CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 161

La statunitense Karen Russell è la vincitrice del Premio Lattes Grinzane

Con il suo romanzo I donatori di sonno (Edizioni Sur, traduzione di Martina Testa), la statunitense Karen Russell è la vincitrice della XIII edizione del Premio Lattes Grinzane, il riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes e promosso dalla Fondazione Bottari Lattes, che anche quest’anno ha visto concorrere insieme i migliori libri di narrativa italiana e straniera pubblicati nell’ultimo anno.

La cerimonia di premiazione, condotta da Alessandro Mari, si è svolta sabato 14 ottobre 2023 al Teatro Sociale Busca di Alba (CN). A determinare la vittoria di Russell sono stati i voti di 400 studentesse e studenti di 25 giurie scolastiche delle scuole superiori in tutta Italia, più una di Parigi.

Si legge come motivazione della Giuria Tecnica del Premio, che aveva selezionato I donatori di sonno tra i finalisti: «La qualità di certe storie del terrore si può misurare con la quantità di sonno che sottrae, per l’eccitazione che non fa chiudere occhio. Poi si cede, altrimenti il corpo collassa. Come ne I donatori di sonno, dove Karen Russell trasforma l’insonnia stessa in un incubo di massa: la misteriosa epidemia che impedisce di dormire fiacca la mente e il corpo fino alla morte. È l’apocalisse, bianca. Ci sono alcuni donatori, che con il loro sonno idratano le menti dei malati, ma rischiano di infettarli con gli incubi. Il genere umano rischia l’estinzione. L’unica speranza sono i bambini, il sonno purissimo. A scoprirlo è la voce narrante del romanzo, che ha perso la sorella, tra le prime vittime della pandemia: la sua storia è una ferita pulsante, perché la usa per convince i più riluttanti a donare, come il padre di una bambina prodigiosa. Così la distopia diventa riflessione sul senso del dono, il sacrificio per la salvezza, il potere delle storie. E il romanzo, uscito negli Usa nel 2014, non si riduce a profezia del Covid, ma re-invenzione del mito di Morfeo-Hypnos. Con uno stile essenziale, tra guizzi psicologici e colpi d’ala dell’immaginazione, Russell ci ricorda che certi traumi non si superano, ma possono venire trasformati in storie che danno senso al dolore e alla paura di tutti. E la letteratura è far proprio, incubare, ciò che è stato sognato da altri».

Domani Karen Russell terrà una masterclass alla Scuola Holdendi Torino, con la quale da quest’anno il Premio Lattes Grinzane ha avviato una nuova collaborazione preceduta da una lezione introduttiva a cura di Loredana Lipperini. Al centro, il tema della letteratura di genere secondo l’autrice, con un approfondimento sul suo metodo di lavoro. Informazioni sul sito scuolaholden.it

Jonathan Safran Foer, pubblicato in Italia da Guanda, è il vincitore del Premio Speciale Lattes Grinzane, attribuito ogni anno a un’autrice o a un autore internazionale di fama riconosciuta a livello mondiale che nel corso del tempo abbia raccolto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico. Durante la cerimonia, secondo la tradizione, lo scrittore ha tenuto una lectio magistralis dal titolo Cuori di macchina, tradotta in italiano da Irene Abigail Piccinini, incentrata sul rapporto tra il valore del tempo e la società tecnologica in cui viviamo: «Cambierà tutto» è ciò di cui si vanta qualunque novità tecnologica di rilievo. Ma questo cambiamento ha una direzione, e come facciamo a sapere per certo che si tratti di una direzione positiva? È un progresso?   

È possibile rivedere l’intera cerimonia sulla pagina Facebook e sul sito della Fondazione Bottari Lattes.

Nel corso della cerimonia, come stabilito lo scorso aprile dalla Giuria Tecnica in accordo con la casa editrice Bompiani, è stato reso pubblicamente omaggio ad Hanif Kureishi. “Grande scrittore contemporaneo che, colpito da un malore durante lo scorso Natale, ha subito una lesione spinale perdendo l’uso degli arti e che, nonostante la gravissima condizione, ha continuato a servire e onorare la scrittura dettando i suoi tweet e, subito dopo, una newsletter che raccoglie i suoi testi, dove racconta di ‘scrivere con una voce più libera le parole che in qualche modo si erano bloccate o inceppate’. Un segnale di grande speranza e coraggio nei confronti della letteratura, e della vita”.

Nell’ambito del progetto, sono state inviate alcune opere dell’autore ai ragazzi delle scuole superiori che compongono le Giurie Scolastiche.

Gli altri finalisti di questa edizione sono stati Una notte di Giosuè Calaciura (Sellerio), Melancolia di Mircea Cărtărescu (La Nave di Teseo, traduzione di Bruno Mazzoni), Avere tutto di Marco Missiroli (Einaudi) e Stupore di Zeruya Shalev (Feltrinelli, traduzione di Elena Loewenthal).

