CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 2

Oggi al cinema. Le trame dei film nelle sale di Torino

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A cura di Elio Rabbione

40 secondi – Drammatico. Regia di Lorenzo Alfieri, con Francesco Gheghi e Francesco Di Leva. A Colleferro, in provincia di Roma, in una notte di inizio settembre, i gemelli Federico e Lorenzo uccidono il giovanissimo Willy, proveniente da Capoverde, un lavoro in un ristorante, per essere intervenuto a difendere un amico coinvolto in una lite. dall’aggressione alla morte del ragazzo trascorsero 40 secondi. Le ore che hanno preceduto quell’assassinio, le esistenze felici e sbandate, due gruppi di ragazzi, l’allegria le risate e il sopruso feroce, la prepotenza, l’amore verso una madre, due gemelli che vivono in simbiosi, nel male. Durata121 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi sala 1, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Bugonia – Commedia / Fantascienza. Regia di Yorgos Lanthimos, con Emma Stone, Jesse Plemons e Alicia Silverstone. Due giovani ossessionati dalle teorie del complotto che decidono di rapire l’influente CEO di una grande azienda, convinti che sia un’aliena decisa a distruggere la terra. Convinti della sua natura extraterrestre, passano alla cattura e a un serrato interrogatorio. La situazione si complica quando la ragazza del giovane rapinatore, l’imprenditrice e un investigatore privato coinvolto nella vicenda si ritrovano intrappolati in una battaglia mentale ad alta tensione. La Stone nuovamente musa ispiratrice del regista di origini greche. Presentato a Cannes. Durata 120 minuti. (Fratelli Marx sala Chico V.O., Greenwich Village sala 1 anche V.O., Reposi sala 2)

Buon viaggio, Marie – Commedia drammatica. Regia di Enya Baroux, con Hélène Vincent. Malata terminale stanca di curarsi, l’ottantenne Marie ha scelto di recarsi in Svizzera per sottoporsi alla procedura del suicidio assistito. Incapace di dire la verità al figlio Bruno, volenteroso ma inconcludente e senza una lira, e alla nipote adolescente Anna, si confida invece con il rude ma gentile assistente sanitario Rudy, il quale si ritrova suo malgrado alla guida del camper che porterà tutta la famiglia verso la Svizzera, dopo che Marie ha raccontato la bugia di eredità da riscuotere. Riuscirà la donna, amorevole ma inflessibile nella sua decisione, a dire la verità alle persone che ama e Rudy a dare una direzione alla sua vita? Durata 97 minuti. (Classico)

Cinque secondi – Drammatico. Regia di Paolo Virzì, con Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi e Galatea Bellugi. Chi è quel tipo dall’aria trascurata che vive da solo nelle stalle di Villa Guelfi? Passa le giornate a non far nulla ed evitando il contatto con tutti. E quando si accorge che nella vita si è stabilita abusivamente una comunità di ragazzi che si dedicano a curare quella campagna e i vigneti abbandonati, si innervosisce e vorrebbe cacciarli. Sono studenti, neolaureati, agronomi e tra loro c’è Matilde, che è nata in quel posto e da bambina lavorava la vigna con il nonno Conte Guelfo Guelfi. Anche loro sono incuriositi da quel signore misantropo dal passato misterioso: perché sta lì da solo e non vuole avere contatti con nessuno? Mentre avanzano le stagioni, il conflitto con quella comunità di ragazze e ragazzi si trasforma in convivenza, fino a diventare un’alleanza. E adriano si troverà ad accudire nel suo modo brusco la contessina Matilde, che è incinta di uno di quei ragazzi… Durata 105 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Eliseo, Nazionale sala 4)

I colori del tempo – Commedia drammatica. Regia di Cédric Klapisch, con Suzanne Lindon. Nella Francia di oggi, un gruppo di sconosciuti viene riunito in quanto discendente di Adèle, donna di fine Ottocento che dalla Normandia era partita alla volta di Parigi in cerca della madre che l’aveva abbandonata. Dovendo ispezionare la casa in rovina di Adèle per decidere che cosa fare della proprietà, gli emissari del pubblico mettono insieme pezzo dopo pezzo il lontano passato della loro famiglia. Parallelamente, durante la Belle Epoque, Adèle si avventura nella grande città assieme ai nuovi amici Lucien e Anatole, scoprendo una capitale nel vortice del cambiamento, tra zone ancora rurali e salotti della borghesia moderna, e tra le arti figurative e l’avvento della fotografia. Durata 124 minuti. (Nazionale sala 3)

Le città di pianura – Commedia. Regia di Francesco Sossai, con Filippo Scotti, Sergio Romano, Andrea Pennacchi e Robero Citran. Due spiantati cinquantenni sono ossessionati di bere l’ultimo bicchiere. Una sera incontrano un ragazzo, Giulio, timido studente di architettura e il modo di vedere il mondo e l’amore all’improvviso si trasforma pian piano mentre i tre girano tra i locali del Veneto. Durata 90 minuti. (Eliseo)

Dracula – L’amore perduto – Fantasy, horror. Regia di Luc Besson, con Caleb Landry Jones, Christoph Waltz e Matilda De Angelis. Transilvania, XV secolo. Il principe Vladimir, dopo la perdita improvvisa della sua amata, rinnega Dio, ereditando così una maledizione eterna: diventare un vampiro. Condannato a vagare per secoli, sfida il destino e la morte stessa, guidato da un’unica speranza: ritrovare l’amore perduto. Durata 129 minuti. (Massaua, Ideal, Nazionale sala 4 V.O., The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Dreams – Drammatico. Regia di Michel Franco, con Jessica Chastain e Isaac Hernàndez. Fernando, giovane e talentuoso ballerino messicano, sogna il riconoscimento internazionale e una nuova vita negli Stati Uniti. Convinto che Jennifer, una raffinata filantropa dell’alta società americana e sua amante, lo sosterrà nel sostenere le sue ambizioni, decide di lasciarsi tutto alle spalle e mette in pericolo la sua vita pur di inseguire il suo sogno. Ma il suo arrivo finisce di sconvolgere il mondo attentamente costruito da Jennifer. Disposta a tutto pur di proteggere il futuro di entrambi e tutto ciò che ha costruito attorno a sé, Jennifer dovrà affrontare le conseguenze delle proprie scelte. Durata 100 minuti. (Eliseo, Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

Giovani madri – Drammatico. Regia di Luc e Jean-Pierre Dardenne. In una casa famiglia per giovani madri, Jessica, Perla, Julie, Naima e Ariane, tutte cresciute in circostanze difficili, lottano per ottenere una vita migliore per loro stesse e per i loro figli. Durata 105 minuti. (Nazionale sala 2)

