CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 164

Il Festival di Sanremo in bianco e nero

“Non ha l’età”, il Festival di Sanremo in bianco e nero, a cura del giornalista e critico televisivo Aldo Grasso, dal primo febbraio al 12 maggio alle Gallerie d’Italia a Torino. Ben 85 fotografie provenienti dall’Archivio Publifoto Intesa San Paolo sul Festival che ritraggono i “fuoriscena”: cantanti durante le prove, le passerelle degli artisti in giro per Sanremo, gli autografi, il pubblico e situazioni curiose nell’ambito della manifestazione.

Sanremo ha visto passare generazioni di cantanti, italiani, stranieri, diventati famosi, altri ritornati nell’anonimato. Il microfono del Festival ha di fatto ogni anno dato l’annuncio, sin dagli inizi nel 1951, delle nuove mode, delle tendenze, e poi del nuovo modo di intendere lo spettacolo. La mostra si inserisce nell’ambito delle iniziative di valorizzazione dell’Archivio Publifoto, costituito da oltre sette milioni di fotografie dell’Agenzia Fondata nel 1937 da Vincenzo Carrese.

L’Archivio è stato acquistato da Intesa San Paolo nel 2015 con una operazione che ne ha evitato la dispersione ed ora è  curata e gestito dall’Archivio Storico presso le Gallerie d’Italia di Torino in piazza San Carlo. Grazie alla media partnership con la Rai l’esposizione sarà inoltre arricchita da contributi video – sonori in collaborazione con RaiTeche.

Tuffarsi negli anni del Festival passati è  un tuffo nella nostalgia di come eravamo e come pensavamo la vita di tutti i giorni. C’è stato anche un momento in cui il mito del Festival di Sanremo sembrava definitivamente tramontato. È stato alla metà degli anni ’70, quando nemmeno più le telecamere della Rai, che lo avevano praticamente tenuto a battesimo, ritennero quasi necessario fare il loro ingresso nel Salone delle feste del Casinò.

 

Ma gli italiani, che pure a ogni edizione ne dicono puntualmente peste e vituperio, guai a toccarglielo il buon vecchio Festival della Canzone italiana, nato in una gelida sera di gennaio di settanta e passa anni fa.

Igino Macagno

“Crea Incipit” a Nichelino: gara di scrittura per aspiranti scrittori

“Cime tempestose” al centro di “Un libro tante scuole”

Il celebre romanzo di Emily Brontë all’evento promosso dal “Salone Internazionale del Libro di Torino”

La distruttiva (per gelosia e vendetta) passione d’amore di Heathliff per Catherine, protagonisti del celebre ed unico romanzo “Cime tempestose” di Emily Brontë, scrittrice britannica d’epoca vittoriana (Thornton, 1818 – Haworth, 1848), capolavoro della letteratura gotica e romantica con innumerevoli, nel tempo, adattamenti cinematografici, teatrali e musicali, sarà gratuitamente sui banchi di oltre 6mila studentesse e studenti di tutta Italia, consegnato, nell’ambito del Progetto Nazionale di Lettura Condivisa “Un libro tante scuole”, promosso dal “Salone Internazionale del Libro di Torino” e dal main partner “Intesa San Paolo”, con il sostegno della “Consulta delle Fondazioni di origine bancaria” del Piemonte e della Liguria, la partecipazione di “Chora Media” e, quest’anno, la collaborazione con “Mondadori”. Obiettivo del Progetto, “favorire attraverso la lettura, nella comunità scolastica, il confronto sulla comprensione di sé, del mondo e del nostro tempo”. Dopo il successo delle edizioni precedenti – la prima nel 2021 dedicata a “La Peste” di Albert Camus, la seconda nel 2022 su “L’isola di Arturo” di Elsa Morante, la terza nel 2023 con “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi – la quarta edizione di “Un libro tante scuole” vedrà dunque pubblicare un altro grande classico della narrativa internazionale, capace di “scendere fino al fondo della conoscenza del Male”, come ebbe a dire Georges Bataille, e di “fare parlare il vento e ruggire il tuono”, come scrisse Virginia Woolf. Il romanzo di Emily Brontë (edizione “Mondadori”, tradotta da Margherita Giacobino) approderà sui banchi di scuola (triennio delle scuole secondarie di II grado, delle scuole di formazione professionale e dei corsi serali) da fine gennaio, in una pubblicazione speciale del “Salone del Libro” corredata da un testo introduttivo di Liliana Rampello, critica letteraria, e da una nota critica di Annalena Benini, nuova direttrice del “Salone Internazionale del Libro” di Torino.