I cinque romanzi finalisti, così come il Premio Speciale, sono stati selezionati dalla Giuria Tecnica, composta da otto membri tra docenti, giornalisti, critici e scrittori. Successivamente ai 400 studenti e studentesse che compongono le Giurie Scolastiche è stato affidato il compito di leggere, giudicare e individuare il vincitore di quest’anno. I giovani coinvolti provengono da tutta Italia, da Aosta a Messina, da Volterra a Salerno, fino a Parigi, per un totale di 25 scuole partecipanti. Nella mattinata di oggi, i finalisti hanno incontrato gli studenti e le studentesse delle scuole in giuria al Castello di Grinzane Cavour.

Bio premiati

Jonathan Safran Foer è nato a Washington nel 1977 e vive a New York. Ha esordito a venticinque anni con Ogni cosa è illuminata (2002), bestseller internazionale e vincitore del National Jewish Book Award e del Guardian First Book Award; ugualmente fortunato il secondo romanzo, Molto forte, incredibilmente vicino (2005). Da entrambi i romanzi sono stati tratti film di successo. Nel 2010 è uscito il suo saggio-reportage Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?, mentre l’ultimo romanzo, Eccomi, del 2016, è stato scelto come miglior libro dell’anno dalla giuria della Lettura – Corriere della Sera. Nel 2019 è uscito il saggio Possiamo salvare il mondo, prima di cena. Tutti i suoi libri sono pubblicati in Italia da Guanda.

Karen Russell (Miami, 1981) ha pubblicato tre raccolte di racconti (di cui in Italia sono uscite per Elliot Un vampiro tra i limoni e Il collegio di Santa Lucia per giovinette allevate dai lupi), ed è stata finalista al Premio Pulitzer con il romanzo Swamplandia! (Elliot, 2011). Ha ricevuto le due più importanti borse di studio americane per le arti, quella della MacArthur e della Guggenheim Foundation.

 

Le giurie

I cinque romanzi finalisti e il vincitore del Premio Speciale sono stati scelti dalla Giuria Tecnica: presidente Loredana Lipperini (scrittrice, giornalista, conduttrice radiofonica), Marco Balzano (scrittore, poeta, italianista), Valter Boggione (docente di Letteratura italiana all’Università di Torino), Anna Dolfi (docente di Letteratura italiana nelle Università degli Studi di Trento e Firenze), Paola Italia (docente di Filologia della Letteratura Italiana all’Università di Bologna), Alessandro Mari (scrittore, editor), Luca Mastrantonio (giornalista, critico letterario) e Bruno Ventavoli (giornalista, critico letterario).

Le 25 scuole che costituiscono le Giurie Scolastiche 2023 sono: Liceo Classico Statale “G. Govone” di Alba (Cn), Licei “Giolitti-Gandino” di Bra (Cn), Istituto di Istruzione Superiore “Baruffi” di Ceva (Cn), Liceo Classico “Alfieri” di Torino, Istituto di Istruzione Superiore “Amaldi -Sraffa” di Orbassano (To), Liceo Scientifico “G.P. Viesseux” di Imperia, Istituzione Scolastica di Istruzione Liceale, Tecnica e Professionale di Verrès (Ao), Liceo Classico “E. Cairoli” di Varese, Liceo delle Scienze Umane e Artistico “Giovanni Pascoli” di Bolzano, Liceo Ginnasio Statale “A. Canova” di Treviso, Liceo Scientifico “Michelangelo Grigoletti” di Pordenone, Liceo Statale “Volta-Fellini” di Riccione, Istituto

Tecnico Statale Commerciale e per Geometri “F. Niccolini” di Volterra, Convitto Nazionale “Principe di Napoli” di Assisi, Liceo Classico Linguistico “Giacomo Leopardi” di Macerata, Liceo Ginnasio Statale “Virgilio” di Roma, Convitto Nazionale “Melchiorre Delfico” di Teramo, Liceo Artistico “Sabatini-Menna” di Salerno, Liceo Statale “G. M. Galanti” di Campobasso, Liceo Classico Statale “Quinto Orazio Flacco” di Potenza, Liceo Classico “V. Lanza” di Foggia, Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Reggio Calabria, Istituto di Istruzione Superiore “La Farina-Basile” di Messina, Liceo Scientifico “Pacinotti” di Cagliari, Istituto Italiano Statale Comprensivo “Leonardo Da Vinci” di Parigi.