Il maestro – Drammatico. Regia di Andrea Di Stefano, con Pierfrancesco Favino, Roberto Zibetti, Edwige Fenech e Tiziano Menichelli. Felice Milella ha 13 anni, un talento per il tennis e un padre pronto a sacrificare ogni cosa per fare di lui un campione – che il ragazzo voglia o no. Raul Gatti è un ex tennista un tempo arrivato agli ottavi di finale al Foro Italico, ma al momento in cura presso un centro di salute mentale. Raul pubblica un annuncio offrendosi come insegnante privato e il padre del ragazzo, ingegnere gestionale della SIP privo di grandi disponibilità economiche ma non di sogni di gloria, vede in lui l’uomo ideale per aiutare suo figlio a passare dai tornei regionali a quelli del circuito nazionale, facendogli da maestro accompagnatore. Felice si rende però presto conche che Raul potrebbe non aver nulla da insegnargli su un campo da tennis, ma forse qualcosa su come liberarsi dell’ingerenza paterna. Durata 125 minuti. (Massaua, Fratelli Marx sala Groucho, Greenwich Village sala 2, Ideal, Lux sala 1, The Space Beinasco, Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

Il sentiero azzurro – Drammatico. Regia di Gabriel Mascaro, con Denise Weinberg. Tereza è una delle tante vittime, in età avanzata, che un Brasile prossimo venturo ha deciso di relegare in una qualche parte lontana, impedita di lavorare e sotto la tutela completa della figlia. Ma Tereza vuole ancora sentirsi, ed è tale, indipendente, non volendo certo arrendersi a quella decisione: si ribella intraprendendo in solitaria un viaggio tra il reale e il fantastico. Orso d’Argento alla Berlinale 2025. Durata 85 minuti. (Fratelli Marx sala Harpo)

Springsteen – Liberami dal nulla – Drammatico/Biografico. Regia di Scott Cooper, con Jeremy Allen White e Stephen Graham. Il film segue il cantante nella realizzazione dell’album “Nebraska” del 1982, anno in cui era un giovane musicista sul punto di diventare una superstar mondiale, alle prese con il difficile equilibrio tra la pressione del successo e i fantasmi del suo passato. Inciso con un registratore a quattro piste nella sua camera da letto in New Jersey, l’album segnò un momento di svolta nella sua vita ed è considerato una delle sue opere più durature: un album acustico puro e tormentato, popolato da anime perse in cerca di una ragione in cui credere. Durata 112 minuti. (Greenwich Village sala 3 anche V.O.)

The Running Man – Drammatico. Regia di Edgar Wright, con Glen Powell e Michael Cera. Il programma televisivo tra i più seguiti, concorrenti che devono fuggire per 30 giorni, ogni attimo in diretta tv, inseguiti da killer che sono veri e propri professionisti, il pubblico a seguirli a ogni insidia ed esecuzione. Ben è costretto a partecipare al reality a causa della malattia della figlia, diventerà un vero campione, seguitissimo. Durata 133 minuti. (Massaua, Reposi sala 5, The Space Torino, The Space Beinasco, Uci Lingotto, Uci Moncalieri)

The Smashing Machine – Drammatico. Regia di Benny Safdie, con Dwayne Johnson e Emily Blunt. Film dedicato a uno sport cruento, un omaggio alla figura di un lottatore che ha guadagnato i più grandi successi negli States e nei tanti paesi del mondo per le sue competizioni, tra gli anni Novanta e i Duemila. Combattimenti difficili alleviati da una dipendenza dagli oppiacei, il rapporto con una compagna e la necessità del campione alla solitudine che gli consente di affrontare al meglio la propria carriera, l’aiuto nei momenti di maggiore difficolt da parte di un amico e rivale. Durata 123 minuti. (Fratelli Marx anche V.O., Ideal anche V.O:, The Space Torino, Uci Lingotto anche V.O., The Space Beinasco, Uci Moncalieri anche V.O.)

Un crimine imperfetto – Thriller. Regia e con Franck Dubosc, con Laure Calamy e Benoît Poelvoorde. Ambientato in un remoto villaggio del Giura, dove Michel e Cathy tirano avanti vendendo alberi di Natale. Con il figlio dodicenne Doudou, ragazzino con difficoltà, vivono in una vecchia fattoria tra montagne innevate, conti in rosso e sogni ormai sbiaditi. La coppia è allo stremo: troppe rate da pagare, troppe delusioni e un inverno che non sembra finire mai. Una sera, sulla strada del ritorno, Michel inchioda di colpo per evitare quello che sembra un orso sulla carreggiata. La manovra azzardata lo fa schiantare contro un’auto sul ciglio della strada, i cui passeggeri a bordo muoiono sul colpo. Preso dal panico, Michel chiama Cathy. Dopo un breve, gelido silenzio, decidono insieme di nascondere tutto. Mentre tentano di far sparire i corpi, nel bagagliaio dell’auto incidentata scoprono una borsa con oltre due milioni di euro in contanti. Quello che inizialmente sembra un miracolo natalizio si trasforma in un incubo a occhi aperti, innescando una serie di eventi caotici e assurdi. Ha scritto Maurizio Porro nelle colonne del Corriere della Sera: “Il problema è l’accumulazione dei fatti, tanti da sembrare un sogno, indagini e rimorsi, euro ed etica, un’alta tensione che si stempera in osservazioni di colore umoristico ma in un panorama notturno tenebroso, come se fosse tutto una paurosa favola per grandi.” Durata 109 minuti. (Greenwich Village sala 3)

Una battaglia dopo l’altra – Thriller, azione. Regia di Paul Thomas Anderson, con Leonardo Di Caprio, Sean Penn, Benicio Del Toro e Chase Infiniti. Un gruppo di ex rivoluzionari si riunisce quando un loro perfido nemico riemerge dal loro passato, dopo sedici anni di silenzio. Tra loro, Bob Ferguson, che ha sognato per anni un mondo migliore ai confini tra Messico e States. Appeso al chiodo l’artiglieria e il nome di battaglia, Ghetto Pat, fa il padre a tempo pieno di Willa, adolescente esperta di arti marziali. Tra una canna e un rimorso prova a proteggerla dal suo passato che puntualmente bussa alla porta e chiede il conto. Dall’ombra riemerge il colonnello Lockjaw, che più di ogni altra cosa vuole integrare un movimento suprematista devoto a San Nicola. Il gruppo avrà il duro compito di salvare la ragazza, che verrà rapita, prima che accada l’inevitabile. Durata 161 minuti. (Greenwich Village sala 3)