Il romanzo, pubblicato dalla Brontë per la prima volta nel 1847 con lo pseudonimo di Ellis Bell, e poi postumo nel 1850 a cura della sorella Charlotte, è stato scelto per il fascino che tutt’ora esercita sulle lettrici e sui lettori di ogni età. Si tratta di “un incomparabile romanzo – come ricorda Liliana Rampello nella sua introduzione – che ha trasportato la tragedia antica dell’eroe e del suo destino fatale fin dentro la modernità, in una lingua in grado di esplorare i lati più oscuri dell’animo umano illuminandolo come mai prima della comparsa di Emily Brontë nella letteratura inglese”. Il volume, come i precedenti, entrerà a fare parte della “Biblioteca del Salone” che, nel corso degli anni, “si arricchirà di voci che hanno saputo diventare universali e parlare alle lettrici e ai lettori di ogni tempo”. Per favorire, inoltre, un’approfondita riflessione sui temi del romanzo, autrici e autori d’eccezione accompagneranno studentesse e studenti, ma anche il pubblico tutto, alla sua lettura, grazie a incontri in presenza e interventi audio e video.

Il “podcast” in cinque puntate “Voci tempestose”, in arrivo a partire da marzo sulle principali piattaforme audio gratuite (tra cui Spotify, Apple Podcast, Spreaker e Google Podcasts), vedrà diverse voci della narrativa contemporanea alternarsi per raccontare i temi e le tante sfumature della poetica di Emily Brontë, fornendo una propria chiave di approccio specifico all’opera. Non solo. Per la seconda volta, ragazze e ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado di Torino, selezionai dal Salone, parteciperanno alla realizzazione delle puntate del “podcast”. In team con la scrittrice e giornalista Valentina Farinaccio, definiranno le domande da proporre agli ospiti sui temi scelti per ciascuna puntata. Tra febbraio e aprile 2024, inoltre alcuni autrici e autori che intervengono nel progetto, incontreranno dal vivo studentesse e studenti delle scuole nelle diverse sedi delle “Gallerie d’Italia”, i musei di “Intesa Sanpaolo” a Milano, Napoli, Torino e Vicenza. L’appuntamento di Torino è per il prossimo 8 febbraio con Annalena Benini, in piazza San Carlo 156, a Palazzo Turinetti di Pertengo.

Il momento conclusivo del grande percorso di lettura di “Cime tempestose” sarà sabato 11 maggio 2024 alla “XXXVI Edizione del Salone del Libro”, con un appuntamento corale aperto a tutte le ragazze e i ragazzi coinvolti nel progetto. Per rendere visibile il lavoro delle classi sul romanzo e permettere lo scambio e la condivisione, studenti e docenti pubblicheranno scritti e recensioni sul “Bookblog” del “Salone”, lo spazio di racconto condiviso messo a disposizione dei ragazzi e delle scuole, nell’apposita area dedicata al progetto. I migliori commenti saranno oggetto dell’incontro finale al “Salone”. Per aderire a “Un libro tante scuole”, le scuole devono candidarsi sulla piattaforma SalTo+ (https://saltopiu.salonelibro.it/) entro il 26 gennaio 2024. Info: www.salonelibro.it.

g.m.

Nelle foto:

–       Cover “Cime tempestose”, ed. speciale per il “Salone del Libro”

–       Annalena Benini, nuova direttrice “Salone del Libro” di Torino

Lunedì la cerimonia del Premio Soldati

Lunedì 12 febbraio ore 17 nella storica Aula del Consiglio Provinciale verrà conferito il Premio Mario Soldati 2024 a: prof. avv. Vittorio Barosio , prof . Elda Casetta ,Dott . Laura de Fonseca ,conte prof. Ruggero Grio, Dott. Roberto Pirino, Dott . Bianca Vetrino. A cura del Centro Pannunzio.

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Emma Cline “L’ospite” -Einaudi- euro 18,00

La protagonista si chiama Alex e ha 22 anni, a New York ha condotto una vita decisamente disordinata e senza precisa meta, (un ex boy friend che le sta troppo addosso e debiti vari), così decide di andarsene dalla Grande Mela. Dove la ritroviamo? In una spettacolare villa miliardaria affacciata sull’Oceano, a casa di un ricchissimo Simon che la ricopre di vestiti, gioielli, vizi e lusso.

Lui è un ricco uomo d’affari intorno ai 50 anni, ha una ex moglie e una figlia. Alex si guarda bene dal dirgli che non sa come pagare l’affitto e che il suo passato è più complicato di quello che vuol fare credere. Di fatto diventa la giovane mantenuta di Simon che la tratta e la agghinda come donna–trofeo. I due vivono insieme e frequentano il bel mondo tra feste, cene, vita ai massimi livelli, anche se un po’ troppo sopra le righe e vuota.