Amalia, una grande donna di inizio ‘900. Origini, passioni e delusioni

 

L’amicizia con Gozzano, iniziata nella Società della Cultura, fece molto scalpore tra i contemporanei. Amalia, molto sensibile, raffinata ed elegante, incarnava il modello di donna colta e sofisticata secondo la moda parigina dell’epoca. Durante i mesi del loro breve rapporto, lui scelse la libertà personale e la solitudine come sostituti dell’amore man mano che la salute gli veniva a mancare, contrastando i desideri di Amalia. La poetessa riuscì ad avere con Gozzano una amicizia letteraria e, nonostante fosse ispirata da motivi anche scabrosi, fu apprezzata mantenendo con lui una buona corrispondenza.
I due scrittori non erano certo a conoscenza delle loro comuni origini della Valstrona. Il poeta discendeva da un esponente emigrato ad Agliè da Luzzogno alla fine del XVI° secolo; Amalia discendeva da una famiglia di artigiani originaria di Sambughetto della stessa Valstrona ed era sicuramente a conoscenza della storia dei suoi nonni. La sua origine è stata tratta dall’archivio parrocchiale di Sambughetto emersa grazie alle ricerche di Giuseppe Femia. Il trisavolo Giacomo Antonio e la moglie Antonia Maria Vittoni erano i capostipiti. Il bisnonno Pietro, ottavo dei nove figli di Giacomo, passato a Cravanzana nelle Langhe, si trasferì a Torino nel 1851 ed abitò nella centralissima via Cappel Verde nella zona di piazza San Giovanni. Fu inventore della famosa borraccia in legno per il Regio Esercito. Pietro, con il fratello primogenito Nicola e Giovanni Beltrami, un tornitore di Casale Corte Cerro, si erano presentati all’accademia delle scienze di Torino nel 1826 per ottenere un brevetto sostenendo di essere riusciti a far muovere un carro definito volante composto da leve meccaniche e ruote dentate, sostituendo così la forza animale. Tentativo fallito.
 Il dottor Ernesto, originario di un’altra famiglia Guglielminetti, fu l’inventore dell’attuale asfalto stradale. Rimasta orfana del padre a soli cinque anni, Amalia fu accolta con la mamma Felicita Avezzato e i fratelli Ernesto, Emma ed Erminia nella casa dei nonni Lorenzo (terzogenito dei sei figli di Pietro) e Monnalisa Monza. Sui Guglielminetti è utile consultare quanto pubblicato da Maria Chiara Acciarini, moglie di Marziano (figlio di Giovanni Amabile, quartogenito di Pietro) professore di storia e letteratura italiana, direttore del centro studi Gozzano dell’università di Torino e prefatore del manoscritto “La via del rifugio” di Gozzano, in contatto con il poeta monferrino Piero Ravasenga di Borgo San Martino. La signorina Amalia, cugina di Marziano, furba, ammaliatrice, emancipata e seducente ma molto lontano dalla mediocrità femminista, si oppose fermamente di stare all’ombra di un solo uomo padrone assoluto.
L’amica Lyda Borelli, regina del cinema muto, interpretò alcune scene tratte da una pubblicazione provocante di Amalia, mandando in visibilio il salotto “Donna di Torino”. Il giornalista ebreo Pittigrilli, di dodici anni più giovane di lei, brillante torinese legato alla polizia fascista e collaboratore letterario rifiutato da Giorgio Almirante, fu un amante turbolento di Amalia, vicenda giudiziaria di pubblico dominio. Di questa sua avventura, Gozzano scrisse: “Ecco una delle sue solite crisi di bontà, meglio rimanesse perfida”. Lasciò come da testamento il patrimonio allo Stato, poi rinunciato dalla Finanza, vincolandolo a due condizioni, l’istituzione di un premio annuale di poesia classica a lei intitolato e l’erezione del suo monumento funebre a forma di piramide egizia. Amalia non voleva riposare per terra ma in alto e la piramide doveva misurare cinque metri sia alla base che in altezza.
Scelta non causale, dato che il numero cinque simboleggia esotericamente la volontà, l’intelligenza, l’individualità, la genialità e l’ispirazione. L’ultima casa in via San Donato, dove iniziò la fortuna economica dei genitori, fu ereditata dai fratelli mentre la sua ultima residenza fu l’albergo Principi di Piemonte. Amalia, graffiante e spigliata, non era certo la signorina Felicita ovvero la ricerca della felicità, immobile come le bambole di ceramica o nelle vesti campagnole di un tempo. La sua immagine di poetessa fu deteriorata, dimenticata e nessuna delle sue volontà fu rispettata. Non ebbe miglior fortuna nell’amore, anche se sicuramente fece il possibile per piacere ai suoi amanti, ricchi di opposti entusiasmi. Ma D’Annunzio l’aveva ben valorizzata, definendola “L’unica poetessa che oggi abbia l’Italia”. Anche la città di Torino non la dimenticò, intitolandole una via nel quartiere di Santa Rita.
Armano Luigi Gozzano

Minotti Cerini e Gros-Pietro a Verbania

Sabato 21 ottobre, alle ore 18, l’Associazione culturale LetterAltura organizza nel parco di Villa Giulia a Pallanza l’incontro Scrittori in dialogo tra storia e immaginazione con Wilma Minotti Cerini e Sandro Gros-Pietro. Nell’occasione, introdotti da Amadio Taddei, presidente di LetterAltura, verranno presentati due libri.