Una famiglia sottosopra – Commedia. Regia di Alessandro Genovesi, con Luca Argentero, Valentina Lodovini e Licia Maglietta. Alessandro e Margherita e la mamma di lei, tutti a vivere sotto lo stesso tetto, aggiungendoci la progenie Alice e Leo e la piccola Anna che in vista del suo compleanno chiede una gitarella a Gardalang, con tutti i festeggiamenti di rito. Alessandro anni fa ha perso il lavoro e superati i cinquanta è difficile che qualcuno ti regali qualcosa, mamma Margherita continua a ripetere che quella santa donna di sua figlia poteva certo trovare di meglio: forse quel tal collega, medico pure lui, con la signora da tempo intrattiene una vivacizzata relazione. Che lo sposo non ne possa più è fuor di luogo, sino a gridare a squarciagola di voler cambiare famiglia: ma se quel cambiamento avviene nel modo più strampalato, per cui un componente della family prende la identità di un altro componente, allora che succede? Quando si dice i soggettisti e gli sceneggiatori che ti vanno a inventare! Durata 100 minuti. (The Space Torino, Uci Lingotto)

La vita va così – Commedia drammatica. Regia di Riccardo Milani, con Ignazio Mulas, Virginia Raffaele, Diego Abatantuono e Aldo Baglio. Il protagonista, un pastore sardo, abbandonato da moglie e figlia che si sono trasferite nel paese vicino, vive alla fine del millennio solitario in una casa che s’affaccia su una stupenda spiaggia dove le pecore possono pascolare. Non vuole assolutamente abbandonare quella propria casa: neppure quando un prestigioso gruppo immobiliare lo vorrebbe riempire di quattrini, nel progetto di costruire proprio in quel tratto di spiaggia un resort a cinque stelle. Ecosostenibile. Il responsabile del gruppo, al fine di convincerlo, manda sul posto Mariano, il capocantiere in cui ha piena fiducia: da quel momento Francesca, la figlia del pastore, si ritroverà tra la solidarietà nei confronti del padre e l’ostilità dei suoi concittadini. Durata 118 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, Eliseo, Fratelli Marx sala Chico, Reposi sala 5, The Space Torino, Uci Lingotto, The Space Beinasco, Uci Moncalieri)

Sulle tracce di Fenoglio, ad Alba nella terra del tartufo bianco

A cura di piemonteitalia.eu

Varie sono le ragioni che possono indurci a fare un giro ad Alba, la bella città langarola circondata da maestose colline. Oltre alle bellissime chiese e agli interessanti musei, Alba è la perla dell’enogastronomia italiana apprezzata in tutto il mondo per i suoi gustosi piatti e per i suoi deliziosi prodotti locali; primo fra tutti il Tartufo Bianco, protagonista della Fiera Internazionale che si svolge tutti gli anni a novembre.

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https://www.piemonteitalia.eu/it/esperienze/sulle-tracce-di-fenoglio-ad-alba-nella-terra-del-tartufo-bianco

Scianna e Newton: grandi “scatti di moda”

A Saluzzo e a Caraglio sfida “vis à vis”, realizzata sui più inediti set dell’alta moda da due autentici “giganti” dell’arte fotografica novecentesca

Fino al 1° marzo

Saluzzo / Caraglio (Cuneo)

Niente applausi, niente flash, no alla minima traccia di splendente glamour. Solo il vociare e l’aria stranita e divertita, il gioco di un’allegra frotta di “picciotte” e “picciotti” siciliani, zaini in spalla e grembiali scolastici, a seguire e a mimare il “passo da sfilata” (in discesa) della fascinosa giovane che guarda e dispensa loro parchi sorrisi. Curiosa la location e nessuna “passerella” (anche se la camminata e l’impostazione dei movimenti della giovane fanno subito pensare al “catwalking” d’una modella); ci si trova invece a scendere una lunga, per nulla agghindata o attrezzata ad hoc, scalinata di pietra della sicula Caltagirone, antica “Regina dei Monti Erei”. Di fronte abbiamo quella che mi piace ritenere, per la sua composita bellezza, una sorta di immagine-guida della mostra fotografica – “La Moda, la Vita”– ospitata, con la curatela di Denis Curti, all’antica “Fortezza” (e “Residenza Marchinale”) della “Castiglia” di Saluzzo (Cuneo) fino a domenica 1° marzo 2026, di Ferdinando Scianna (Bagheria – Palermo, 1943), primo fotografo italiano a far parte dal 1982 (e introdotto niente meno che da Henri Cartier-Bresson) dell’agenzia fotografica internazionale “Magnum Photos”. E la giovane fanciulla che dà mostra del suo incedere e della sua misurata eleganza, altri non è che Marpessa (nome “mitologico”- dal mito di Idas – che dà il titolo alla stessa immagine); Marpessa Hennink, supermodella olandese di Amsterdam, tanto brava da meritarsi il soprannome di “The Catwalk Contessa” (“La Contessa della Passerella”). Siamo nel 1987, anno che segna l’esordio del fotografo siciliano (dopo un periodo di lavoro in Spagna, per documentare la “Guerra Civile” spagnola) nel “mondo della moda”. E’ in quell’anno che a Scianna, Dolce&Gabbana, allora giovani stilisti emergenti, commissionano le immagini per i cataloghi di due collezioni, dando vita a una delle collaborazioni meglio riuscite nella storia della fotografia. Un compito che l’artista siciliano assolse “in modo originale e spiazzante”.

Scianna, infatti, non rinunciò alla sua natura di “fotoreporter”, né tantomeno al richiamo della sua terra, trascinando la moda dagli studi di posa all’amata realtà della “sua” Sicilia e tra le strade dei “suoi” vocianti paesi. Le sue fotografie di moda, tutte in bianco e nero (“Io guardo in bianco e nero – diceva – penso in bianco e nero. Il sole mi interessa soltanto perché fa ombra”) sono frammenti di storie che “riflettono la sua visione del mondo, restituendo un ideale di bellezza che va oltre la pura descrizione del prodotto”. E fondamentale in questo percorso fu proprio la collaborazione con la “top model” Marpessa, che incarnava la bellezza mediterranea e che lo stesso Scianna scelse come sua “musa”. Al pari forse di quella Monica Bellucci, ritratta, nel ’91, in un mercato rionale di Palermo, attorniata da un bel gruppone di maschietti in un “furbesco” girotondo dagli occhi di certo meno innocenti di quelli dei bimbi della “Marpessa”. Nel suo complesso, il percorso espositivo, che documenta collaborazioni con i più importanti brand e numerose riviste internazionali, comprende oltre 90 fotografie (particolarmente “preziose” quelle dedicate allo stretto legame di amicizia che lo legava al conterraneo grande Leonardo Sciascia), accanto alle 12 provenienti dalla “Fondazione Arte CRT”, in comodato alla “GAM” di Torino, e che raccontano dei lavori realizzati in India, in Francia e in Bolivia, ma soprattutto ci parlano del grandissimo creatore di “reportages”, quale Scianna é stato, e che resteranno per sempre la “matrice stilistica e narrativa” del suo mestiere.

