CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 201

Artissima, una mostra diffusa: oltre l’Oval al Museo di scienze naturali e al Principi di Piemonte

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Si intitolerà  ‘The era of Daydreaming’ la fiera internazionale di arte contemporanea più importante d’Italia, Artissima, edizione 31, per il terzo anno consecutivo alla guida di Luigi Fassi. Si svolgerà dal primo al 3 novembre, con mostre non solo all’Oval,anche al Museo di Scienze Naturali e al Principi di Piemonte.

Negli oltre 20 mila metri quadrati dell’Oval del Lingotto chiamerà in rassegna ben 189 gallerie provenienti da 34 Paesi di quattro continenti.  Il 54 per cento degli espositori  saranno stranieri.

Molti degli espositori provengono dal Sud America e dall’Est Europa e ben 37 saranno per la prima volta ad Artissima, che conferma il suo ruolo di incubatore e la sua attività  di scouting.

Confermate le quattro sezioni, la Main Section, con 109 partecipanti da tutto il mondo, Monologue/Dialoghi, comprendente 38 gallerie di cui undici italiane, Art Spaces & Editions, che comprendono edizioni e multipli di artisti, e la sezione New Entries, che quest’anno vedrà  15 gallerie alla loro prima partecipazione assoluta in una fiera. Poi saranno presenti tre sezioni che sono un’altra eccezione di Artissima, perché curate da curatori di livello internazionale: “Present Future”, dedicata a talenti emergenti, “Back to the future” per progetti monografici di grandi pionieri dell’arte contemporanea, e “Disegni”, dedicati soltanto a questo mezzo espressivo.

Main partner di Artissima anche questa volta è Intesa Sanpaolo  con le Gallerie d’Italia che realizzeranno il progetto “The underground Cinema”, curato da Irene Calderoli nella sala immersiva del museo di piazza San Carlo, e che proseguiranno il dialogo con Artissima anche all’Oval. Qui verrà presentato un nucleo di opere fotografiche di Olivo Barbieri, che anticiperà la mostra in programma alle Gallerie d’Italia nell’ambito della rassegna ‘La grande fotografia italiana’.

Quest’anno Artissima si apre ancora di più alla città, con progetti specifici quali quello del Museo Regionale di Scienze Naturali,che accoglierà nei suoi spazi “Objects in Mirror Might Be CloserThan They Appear”, un’installazione video di Julian Charrière e Julius von Bismark.

Sarà presente la nuova installazione luminosa promossa dalla Consulta di Torino e Unione Industriali nel circuito di Luci d’Artista e un progetto espositivo dal titolo “Afasia 1” allUnionel Principe di Piemonte.

Artissima è  anche sinonimo di premi. Quest’anno saranno undici, compreso un nuovo premio Orlane per l’Arte, oltre al fondo acquisizioni di opere destinate a Gam e Castello di Rivoli, cheproverranno dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea, il cui budget aumenterà fino a 280 mila euro.

MARA MARTELLOTTA

“Ci vorrà molto per trascinarmi via da te”

MUSIC TALES LA RUBRICA MUSICALE

Ci vorrà molto per trascinarmi via da te

Non c’è niente che cento o più uomini potrebbero fare

Benedico le piogge laggiù in Africa

Ci vorrà un po’di tempo per fare le cose che non abbiamo mai fatto

I cani selvatici ululano nella notte

Mentre crescono irrequieti desiderando qualche solitaria compagnia

So che devo fare ciò che è giusto

Sicuro come il Kilimangiaro si eleva come l’Olimpo sopra il Serengeti

Cerco di curare ciò che c’è nel profondo, spaventato da ciò che sono diventato”

Sono certa che se dico “Toto” tutti voi sappiate di chi parlo; ma potrebbe esserci qualcuno che ha sentito Africa ma magari sa poco della band che l’ha portata alle classifiche mondiali.

I Toto sono un gruppo musicale rock statunitense formatosi a Los Angeles nel 1976, famosi per uno stile musicale che combina elementi provenienti dalla musica rock, in particolare progressive rock, hard rock, con pop, soul, funk, R&B e jazz, che li rende apprezzati da un pubblico molto variegato. Durante la loro carriera hanno pubblicato, ad oggi, quattordici album in studio, otto dal vivo, una colonna sonora di film (Dune del 1984), diverse raccolte di successi e venduto più di 40 milioni di dischi.

