20.30, al Conservatorio G. Verdi per l’Unione Musicale, il pianista Alexander Gadjiev eseguirà musiche di Chopin e Musorgskij. Giovedì 2 alle 20.30 e venerdì 3 alle 20 all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Stanislav Kochanovsky e con Sergey Khachatryan al violino, eseguirà musiche di Schnittke, Schumann, Rachmaninov. Martedì 7 alle 20 al teatro Vittoria, il pianista Giuseppe Guarrera, eseguirà musiche di Bach, Beethoven, Chopin e Liszt. Mercoledì 8 alle 20.30, al conservatorio per l’Unione Musicale, Elisso Virsaladze al pianoforte con il Quartetto David Oistrakn, eseguirà musiche di Schumann e Sostakovic. Giovedì 9 alle 20.30 e venerdì 10 alle 20, all’auditorium Toscani, l’Orchestra Rai diretta da Costantinos Carydis e con al pianoforte Francesco Piemontesi, eseguirà musiche di Beethoven, Borboudakis e Sostakovic. Sabato 11 alle 18 al teatro Vittoria, sesto episodio di “Punto e Virgola , Le interpretazioni” (le cadenze) con Maria Josè Palla al pianoforte, con Antonio Valentino. Mercoledì 15 alle 20.30, al conservatorio per l’Unione Musicale, Sol Gabetta al violoncello e Bertrand Chamayou al pianoforte, eseguiranno musiche di Mendelssohn e Brahms. Giovedì 16 alle 20.30 e venerdì 17 alle 20 all’Auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Juraj Valcuha e con Yulianna Avdeeva al pianoforte, eseguirà musiche di Cekovskà e Rachmaninov. Martedì 21 alle 20 al teatro Vittoria, Tetraktis Percussioni e Enrico Baiano al clavicembalo, eseguiranno musiche di Bach, Panfili, Gardella, De Cecca, Marino, Solbiati, Colombo Taccani. Mercoledì 22 alle 20.30, al conservatorio per l’Unione Musicale, Alexandre Kantorow al pianoforte, eseguirà musiche di Brahms, Schubert e Schubert-Liszt.

Giovedì 23 alle 20.30 e venerdì 24 alle 20, all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Ottavio Dantone e con Roberto Ranfaldial violino, eseguirà musiche di Kraus, St. Georges, Luchesi e Haydn. Domenica 26 alle 16.30 al teatro Vittoria, Alexander Gadjiev al pianoforte ( con attore da definire), presenta “Nell’Anima Di Chopin” (letture e musiche di Chopin). Mercoledì 29 alle 20.30, al conservatorio per l’Unione Musicale, Augustin Hadelich al violino eseguirà musiche di Bach, Perkinson, Ysaye. Giovedì 30 alle 20.30 e Venerdì 31alle 20, all’auditorium Toscani, l’Orchestra Rai diretta da Ottavio Dantone, eseguirà musiche Haydn e Mozart. Il 31 alle 20 al teatro Regio, debutto in 2 atti de “Il Flauto Magico “ di Mozart. L’Orchestra del teatro Regio sarà diretta da Sesto Quatrini. Repliche fino al 14 aprile.

Pier Luigi Fuggetta

Camera, 170 immagini della fotografa Eve Arnold fino al 4 giugno

Sono in mostra presso Camera 170 immagini, alcune mai esposte prima, della fotografa Eve Arnold, la prima donna, insieme a Inge Morath, ad aver fatto parte della prestigiosa Magnum Photos.

Eve Arnold ha saputo delineare i ritratti delle grandi star del cinema e dello spettacolo, da Marlene Dietrich a Marilyn Monroe, da Joan Crowford a Orson Welles, ai reportage di inchiesta su temi ancora centrali nel dibattito pubblico odierno, dal razzismo negli Stati Uniti all’emancipazione femminile e all’interazione fra due diverse culture del mondo. Eve Arnold ha saputo raccontare persone e il mondo con un approccio appassionato personale, l’unico strumento da lei considerato indispensabile per un fotografo.

Determinazione, curiosità e la volontà di sfuggire a qualsiasi stereotipo hanno permesso a Eve Arnold di produrre un eclettico corpus di opere, a partire dai ritratti delle grandi Star del cinema al reportage d’inchiesta, in cui ha affrontato temi e questioni centrali nel dibattito di ieri e di oggi.