In contemporanea, su progetto sempre, come per la mostra di Scianna, di “Fondazione Artea” e la curatela di Matthias Harder (direttore della “Helmut Newton Foundation” di Berlino) il seicentesco “Filatoio” di Caraglio (Cuneo) ospita Helmut NewtonIntrecci, monografica dal titolo esemplare (vista la destinazione del sito ospitante) dedicata, per l’appunto ad Helmut Newton, altro grande protagonista della fotografia di moda (“mood photography”) del Novecento (Berlino, 1920 – Los Angeles, 2004). Le mostre di Ferdinando Scianna e Helmut Newton, concepite per dialogare tra loro, approfondiscono due approcci distinti (più “teatrale” e “dall’erotismo patinato” quelle del  berlinese) ma entrambe convergenti al “tema della moda” e al “racconto della vita”. Le carriere di entrambi vivono una svolta sul finire degli anni Ottanta, anche a seguito delle trasformazioni in atto nella società del periodo: da un lato l’avvento delle prime apparecchiature digitali e di “Photoshop”, che mettono in discussione il valore testimoniale dell’immagine fotografica, dall’altro la caduta del muro di Berlino e la fine dell’Unione Sovietica, “che ridefiniscono gli equilibri globali e aprono nuove prospettive di incontro tra culture”.

Per info e orari: “Fondazione Artea”, corso Nizza 13, Cuneo; tel. 0171/1670042 o www.fondazioneartea.org

Gianni Milani

Nelle foto: Ferdinando Scianna “Marpessa”, Caltagirone, 1987 e “Monica Bellucci”, Palermo, 1991; Helmut Newton “Mansfield”, British Vogue, London 1967 e “Nadja Auermann”, Blumarine, Monaco 1993

Il Coro Femminile dell’Accademia Tempia per la Giornata contro la Violenza

Lunedi 24 novembre, alle 21, al teatro Vittoria, il Coro Femminile dell’Accademia Stefano Tempia propone un programma per la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne

Lunedì 24 novembre, al teatro Vittoria di Torino, verrà proposto un programma che attraversa stili e secoli con il Coro Femminile dell’Accademia Stefano Tempia in occasione della Giornata contro la Violenza sulle Donne, intitolato “Da Brahms agli ABBA”. Il Coro femminile dell’Accademia sarà guidato dal Maestro Luigi Cocilio, con il contributo pianistico di Chiara Romanelli e la partecipazione del Coro di Voci Bianche della Scuola Internazionale A. Spinelli, che affronterà un programma che attraversa stili e secoli, dalle raffinate armonie romantiche di Joahnnes Brahms ai linguaggi contemporanei di Pau Casals, Bob Chilcott, Eric Whitacre, Ola Gjeilo e Karl Jenkins, fino alle trascrizioni di celebri brani pop tratti dai repertori dei Coldplay e degli ABBA, con un momento speciale dedicato alla compositrice Mel Bonis, voce femminile troppo a lungo dimenticata. In un mondo musicale dominato dagli uomini, Mel Bonis fu costretta a celare la sua identità dietro un nome ambiguo per essere presa sul serio. Nata Mélanie Bonis, scelse di firmarsi Mel Bonis per mascherare il suo genere, data la difficoltà per le donne ad essere accettate, a quel tempo, nei salotti giusti.

Info: lunedì 24 novembre, alle ore 21 – teatro Vittoria, via Antonio Gramsci 4, Torino

“Melodie Intrecciate, da Brahms agli ABBA”

Biglietti: https://www.ticket.it/musica/evento/melodie-intrecciate.aspx

www.stefanotempia.it

Gian Giacomo Della Porta

Il premio Prolo a Iciar Bollaín

Il Premio Prolo 2025 sarà assegnato il 10 dicembre a Torino a Iciar Bollaín presso il Cinema Massimo. In quell’occasione verrà consegnato il riconoscimento alla regista spagnola e verrà proiettato il film dal titolo “Il mio nome è Nevenka”, e sarà presentato l’ultimo numero di Mondo Niovo, il 110 della rivista, con un’intervista inedita alla regista. Il legame tra cinema e diritti umani a ispirare il lavoro dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema. Quest’anno, come sempre nella Giornata Internazionale dei Diritti Umani, la sala 2 del Cinema Massimo ospiterà mercoledì 10 dicembre la consegna del Premio Maria Adriana Prolo, alle 20.30. Giunto alla 24esima edizione, il riconoscimento riceve il patrocinio di Amnesty International Italia. Tra le voci più sensibili del cinema europeo, attenta ai temi sociali e ai personaggi femminili, Iciar Bollaín ha debuttato giovanissima, nel 1983, come protagonista del film “El Sur” di Victor Erice. Fra le sue interpretazioni si ricorda anche quella in “Terra e libertà” di Ken Loach, nel 1995. Ha esordito alla regia nel 1996 con”Hola¿Hestas Sola?”, mentre il successo internazionale è arrivato nel 1999, con “Flores de otro mundo”, vincitore alla Semaine de la Critique di Cannes, e con “Te doy mis ojos” del 2003, vincitore di 7 premi Goya. La regista ha poi vinto il premio Panorama e ha ottenuto 13 candidature ai Goya con “También la lluvia”, nel 2010. Sono eseguiti “El olivo”, nel 2016, e “Juli”, del 2018, biopic sul ballerino cubano Carlos Acosta. Con “Maixabelle” si è aggiudicata tre premi Goya. In sala, oltre alla regista, saranno presenti Silvia Luciani, direttrice di Mondo Niovo, Giovanna Maina, docente dell’Università degli Studi di Torino e Valentina Noia, Vicepresidente dell’AMNC. Il premio Mara Adriana Prolo è sostenuto da Regione Piemonte, Fondazione CRTe Nova Coop. Seguirà poi la proiezione in anteprima regionale de “Il mio nome è Nevenka”, girato in Spagna e in Italia nel 2024, in lingua spagnola con sottotitoli in italiano.