Forse non tutti sanno che la scelta del nome della band deriva dal batterista Jeff Porcaro, che al momento della registrazione delle prime demo aveva appena visto il film Il mago di Oz, in cui il cane di Dorothy, la protagonista del film, si chiama “Toto”. Toto, dunque, venne utilizzato da Jeff Porcaro per personalizzare le prime cassette-demo registrate in studio. Solo successivamente il nome divenne definitivo: fu David Hungate, bassista del complesso, a far notare che in Latino la parola toto significa “totale”, “che comprende tutto”. Toto venne così ritenuto il nome ideale per identificare il repertorio musicale della band che nella sua carriera avrebbe abbracciato a 360 gradi tutti i generi.

Il singolo Africa dei Toto, rilasciato il 10 maggio 1982 in Europa e qualche mese più tardi, il 30 ottobre 1982, negli Stati Uniti d’America, è diventato nel tempo un brano conosciuto in tutto il mondo e amato da milioni di persone.

Appartenente all’album “Toto IV” e scritta nel 1981 da David Paich e Jeff Porcaro, Africa ha conquistato il cuore del pubblico e ha raggiunto la vetta della classifica Billboard Hot 100 negli Stati Uniti.

Nel video musicale, diretto da Steve Barron, la band si trova all’interno di una biblioteca, mentre vengono mostrati spaccati della cultura africana.

La canzone è stata utilizzata innumerevoli volte in film e serie televisive, ma ci furono polemiche quando la CBS la utilizzò durante la copertura televisiva del funerale dell’ex presidente sudafricano, Nelson Mandela.

Nonostante questa controversia, Africa continua a rimanere un brano emozionante e coinvolgente riguardo al Continente africano e ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica.

L’aria, in Africa, ha un significato ignoto in Europa: piena di apparizioni e miraggi, è, in un certo senso, il vero palcoscenico di ogni evento.”

Karen Blixen

Adoro la versione di questa ragazza… spero piaccia anche a voi

CHIARA DE CARLO

https://www.youtube.com/watch?v=0xLvn5wU68o

Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Comitato DOC a Casale tra storia e futuro

Festa del Vino del Monferrato al castello
                                                                                                                                                        DOMENICA 22 SETTEMBRE

Al mattino con inizio alle 10,30 in sala Marescalchi nel Castello di Casale Monferrato gli archivisti Wanda Gallo e Francesco Benatti presenteranno documenti e fotografie degli archivi del Comitato DOC, quelli del Circolo Ottavi, del Fondo Paolo Desana e del Fondo Arturo Marescalchi,  preziosissimi ed assolutamente unici nel loro genere.

 

Alla sera con inizio alle ore 21.00 nella Manica lunga Giorgio Milani presenterà con Monica Massa e Massimiliano Limonetti l’Intervista Impossibile a Federico Martinotti.