La carriera di Arnold rappresenta un inno all’emancipazione femminile e i suoi soggetti sono per lo più le donne, le lavoratrici, le madri, le dive, modelle e studentesse immortalate senza mai scivolare in stereotipi o facili categorizzazioni.

L’intento è quello di restituire la ricchezza dell’opera di questa autrice, sottolineata attraverso documenti di archivio, provini di stampa, libri e riviste in grado di arricchire la leggenda della fotografia.

L’esposizione è accompagnata dal catalogo Eve Arnold, edito dalla casa editrice Dario Cimorelli editore.

Risulta aperta tutti i giorni, dalle 11 alle 19 e il giovedì dalle 11 alle 21.

L’esposizione, curata da Monica Poggi, è realizzata in collaborazione con Magnum Photos.

Mara Martellotta

 

“Sta succedendo qualcosa Non so cosa sia, ma sta diventando più forte”

MUSIC TALES, LA RUBRICA MUSICALE

 

“Sta succedendo qualcosa

Non so cosa sia, ma sta diventando più forte

Lo sento nelle mie ossa

Spero che tu lo faccia durare un po’ di più”

Tre giorni di pace amore e musica: il 15 agosto di quattro anni fa si celebrava il 50° anniversario del Festival di Woodstock l’evento simbolo della controcultura americana degli anni ’60 e che ha segnato una generazione e più.

Il movimento hippie ha influenzato profondamente non solo il mondo della moda e della musica, ma anche il modo di parlare, portando alla nascita di termini che sono diventati di uso comune.

Per festeggiare l’anniversario di Woodstock, Babbel stilò una lista dei termini che hanno caratterizzato il movimento e che voglio condividere con voi.

Hippie: termine che deriva dalla parola “hipster”, si riferiva originariamente a coloro che appartenevano al movimento giovanile sorto negli Stati Uniti negli anni sessanta, il quale rifiutava istituzioni, norme e costumi della società del consumo, e promuoveva forme non violente di protesta e l’amore universale.

Oggi il termine si usa per indicare qualsiasi giovane dai capelli lunghi, con abbigliamento e atteggiamenti anticonvenzionali.

Flower Child: letteralmente “Figlio dei fiori” questa definizione veniva usata per descrivere gli hippie che erano soliti indossare vestiti con stampe a fiori o colori vivaci.

Il loro ideale di pace e libertà era sintetizzabile in slogan quali “Put flowers in your guns” (mettete dei fiori nei vostri cannoni) e “Make love, not war” (fate l’amore, non la guerra), diventati tra le citazioni più celebri e rappresentative del movimento.

Flower Power: espressione tipica del movimento hippie che significa letteralmente “potere dei fiori”, usata durante la fine degli anni sessanta e i primi anni settanta come simbolo di una ideologia non violenta.

Beatnik: termine utilizzato per indicare una persona appartenente alla “beat generation” (fine anni cinquanta – primi anni sessanta) che si distingue per esser nonconformista sia nello stile che nel pensiero. Sono, in un certo senso, i precursori degli hippie.

Psychedelic: termine che descrive una categoria di musica e arte visiva originariamente associata agli anni sessanta e alla cultura hippie il cui immaginario è ispirato alle visioni e alle sensazioni causate dall’assunzione di sostanze stupefacenti.

Groovy: termine colloquiale molto popolare negli anni sessanta e settanta, era sostanzialmente sinonimo di parole come “cool”, “fantastico”, ” trendy” o “incredibile”, a seconda del contesto.

Square: contrario di groovy, questo termine veniva utilizzato in riferimento a tutto ciò che non era considerato “cool” o alla moda.

Mi piace ricordare questo evento di ridondanza mondiale e temporale, perchè Woodstock fu molto più che una rassegna musicale.

Il Woodstock Festival era a Bethel, nello stato di New York, distante oltre 160 km da New York City. Chi proveniva da un altro stato doveva trovare i mezzi per raggiungere l’evento e, soprattutto, trovare un modo per tornare a casa.

Non molti avevano una macchina e, per questo, molti cercavano un modo per tornare a NYC cercando di farsi notare tra la folla per avere un passaggio gratis, dato che vi erano un centinaio di autostoppisti. Molti erano persino disposti a farsi dare un passaggio nei bagagliai aperti. Sembra divertente, non è vero?

Era un luogo dove il pregiudizio non era presente e vedere come tra la folla ci fossero persone che andavano in giro senza vestiti.