Forse Alex pensa di aver risolto i suoi problemi; tanto più che al lusso, ai privilegi e ai vizi ci si abitua velocemente e con facilità. Invece la giovane fa un passo falso durante un party in piscina, Simon non gradisce e lei si ritrova messa alla porta dalla sera alla mattina. Che fare? Quale strada può prendere?

Il nucleo del romanzo gira tutto intorno a chi è in realtà Alex. Una giovane inesperta e annaspante, una sfruttatrice, una ladruncola o una scroccona navigata? Tutto questo… e niente di tutto questo…….

 

Abraham Verghese “Il patto dell’acqua” -Neri Pozza- euro 22,00

Verghese è americano di origini indiane, nato ad Addis Abeba in Etiopia nel 1955. E’ medico e professore di Medicina a Stanford, ma è anche uno scrittore ed ha ambientato questa monumentale saga in India, nel Kerala dove vivevano i suoi genitori, ispirata alle sue nonne.

Il romanzo racconta di una famiglia cristiana nel Kerala attraverso 3 generazioni, tra 1900 e 1977; miscela passioni, fede, medicina e il tentativo di liberarsi da una maledizione legata all’acqua. Ma è una storia che viene narrata da una prospettiva insolita; quella della biologia, dell’eredità genetica e dell’influenza che ha sulle vite degli esseri umani.

Potremmo dire che le storie dei vari personaggi passano attraverso i loro corpi. Raccontate con l’abilità di un narratore – chirurgo che cerca di risolvere l’enigma del corpo che indossiamo e in questo modo spiega anche l’alchimia delle nostre emozioni.

Tutto inizia una notte del 1900 quando una ragazza di appena 12 anni, poverissima e senza alcuna dote, si trova terrorizzata dal matrimonio combinato con un vedovo 40enne, proprietario di una tenuta chiamata Parambil. Il giorno dopo le nozze si ritrova su una barca che la conduce lontana dalla casa dell’infanzia, alla volta di una vita che neanche riesce a immaginare come potrebbe essere.

La bambina spaurita si trasformerà in una sposa felice e diventerà la grande Ammachi, matriarca di una dinastia costellata di intrecci e coincidenze incredibili, nascite e morti tragiche in qualche modo sempre legate all’acqua.

Verghese pennella un grande affresco in cui le vicissitudini di una famiglia si stagliano sullo sfondo storico di un grande paese come l’India: tra profumi e sapori, trasformazioni anche cruente, temi sociali come il sistema delle caste, i rapporti gerarchici di potere all’interno delle famiglie, il colonialismo e l’indipendenza.

 

Edgar Hilsenrat “Il nazista e il barbiere” -Marcos Y Marcos- euro 20,00

Leggere molti passi di questo romanzo fa gelare il sangue nelle vene di fronte a tanta ferocia messa nero su bianco per raccontare l’orrore dello sterminio degli ebrei. Un libro che non può scivolare via lasciando indifferenti; perché è vero che molto si è detto e scritto al riguardo, ma queste pagine sono comunque spiazzanti e bruciano l’anima.

A raccontare è l’autore ebreo tedesco Edgar Hilsenrath che nel 1968 scrisse il romanzo dopo aver vissuto in prima persona la deportazione (insieme alla sua famiglia fu imprigionato nel ghetto rumeno di Mogilev-Podoloski). Il libro inizialmente fu pubblicato in America e in Gran Bretagna, mentre in Germania venne ostracizzato. Solo grazie all’intercessione di Heinric Böll fu sdoganato nel 1977, ed ora l’editore Marco Y Marcos lo ristampa (la prima edizione italiana fu di Mondadori quasi 30 anni fa).

Il protagonista del racconto è Max Schulz, figlio illegittimo di una prostituta, ma ariano purissimo. E’ amico e compagno di giochi dell’ebreo Itzig Finkelstein che somaticamente sembra il più ariano dei due (biondo con occhi azzurri, mentre Max è moro col naso aquilino e “gli occhi da rospo”).

Quando Hitler sale al potere, Max entra a far parte delle SS e diventa uno spietato sterminatore di ebrei. Alcune pagine fanno veramente male per la loro crudezza nel descrivere assassinii a ripetizione senza un filo di pietà; come quando raccoglie i denti d’oro strappati alle vittime ebree e li accumula, un tesoretto da investire nel futuro. Nel campo di concentramento di Laubewalde ritrova la famiglia Filkestein e provvede personalmente alla loro uccisione.