Chieri, qui abitò Carlo VIII

Lo ospitò per alcuni giorni la nobile famiglia chierese dei Solaro, nel loro palazzo in via Vittorio Emanuele II angolo via della Pace. Carlo VIII, re di Francia, fu accolto con tutti gli onori e con una grande festa alla porta del Vajro, l’attuale Porta Torino, seguito da soldati, nobili e vescovi. Un soggiorno da re a Palazzo Solaro. Era il 5 settembre 1494. A dargli il benvenuto mercanti, banchieri, religiosi, artisti e poeti tra i quali Leonetta Tana, la bella figlia del nobile chierese Bartolomeo Tana che gli dedicò alcuni versi in francese…“o re cristianissimo, risorta gloria di Carlo Magno, noi supplichiamo la potenza divina…”. Attraversata la via Maestra il sovrano francese, che aveva solo 24 anni, entrò nel palazzo di Giovanni Solaro, il più lussuoso edificio della città mentre i vescovi furono ospiti del convento di San Domenico, nei pressi di Casa Solaro che nella prima metà del Settecento diventerà la sede del Ghetto ebraico. Il Re fece tappa a Chieri, che faceva parte del Ducato di Savoia, per ottenere prestiti dai ricchi banchieri locali a sostegno della sua spedizione militare nella penisola mirata alla conquista del Regno di Napoli. Il Re di Francia soggiornò in città per quattro giorni e furono anche giornate scandite da frequenti incontri amorosi con le donne chieresi nonostante il sovrano fosse brutto, molto piccolo e balbuziente. Quando tornò a Chieri l’anno successivo scrisse ben 25 lettere su temi politici. Ma la fortuna non l’aiutò, anzi, la sconfitta militare del Re fu un brutto colpo anche per Chieri. Il sovrano non poté restituire i fondi ricevuti in prestito gettando Chieri e gli stessi Solaro in una grave crisi finanziaria. Il 9 settembre del 1494 le truppe francesi lasciarono Chieri dirette ad Asti lasciando nella città alle porte di Torino le tracce del passaggio del monarca. Sulla facciata di Palazzo Solaro in via Vittorio Emanuele II angolo via della Pace una lapide murata in marmo bianco ricorda l’evento. Si vede la corona reale dei Valois con i tre gigli di Francia e un’iscrizione in lingua provenzale con  caratteri gotici in cui si legge “in questa casa ha dimorato Carlo, re dei Galli”.
La prima parte del Cinquecento fu uno dei periodi più tormentati nella storia del Ducato Sabaudo e il Piemonte fu teatro di scontri continui tra le due potenze dominanti dell’epoca, la Francia e l’impero spagnolo e Chieri si trovò più volte coinvolta negli eventi bellici. La divisione della penisola in ducati, repubbliche e regni scatenò ben presto il desiderio di espansione dei sovrani europei tra i quali, appunto, Carlo VIII che nel 1494 scese in Italia per tentare di occupare il Regno di Napoli sulla base di una pretesa dinastica. Il sovrano arrivò a Torino il 5 settembre ospite della reggente Bianca di Savoia che proclamò la neutralità del Ducato di Savoia pur concedendo il passaggio ai soldati francesi. Da Torino Carlo VIII cavalcò a Chieri e qui si fermò alcuni giorni. Prima di puntare ad Asti fece una capatina a Vezzolano. Secondo le cronache del tempo pare che non solo sia entrato nella storica Abbazia ma abbia pranzato nel refettorio insieme ai frati di Santa Maria. Carlo VIII è rappresentato nel trittico sull’altare dell’abbazia, inginocchiato, con i gigli di Francia sull’abito regale. Vicino a lui, la Madonna in trono e Sant’Agostino. Quattro anni dopo, a soli 28 anni, Carlo VIII morì per un banale incidente nel castello di Amboise. Batté la testa contro l’architrave in pietra di una porta mentre passava a cavallo nel parco.
Un bel libro per conoscere ogni particolare sul soggiorno del re francese a Chieri è quello scritto da Pier Paolo Falcone dal titolo “Un Re di Francia a Chieri, Carlo VIII” del quale però si trovano solo tre copie, nella biblioteca civica di Chieri, nell’Archivio di Stato a Torino e presso l’associazione culturale chierese Carreum Potentia.
                                                                                                 Filippo Re
Due fotografie di Palazzo Solaro a Chieri + la lapide in marmo che ricorda il soggiorno di Carlo VIII in città

‘Manon Manon Manon’, un viaggio affascinante per la prima volta al Regio

‘Manon Manon Manon’ rappresenta un viaggio affascinante che, per la prima volta in Italia, il teatro Regio di Torino propone dal 1 al 29 ottobre 2024. Si tratta di una lunga soggettiva dedicata  a Manon Lescaut, giovane protagonista del romanzo dell’abate Prévost che, a partire dal suo successo settecentesco, ha ispirato ben tre compositori: Daniel Auber, che ha dato vita a Manon Lescaut nel 1856, Jules Massenet, che compose la sua Manon nel 1884 e Giacomo Puccini che ne scrisse nel 1893. Si tratta di tre opere autonome ma complementari, con tre direttori d’orchestra, tre interpreti per una protagonista unica, tre diversi cast per una trilogia che si compone di tre nuovi allestimenti e ventuno recite in un mese, una vera e propria sfida artistica e produttiva capace di mettere in luce la forza del teatro Regio.

Punto di partenza e centro di questo progetto è  Giacomo Puccini, di cui quest’anno cade il centenario della morte e che presentò Manon Lescaut proprio al teatro Regio il 1 febbraio 1893. Puccini è  per il teatro Regio un autore fondamentale,  visto che scelse il teatro subalpino per due prime assolute e il sovrintendente del teatro Regio, Mathieu Jouvin e il suo direttore artistico Cristiano Sandri hanno presentato ben sette titoli, per riservare uno spazio speciale alla Manon all’inizio della stagione 2024/2025.