“Il 2025 è stato ricco e intenso per l’Associazione – dichiarano Valentina Noia e Vittorio Sclaverani, Presidente AMNC – un anno in cui è stato possibile far crescere la progettualità. I nostri obiettivi principali sono di continuare a organizzare momento culturali e formativi gratuiti, stimolare pubblici capaci di condividere idee ed esperienze e lavorare informa diffusa con il territorio e lavorare in forma diffusa sul territorio, in sinergia con i principali enti culturali, a partire dal Museo del Cinema e Film Commission Torino Piemonte. Consapevoli dell’importanza del nostro lavoro, in un’epoca sempre più complessa, l’AMNC è orgogliosa di conferire il Premio Prolo a Iciar Bollaín, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani, con il patrocinio di Amnesty International, nell’anno in cui ricorre il 50⁰ anniversario di attività in Italia”.

“Non è un caso se per il secondo anno consecutivo il premio Prolo venga assegnato a una donna di cinema dal talento multiforme – conclude Davide Ferrario – Presidente Onorario dell’AMNC – dopo Ariane Ascaride, il testimone passa in modo naturale a Iciar Bollaín, attrice, regista e sceneggiatrice spagnola che, con i suoi film, trasmette l’idea di un cinema europeo che mette al centro i valori umani e umanistici, gli stessi che il premio Prolo vuole incentivare. Valori la cui promozione, oggi, ha il sapore di un atto di resistenza in un orizzonte culturale e politico sempre più imbarbarito e più forte, e piegato al diritto del più forte”.

In passato, il premio Prolo è stato conferito a registi e registe quali Giuseppe Bertolucci, Marco Bellocchio, Ugo Gregoretti, Giuliano Montaldo, Massimo Scaglione, Daniele Segre, Cosa Gavras, David Grieco; agli attori e attrici quali Piera degli Esposti, Lucia Bosè, Ottavia Piccolo, Roberta Herlitzka e Elio Pandolfi; all’esercente e storico del cinema Lorenzo Ventavoli, al compositore Manuel De Sica, allo sceneggiatore Giorgio Arlorio, al film maker, artista e operaio Pietro Perotti. Dal 2022 il riconoscimento, precedentemente ospitato dal Torino Film Festival, viene ogni anno assegnato il 10 dicembre insieme ad Amnesty International Italia, in occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani.

Mercoledì 10 dicembre, ore 20.30, Cinema Massimo
Prenotazioni: https://bit.ly/4i2CL50

Mara Martellotta

Il Festival del Classico torna a Torino

Quattro giorni di dialoghi, dispute e riflessioni sulle radici della ricchezza e del potere

C’è un filo antico che attraversa Torino e la trasforma, per quattro giorni, in un’agorà contemporanea. È il Festival del Classico, che dall’11 al 14 dicembre torna nei luoghi simbolo della cultura cittadina per interrogare il nostro tempo attraverso il pensiero dei grandi autori del passato. Al centro dell’ottava edizione c’è il tema “Oikonomia/Plutocrazia”, un viaggio tra cura della comunità e potere della ricchezza, che il curatore Ugo Cardinale definisce «una bussola preziosa in un presente minacciato da una plutocrazia senza limiti». Prima ancora dell’inaugurazione ufficiale, però, sarà la voce delle nuove generazioni ad aprire il sipario: il 10 dicembre debutta infatti Superclassico, una giornata-laboratorio che il Politecnico dedica a Gen Z e Alfa. Dalle dispute al dialogo con l’avatar di Socrate, l’ateneo si trasforma in un vero terreno di incontro tra filosofia antica e linguaggi digitali.

MERCOLEDÌ 10 DICEMBRE – LA CITTÀ DEI RAGAZZI E DELLE IDEE


La mattina si apre nell’Aula Magna del Politecnico con l’attesissimo dialogo “Che cosa vale davvero?” (h 10), in cui Alessandro Barbero, insieme al gruppo Bookstock, conversa con studenti e studentesse sul significato della ricchezza e della povertà partendo dalla figura di San Francesco. A seguire, il campus si anima con una serie di incontri che portano il pensiero classico nel cuore del contemporaneo: Nicolas Lozito riflette sui nuovi modelli economici (h 11), Paolo Di Paolo esplora le narrazioni del potere (h 11.30), mentre Alessandro Aresu indaga l’élite finanziaria americana (h 12). La mattinata si chiude (h 12.30) con una conversazione sulle comunità digitali insieme a Beatrice Flammini e Riccardo Carnevale. Nel pomeriggio, la Sala Emma Strada diventa lo spazio della “grande agorà” delle giovani generazioni: Matteo Nucci racconta la città giusta di Platone (h 15), Matteo Saudino e Angelica Taglia danno vita a un sorprendente dialogo con un avatar socratico (h 15.30), e un laboratorio partecipato (h 16.30) invita gli studenti a misurarsi con i temi etici e sociali più urgenti.

GIOVEDÌ 11 DICEMBRE – DISPUTE E INAUGURAZIONE

La giornata inaugurale del festival si apre al Circolo dei lettori con “Sette brevi lezioni su Socrate” (h 10), un incontro dedicato alle scuole, seguito dalla Prima disputa classica (h 10.30), introdotta da una lezione di Raffaella Siracusa sui commercianti dell’Antica Grecia. Nel pomeriggio arriva la Seconda disputa classica (h 15), preceduta dal racconto affascinante di Valeria Parrella su Apollo e re Mida. È solo il prologo alla serata che segna l’avvio ufficiale del festival: Ugo Cardinale apre con un viaggio da Aristotele a Elon Musk (h 18), Luciano Canfora scava nelle radici economiche della guerra antica, e infine Francesca Mannocchi dialoga con il Pulitzer Nathan Thrall (h 21) sugli effetti dei conflitti sulla comunità globale.

VENERDÌ 12 DICEMBRE – I CLASSICI A CONFRONTO CON L’OGGI

La mattina è dedicata ai giovani creativi della Scuola Holden: alle 11, studenti e studentesse si sfidano nel concorso “Leggilo e raccontalo”, presentando interventi su narrativa, classici e saggistica davanti alla giuria guidata da Giuseppe Culicchia. Nel pomeriggio, la città diventa un laboratorio di idee. Mauro Bonazzi e Adriana Cavarero affrontano il pensiero di Hannah Arendt (h 15.30), Andrea Taddei esplora il dono in Omero (h 16), mentre Guido Alfani e Davide Calandra ripercorrono la storia della ricchezza dall’antichità al capitalismo globale (h 16.30). A seguire, il viaggio nella filologia economica con Sanchi e Brescia (h 17), la riflessione di Tito Boeri sul monopsonio (h 18) e, per chiudere, il reading di Riccardo Staglianò “Hanno vinto i ricchi” (h 19): un quadro serrato sulle disuguaglianze che segnano l’Italia.