Il festival aveva ampiamente pubblicizzato Janis Joplin come star del concerto. Joplin si esibì la domenica mattina cantando Ball and Chain affascinando il pubblico con una performance straordinaria. Durante le sue esibizioni, Joplin indossava abiti coloratissimi e poco prima di salire sul palco si versava un bicchiere di vino per stendere i nervi. Esibirsi davanti a 500.000 persone può essere snervante per chiunque.  Sfortunatamente la Joplin morì solo un anno dopo.

Jimi Hendrix doveva essere la star del festival, ma sfortunatamente i ritardi accumulati hanno portato la sua esibizione ad essere eseguita solo l’ultimo giorno. Verso l’ultima giornata la folla si era ridotta ad un totale di 40.000 persone, ma Hendrix ha fatto lo stesso la sua bella figura. Prima di arrivare all’evento, sembra che sia stato preso dall’ansia perché aveva appreso che il numero di partecipanti al festival era salito a circa 400.000 persone.

Anche se inizialmente il festival doveva durare tre giorni, venne aggiunta una quarta giornata. Se vi chiedete quale sia stato il motivo è per via della forte e incostante pioggia che mise a dura prova il flusso del festival.

Dato che l’evento si teneva in una fattoria, il terreno divenne bagnato con l’arrivo della pioggia e le persone furono costrette ad avere a che fare con il fango. Sicuramente le condizioni metereologiche non erano delle migliori per godere di un concerto all’aperto, ma i partecipanti non permisero alla pioggia di rovinargli la festa!

Gli organizzatori dell’evento avevano anticipato che ci sarebbero stati dei bambini e per questo hanno allestito un parco giochi al festival.

Mentre i genitori vivevano la loro miglior vita e facevano festa con sconosciuti, i piccoletti potevano giocare gli uni con gli altri nel parco, ballare e divertirsi. La storia narra che ci fosse anche una cucina che dava cibo gratis e una tenda per coloro che non avevano intenzione di consumare droga.

Woodstock è stato il festival conosciuto per la pace, l’amore e per la buona musica. Fu un movimento sia non violento sia di resistenza passiva conosciuto per il suo grande simbolismo.

“se usi il tono giusto, puoi dire qualsiasi cosa”

Ho scelto questo tra i tanti brani di quei giorni, spero vi piaccia oltre a portarvi in un mondo bellissimo.

https://www.youtube.com/watch?v=kGbK5y94LOE&ab_channel=PavlikB

CHIARA DE CARLO

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

La sofferenza dell’Uomo di Dostoevskij nella rilettura dei Marcido

Al Teatro Marcidofilm! sino al 5 marzo

Scrivevo nel novembre del ’21, all’indomani della prima al Gobetti di “Memorie del sottosuolo” che Marco Isidori aveva rielaborato e riconformato obbedendo ai canoni teatrali dei Marcido: “Un alternarsi di esaltazione e di disperazione, le confessioni e le parole da sempre taciute, un urlo contro quel positivismo che costruiva sentieri ottimistici e ingannatori, incapace di giungere alla sempre sperata società del benessere, la consapevolezza di una sofferenza che l’uomo va ricercando, di un bel carico di autoumiliazione e di autodistruzione, l’afflizione di una incalzante accidia che lo rende ben lontano da quegli uomini d’azione che sono pronti a prefissarsi e a raggiungere certe precise mete. Un Uomo che si rispecchia in quanto di negativo c’è in lui ma che anche si definisce “evoluto”, un uomo che soffre della propria irrazionalità ma che sembra reclamarla, nella negazione di ogni certezza, semplificata dal prodotto 2 x 2 = 4 contrapposto nel 2 x 2 = 5 e dettato dall’imposizione della volontà individuale. Di fronte all’impianto negativo dell’Uomo, l’Isidori riconosce a “Dosto” – ormai c’è dimestichezza tra i due! – “un merito speciale”: “gli riuscì di calibrare il suo occhio d’artista in modo da penetrare al micron la misura dell’angoscia che ci spacca il petto allorquando comprendiamo che il punto della nostra posizione nel pelago esistenziale ci viene fornito soltanto, unicamente, diabolicamente, dal “male” che siamo in grado di portare in dote ai nostri simili”.