Deus ex machina è il regista Arnaud Bernard, cui è stata affidata la messinscena dei tre spettacoli e che ha scelto di raccontarli sotto la lente di ingrandimento del cinema, attraverso tre epoche iconiche della cinematografia francese, così strettamente legata a Torino “città del cinema”.

“Queste tre opere danno vita – spiega Mathieu Jouvin – a un unico personaggio di incredibile fascino, che risulta scolpito sotto tre punti di vista. Benché composte nell’arco di appena quaranta anni tra il 1856 e il 1893, rappresentano l’evoluzione del gusto musicale di tre secoli, dal Settecento al Novecento. Auber  guarda al belcanto, Massenet rappresenta in pieno il linguaggio dell’Ottocento francese, mentre Puccini si proietta verso la modernità,  anticipando sensibilità musicali del XX secolo.Un’occasione unica e affascinante che, per me, ha il sapore di una degustazione di vini. Come ogni annata, ogni terreno, ogni vignetomettono in luce le caratteristiche di uno stesso vitigno, così ogni allestimento saprà esaltare le differenze di un’unica protagonista, a volte frivola, a volte torturata, a volte ribelle. Il teatro sarà  aperto ogni giorno e il pubblico, turisti compresi, potranno assistere ogni sera a un titolo diverso, scegliendo le date del mese di ottobre. Manon Manon Manon sarà al centro dell’interesse europeo, perché il teatro Regio ospiterà dal 24 al 26 ottobre 2024 la Conferenza d’Autunno di Opera Europa, principale organizzazione europea che riunisce teatri e festival lirici di oltre 44 Paesi”.

Pubblicato per la prima volta nel 1731 come Histoire du Chevalierde Grieux et de Manon Lescaut, ultimo capitolo dell’ampia opera di Antoine Francois Prévost ‘Mémoires et aventure d’un hommede qualité’, il romanzo narra dell’amore travagliato tra un giovane studente divenuto cavaliere, Des Grieux, e l’affascinante e volubile Manon Lescaut.

Punto di partenza del regista Arnaud Bernard è  la domanda “Chi sono le tre Manon?” la Manon di Prévost è  piuttosto avventurosa, ma anche una donna libera che scopre solo tardi il vero amore. La Manon di Auber è un uccello in trappola, quella di Massenet una donna alla ricerca di sé stessa, per Puccini una donna libera e ribelle. È l’unione di tutte le Manon a fare Manon, rappresentare le tre Manon è il punto centrale di questa impresa colossale. Le tre opere sono autonome e si reggono nella loro indipendenza, ma sono le differenze a alimentarsi a vicenda. Di qui l’idea di pensare a Manon come ‘Manon Manon Manon’, uno spettacolo in tre serate con un fil rouge che le accomuna, il cinema  o meglio tre epoche simbolo del cinema francese.

Per Puccini il punto di vista sarà quello del realismo poetico del cinema francese degli anni Trenta, quello de Il porto delle nebbie, di Amanti perduti e l’Angelo del male, il cinema di Jean Gabin e Michèle Morgan, che romanticizza, mettendo in risalto, le questioni drammatiche. Per Massenet saranno Brigitte Bardot e la Parigi anni Sessanta, contraddistinti dall’emancipazione femminile, dal ruolo della femme fatale, anticonformista, con i suoi atteggiamenti ribelli, il lato selvaggio, l’emblema della tentazione e del peccato.

L’estetica  del cinema muto è la chiave per interpretare al meglio la Manon di Auber, la più fragile, la più delicata, la più vecchio stile delle tre Manon. È l’occasione per ricordare non solo Georges Meliès, ma anche Alice Guy, una donna oggi sconosciuta, che fu la prima regista nella storia del cinema.

“La Manon di Auber – spiega Arnaud Bernard- costituirà il legame tra il nostro progetto e Torino, la città dove è nato gran parte del cinema italiano e che ha sviluppato maggiori produzioni di fama internazionale “.

Le tre produzioni vedranno impegnati l’Orchestra e il Coro del Teatro Regio, istruito dal maestro Ulisse Trabacchin.

L’inaugurazione sarà martedì 1 ottobre con Manon Lescaut di Giacomo Puccini su libretto di Luigi Illica, Domenico Oliva e Marco Praga. In scena per sette recite fino a sabato 26 ottobre, sotto la direzione del maestro Renato Palumbo, tra i massimi esperti mondiali d’opera italiana. Nel ruolo del titolo protagonista Erika Grimaldi, Roberto Aronica in quello di Renato Des Grieux, Alessandro Luongo è  Lescaut e Carlo Lepore è Geronte di Levoir.