In Viaggio intorno a me stessa Wilma Minotti Cerini racconta la sua infanzia infelice contrassegnata dalla perdita del padre, Medaglia d’Oro ed eroe della Resistenza milanese, subito seguita da quella della madre e della nonna. Le vicende della vita personale diventano metafora della storia di un paese che rinasce alla democrazia e alla libertà. Nata poco dopo l’inizio del secondo conflitto mondiale, la scrittrice ( milanese d’origine e verbanese d’adozione) descrive l’inatteso riscatto italiano dalle ceneri della guerra e la sua ascesa vertiginosa che da fanalino di coda dell’Europa occidentale diventa la terza forza ispiratrice dell’Unione Europea, insieme a Germania e Francia, sviluppando una cultura e uno stile di vita che si sono imposti come modello di realizzazione delle facoltà espressive e del modo di vivere a livello internazionale. Il libro di Sandro Gros-Pietro si intitola Totocaelo, parola che equivale a totalmente, comprendendo ogni cosa reale e immaginaria passata, presente e futura. La vicenda di Shanti, donna tailandese divenuta europea e poi cittadina del mondo, rappresenta un ponte tra l’Occidente e l’Oriente, tra realtà e fantascienza, coinvolgendo l’intero pianeta nella narrazione di una utopia che è saldamente radicata nella realtà mondana del secolo in cui viviamo e del probabile prossimo futuro che ci aspetta dietro l’angolo.

Marco Travaglini

“Irma Blank. Tra segno e silenzio”

Per festeggiare i 15 anni della Fondazione Cosso al Castello di Miradolo è allestita  la mostra dal 14 ottobre al 26 novembre

 

Quindici anni fa inaugurava la prima mostra realizzata dalla Fondazione Cosso al Castello di Miradolo.

“Come pagine di un libro sfogliamo nella nostra mente – spiegano Paola Eynard e Maria Luisa Cosso Eynard – fotogrammi colorati di questi primi quindici anni della Fondazione Cosso, frammenti, come di un puzzle, hanno trovato posto in questo tempo. Un sottile fil rouge ha legato e lega questi frammenti, rappresentato dalla volontà di essere presente per una comunità, per un territorio. Il percorso fatto ha delineato la nostra identità e la multidisciplinarietà. In un tempo di standard e etichette abbiamo provato ad avere lo sguardo aperto, la mente attenta e il cuore in ascolto.

I nostri progetti espositivi, sempre più di respiro internazionale, hanno portato al castello di Miradolo opere d’arte come porte aperte sul mondo, verso temi e riflessioni per noi importanti.

Nel 2023 l’ opera di Irma Blank è ispiratrice nel raccontare un nuovo modo di essere, un nuovo linguaggio, trattandosi di un’artista che ha trasformato la scrittura in segno, con una grande capacità di dialogo con gli spazi del Castello, con la materia pittorica dei soffitti, con l’assenza e la presenza dell’installazione sonora dedicata. Una storia al femminile, da Sofia di Bricherasio fino ai giorni nostri”.

Con la mostra di Irma Black inaugura a tempo un nuovo format espositivo in cui il visitatore potrà incontrare, per un breve periodo di tempo e in alcune sale del castello di Miradolo, omaggi significativi a artisti o momenti della storia dell’arte che, per la loro peculiarità, ricerche o poetiche, si legano all’identità del luogo.

Tre i nuclei tematici di questa mostra, le opere, i libri d’artista e la documentazione fotografica e video di un’artista attraverso un percorso lungo mezzo secolo, artista recentemente riscoperta dal grande pubblico, tra segno e silenzio, con una scrittura come narrazione e come tempo, come silenzio e come respiro.

L’esposizione è accompagnata da un’inedita installazione sonora a cura del pensiero Avant dernière pensée, dedicata al concerto in Re maggiore per pianoforte e orchestra “per la mano sinistra” di Maurice Ravel, che si sviluppa lungo il percorso espositivo.

Il Concerto venne commissionato al compositore dal pianista Austriaco Paul Wittegnstein, fratello del filosofo Ludwig, che perse il braccio destro nella prima guerra mondiale e lo eseguì a Vienna, per la prima volta, nel 1931.

Parallelamente alla mostra si articola il progetto “Da un metro in giù”, un percorso didattico per i visitatori di tutte le età, per imparare, con gli strumenti del gioco, a osservare le opere d’arte e la realtà che ci circondano.

Irma Blank è un’artista nata nel 1934 a Celle, in Germania, e deceduta nell’aprile 2023 a Milano.