 

Da stasera (repliche sino a domenica 5 marzo) lo spettacolo viene riproposto e ripensato “sulla misura” del particolarissimo palcoscenico del Marcidofilm! di corso Brescia, insostituibile Paolo Oricco del ruolo del protagonista. Ancora una volta riconfermando nel piccolo spazio come le pagine dell’immenso Dostoevskij sin dalla fondazione siano state un prepotente richiamo per il gruppo dei Marcido, un percorso vagamente sotterraneo che qui erutta dal basso ed esplode, pagine che fuoriescono e si concretizzano visivamente, in tutto il loro “straordinario fascino drammatico”. Una quindicina di mesi fa avevo cercato di spiegare che “c’è Dostoevskij e c’è l’Isidori, il secondo ad acchiappare, anche lui, – rutilante e famelico quanto spudorato autore in cerca di un personaggio, che non esita a farsi complementare nel desiderio e nella necessità di una riscrittura -, la materia scritta che il russo gli offre e adattarla alla filosofia e alla teatralità dei Marcido, stiparla in tutto quel bagaglio di palcoscenico che da sempre il gruppo costruisce e disfa per poi ricostruire, in una lodevolissima sperimentazione, efficace e guerriera, che gli si è sempre riconosciuta, adeguarla al modointerpretativo che della compagnia è proprio. Conseguenza (felice) prima, è “un’oralità dispiegata, pietra angolare è la “voce, ricerca sempiterna, cui è anche per questa occasione affidato il nucleo primario. E la voce’ è l’attoredice lIsidori: e lattore diventa voce, affascinante, spasmodica, mai ripiegata su se stessa ma esplosiva in ogni accento”. La voce “è” Paolo Oricco, un successo tutto personale, un eccellente tour de force, una gimkana che attraversa il testo in pienissima libertà, in un saliscendi ininterrotto di vette e di profondità: “sarei propenso – ricordavo – a pensare che, questa volta, lattore con tutto il suo lavoro, orale e fisico, la sua negazione a risparmiarsi, il suo saper costruire un personaggio fuori di ogni dimensione, agghindato di ogni libertà interpretativa e arricchito della ricerca, e della riuscita, sulla sua propria voce, superi il testo e il non facile compito del co-autore, dellIsidori, affascinante, chi mai lo negherebbe?, ma affaticante al tempo stesso, ricco di una scelta finissima di parole che a tratti finiscono collaffastellarsi oltre ogni argine, debordanti in quel loro incessante rotolare in platea.”

Alle spalle di Oricco, la grande pala/sipario realizzata e rivisitata per l’occasione da Daniela Dal Cin, una vera opera pittorica ispirata al “Trionfo della Morte”, affresco quattrocentesco di Palazzo Abatellis a Palermo, grottesco e ossessivo, un livido marasma bruegeliano modernamente inteso, dove l’uccellaccio della preistoria viene a recidere vite con quei falcetti che tiene tra gli artigli. Al di qua del palcoscenico, si avverte la ricerca ormai perenne dei Marcido ma intelligentemente difficile, il desiderio di penetrare e di sviscerare, di conquistare alla fine. Per strade che non sono certo ricoperte di tappeti. Ancora le parole di Isidori:” I Marcido hanno voluto che il teatro mostrasse appunto che al gorgo altalenante della gioia e della disperazione, l’uomo non può sottrarsi. Certamente il Teatro, se deve portare un simile peso, non può accontentarsi dell’usuale canonica, deve, almeno tendenzialmente, fare lo sforzo di sporgersi oltre se stesso; magari rinunciando, magari fallendo, magari equivocando, comunque sempre tentando di mostrare quel che nella normale prassi delle scene, resta celato. Questa almeno è stata la nostra scommessa.”

Elio Rabbione

Nelle immagini, Paolo Oricco in alcuni momenti dello spettacolo.

Teatro MARCIDOFILM! – Torino – corso Brescia 4/bis (int. 2)

orari recite: da martedì a sabato ore 20.45 – domenica ore 16.00

ingresso: intero euro 20 / ridotto euro 15
info e prenotazioni: 011 8193522 – 339 3926887 – 328 7023604

info.marcido@gmail.com
www.marcido.it

“Emozioni d’Artista 2”, collettiva a Torino

Bis a “La Conchiglia” di  Torino per la carmagnolese Associazione “Amici di Palazzo Lomellini”, presente  con un nuovo nutrito gruppo di pittori