SABATO 13 DICEMBRE – TRA FILOSOFIA, TEATRO E ANTICHITÀ

La giornata si apre con la Finale della disputa classica all’Accademia delle Scienze (h 10), introdotta da Pietro Del Soldà con una riflessione su amore e libertà. Sempre alle 10, al Circolo, Aglaia McClintock e Maurizio Bettini indagano la ricchezza femminile nella Roma antica, mentre alle 10.30 il dialogo tra Marco Martinelli e Gennaro Carillo rilegge il Pluto di Aristofane. In parallelo, Federico Condello e Paolo Biancone approfondiscono la diffidenza aristocratica verso il denaro (h 10.30). A mezzogiorno il Teatro Gobetti ospita l’incontro tra Luciano Canfora e Vito Mancuso sulle Beatitudini evangeliche. Il pomeriggio prosegue con un viaggio fra capitalismo e schiavitù (h 14.30), il confronto tra Senofonte e Aristotele sull’economia (h 15.30), la riflessione di Ivano Dionigi sull’etica del denaro (h 16) e il dialogo tra Chiara Saraceno e Stefano Zamagni sulla povertà nelle società dell’opulenza (h 17). Chiude la giornata Mauro Bonazzi con una lezione sul desiderio in Platone (h 18).

DOMENICA 14 DICEMBRE – IL FINALE TRA STORIA, ECONOMIA E MITO


L’ultima giornata si apre al Teatro Carignano con Alessandro Barbero, che alle 11 affronta il tema della povertà attraverso la figura di San Francesco. Nel pomeriggio, Luciano Bossina (h 14.30) accompagna il pubblico nella storia dell’assistenza tra paganesimo e cristianesimo, mentre Maurizio Ferraris, Loretta Napoleoni e Alessandro Aresu analizzano il ruolo delle Big Tech nell’economia globale (h 15.30). La riflessione torna poi all’immaginario antico con Maurizio Bettini e l’“Economia dell’età dell’oro” (h 17), seguita da un’analisi dell’oligarchia secondo Platone (h 18) con Gennaro Carillo. A chiudere il festival, Luciano Canfora e Francesco Oggiano (h 19) affrontano le sfide del capitalismo digitale.
Valeria Rombolà

Le mitiche origini di Augusta Taurinorum

Torino, bellezza, magia e mistero   Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli

Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum

Nelle alte valli delle Alpi era usanza liberare una mucca prima di fondare una borgata; l’animale andava al pascolo tutto il giorno per poi trovare il punto in cui distendersi a terra e riposarsi. Quello sarebbe stato il luogo in cui i montanari avrebbero iniziato ad edificare il borgo: «la mucca può “sentire” cose che all’uomo sfuggono, se il posto è sicuro o meno e se di lì si irradiano energie benefiche o maligne».

Anche la fondazione di Torino potrebbe rientrare in una di tali credenze. Ma a questa versione, tutto sommato verosimile e riconducibile a qualche usanza rurale, fanno da controparte altre ipotesi, decisamente più complesse e letteralmente “divine”, poiché hanno come protagonisti proprio degli dei, Fetonte ed Eridano.  Avviciniamoci allora a queste due figure. Secondo il mito greco, Fetonte, figlio del Sole, era stato allevato dalla madre Climene senza sapere chi fosse suo padre. Quando, divenuto adolescente, ella gli rivelò di chi era figlio, il giovane volle una prova della sua nascita. Chiese al padre di lasciargli guidare il suo carro e, dopo molte esitazioni, il Sole acconsentì. Fetonte partì e incominciò a seguire la rotta tracciata sulla volta celeste. Ma ben presto fu spaventato dall’altezza alla quale si trovava. La vista degli animali raffiguranti i segni dello zodiaco gli fece paura e per la sua inesperienza abbandonò la rotta. I cavalli si imbizzarrirono e corsero all’impazzata: prima salirono troppo in alto, bruciando un tratto del cielo che divenne la Via Lattea, quindi scesero troppo vicino alla terra, devastando la Libia che si trasformò in deserto. Gli uomini chiesero aiuto a Zeus che intervenne e, adirato, scagliò un fulmine contro Fetonte, che cadde nelle acque del fiume Eridano, identificato con il Po. Le sorelle di Fetonte,, le Eliadi, piansero afflitte e vennero trasformate dagli dei in pioppi biancheggianti. Le loro lacrime divennero ambra. Ma precisamente, dove cadde Fetonte? In Corso Massimo d’Azeglio, proprio al Parco del Valentino dove ora sorge la Fontana dei Dodici Mesi.  In un altro mito, Eridano, fratello di Osiride, divinità egizia, era un valente principe e semidio. Costretto a fuggire dall’Egitto, percorse un lungo viaggio costeggiando la Grecia e dirigendosi verso l’Italia. Dopo aver attraversato il mar Tirreno sbarcò sulle coste e conquistò l’attuale regione della Liguria, che egli chiamò così in onore del figlio Ligurio. Attraversò poi l’Appennino e si imbatté in una pianura attraversata da un fiume che gli fece tornare alla mente il Nilo. Qui fondò una città, che dedicò al dio Api, venerato sotto forma di Toro.