Nei due ruoli principali si alterneranno Maria Teresa Leva e Carlo Ventre.

Sabato 5 ottobre alle ore 19 andrà in scena Manon di Jules Massenet, su libretto di Henry Meilhac e Philippe Gille, in scena per sei recite fino a martedì 29 ottobre,  sotto la direzione del maestro Evelino Pidò, nato a Torino ma residente a Parigi, il più francese dei grandi direttori d’orchestra italiani. L’opera debuttò all’Opera Comique di Parigi nel 1884, ottenendo uno stravolgentesuccesso. Giovedì 17 ottobre alle ore 19 il Regio presenterà in prima esecuzione a Torino, Manon Lescaut di Daniel Auber su libretto di Eugene Scribe, in scena per cinque recite fino a domenica 27 ottobre, per la direzione del maestro Guillaume Tournaire, che debutta al teatro Regio.

Tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta dell’Ottocento Daniel Auber e il drammaturgo Eugène Scribe furono i veri protagonisti del teatro parigino dell’Opera Comique e il segreto del loro successo consisteva nel mettere in scena drammi in cui i protagonisti affrontavano difficoltà di gravità  crescente, abbinati a partiture leggere e melodie irresistibili.

In abbinamento alla trilogia su Manon, in collaborazione con il teatro  Regio, il Museo Nazionale del Cinema presenterà un omaggio al cinema francese venerdì 1, sabato 2 e domenica 3novembre; tra i film in programma anche Manon di Henri Georges Cluzot, Vie privée di Louis Malle, La Bete Humaine di Jean Renoir e Le Quai des brumes di Marcel Carne.

MARA MARTELLOTTA

Alla ‘Galleria D’Arte La Rocca’ di Torino la personale di Giuliano Grittini

L’inaugurazione il 19 settembre alle ore 16.00. In mostra i capolavori del Maestro in una fra le cornici più prestigiose dell’arte moderna in Italia.

In occasione di EXIBI.TO che si terrà a Torino dal 19 al 21 settembre 2024, la storica e rinomataGalleria D’Arte La Roccapresenta “Réclame”, personale di Giuliano Grittini.

La mostra, sarà aperta dal 19 settembre, giorno dell’inaugurazione fissata negli spazi espositivi per le ore 16.00,sino al 19 ottobre 2024 tutti i giorni a esclusione del lunedì mattina con orario 10,00 – 12,30 e 16,00 – 19,30 in Via della Rocca 4. L’ingresso è libero.

“Protagoniste una settantina di opere realizzate dal celebre fotografo, artista e stampatore d’arte milanese.Rèclame è un viaggio immersivo nell’universo visivo della pubblicità, reinterpretato con l’ironia e la sensibilità artistica che contraddistinguono l’opera di Grittini. Egli esplora il tema del consumismo e della comunicazione di massa, rivisitando le immagini che

hanno profondamente influenzato l’immaginario collettivo”, prendono a spiegare Bianca e Said, entrambi anima appassionatadella ‘Galleria La Rocca’, tra i punti di riferimento assoluti in Italia per quanto concerne le migliori firme di sempre dell’arte moderna da oltre cinquant’anni.

Per poi riprendere: “L’artista è noto al grande pubblico e alla critica per la sua continua ricerca e abilità nel manipolare ereimmaginare icone della cultura pop da Marilyn Monroe ad Alda Merini, con la quale ha avuto un profondo legame personale e professionale.Rèclame richiama immediatamente l’idea di un passato in cui la pubblicità era sinonimo di innovazione, fascino, desiderio ed i manifesti pubblicitari, realizzati dagli artisti, testimoni del loro tempo, non erano soltanto strumenti di marketing ma veri e propri artefatti culturali, capaci di plasmare stili di vita, sogni e aspirazioni”.