Fino all’11 marzo

Il titolo mantiene la promessa. Di “emozioni” ce n’è, infatti, da vendere nella collettiva curata da Elio Rabbione – che da tempo si occupa di dar vita anche alle esposizioni di “Palazzo Lomellini” a Carmagnola –  ospitata fino a sabato 11 marzo nelle sale della Galleria “La Conchiglia” al 13 bis di via Zumaglia a Torino. La rassegna segue quelle “Emozioni d’autore”, oggi “Emozioni d’artista” (ma la storia è ancora quella), tenutasi, sempre nella Galleria di Diana Casavecchia, nell’ottobre dello scorso anno. Venti erano allora gli artisti partecipanti – pittori e scultori – quasi tutti già in allora appartenenti alla carmagnolese Associazione “Amici di Palazzo Lomellini”.

Oggi il numero s’è leggermente abbassato. Sono infatti diciassette i pittori presenti al secondo round, per un totale di una sessantina abbondante di opere (dipinti) esposte. “La mostra – spiega Rabbione – ripete le scelte, le vecchie e le nuove conoscenze, principalmente la conoscenza di artisti che si vogliono (ri)mettere in gioco, pittori unicamente, di temi forse non ancora affrontati, di tecniche non ancora ospitate”. Già… di “emozioni” si parlava. E quante ce ne regala il volto senza età della donna indiana (“Sono qui”), opera di Alessandro Fioraso, figlio d’arte (allievo di Lella Burzio e Oscar Bagnoli) e due infinite passioni, la pittura e l’India; in quella tribolata “maschera”, leggiamo un accenno di sperduto sorriso e di pacata solitudine, ogni piega del volto è un tortuoso sentiero dell’anima con quegli occhi di un azzurro indefinito e l’antica collanina che spunta appena dai veli rosa-violacei, memoria di remote piccole e obliate vanità.

Dal figurativo, fatte alcune eccezioni, non si scosta la linea espositiva della rassegna, se non per tentare “svirgolate” o vie di fuga verso oniriche suggestioni paesistiche, come in “Matera al chiaro di luna”, acrilico di Antonella Guarnieri, mosaico labirintico di antiche colorate case protette dall’enorme sfera di una gialla luna “incollata” al cielo o nei volti femminili che sempre paiono celare inafferrabili “oltre” di Paolo Mirco. Strada percorsa, con più sobrio realismo e parco uso di cromie (oli e smalti industriali su tela) anche dal settimese Franco Fasano e dalle sue donne “grintose”, coraggiose “pulzelle d’Orléans” dei nostri tempi, che sembrano quasi “aggredirti” e “sfidarti” con i loro ripetuti “What’s?” e il dito puntato contro. Altre strade, alla ricerca di nuove imprevedibili sperimentazioni tese all’astrazione e a cifre stilistiche decisamente informali affidate alla casualità del colore, percorrono invece il carignanese Ezio Curletto con le sue “pitto-sculture”, “sogni inconsci” (nati sotto la rassicurante guida di Isidoro Cottino e Fernando Eandi, impreziositi da foglie e polvere d’oro) e la siciliana d’origine ma torinese d’adozione Paola Sciuto, con i suoi rapidi nudi femminili che lasciano piena libertà espressiva al “gocciolare” di materia cui s’affida la necessità del narrare.

Su questa linea, anche la pittura personalissima di Luisella Rolle, con opere tese palesamente alla ricerca di emozioni “trasmesse con la forza esclusiva di tratti cromatici splendidamente confusi”. Forza di narrazione che nei dipinti di Paolo Viola (medico napoletano, oggi residente ad Asti) nasce invece sotto l’impulso di una matericità che plasma con vigore le forme – siano esse il “banco del pescivendolo” o la fredda linearità di un vigneto sotto la neve – in una sorta di “realismo magico” teso alla creazione di “spazi tridimensionali nei quali lo spettatore ha l’illusione di proiettarsi”. Tanti i racconti di paesaggio: dalle vivaci visioni fiabesche di Burano e lagunari di Gastone Toldo e Danilo Baruffaldi, al sogno luminoso di un’“alba sulla neve” di Giorgio Cestari, fino alla suggestione delle dune sulle coste danesi raccontate da Franco Goia e alla “gioiosità della natura” fermata su tela da Graziella Alessiato, accanto all’efficace controluce su cui si staglia l’oscura sagoma di un alpinista (cuffia con pon pon) immerso nella teatrale bellezza di un grigio panorama montano, opera di Lucia Busacca. A chiudere il percorso, le adorate “Peonie Sarah Bernhardt” di Mariarosa Gaude accanto alle “Ortensie” e al palpitante nudo “in meditazione” di Maria Teresa Spinnler, per finire con i paesaggi immaginifici, da fiaba di Carlo Dezzani, che dona, a casa a cose e a presenze urbane varie, piena libertà di spiccare voli inattesi e totalmente imprevedibili. Lasciati andare. A volo di poesia.