Quando Irma Blank approda a Milano sta per compiere quaranta anni e la sua ricerca artistica è al clou della sperimentazione. A Milano giunge dalla Sicilia, con precisione da Siracusa dove si era trasferita per amore, e di questa città apprezza il cosmopolitismo e la koinè linguistica, che la aiuteranno a operare quello sradicamento tra parola e senso, suono e significato dei quali farà la propria cifra poetica. Prende studio in via Saffi, in quella parte della città che sorge tra la basilica in stile romanico di Sant’Ambrogio e la bramantesca Santa Maria delle Grazie, in zona Magenta, prediletta dalla borghesia meneghina di inizio Novecento.

Ed è qui, in questa grande casa-studio che Irma vivrà e lavorerà fino alla fine dei suoi giorni, quando, nonostante la malattia che la colpirà, il successo, seppur tardivo, giungerà.

La ricerca che ha deciso di intraprendere è quella sul segno, che deve significare in sé, in quanto grafica, al di là del suo riferimento concettuale o fonetica. La corrente cui si ascrivono le sue opere è quella della poesia visiva, afferente all’arte concettuale. A partire dalla fine degli anni Settanta Irma aveva iniziato a lavorare su calligrafia da lei inventate, orbate dall’obbligo di un significato, sul crinale che separa disegno e scrittura, nel comune denominatore del segno

Si tratta adì una scrittura non verbale, come lei stessa l’ha definita, fantasia capace di far slittare dalla letteratura alle arti visive.

Colui che per primo ha intuito il talento di Irma Blank è stato Gillo Dorfles nel 1974, non a caso un filosofo convertitosi alla critica d’arte. Il linguaggio artistico messo a punto da Irma risulta imparentato con la filosofia e la lezione di Husserl. Dorfles ha scritto che Irma Blank ha creato una serie di opere tutte impostate su quella che è la “scrittura asematica”, un sorta di grafia-ortografia che si vale di un punto ben visualizzato, con tutte le caratteristiche della personalità che lo usa, ma privo, vuoto e scevro da ogni semantica esplicita. Si tratta di disegni che determinano sul foglio bianco quasi tracciati encefalografici, fini a sé stessi, sovrapponibili ai segni di una qualunque composizione grafica, astratta, salvo a conservare l’aspetto esterno di scrittura manuale.

Mara Martellotta

 

La mostra apre sabato, domenica e luned ore 110/18.30

Tel 0121502761

“Picasso Rendez vous”. Torino rende omaggio al grande artista

Con una mostra allestita a Palazzo Saluzzo Paesana

 

Palazzo Saluzzo Paesana ospita dal 12 ottobre 2023 fino al 14 gennaio 2024 una mostra dal titolo “Picasso Rendez vous”, in occasione del cinquantenario della morte dell’artista.

Saranno esposte oltre trecento opere, tra cui fotografie, litografie, ceramiche, sculture e incisioni, in un unico appuntamento artistico.

L’esposizione è  curata da Jean Christophe Hubert e accompagnata da un separato percorso fotografico curato da David Lawrence di Templar de Presse. Sarà ospitata presso i Saloni settecenteschi di Palazzo Saluzzo Paesana, nel cuore della città di Torino, in via della Consolata, con ingresso da via Bligny 2.

La mostra è  organizzata da Radar Eventi Culturali, Extramuseum Arte e Scienza, PTK Piemonteticket, in stretta collaborazione con la Administration Picasso, è  inserita  nel calendario ufficiale delle celebrazioni a  mezzo secolo dalla morte del grande artista.

Picasso è  stato sicuramente un personaggio dall’incredibile creatività e la sua attività artistica ha rappresentato un raccordo tra la tradizione ottocentesca e l’arte contemporanea,  dando vita a un approccio poliedrico e innovativo in tutte le arti.

Spagnolo di origine, morì  nella sua casa di Notre Dame de Vie a Mougins in Costa Azzurra all’età  di 91 anni, lasciando alle spalle un’esistenza segnata dalla sua passione per il disegno, la pittura, la scultura e la ceramica. Egocentrico, emblematico e sicuro di sé,  legò il suo nome a quello di infinite figure femminili, mogli, amanti, modelle e muse ispiratrici per le proprie realizzazioni che segnarono fasi importanti della sua carriera e vita. È stato un artista spesso nel mirino per i suoi noti comportamenti misogini. A distanza di cinquanta anni dalla sua morte anche Torino partecipa alle celebrazioni e al fitto programma di eventi e rassegne, che sono incluse nel programma delle Picasso  Celebration 1973-2023, organizzate sotto la guida del governo iberico e francese e allestite sia in Europa sia nel Nord America per un totale di 50 mostre, che si susseguiranno all’interno di un ricco calendario internazionale,  volto a riscoprire  le opere del leggendario autore andaluso e a tracciarne un approccio storiografico.