Ma c’è di più. “Elemento centrale di questa esposizione è la Cracker Art, una delle cifre stilistiche più originali inventata dallo stesso Grittini, con la quale egli scompone e ricompone immagini iconiche del nostro tempo attraverso l’utilizzo di elementi polimaterici e colori vivaci. Grittini utilizza la fotografia, la serigrafia, il collage, creando composizioni che sorprendono per la loro vivacità cromatica e per l’impatto visivo, elevando il linguaggio pubblicitario e i materiali comuni a forma d’arte ricca di significati stratificati che invitano alla riflessione. In Rèclame, il visitatore sarà catapultato in un mondo, dove icone del passato e del presente si mescolano in una danza di suggestioni visive. Grittini, con il suo stile inconfondibile, ci offre una riflessione sull’identità contemporanea, dove l’individualità sembra dissolversi nell’omologazione di massa, ma dove, al contempo, l’arte diventa uno strumento di riscatto e di riscoperta del sé. La mostra rappresenta un’occasione imperdibile per immergersi nell’arte di Giuliano Grittini, un artista che ha saputo trasformare l’immagine in un potente mezzo espressivo, capace di parlare al cuore e alla mente, spingendoci a guardare oltre la superficie delle cose. Rèclameè un invito a riscoprire la bellezza nascosta nel quotidiano, a riflettere sulle contraddizionidel nostro tempo e a lasciarsi sedurre dall’immaginario visivo di uno degli artisti più originali e incisivi del panorama contemporaneo, concludono i titolari della Galleria D’Arte La Rocca’.

Per informazioni, telefono 011817464, e-mailgallerialarocca@gmail.com, sito internet www.gallerialarocca.net.

Incontrarsi a “CAMERA” con Cristina de Middel

Nella sede di “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, appuntamento con la presidente di “Magnum Photos”

Giovedì 19 settembre, ore 19

Dopo la pausa agostana, il settembre di “CAMERA” è un mese di particolare interesse e curiosità, in cui alle mostre ancora in corso (fino al 6 ottobre) si alternano, tutti i “giovedì”, incontri con personaggi di spicco, pronti a mettersi in gioco, a ruota libera, in un confronto dialogico con il pubblico – tra talk, visite in mostra e (perché no?) un buon aperitivo – su temi che vanno dalla fotografia alla scienza e all’architettura. Non solo. A settembre continua anche nel “Centro” di via delle Rosine “Letti in CAMERA”, la rassegna dedicata all’editoria indipendente ed ospitata con cadenza mensile nell’area del “bookshop”. Accessibili gratuitamente, gli incontri offrono, di volta in volta, occasioni per indagare il significato del “libro fotografico” oggi, attraverso le testimonianze dei suoi protagonisti.

Per i “Giovedì di CAMERA”, di particolare richiamo è il prossimo appuntamento, organizzato in relazione alla mostra, ospitata negli spazi della “Project Room” e terza tappa della Rassegna “Bar Stories on Camera”, realizzata in collaborazione con “Galleria Campari” e “Magnum Photos”. Giovedì 19 settembre prossimo, alle 19, “CAMERA” ospiterà infatti, nella sala “Gymnasium”, dopo il “sold out” delle precedenti visite guidate, una “grande” della Fotografia internazionale contemporanea,  Cristina de Middel, presidente della stessa “Magnum Photos”, fra le più importanti agenzie fotografiche del mondo, fondata nel 1947 da fotografi del calibro di Robert Capa ed Henri Cartier-Bresson, per citarne alcuni. Autrice di progetti pluripremiati e protagonista dell’ultima edizione del “Festival di Arles”, dove ha presentato il suo più recente lavoro, “Journey to the Center”, Cristina dialogherà con il direttore artistico di “CAMERA”, Walter Guadagnini, e  racconterà al pubblico del suo lavoro.

Nata in Spagna nel 1975 de Middel vive oggi fra Messico (Uruapan) e Brasile. E’ entrata far parte di “Magnum Photos” nel 2017, diventandone presidente nel 2022. Dopo una carriera decennale di fotoreporter (portata avanti con “un’angolazione assolutamente non convenzionale” della fotografia, unendo in modo creativo e singolare pratiche fotografiche documentarie e concettuali) ha autopubblicato nel 2012 “The Afronauts”, un libro andato rapidamente esaurito e accolto con successo dalla critica, che voleva esplorare “la storia di un programma spaziale fallito in Zambia negli anni Sessanta, attraverso rievocazioni messe in scena di narrazioni oscure, sfidando la tradizionale rappresentazione del continente africano”. Oltre ad altri acclamati progetti personali, ha lavorato per “clienti” di peso come “The Nobel Peace Foundation”, “Christian Dior”, “Vanity Fair USA”, “Vogue USA” e “FC Barcellona”. Nel 2013, con “The Afronauts” è stata nominata per il “Deutsche Borse Photography Prize” e, sempre nel 2013, ha ricevuto l’“Infinity Award”dall’“International Center of Photography”.