Gianni Milani

 

“Emozioni d’Artista2”

Galleria “La Conchiglia”, via Zumaglia 13 bis, Torino; tel. 011/6991415 o www.laconchiglia-to.com

Fino all’11 marzo

Orari: mart. e ven. 15/19; sab. 10/12 e 15/19

Nelle foto:

–       Paolo Viola: “Il banco del pescivendolo”, olio su tela e tavola, 2019

–       Alessandro Fioraso: “Sono qui”, olio su tela, 2018

–       Antonella Guarnieri: “Matera al chiaro di luna”, acrilico su tela, 2021

–       Franco Fasano: “What’s?”, olio e smalto industriale su tela, 2023

–        Paola Sciuto: “Body”, acrilico su tela, 2022

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Susan Minot “La sera” -Playground- euro 18,00

E’ magnifico e a tratti struggente questo romanzo della scrittrice americana (nata a Boston nel 1956) che è stata anche la sceneggiatrice del film di Bernardo Bertolucci “Io ballo da sola”.

Nel 1998 ha scritto “La sera” in cui con una sensibilità profondissima e uno sguardo acuto narra di un’anziana signora malata terminale che fa i conti con i ricordi della sua vita. Il libro è stato adattato per il cinema nel 2007 insieme allo scrittore Michael Cunningham, ed ora finalmente è stato tradotto in italiano.

Protagonista è Ann Lord, 65enne, che circondata da infermiere, figli e parenti vari, tra i fumi dell’incoscienza da morfina e sprazzi di lucidità, controlla le fitte di dolore anche con i ricordi della sua esistenza. Che è stata decisamente intensa: ha avuto tre mariti e quattro figli, una bella dose di dolori e qualche rimpianto. La Minot è abile nell’imbastire una struttura narrativa che scorre perfettamente tra scorci del presente e del passato.

La sua mente resta ancorata soprattutto al ricordo dell’amore per il giovane medico bostoniano Harris Harden: un passione che nonostante i successivi tre matrimoni non si è mai ripetuta. Il pensiero ritorna a un preciso fine settimana in cui tutto è nato, si è compiuto e concluso. Ma non pensiate a una scontata storia di amore, qui il tema è decisamente più alto. Vola tra illusioni, sogni, il passare del tempo, illusioni, tutto giocato con un costante senso di tensione che solo alla fine vi farà scoprire quanto era accaduto in quei giorni lontani.

Un romanzo che parla di senso della vita, profondità di sentimenti, affetti e famiglia, approssimarsi della fine, senso del tutto…..

 

Paolo Giordano “Tasmania” -Einaudi- euro 19,50

In questo libro che Paolo Giordano ha scritto durante la pandemia, aleggiano più temi: l’atomica, la fine del mondo, il clima, i rapporti interpersonali, il vuoto che può spalancarsi all’interno di una coppia, il miraggio della paternità biologica che non arriva, l’amicizia, la fisica, i viaggi, il terrorismo ed altri spunti su cui meditare e interrogarsi.

Un romanzo in vetta alle classifiche che in parte richiama il suo strepitoso esordio nel 2008 con “La solitudine dei numeri primi” e proprio di solitudine continua a parlare e narrare. In queste pagine assembla crisi mondiali e private-esistenziali, sullo sfondo di un universo e di una vita in cui tutti si è fondamentalmente soli.

Voce narrante è quella di P. G., le stesse iniziali dell’autore che con il protagonista condivide anche alcuni dettagli biografici e la competenza professionale. E’ un fisico diventato romanziere di 40 anni; non più giovanissimo e pieno di sogni ancora da verificare, ma neanche tanto vecchio da aver visto più cose di quelle che avrebbe voluto.

E’ legato a Lorenza, più grande di lui e con già un figlio al seguito. Ma è in pieno disagio coniugale; di quelli in cui se ti chiedi come vi vedete insieme nel futuro, finisci per affacciarti su un dirupo il cui fondo resta imperscrutabile.