Con la disfatta del III Reich e l’avanzata dell’Armata Rossa, Schulz sopravvive ad un’imboscata dei partigiani, investe nel mercato nero il gruzzolo racimolato con i denti d’oro, torna in una Berlino in macerie e cambia identità.

Diventa Itzig Finkelstein, ebreo scampato ai forni crematori e, per rendere ancora più verosimile la sua trasformazione, si fa circoncidere e tatuare sul braccio un numero da deportato. Diventa un fervente sionista e si trasferisce in Palestina dove apre una bottega di barbiere. Condurrà una vita tranquilla fino alla fine….

Una vicenda paradossale che inchioda letteralmente il lettore…..

 

Dani Shapiro “Segnali di fuoco” -Neri Pozza- euro 18,00

E’ un potente thriller psicologico questo romanzo della scrittrice e giornalista americana Dani Shapiro, nata a New York, oggi residente nel Connecticut con la famiglia. Al suo attivo ha svariati racconti e romanzi, nonché prestigiose collaborazioni con testate come il “New York Times”.

Tutto ha inizio una notte di agosto 1985 ad Avalon, in Pennsylvania, quando tre adolescenti in macchina si schiantano. Al volante c’è il 15enne Theo che la patente non ce l’ha ancora; sul sedile posteriore sua sorella 17enne Sarah, mentre accanto a lui siede la ragazza che gli piace, Misty.

Con quello schianto tutto cambia. Ci scappa il morto e la versione dei superstiti non corrisponde a quanto realmente successo. Di più….ad accorrere per primo sul luogo dell’incidente è Ben, il padre medico di Sarah e Theo, che commette un errore fatale nel soccorrere Misty. Ma quello resta il loro segreto: pesante come un macigno.

Poi la scrittrice compie parecchi salti temporali, ma sempre in qualche modo legati a quella tragedia e a quella menzogna.

Nel 2010 sotto la quercia contro cui si era schiantata l’auto, ritroviamo un tormentato Ben anziano e ormai in pensione. Sua moglie è preda della demenza senile, mentre i figli sono andati avanti con le loro vite ma segnate da quel segreto di cui non hanno mai più parlato neanche tra loro.

All’ombra di quell’albero fa amicizia con il giovane Waldo, ragazzo che vive all’altro lato della strada, appassionato di costellazioni. Anche lui e la sua famiglia sono depositari di segreti e tormenti. Tutto narrato abilmente dalla Shapiro che narra come non basti nascondere un segreto per renderlo inoffensivo; come il non detto rovini le esistenze molto più che la verità. E come nelle nostre vite tutto sia in qualche imperscrutabile modo collegato.

Con Carlo Pestelli e Federico Bagnasco, le canzoni di George Brassens tradotte da Fausto Amodei

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Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 17 gennaio, ore 21.30

Oiseaux de Passage

Il progetto del duo formato dal cantautore Carlo Pestelli e dal contrabbassista Federico Bagnasco è la messa in scena di un repertorio a quattro mani di uno dei principali punti di riferimento della chanson francese, George Brassens e del “Brassens sotto la Mole” Fausto Amodei, padre ispiratore di molti cantautori italiani. Il grano del primo è passato al setaccio dal secondo, che nei decenni ha tradotto non poche canzoni di Brassens, ora in italiano, ora in torinese.

Il concerto “Oiseaux de passage” prende il nome dal recente lavoro discografico che contiene le più recenti traduzioni di Amodei delle canzoni di Brassens e segna il sodalizio tra Carlo Pestelli e Federico Bagnasco, responsabile degli arrangiamenti. La parte preponderante della scaletta è quindi costituita da canzoni di Brassens, alcune in originale e la maggior parte nelle traduzioni di Amodei, oltre a canzoni autografe degli stessi Amodei e Pestelli.

FORMAZIONE

Carlo Pestelli, voce e chitarra

Federico Bagnasco, contrabbasso (e cori)

CARLO PESTELLI

Carlo Pestelli vive e lavora a Torino, città in cui ha inciso il suo primo disco, Zeus ti vede, nel 2001. Muove i primi passi in particolare nell’orbita del Folk Club, aprendo concerti a diversi artisti, tra i quali: John Reinbourn, Amancio Prada, Gian Maria Testa, Claudio Lolli, Gipo Farassino ecc. Dal 1996 suona per due anni assieme ai Cantovivo.