Per info: “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

g.m.

Nelle foto:

–       Ritratto Cristina de Middel

–       Cristina de Middel. “Magnum Photos”

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Lee Kravetz “Le ultime confessioni di Sylvia P.” -Fazi Editore- euro 18,50

Secondo alcuni critici questo libro di esordio dell’americano Lee Kravetz può essere definito un mistery letterario che ruota intorno alla poetessa Sylvia Plath; suicidatasi a Londra, a soli 30 anni, poco dopo la pubblicazione (nel febbraio 1963) de “La campana di vetro” che la rese immortale.

Le ultime confessioni di Sylvia P.” si basa su tre voci femminili, in qualche modo legate alla vita della poetessa ed articolate in una serie di capitoli-stanze. Tre donne che, a distanza di tempo, in un misto di fatti veri e immaginari, incrociano l’esistenza della Plath.

Nel 2019, Estee, curatrice di una piccola casa d’aste del Massachusetts, si ritrova tra le mani tre quaderni firmati Victoria Lucas. Intuisce subito che si tratta del manoscritto “La campana di vetro” e si chiede come queste preziose pagine siano finite nella soffitta di una casa in Massachusetts.

Poi ci sono i ricordi di due donne che la Plath l’avevano conosciuta.

La poetessa Boston Rhodes (dietro la quale sembra celarsi Anne Sexton) che la incontra a un corso di scrittura del poeta Robert Lowell. Entrambe sono fragili, talentuose, sensibili e finiscono per instaurare un legame ambiguo e pieno di chiaroscuri tra amicizia, competizione e invidia.

Infine c’è Ruth Barnhouse, una delle prime psichiatre americane che nel 1953 curò la Plath, nella clinica per malattie mentali in Massachusetts, dov’era stata ricoverata a 20 anni, dopo un primo tentativo di togliersi la vita. La Barnhouse ebbe un ruolo importante nell’aiutarla a riprendere la strada letteraria.

Attraverso le tre diverse prospettive delle coprotagoniste (delle quali emergono anche le vicende più intime), Lee Kravetz ricostruisce la breve, intensa e tormentata vita della Plath.

 

 

Corrado Augias “La vita s’impara” -Einaudi- euro 20,00

Alla soglia dei 90 anni il giornalista e scrittore -tra i più importanti del panorama italiano- affida a questa sorta di memoir il resoconto della sua vita e del suo impegno civile. Una narrazione libera, senza linea di confine tra vita vissuta e quella elaborata dal pensiero.

Bellissime le pagine in cui ripercorre le tappe salienti della sua lunga ed interessante vita. Emozionanti i ricordi dal suo album di famiglia.

La guerra quando era ancora bambino; scioccato di fronte

all’estrazione dei corpi dalle macerie lasciate dai bombardamenti e ai «morti infarinati di cemento».

Il padre ufficiale in servizio a Tripoli; la nonna ebrea convertita ad un cattolicesimo semi fanatico.

Poi ci sono gli incontri determinanti per la sua formazione di uomo e intellettuale, quelli che l’hanno portato a scegliere la carriera da intraprendere; il giornalismo ai massimi livelli.

Nomi della caratura di Scalfari e Angelo Guglielmi (legato alla rivoluzione televisiva della quale Augias è stato uno dei principali protagonisti).

Ma anche gli incontri di carta con il pensiero e la vita di Piero Gobetti, Gramsci e di altri esponenti della cultura progressista e cosmopolita.

Pagine che mettono a fuoco il pensiero di un grande divulgatore. Emerge a tutto tondo la vastissima cultura accumulata fin da giovanissimo; anche attraverso le letture di Lucrezio, Spinoza, Macchiavelli, Kant e tanti altri che l’hanno affascinato e trasportato nella storia passata dell’umanità.

 

 

Ann Pratchett “Tom Lake” -Ponte alle grazie- euro 18,00

La scrittrice, giornalista e proprietaria di una libreria a Nashville, ci regala questo romanzo d’amore, che è anche uno spaccato dei rapporti familiari. Ambientato al tempo del lockdown in una fattoria nel Michigan del Nord, dove vivono e lavorano Lara e il marito Joe.

Le figlie della coppia tornano per aiutare i genitori nella raccolta delle ciliegie. E’ l’occasione intima e bucolica scandita dai tempi lenti e confortanti di una piccola operosa quotidianità; ma anche il pretesto per farsi raccontare un capitolo della vita della madre.