Forse le pagine che lasciano maggiormente il segno sono quelle dedicate all’Apocalisse passata e futura; ovvero la devastazione e gli effetti delle bombe sganciate dagli americani su Hiroshima e Nagasaki durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il protagonista ne è ossessionato e mette in campo anche le sue competenze di fisico quando vola in Giappone per assistere alla cerimonia che si tiene annualmente per ricordare quei terribili momenti e farne un reportage. Impressionanti le descrizioni di cosa può fare il fungo atomico nell’immediato alla pelle e al corpo delle persone.

 

La Tasmania del titolo si colloca in un orizzonte lontano e incarna una fantasia di salvezza, l’approdo difficile in cui poter trovare scampo dai mali del mondo. Un paradisiaco sogno che sembra riservato solo a chi può permetterselo, pochi ricchi; invece la strada che l’autore indica è quella di un salvataggio collettivo, un rifugio in cui l’incolumità sia per tutti e non solo per pochi fortunati.

 

 

Joan Didion “Perché scrivo” -Il Saggiatore- euro 17,00

Va in profondità questo libro della grande scrittrice americana, autrice di una pietra miliare della letteratura mondiale “L’anno del pensiero magico”, che nel 2005 le valse il National Book Award per la saggistica.

Nata a Sacramento nel 1934, morta a New York nel 2021, è una delle maggiori scrittrici americane; direi immortale per i testi che ha regalato al mondo, intrisi della sua intelligenza, sensibilità e somma bravura nel raccontare l’impervia fatica del vivere.

Perché scrivo” è il titolo di un suo articolo che dà il nome a questa raccolta di saggi composti tra il 1968 e il 2000; 12 testi brevi ma intensissimi in cui compie uno strepitoso viaggio nel mondo dell’apprendimento e della scrittura. Lei che scriveva come respirava -ovvero senza poterne fare a meno- dal momento che vita e parole scritte erano due vasi eternamente comunicanti. Scrivere la sua vita era la forza che trovava nell’affrontarla, tra alti e bassi, gioie, e dolori indicibili.

In questi saggi c’è la sua idea di come percorrere la vita e camminare per le vie del mondo, quello esterno, gli accadimenti, l’interiorità, l’elaborazione dei lutti, la forza di sopravvivere ai peggiori maremoti che il destino possa riservarci. Non sono testi politici, almeno non dichiaratamente, anche se denunciano il suo profondo impegno in tutto quello che ha fatto e sognato, visto, documentato e interpretato.

C’è il suo modo di apprendere la scrittura e una messe di acute osservazioni al riguardo. La domanda che scorre sottopelle in tutte le pagine è: perché scrivere, per chi? Corollario imprescindibile la sua abilità nell’amministrare la punteggiatura e portare a galla un sentire interiore che lei sa trasformare in altissima letteratura.

In questi saggi scorrevoli c’è l’arte del narratore, la capacità di romanzare un fatto, un sentimento, una storia. La maestria nell’edificare una trama efficace in cui inserire e dare profondità, sostanza e spessore ai personaggi; e non ultima, la capacità di inanellare dialoghi che chiedono di farsi leggere.

 

Lily King “Cinque martedì d’inverno” -Fazi Editore- euro 18,00

E’ una raccolta di racconti, 10 per l’esattezza, che mettono a nudo gli infiniti anfratti delle relazioni umane; tra lutti, amori persi e ritrovati, legami familiari e mille altre sfaccettature della vita.

Al centro delle varie storie c’è un articolato campionario di umanità che abbraccia protagonisti molto diversi tra loro e tutti alle prese con fatti normali e straordinari.

Per darvi un assaggio: il primo racconto ruota intorno alla 14enne Carol, assunta come babysitter da una famiglia molto più ricca della sua e almeno apparentemente ben più felice. Lei nei momenti di pausa si diletta nella lettura di “Jane Eyre”, si immerge talmente tanto nel capolavoro di Charlotte Brontë da cercare di vivere in prima persona l’educazione sentimentale e l’approccio alla vita della famosa istitutrice inglese, orfana e di umili origini, che finisce per conquistare il cuore del suo padrone, Edward Rochester. Ma la vita non sempre imita l’arte.

Tra gli altri protagonisti troverete: un ragazzino che per la prima volta scopre il fremito della libertà lontano dallo sguardo dei genitori, un libraio scontroso e solitario che si apre a nuovi sentimenti, due vecchi ex compagni di stanza ai tempi del college che il coming out di uno di loro aveva irrimediabilmente diviso.