Del 2009 Un’ora d’aria, disco molto ben accolto dalla critica, a cui hanno collaborato il chitarrista Alex Gariazzo, la cantante Lalli (ex Franti) e alcuni jazzisti di fama come Gianni Coscia e Giorgio Li Calzi. Il disco gli permette di suonare in alcuni festival internazionali come MiTo (a Torino nel 2009 e nel 2010 a Milano), Un paese a sei corde, Madame Guitar, Dallo sciamano allo showman (7ma edizione) e Folk Est. Del 2013 il successivo Da quando conosco te, ep di quattro canzoni (premio Giacosa 2014). Nel 2012 l’Unione Musicale gli affida la cura di due cicli di concerti per il Teatro Vittoria di Torino. Da questi appuntamenti scaturiscono il sodalizio artistico con il chitarrista Paolo Bonfanti e la formazione degli Ashville, gruppo folk country di cui Carlo è cantante e chitarrista. L’interesse per il teatro lo porta a scrivere due spettacoli: Note di un centromediano metodista, liberamente tratto da Il fuorigioco mi sta antipatico di Luciano Bianciardi e Ma la va diretta al Piave, riflessione corale sulla grande guerra a metà tra prosa e canzoni arrangiate per coro. Ideatore della rassegna concertistica MusiCogne, di cui è direttore artistico dalla prima edizione del 2017, ha scritto un libro sulla storia della canzone Bella ciao(add editore, prefazione di Moni Ovadia), tradotto in francese nel 2020. Ancora per Block nota, come già nel 2009, esce nel maggio del 2020 la sua nuova raccolta di dieci canzoni: Aperto per ferie.

L’amicizia con Fausto Amodei risale a venticinque anni fa: Fausto e Carlo hanno suonato assieme in molte occasioni, in Italia e all’estero (Spagna 2005): dal festival di Radicondoli, per volontà del suo direttore artistico Luciano Berio, al Primo maggio in piazza San Carlo, a Torino (per volontà dei sindacati). Il loro ultimo concerto assieme, presso l’Accademia della musica di Pinerolo, ottobre 2012, s’intitolava Tutte le lingue di Brassens.

FEDERICO BAGNASCO

Contrabbassista, docente, compositore e arrangiatore, occasionale polistrumentista di strumenti ad arco e a pizzico, è da anni attivo come musicista che attraversa i generi musicali e i differenti contesti della cultura e dello spettacolo, dai più tradizionali ai più sperimentali.

Diplomatosi con lode in contrabbasso, presso il Conservatorio Paganini di Genova, ha approfondito anche la composizione, l’improvvisazione e la prassi esecutiva su strumenti antichi. Collabora occasionalmente con importanti orchestre e fondazioni lirico sinfoniche in Italia e all’estero anche in veste di prima parte. Collabora con molte formazioni italiane di musica barocca, suonando diversi “violoni”, partecipando a numerose e importanti rassegne in Italia e all’estero, di musica da camera e di musica corale, e suonando al fianco di alcuni fra i più importanti interpreti di musica antica. Dal 2013 fa parte dell’Eutopia Ensemble, dedito alla musica contemporanea e del ‘900. Spesso è stato coinvolto come musicista di scena per il teatro o come consulente e arrangiatore, per il teatro di prosa, per cabaret, per spettacoli per bambini, per reading poetici, o in performance teatral-musicali vere e proprie, come attore-musicista. Una parte consistente della sua attività è inoltre legata alla canzone d’autore.

Le sue esperienze musicali sono passate per il jazz, il tango, la musica medievale e rinascimentale, colonne sonore per il cinema, trasmissioni televisive, la musica popolare di tradizione e la libera improvvisazione, con importanti collaborazioni (tra queste il duo di contrabbassi con Ares Tavolazzi, il Buxus Consort di Ezio Bosso o i progetti discografici e concertistici con Vittorio De Scalzi). Ha al suo attivo circa una settantina di registrazioni discografiche (per importanti etichette quali Decca, Sony Classical, Amadeus, CPO, Glossa, Stradivarius, Avie, Brilliant classics, Ricercar, Nota, Felmay, Ala Bianca, Tactus, Bongiovanni, ecc.). Nel 2014 pubblica Le Trame del Legno (NBB Records), composizioni originali per contrabbasso e manipolazione elettronica, con ottimo successo di critica; mentre nel 2022 esce Consort Music (NBB Records), composizioni originali per consort di viole da gamba e manipolazione elettronica. È direttore artistico fin dalla sua fondazione del festival Combin en Musique. È docente di contrabbasso al liceo musicale Cavour di Torino.

Ora di inizio: 21.30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.i

Remo Girone, “Il cacciatore di nazisti”

Rock Jazz e dintorni a Torino: Bud Spencer Blues Explosion e Elio

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 


Lunedì.
Tributo di Elio a Enzo Jannacci con lo spettacolo “Ci vuole orecchio” al teatro Giacosa di Ivrea.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana Carlo Pestelli affiancato da Federico Bagnasco, reinterpreta il repertorio di Georges Brassens nella versione di Fausto Amodei.