Un giorno Eridano partecipò ad una corsa di quadrighe, purtroppo però, quando già si trovava vicino alla meta, il principe perse il controllo dei cavalli che, fuori da ogni dominio, si avviarono verso il fiume, ed egli vi cadde, annegando.  In sua memoria il fiume venne chiamato come il principe, “Eridano”, che è, come abbiamo detto, anche l’antico nome del fiume Po, in greco Ἠριδανός (“Eridanos”), e in latino “Eridanus”.  Questa vicenda ci riporta alla nostra Torino, simboleggiata dall’immagine del Toro, come testimoniano, semplicemente, e giocosamente, i numerosissimi toret disseminati per la città. Storicamente il simbolo è riconducibile alla presenza sul territorio della tribù dei Taurini, che probabilmente avevano il loro insediamento o nella Valle di Susa, o nei pressi della confluenza tra il Po e la Dora. L’etimologia del loro nome è incerta anche se in aramaico taur assume il valore di “monte”, quindi “abitanti dei monti”. I Taurini si scontrarono prima con Annibale e poi con i Romani, infine il popolo scomparve dalle cronache storiche ma il loro nome sopravvisse, assumendo un’altra sfumatura di significato, risalente a “taurus”, che in latino significa “toro”. È indubbio che anche oggi l’animale sia caro ai Torinesi, sia a coloro che per gioco o per scaramanzia schiacciano con il tallone il bovino dorato che si trova sotto i portici di piazza San Carlo, sia a quelli vestiti color granata che incessantemente lo seguono in TV. C’è ancora un’altra spiegazione del perché Torino sorga proprio in questo preciso luogo geografico, si tratta della teoria delle “Linee Sincroniche”, sviluppata da Oberto Airaudi, che fonda, nel 1975, a Torino, il Centro Horus, il nucleo da cui poi si sviluppa la comunità Damanhur. Le Linee Sincroniche sono un sistema di comunicazione che collega tutti i corpi celesti più importanti. Sulla Terra vi sono diciotto Linee principali, connesse fra loro attraverso Linee minori; le diciotto Linee principali si riuniscono ai poli geografici in un’unica Linea, che si proietta verso l’universo. Attraverso le Linee Sincroniche viaggia tutto ciò che non ha un corpo fisico: pensieri, energie, emozioni, persino le anime. Il Sistema Sincronico si potrebbe definire, in un certo senso, il sistema nervoso dell’universo e di ogni singolo pianeta. Inoltre, grazie alle Linee Sincroniche è possibile veicolare pensieri e idee ovunque nel mondo. Esse possono essere utilizzate come riferimenti per erigere templi e chiese, come dimostra il nodo centrale in Valchiusella, detto “nodo splendente”, dove sorge, appunto, la sede principale della comunità Damanhur. Secondo gli studi di tale teoria Torino nasce sull’incrocio della Linea Sincronica verticale A (Piemonte-Baltico) e la Linea Sincronica orizzontale B (Caucaso).Vi sono poi gli storici, con una loro versione decisamente meno macchinosa, che riferiscono di insediamenti romani istituiti da Giulio Cesare, intorno al 58 a.C., su resti di villaggi preesistenti, forse proprio dei Taurini. Il presidio militare lì costituitosi prese il nome prima di “Iulia Taurinorum”, poi, nel 28 a.C, divenuto un vero e proprio “castrum”, venne chiamato, dal “princeps” romano Augusto, “Julia Augusta Taurinorum”. Il resto, come si suol dire, è storia.
Queste le spiegazioni, scegliete voi quella che più vi aggrada.

Alessia Cagnotto

Un bravo ragazzo

PRIMA ASSOLUTA PER LO SPETTACOLO DI SANTIBRIGANTI TEATRO

In occasione delle celebrazioni della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, lo spettacolo debutta a Torino il 20 e 21 novembre. Il 26 novembre invece, il talk Dallo stalking al femminicidio

 

Saranno due, quest’anno, gli appuntamenti di Santibriganti Teatro sul territorio torinese, per riflettere in occasione delle celebrazioni della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: Il primo lo spettacolo teatrale Un bravo ragazzo in anteprima assoluta per l’occasione, giovedì 20 e venerdì 21 novembre alle ore 21 al Cinema Teatro Esedra, il secondo il talk Dallo stalking al femminicidio, mercoledì 26 novembre alle 17:30 al Centro di documentazione e Biblioteca Pedagogica.

 

Entrambi gli eventi si inseriscono nel cartellone del bando T3D, Di Donne, Di Cultura, Di Quartieri, la rassegna diffusa vincitrice del Bando Circoscrizioni, che spettacolo… dal Vivo! 2025, che esplora la complessità e la profondità dell’esperienza femminile, reinterpretata nel suo intreccio altrettanto complesso con il territorio, gli spazi abitati del quotidiano della Circoscrizione 3 di Torino.

 

Un bravo ragazzo – spettacolo teatrale 

Un bravo ragazzo è la storia di una madre, una madre che parla a un figlio e di un figlio che ha fatto ciò che non si dovrebbe fare. Ma l’ha fatto. E non si può tornare indietro. Non si può fermare la mano. Ma se l’ha fatto un motivo, qualche di motivo, ci sarà: ci deve essere. Lei ne è sicura.

Lei lo sa. Lei si conosce, è una donna, e sa di cosa possono essere capaci le donne.

Deve cacciare gli incubi che la assalgono la notte. Lei non è d’accordo con quegli incubi.

Non stanno così le cose. Non sono andate così. Ripete lei. Lui non è cattivo. Lui non è malato.

Lui non è un mostro.

 

Un bravo ragazzo si inserisce nella trilogia prodotta da Santibriganti Teatro Indagare il male nata da alcune riflessioni sulle devianze protocriminali e loro sviluppi, sorgenti spesso in età adolescenziale. L’intento è appunto indagare la nascita e lo sviluppo del male, che è soprattutto maschio, perché è spropositato il divario: per una donna che si macchia, ci sono cento uomini che delinquono, feriscono, violentano, uccidono, disprezzano; considerando i fatti, più o meno gravi di cui si viene a conoscenza e quelli assai più numerosi che restano sconosciuti. L’obiettivo è sviluppare una riflessione, particolarmente forte, che si incentri su categorie e loro derive tristemente protagoniste della nostra contemporaneità. Della trilogia, oltre a Un Bravo ragazzo fanno parte: O Gesù d’amore acceso che indaga la pedofilia in ambito clericale e Io Odio che indaga attraverso “l’odiatore” il razzismo che c’è in ognuno di noi anche quando è ben nascosto.

 

Un bravo ragazzo

giovedì 20 e venerdì 21 novembre alle ore 21, Cinema Teatro Esedra, Via Pietro Bagetti 30, Torino

 

Drammaturgia Valentina Diana

Con Mariagrazia Cerra

Luci e suoni Nicola Rosboch

Scena Marco Ferrero

Ideazione e regia Maurizio Bàbuin

Con la consulenza delle psicologhe e psicoterapeute Enrica Fusaro, Monica Prastaro, Stefania Gianpaoli

 

Ingresso Eur 10,00
info e prenotazioni: booking.liberipensatori@gmail.com

 

Dallo stalking al femminicio – talk

Mercoledì 26 novembre ore 17:30, Centro di documentazione e Biblioteca Pedagogica, C.so Francia 285, Torino

 

Attraverso questo talk si vuole generare una riflessione sulle responsabilità della famiglia in relazione alla piaga dello stalking e alle sue degenerazioni fino agli estremi del femminicidio, tema fondamentale e forse ancora poco dibattuto e considerato dalla società nella sua totalità.

Il passaggio dallo stalking al femminicidio non è improvviso né imprevedibile. È spesso il culmine di un’escalation di comportamenti che hanno una radice comune: controllo e possessività.