Questi eventi verso la fine del 2023 verranno seguiti da un simposio e dall’inaugurazione del Picasso Study Centre di Parigi, un polo per la ricerca e gli studi sul maestro, affiancato al Musée national Picasso Paris e volto alla riscoperta di Picasso in chiave attuale, ponendo le basi per il Museo del futuro.

MARA MARTELLOTTA

Vivi Montagna in Borgata Selvaggio a Perosa Argentina

SCENARIO MONTAGNA INCONTRA “SENTIERI”

 

Ore 15. Incontro con Oliviero Alotto, eco-runner e ultra-runner e fiduciario della condotta Slow Food di Torino.

Ore 16,30. Concerto di Li Barmenk, storico ensemble occitano.

Ingresso gratuito

Scenario Montagna 2023 non è solo grandi artisti e spettacolari eventi di performing arts, ma anche laboratori, inclusività, divulgazione, appuntamenti letterari e dedicati al cinema. Domenica 15 ottobre Vivi Montagna in Borgata Selvaggio a Perosa Argentina (TO), insieme al progetto “Sentieri” di Slow Food, Scenario Montagna dà vita ad un appuntamento con tradizioni e stili di vita sostenibili, food a Km 0, comunità locali e… musica.

Alle 15.00 un incontro con Oliviero Alotto, eco-runner e ultra-runner e fiduciario della condotta Slow Food di Torino. Alotto è sia un esperto di alimentazione sostenibile sia protagonista di grandi imprese sportive: oltre 200 km di corsa in solitaria nella regione sud-ovest della Groenlandia, lungo antiche valli glaciali fortemente colpite dal cambiamento climatico; 250 km di corsa nella regione del Karakorum nel deserto della Mongolia; le partecipazioni alle Ultra Trail, gare di corsa su sentieri non tracciati, che coprono una distanza di 42 km e/o i 4000 metri di dislivello; le partecipazioni alla Keep Clean and Run.

L’incontro con Oliviero toccherà temi globali, e ci spiegherà come questi si intreccino a temi strettamente locali.

Alle 16.30 il concerto di Li Barmenk, storico ensemble occitano capitanato da Enea Berardo. Li Barmenk, gli abitanti di Balme, il più alto villaggio delle Valli di Lanzo, al confine con la Savoia, paese di capre e cacciatori, di guide alpine e contrabbandieri. Ma Barmenk significa anche abitanti delle rocce, di quelle bàrmess, in cui trovavano riparo i nostri progenitori, i Celti.  Una musica rustica e semplice che sembra venire da tempi ormai remoti.Come l’antico patois francoprovenzale ancora parlato in queste valli, arroccate tra Piemonte e Savoia, Vallese e Valle d’Aosta, alle pendici delle vette più alte d’Europa. Una lingua che si dice discendere da quella dei Burgundi, venuti dalle pianure del nord ad occupare le nostre valli nei secoli bui. Musica e lingua di una cultura semplice ma non povera, chiusa ma non isolata, estremo presidio umano lungo la via che conduce ai ghiacciai. Percorsa per secoli da mercanti e da pellegrini, da soldati e da avventurieri, da predoni Saraceni e da carbonai Bergamaschi

Alla Casa del Conte Verde una mostra dedicata a Giuseppe Gip Maggiora

A Rivoli dal 15 settembre prossimo, curata dalla famiglia Maggiora e da Raffaella De Chirico Arte Contemporanea

 

La Casa del Conte Verde nella Città di Rivoli ospita una grande mostra antologica, dal titolo “La follia della Passione “, dedicata alla figura di Giuseppe Gip Maggiora Gip, conosciuto come imprenditore di successo del biscottificio Maggiora e fondatore del Club delle Fronde di Avigliana. Egli nutriva una grande passione, la pittura. La mostra è organizzata in collaborazione con Raffaella De Chirico Arte Contemporanea. Le musiche sono di Rinaldo Bellucci. L’esposizione rimarrà aperta fino al 29 ottobre prossimo.

Un mondo artistico sommerso e magmatico è quello che emerge dalla selezione di alcune decine di lavori vagliati accuratamente tra le migliaia giunti in eredità alla famiglia e che, attraverso una precisa scelta di allestimento, accoglieranno il visitatore.

Il percorso espositivo è corredato di materiali espografici e consentirà la lettura e la comprensione di un viaggio umano personale, ma anche la rilettura della Storia, quella del mondo, che inevitabilmente si riflette nelle opere dell’artista, come nelle grandi e dolenti tele dedicate alla guerra del Vietnam.

Se il mondo pubblico ha soddisfatto l’aspetto professionale e conviviale che si confà a un’azienda dolciaria, quello privato ha cercato di appagare l’aspetto più catartico ed ossessivo di Giuseppe Maggiora, che ha dedicato ad alcuni temi fondamentali della sua ricerca dipinti, disegni, schizzi anche se su supporti non convenzionali. Una di queste è sicuramente la figura femminile, declinata nell’accezione della Grande Madre, divinità femminile primordiale, la cui figura rimanda al simbolismo materno della creatività, nascita, fertilità e maternità. Nell’immaginario dell’artista lo sguardo è rivolto all’egoismo più puro o, al contrario, ai volti senza sguardo. Sono spesso figure che presentano corporatura statiche, fissità chiuse in un dolore facilmente percepibile, profondo e crudele, ma scevro da sentimentalismi convenzionali.