Giovedì. Al Blah Blah si esibiscono gli Electric Wires. Allo Spazio 211 suona il duo Bud Spencer Blues Explosion. Al Magazzino di Gilgamesh blues con la band di Paul Steward. Al Jazz Club di Biella è di scena Mario Venuti, protagonista anche due sere dopo al Diavolo Rosso di Asti e tre sere dopo a Torino al Lambic.

Venerdì. Alla Suoneria di Settimo serata benefica con la Ukulele Turin Orchestra e gli Statuto. Al Jazz Club suona il quartetto Magazzino San Salvario. Allo Spazio 211 si esibiscono i Gazebo Penguins. Al Capolinea 8 sono di scena i Korishanti. Al Folk Club suona il trio Maestrale. Al Cap 10100 è di scena Gnut mentre all’Of Topic si esibisce Cicco Sanchez. Al Magazzino sul Po suonano : Cabrera, Uragano e Cruiserweight Champion.

Sabato. Al Capolinea 8 si esibisce il pianista Gianni Pepe. Al Gabrio sostegno a Radio Black Out con Luca Leli. Al Magazzino sul Po suonano i Sanlevigo.

Domenica. Al Q77 tributo a Chet Baker con il quintetto di Mauro Canclini.

Pier Luigi Fuggetta

Il Duca sul cavallo ferito

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Alla scoperta dei monumenti di Torino

Viste le dimensioni dell’opera e l’impossibilità di realizzarla nello studio fino ad allora utilizzato presso la Cavallerizza Reale, il re gli fece costruire per lo scultore un locale apposta all’interno dei Giardini Reali nel quale, a partire dal mese di apriledel 1863, l’artista iniziò a lavorare

Situato al centro di Piazza Solferino, in asse con via Vittorio Alfieri, nello spazio compreso dalle due aiuole rialzate, il Duca di Savoia in alta uniforme è rappresentato in sella al suo destriero in azione di battaglia. Il cavallo viene rappresentato ferito al petto, mentre stramazza al suolo con le zampe posteriori a terra; il cavaliere invece si volge verso destra e alla ricerca dell’equilibrio, punta lo stivale destro in appoggio, volgendo il capo tiene sollevata orizzontalmente la spada mentre con la mano sinistra regge le briglie. La statua poggia su un piedistallo lapideo quadrangolare sui cui lati destro e sinistro campeggiano due altorilievi dedicati alla battaglia della Bicocca e all’assedio di Peschiera. Ferdinando di Savoia, secondogenito del re Carlo Alberto, nacque a Firenze nel 1822. Entrato giovanissimo nell’esercito piemontese, nel 1848divenne a capo dell’assedio di Peschiera. Durante i Moti, al comando della quarta Divisione, combatté valorosamente per l’indipendenza italiana; morìa Torino nel febbraio 1855. Qualche anno dopo il re Vittorio Emanuele II, in memoria delle imprese militari compiute dal fratello, decise di innalzargli un monumento in Torino: una statua equestre che lo rappresentasse in azione durante la memorabile battaglia della Bicocca. Nell’aprile 1862 Alfonso Balzico, scultore della Casa Reale di Savoia, venne incaricato ufficialmente, con regolare convenzione, dell’esecuzione del monumento e messosi subito al lavoro, dopo numerosi tentativi poiché mai si accontentava del risultato, realizzò il bozzetto definitivo, approvato dal re nel novembre dello stesso anno. Viste le dimensioni dell’opera e l’impossibilità di realizzarla nello studio fino ad allora utilizzato presso la Cavallerizza Reale, il re gli fece costruire un locale apposta all’interno dei Giardini Reali nel quale, a partire dal mese di aprile del 1863, l’artista iniziò a lavorare. Trasporre l’idea in un modello realizzabile risultò un processo tutt’altro che semplice, sia per il difficile equilibrio statico dell’opera, sia per i rapporti armonici che dovevano essere impostati tra cavallo e cavaliere: la postura eretta del duca si trovava, infatti, a dialogare con un cavallo inglese prostrato, posa tutt’altro che consueta per un monumento equestre. Fu così che per giungere al modello definitivo Balzico dovette realizzarne tre. 