Quando Lara aveva 24 anni aveva recitato in una compagnia teatrale estiva chiamata Tom Lake. Un passato da attrice, ai tempi del liceo e dell’Università; breve ma indimenticabile.

All’epoca era stata travolta da Peter Duke, affascinante attore col quale aveva vissuto una grande passione. Lui era seducente e inafferrabile; ma dopo il successo a Hollywood, aveva finito per perdersi nelle droghe.

Dopo questa esperienza Lara era andata avanti con la sua vita. Aveva scelto il solido Joe, si era trasferita nella sua fattoria e aveva creato una famiglia con tre figlie.

Emily, primogenita fantasiosa e travolgente.

La seconda, Maisie, fin da piccola manifesta l’indole empatica verso degli animali e vuole diventare veterinaria.

Poi la terzogenita, Nell, l’unica ad aver ereditato dalla madre l’amore per il teatro.

Un romanzo che rimanda alle atmosfere di “Piccole donne” e alle opere di Cěchov. Alterna la ricostruzione del passato e le relazioni, le emozioni, gli affetti del presente. Un tuffo nei meandri dell’amore materno, giovanile e coniugale.

 

 

Olga Tokarczuk “I libri di Jakob o Il grande viaggio” -Bompiani- euro 29,00

La scrittrice polacca Premio Nobel ha ambientato questa sorta di fiaba storica nella Podolia del 700, scandagliando il mondo di mezzo tra Polonia e Ucraina.

Un imponente romanzo con protagonista il giovane ebreo Jakob Frank, arrivato in Podolia (oggi difficile da circoscrivere tra Galicia, Volynia, Bukovina e Polesia), in un villaggio che è l’incrocio di popoli, lingue e religioni diverse. Ebrei, musulmani, cattolici e relative superstizioni si ritrovano tra le bancarelle dei mercati.

Le vicende narrate si dipanano nella seconda metà del Settecento, quando queste zone venivano chiamate periferie ed appartenevano alla Polonia. Un’area multietnica che risentiva dell’influenza e dei commerci con l’Impero Ottomano.

Attraverso una minuziosa ricostruzione storica seguiamo le vicende dell’astuto Jacob che elabora una sua “Eresia”. Raccoglie una setta di seguaci fanatici, si muove con abilità travalicando i confini degli imperi e le varie fedi religiose, scalando le gerarchie sociali.

E’ veramente esistito quest’uomo eccezionale che creò una sua corte ed attraversò varie esperienze: dalla gloria alla prigionia, dal lusso alla malattia, dall’esaltazione del successo alla disperazione.

 

“La via del Matto” storia di anime e persone nella magia di Torino

Un libro affascinante e intrigante, che ha per protagonista, oltre al giovane uomo al centro della vicenda narrata, la Torino magica ed esoterica.

Una prospettiva completamente nuova, in grado di dire qualcosa di più, e di meglio, sugli aspetti più intriganti della nostra amata Torino: questo accade con “La Via del Matto”, opera unica (si spera solo per il momento) di una giovane autrice torinese, Giulia Graglia, tanto addentro alla materia esoterica quanto in quella enologica che – aspetto peculiare – buon ruolo gioca nel romanzo.

Pubblicato dall’editrice “La Corrente”, la cui denominazione sarà più chiara a coloro che si appresteranno alla prentazione del libro (e al dialogo tra autrice e conduttore dell’incontro) e alla lettura, “La Via del Matto” è, in primo luogo, una bellissima storia fatta di Persone, Anime e Cuori.
Un costruttivo percorso di redenzione e iniziazione ricostruito tramite una triplice linea narrativa che, attraverso una prosa gradevolissima e mai stancante, ci accompagna a seguire le vicende del protagonista, Adel Solari (nomen omen…), giovane rampante la cui carriera nel mondo finanziario subisce una brusca interruzione, portandolo ad avere guai con la giustizia.

In bilico tra il racconto del mistero ed il romanzo di formazione, grazie ad una pregevole dinamica narrativa che deve qualcosa al mondo del cinema, “La Via del Matto” si rivela lettura godibilissima e coinvolgente, mai banale e con una peculiarità: al termine della lettura, al lettore rimane la chiara sensazione che chi ha dato vita a questo romanzo abbia piena cognizione delle profonde e complesse tematiche affrontate. Come chi le ha vissute in prima persona e magari sia stato in qualche modo ispirato…

ROBERTO TENTONI