Dal punto si vista stilistico Maggiora elabora un linguaggio formale autonomo e ben riconoscibile, talora ispirato all’essenzialità di certa pittura figurativa italiana del primo Novecento, rappresentata da Campigli e Casorati, talaltra debitrice verso memorie dell’espressionismo e istanze post moderne, con incursioni nella pop art. Quella di Maggiora si può considerare una catarsi, ma filtrata artisticamente attraverso l’abilità e la razionalità.

Diverse sono le opere dedicate ai vari membri della famiglia, in primis alla moglie Elena, alla quale ha dedicato moltissimi lavori. Nel corpus dei quadri dedicati ai figli, ai nipoti e alla sua famiglia, uno tra tanti riguarda gli alberi ed è presente in mostra con la scritta “dedicato a Erica”, uno dei suoi figli.

In mostra sono presenti anche alcuni lavori astratti, tra cui quello che l’artista definiva il Segno Maggiora e che, unitamente ad altri soggetti, sembrerebbero voler aderire alla ricerca artistica portata avanti dal MAC, Movimento di Arte Concreta fondato a Milano nel 1948 da alcuni esponenti tra cui Bruno Munari ed Ettore Sottsass, che hanno fatto proprie le proposte dell’Optical Art. Secondo i suoi eredi non vi era un’intenzione conscia, ma i lavori appartenenti a queste fasi sono stati frutto di un modo storico e culturale che ha tratto nuova linfa anche dalle sperimentazioni declinate in ambito pubblicitario e cinematografico.

Un’intera sala dell’esposizione è dedicata all’aspetto pubblico, con il ritorno della figura del visionario imprenditore che, pur affidando l’aspetto comunicativo all’agenzia pubblicitaria Relè, interveniva spesso fisicamente sui bozzetti pubblicitari. Locandine dell’epoca, scatole di latta, alcuni gioielli e splendide fotografie in bianco e nero scattate in azienda da fotografi purtroppo rimasti anonimi integrano l’esposizione. È anche presente un monitor con i caroselli televisivi realizzati per la televisione che coinvolsero artisti del calibro di Pino Pascali, Bruno Bozzetto e Giovanni Arpino .

 

Chiusura museo ore 20.30

Mara Martellotta

 

Concerto di Capodanno in piazza Castello

Anche Torino, come altre importanti città europee, avrà il suo concerto di Capodanno.

A salutare l’inizio del nuovo anno in piazza Castello, all’aperto, sarà la musica classica, interpretata dall’Orchestra Filarmonica di Torino, con un grande concerto circondato da installazioni video che apriranno simbolicamente i festeggiamenti di quello che sarà uno degli eventi culturali di punta del 2024, ovvero il bicentenario del Museo Egizio. L’Orchestra Filarmonica di Torino, diretta da Giampaolo Pretto, eseguirà composizioni di Mozart e Verdi. L’evento sarà trasmesso in diretta televisiva su Sky Classica HD, diretto da Paolo Marenghi, e sarà presentato da Paolo Gavazzeni, direttore artistico del canale, insieme alla conduttrice torinese Alba Parietti.

A introdurre questo nuovo appuntamento culturale dedicato ai torinesi che resteranno in città a festeggiare il nuovo anno, ai turisti e a tutti gli appassionati di musica, è stata una delibera approvata ieri mattina dalla Giunta comunale, su proposta dell’assessore ai Grandi Eventi e al Turismo Domenico Carretta, che amplia le linee guida del programma per il periodo natalizio, già approvate lo scorso 19 settembre. Il centro città si animerà per accogliere l’arrivo del 2024 già nella serata del 31 dicembre, con uno spettacolo di musica dal vivo per celebrare la vocazione universitaria della città, creando una tappa di avvicinamento alle Universiadi 2025. Il primo di gennaio, invece, l’appuntamento sarà con le musiche di due grandi compositori.

“Dopo aver riportato i torinesi in piazza San Carlo con il concerto di MITO SettembreMusica del maestro Bollani, cominceremo il nuovo anno ancora all’insegna della grande musica classica, eccezionalmente all’aperto, in piazza Castello, nel cuore della città, con i musicisti dell’Orchestra Filarmonica di Torino, cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti per aver accolto questa proposta con entusiasmo” è il commento dell’assessora alla Cultura, Rosanna Purchia.