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Finalmente soddisfatto del risultato, dopo svariati tentativi, gli sembrò di aver completato l’opera. Tuttavia, tornato a Torino dopo un viaggio a Firenze, quando avrebbe dovuto porre mano ai preparativi per la fusione, venne ancora tormentato dal dubbio che qualcosa non andasse. Gli venne allora in soccorso l’amico Vincenzo Vela che, dopo aver visto il suo lavoro, commentò così: “Vedi, non è buona la piega del calzone al ginocchio destro, correggila e metti un puntale di ferro sotto la mascella sinistra del cavallo. Poi, basta! Se non hai altre commissioni, cercane, perché questo lavoro è finito, ed è finito in modo che ti farà grande onore. Vorrei averlo fatto io!”. Il monumento, finito, rappresentava il duca nel momento di incitamento ai suoi soldati per riprendere la Bicocca durante la battaglia di Novara del 1849, mentre il suo terzo cavallo cadeva, ferito a morte da un proiettile al petto. Nel febbraio del 1867 l’opera venne portata a Firenze, dove Clemente Papi si apprestò al delicato lavoro della fusione che, a causa di una serie di vicende difficoltose, si concluse solo nel 1870. Tra il 1872 e il 1873 Balzico modellò i due altorilievi da apporre sul basamento, anch’essi inviati a Firenze; la fusione, eseguita da Pietro e Leopoldo Galli, successori del Papi, si concluse nei primi mesi del 1877. Per quanto riguarda invece la collocazione della statua, bisogna tener presente che il Re desiderava fosse posta dal Municipio all’Arsenale Militare. In questo senso, nel maggio 1866, la Commissione d’Ornato nominò una sottocommissione con lo scopo di individuare il sito più adatto; già nel mese di giugno la sottocommissione, dopo aver valutato alcune piazze torinesi, suggerì di posizionarlo al centro di piazza Solferino. Tuttavia il Sindaco Felice Rignon, forse non pienamente convinto della proposta, chiese alla Giunta di nominare una nuova Commissione per esprimere un giudizio definitivo da sottoporre all’approvazione del Consiglio Comunale. Il 26 giugno 1874 il Consiglio Comunale approvò la soluzione definitiva che vedeva il monumento posto al centro di piazza Solferino sul protendimento di via Alfieri. In seguito il professor Balzico venne incaricato dalla Casa Reale di fornire al Municipio, al quale l’opera venne donata, i disegni del basamento e della cancellata, per la realizzazione dei quali il Municipio promosse un’asta pubblica.

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Essendo però l’opera a Firenze, nell’aprile del 1877 il Municipio di Torino e la Brigata Ferrovieri del Genio stipularono una convenzione che regolava il trasporto del monumento. Partito da Firenze il 18 aprile 1877, il monumento a Ferdinando di Savoia giunse finalmente nella città di Torino nel maggio di quello stesso anno. La sera del 10 giugno 1877 venne inaugurato solennemente alla presenza di Ministri, Senatori, Deputati, numerose personalità e “un’onda interminabile di popolo”; l’opera, svelata tra l’ammirazione generale, venne donata, alla fine della cerimonia, dal re Vittorio Emanuele II alla città. Parlando dell’opera del Balzico non si può non fare un piccolo accenno per quel che concerne piazza Solferino,forse una delle piazze della città più “chiacchierate” negli ultimi anni. Sostanzialmente polo nodale di allacciamento e saldatura tra la città barocca e il tessuto di espansione tardo-ottocentesca, piazza Solferino vide il suo primo progetto di sistemazione nel 1870. Se in quell’epoca la piazza presentava tipici caratteri di perifericità, nel progetto il prolungamento di via Alfieri diviene l’asse portante trasversale del nuovo spazio urbano, caratterizzato da due aiuole simmetriche rettangolari e dal 1872, si dà inizio alla costruzione di alcune palazzine di due o tre piani con giardino. Solo quattro anni dopo, nel 1876, le palazzine appena costruite vennero trasformate in edifici da reddito; in questo scenario, nel 1877, venne inaugurato il monumento a Ferdinando di Savoia. A partire dal 2004 però, lo scenario che costituiva il fondale percettivo del monumento è stato temporaneamente modificato; in questi anni infatti le aiuole centrali hanno ospitato i padiglioni di Atrium, nati per la promozione dei Giochi Olimpici Invernali del 2006, poi dedicati alla comunicazione istituzionale della Città. E proprio l’evento olimpico è stato così l’occasione per impostare un nuovo uso di piazza Solferino, divenuta un nucleo centrale di attività aggregative e di comunicazione, portando anche parallelamente una ridefinizione degli usi dello spazio gravitante intorno a Ferdinando di Savoia. Come ogni settimana anche questo appuntamento si conclude qui. Sperando di avere allietato i nostri lettori, non possiamo far altro che ricordare l’appuntamento alla prossima settimana per la nostra passeggiata “con il naso all’insù”.