Si tratta di un percorso di violenza che potrebbe essere interrotto molto prima: anche grazie al supporto della famiglia.

Interverranno:

Enrica Fusaro, psicologa psicoterapeuta

Monica Prastaro, psicologa psicoterapeuta

Stefania Gianpaoli, psicologa psicoterapeuta

Valentina Diana, autrice dello spettacolo teatrale “Un bravo ragazzo”

Mariagrazia Cerra, protagonista di Un bravo ragazzo

Maurizio Bàbuin, regista e ideatore della trilogia Indagare il male

 

Ingresso gratuito

info e prenotazioni: booking.liberipensatori@gmail.com

Promenade, singolare femminile

In vista ed in occasione della “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2025” del 25 novembre, al “Cortile delle Arti” di via Vanchiglia, all’interno del civico numero 16, si svolgerà venerdì, sabato e domenica l’iniziativa “Promenade – Singolare femminile” con tutti gli atelier e le gallerie d’arte aperti al pubblico sino a sera. Sempre dal 21 al 23 novembre, alla Galleria “Febo e Dafne” sarà possibile visitare il progetto fotografico di Daniele Robotti e Cinzia Spriano: “Oltre il silenzio – Storie di donne che sono uscite da situazioni di violenza in famiglia”

Igino Macagno

Dracula: l’eternità fa male

Di Renato Verga

Il TPE inaugura la stagione 2025/26 con un titolo che non è soltanto un evento teatrale, ma una vera
immersione emotiva: Dracula, nuova produzione firmata dal regista Andrea De Rosa e dal
drammaturgo Fabrizio Sinisi, liberamente ispirata al romanzo di Bram Stoker. Una libertà, quella di
Sinisi e De Rosa, che non si limita ad aggiornare il mito, ma ne scardina le convenzioni, liberandolo
dalle incrostazioni gotiche più ovvie per trasformarlo in un’indagine sul desiderio d’immortalità e
sulle sue conseguenze. Qui, il vampiro non è più soltanto il conte maledetto: è un dolore
perseverante, una ferita che non si rimargina, un’ombra che ritorna.
Varcare la soglia del Teatro Astra equivale a entrare nel castello del Conte. De Rosa ha infatti
rifunzionalizzato non solo lo spazio scenico, ma l’intero edificio, trasformandolo in una cattedrale
spettrale. Si attraversa un corridoio lungo e angusto, quasi un rito di passaggio, prima di essere
inghiottiti da una sala altissima, buia, vertiginosa. La luce è ridotta all’essenziale, i suoni –
metallici, taglienti – provengono da ogni direzione in un assedio acustico che disorienta. È in questa
perdita totale di coordinate che si manifesta il primo, decisivo effetto della messinscena: uno
spaesamento che non si placa, ma si moltiplica.
Figure in lontananza sembrano proiezioni di Nosferatu; rumori e presagi scendono dall’alto; voci
disincarnate emergono dal buio come fiati di un aldilà irrisolto. Al centro, tre tavoli autoptici
evocano un obitorio senza tempo. Sul tavolo centrale giace il corpo lattiginoso di una giovane
donna, mentre sopra di lei pulsa un enorme cuore sospeso a tubi traslucidi, simili a vene ingrossate.
È in questo scenario rituale e carnale che appare il Dracula di Federica Rosellini, magnetica
interprete capace di fondere ferocia e struggimento, inquietudine e pietà. Il suo non è un mostro
terrificante, ma una creatura prigioniera della propria invincibilità: condannata a un’eternità senza
scampo, alla solitudine radicale di chi ama troppo per potersi dissolvere.
La drammaturgia di Sinisi procede con ritmo poetico: pochi dialoghi, molti monologhi che oscillano
tra canto, confessione e meditazione. Le parole diventano materia liquida che trascina lo spettatore
attraverso immagini e visioni, fino a un punto di lucidità estrema. Dracula diventa così un lungo
monologo interiore, un tentativo di decifrare cosa significhi esistere sul margine della morte, senza
poterla mai raggiungere.
Rosellini restituisce al vampiro la sua dimensione simbolica, trascendendo qualsiasi riferimento di
genere. Il suo Dracula è un’entità ferita, che ha disimparato l’umanità e non riconosce più i confini
morali o affettivi dell’uomo. Vive in una sorta di “luccicanza maledetta”, sempre troppo tardi per
amare, troppo tardi per redimersi, troppo tardi per smettere di desiderare. In questo senso, il tema
dell’immortalità diventa un monito universale: spesso comprendiamo il senso di un amore o di un
gesto quando ormai “l’orchestra ha già smesso di suonare”. L’eternità, suggerisce lo spettacolo, è
una condanna quando arriva fuori tempo massimo.
Un’altra stratificazione emerge con chiarezza: l’immortalità come risposta violenta alla paura della
morte. Il Male, nelle sue forme storiche e quotidiane, appare come figlio di questa fame di
permanenza. Il mostro è uno specchio: non fa male perché è orrendo, ma perché è terribile. La
bruttezza non uccide; la terribilità sì.
Nella parte finale, l’incontro tra Dracula e Mina – da lui creduta reincarnazione dell’amata perduta –
porta la regia verso un registro più diretto, quasi cinematografico. Le luci si aprono, il ritmo
accelera, il sangue invade la scena: ciò che prima era solo evocato diventa materia viva. È un
cambio di tono brusco, ma necessario: all’incantamento iniziale segue il risveglio.
Il Teatro Astra, privato delle sedute e rimodellato, diventa esso stesso organismo pulsante,
contenitore di un’esperienza che è immersione totale. Nel tema stagionale “Mostri”, questo Dracula
non solo si inserisce perfettamente, ma ne diventa manifesto.
Accanto alla straordinaria Rosellini e alla intensa Chiara Ferrara, convincono Michelangelo Dalisi,
Marco Divsic e Michele Eburnea. Di rara qualità il lavoro sonoro di G.U.P. Alcaro – un paesaggio
che pare respirare – e le luci di Pasquale Mari, che scolpisce il buio come fosse marmo.
De Rosa sintetizza il progetto nelle sue note: Dracula è la storia di un uomo che non riesce a
morire. Ma è anche la storia di un pubblico che accetta di guardare dentro questa impossibilità.
Evocando l’espressionismo e il barocco cinematografico, lo spettacolo attraversa mito e carne,
visione e realtà. Ne nasce un Dracula che inquieta, seduce e non consola: un viaggio nel buio che
resta addosso molto dopo essere usciti dal teatro.

Da vedere assolutamente: al Teatro Astra fino al 30 novembre.