Insomma tanti scampoli di vita che la scrittrice americana mette in scena e racconta con flash memorabili di bravura.

 

 

Valentina Nasi “Torino elegante follia” -Idea Books- euro 59,00

Pare quasi superfluo dire che questo è un volume prezioso in cui vengono eccezionalmente aperte alcune case private, privatissime, difficilmente espugnabili; nell’impresa è riuscita Valentina Nasi Marini Clarelli il cui nome ha ovviamente fatto breccia.

La discendente dei Nasi, strettamente intrecciati agli Agnelli, si è avvalsa della collaborazione di Massimo Nistri per le splendide fotografie, e dell’architetto e docente al Politecnico di Milano Antonella Dedini Sportoletti Baduel per i testi. Un gran bel lavoro di squadra che racconta una Torino osservata con uno sguardo nuovo.

Hanno visto così la luce 260 pagine che ci introducono in dimore storiche di solito rigorosamente inaccessibili, grondanti lusso, storia, buon gusto. Palazzi, appartamenti di prestigio, ville e dimore del 700 in cui è passata anche la Storia e che tengono fede a Torino ex capitale prima della Savoia e poi dell’Italia. Case che sono scrigni di prezioso antiquariato, altre che raccontano la ricerca dei collezionisti d’arte. Ma ci sono anche dimore che sono fiori all’occhiello di Torino, come Palazzo Reale, Palazzo Madama e Reggia di Venaria; e caffè storici come “Mulassano” e “Baratti & Milano”

Risulta un eclettico mix di opulenza, follie e fantasia quasi insospettabili nei torinesi tendenzialmente seriosi, Barocco, raffinatezza, e spesso alchimie riuscitissime tra antico e moderno design. Di alcune vengono svelati i nomi dei padroni di casa, di altre invece nulla sapremo oltre alle immagini. Resta da gustarvi antri di bellezza e comfort di una città affascinante, in parte magica, mai banale.

Rock Jazz e dintorni a Torino: De Gregori-Venditti e Fabrizio Bosso

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Per “Seeyousound” al Cafè des Arts, si esibisce la cantante Sabrina Mogentale mentre al cinema Massimo sono di scena Roberto Angelini e Rodrigo D’Erasmo.

Martedì. Al Jazz Club Matteo Salvadori propone i classici della tradizione americana. Al cinema Massimo per “Seeyousound” suona lo Gnu Quartet. A seguire il documentario “Meet Me in The Bathroom”, The Wends.

Mercoledì. Al Blah Blah l’Ukulele Turin Orchestra riarrangia alla sua maniera “The Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd. Per “Seeyousound” al Massimo il lungometraggio su Sinead O’Connor “Nothing Compares” mentre al Maffei Giovanni Corgiat e Davide Broggini musicano “Tenshi No Tamago” di Mamuro Oshi.

Giovedì. Alla Suoneria di Settimo il quartetto di Fabrizio Bosso propone un tributo a Stevie Wonder.

Chiusura di “Seeyousound” con “In The Court Of The Crimson King: King Crimson At 50” sul gruppo guidato da Robert Fripp. A seguire “The Night James Brown Saved Boston” e concerto di Nicolò Piccinini al termini delle premiazioni. Al Blah Blah sonorizzazione di “Koyaanisqatsi” di Godfrey Reggio a cura di Propaganda 1904.

Venerdì. Al Bunker suonano Brigada Flores, Stiglitz e Azione Diretta. All’Hiroshima Mon Amour rap con Dj Shocca e Inoki. Allo Juvarra la cantante e arpista Cecilia, presenta “Sunset In A Cup”. Al Magazzino di Gilgamesh suona l’armonicista Andy Just. Al Folk Club si esibisce Lula Pena.

Sabato. All’Off Topic suona il chitarrista Manouche Adrien Tarraga. Al Concordia di Venaria si esibiscono i Nu Genea. Al Jazz Club suona il quartetto del sassofonista Josiah Boornazian. Allo Spazio 211 è di scena il produttore elettronico Gigi Masin preceduto da Francesco Lurgo. Al Superga di Nichelino viene assegnato il premio intitolato a Gianmaria Testa con ospiti Eugenio Bennato e Neri Marcorè.

Domenica. Al Blah Blah si esibisce il duo The Courettes.