Simona Pili Stella

(Foto: il Torinese)

Gaza e la Crociata della pace

Quando la diplomazia vinse nel Vicino Oriente dove oggi si combatte duramente. Accadde tanto tempo fa ma è passata alla storia come una “Crociata pacifica ” svoltasi in Terra Santa nella prima metà del Duecento, durante la VI Crociata, senza spargimento di sangue e comandata da un sovrano che amava l’Italia. Parlare di pace in Medio Oriente e soprattutto tra Israele e i palestinesi è quasi impossibile. La Terra Santa di ebrei, cristiani e musulmani è senza pace da duemila anni. Le Crociate hanno diffuso odio tra i popoli e anche gli ultimi secoli hanno visto conflitti alternati a brevi periodi di armonia e convivenza.
Una nuova guerra, senz’altro non l’ultima, insanguina oggi il Levante mediterraneo e viene spontaneo guardare al passato per cercare in quelle terre insanguinate e tormentate periodi di pace. È impresa ardua individuare fasi storiche di non violenza, eppure un momento c’è stato anche se molto lontano. La guerra tra Israele e Gaza in Palestina può farci ricordare un personaggio molto potente del passato che riprese la Terra Santa con le armi della diplomazia, senza combattere. Federico II di Svevia (1194-1250), imperatore svevo-normanno, nato e morto in Italia, guidò tra il 1228 e il 1229 una crociata straordinaria, unica ed insolita per diversi aspetti. Un lungo e dettagliato racconto di quella temeraria avventura in terra d’Oriente lo troviamo nel libro “Federico II e la crociata della pace” (Carocci editore) di Fulvio Delle Donne, scrittore e docente di letteratura latina medievale e umanistica all’Università della Basilicata. Non ci fu nessun combattimento, nessuna vittima o ferito, ma un accordo diplomatico tra l’imperatore e il sultano d’Egitto, al Malik al Kamil. Un’intesa geniale con gli infedeli. Incredibile a dirsi ma fu proprio così: per dieci anni Gerusalemme e la Terra Santa tornarono ai cristiani che poterono così entrare a pregare nel Santo Sepolcro. Ai musulmani, che avevano conquistato Gerusalemme 42 anni prima, e agli ebrei fu consentito di svolgere liberamente i loro culti. Fu un grande successo per l’imperatore nonostante fosse stato scomunicato dal Papa perché non aveva intrapreso la spedizione militare nelle terre d’Oltremare già promessa al Pontefice. Federico II, lo Stupor Mundi, sostenne che quanto era accaduto in Terra Santa era il risultato di un miracolo e che c’era una sua investitura diretta da parte di Dio. In realtà, spiega Fulvio Delle Donne, né l’imperatore né il sultano nel Duecento erano pacifisti o tolleranti ma erano diversi decenni che un sovrano europeo non si recava nella Città Santa. Fu una “Crociata di pace”, eccezionale e affascinante come il personaggio che l’ha compiuta. Fu un viaggio molto lungo, da Brindisi ad Acri, passando per Creta, Rodi e Cipro: ci vollero almeno due mesi per arrivare sulle coste mediterranee, soste comprese, alcune delle quali durarono diversi giorni. Salparono per la Palestina decine di galee da guerra, quaranta o forse settanta, con 3000 fanti e 300 cavalieri ma non ci furono né battaglie né morti, contrariamente a quanto era avvenuto pochi anni prima, a Damietta in Egitto nel 1221, dove i crociati avevano deciso di sbarcare per poi risalire verso Gerusalemme e che si concluse con una disfatta e il ritiro dell’esercito cristiano con gravi perdite. Nel 1239, appena finita la tregua, i crociati europei ripartirono per la Terra Santa ma furono sconfitti. Nel 1244 Gerusalemme tornò sotto il dominio dei musulmani. Il libro di Delle Donne ha il merito non solo di narrare questa singolare crociata ma anche di guardare alle tante guerre che si potrebbero evitare se l’arte della diplomazia avesse la meglio sull’uso delle armi. Nel capitolo conclusivo del libro lo storico del Medioevo fa riferimento alle guerre e alle tensioni internazionali che hanno cambiato il mondo nella prima parte del XXI secolo, dall’attacco alle Torri Gemelle l’11 settembre 2001 al terrorismo islamico dell’Isis, dall’Afghanistan alla Siria, dall’Iraq alla Libia “per ricondurre quella crociata pacifica di 800 anni fa alla memoria della nostra contemporaneità carica di tensioni e di scontri tra religioni e civiltà. Un modo per contribuire a comprendere il presente attraverso lo studio del passato e viceversa”.
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Filippo Re
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nelle foto:
Federico II e la Crociata della pace”, Fulvio Delle Donne, Carocci editore
Federico II incontra il sultano d’Egitto Malik al Kamil alle porte di Gerusalemme