“Proprio quando la Camera di commercio nomina il direttore Christian Greco ‘torinese dell’anno’ – aggiunge l’assessore ai Grandi Eventi e al Turismo Domenico Carretta – siamo contenti di annunciare questo appuntamento che sarà anche la prima occasione di celebrare il bicentenario del Museo Egizio, che nel 2024 sarà ancora più protagonista della scena culturale della città”.

I costi artistici del concerto saranno interamente coperti da sponsorizzazioni. In considerazione della realizzazione di questo secondo concerto, l’amministrazione ha ritenuto opportuno incrementare lo stanziamento di spesa previsto per la realizzazione dell’intero programma del capodanno 2024 dell’importo di circa 82mila.

foto OFT

“Premio Lattes Grinzane” XIII edizione

Ai nastri di partenza la cerimonia di premiazione del romanzo vincitore proclamato, in una rosa di cinque finalisti, dai 400 studenti delle “Giurie Scolastiche” sparse in tutta Italia e all’estero

Sabato 14 ottobre, ore 17

Monforte d’Alba (Cuneo)

L’appuntamento è, ormai da tradizione, al Teatro Sociale “Giorgio Busca” di piazza Vittorio Veneto 3 ad Alba. Lì, sabato 14 ottobre, alle 17, verrà annunciato (con la conduzione di Alessandra Mari) il vincitore del “Premio Lattes Grinzane 2023”, il riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes (pittore, scrittore, editore torinese, fra gli intellettuali e promotori culturali più illuminati del secolo scorso, di cui ricorre, fra l’altro, proprio quest’anno, anche il centenario dalla nascita) e promosso dal 2009 dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte d’Alba, che anche, in questa XIII edizione del Premio, ha visto concorrere insieme i migliori libri di narrativa italiana e straniera, pubblicati nel corso dell’ultimo anno. Cinque i libri finalisti, selezionati – insieme al “Premio Speciale”- da una “Giuria Tecnica”, presieduta dalla scrittrice Loredana Lipperini. I titoli ed i nomi: “Una notte” del palermitano Giosué Calaciura (“Sellerio”), “Melancolia”della romena Mircea Cărtărescu (“La Nave di Teseo”, traduzione di Bruno Mazzoni),  “Avere tutto” del romagnolo di Rimini Marco Missiroli (“Einaudi”),  “I donatori di sonno” dello statunitense Karen Russell(“Edizioni Sur”, traduzione di Martina Testa) e “Stupore” di Zeruya Shalev (“Feltrinelli”, traduzione di Elena Loewenthal). Fra di loro, il prossimo 14 ottobre, ad Alba sarà annunciato il romanzo vincitore, scelto da 25 “Giurie Scolastiche”, 24 italiane e una parigina. Nella stessa occasione, lo scrittore e saggista statunitense Jonathan Safran Foer, pubblicato in Italia da “Guanda” e vincitore del “Premio Speciale Lattes Grinzane” (attribuito ogni anno a un’autrice o a un autore internazionale di fama mondiale che, nel corso del tempo abbia raccolto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico) terrà una personale “lectio magistralis”.


Contestualmente, la “Giuria Tecnica” (composta da otto membri, fra docenti, giornalisti, critici e scrittori) ha stabilito, in collaborazione con la “Casa Editrice Bompiani”, di rendere pubblicamente omaggio, nel corso della cerimonia di premiazione, ad Hanif Kureishi, 68 anni, indicato recentemente da “The Times” come uno dei 50 più grandi scrittori britannici. Colpito da un malore durante lo scorso Natale, Kureishi ha subito una lesione spinale perdendo l’uso degli arti, ma nonostante la gravissima condizione, ha continuato a “servire e onorare la scrittura” dettando i suoi tweet e, subito dopo, una newsletter che raccoglie i suoi testi, dove racconta di “scrivere con una voce più libera le parole che in qualche modo si erano bloccate o inceppate”. Un segnale di grande speranza e coraggio nei confronti della letteratura e della vita. Nella mattinata del 14 ottobre, inoltre, giorno in cui avverrà la cerimonia di premiazione al “Teatro Sociale Busca” di Alba (trasmesso in “diretta streaming” sul sito e sui canali social  della “Fondazione Bottari Lattes”), i finalisti incontreranno gli studenti e le studentesse delle scuole in Giuria al “Castello di Grinzane Cavour”. Non solo. A concretizzare l’avvio di una nuova collaborazione fra il “Premio” (voluto da Caterina Bottari Lattes in memoria del marito, Mario) e la “Scuola Holden”, la finalista del “Premio” Karen Russell terrà una masterclass alla “Scuola” di piazza Borgo Dora a Torino, con una lezione introduttiva a cura di Loredana Lipperini. Al centro, il tema della letteratura di genere secondo l’autrice, con un approfondimento sul suo metodo di lavoro. Informazioni e orari sul sito www.scuolaholden.it .

Come già detto, il “Premio”, alla sua XIII edizione, si inserisce anche all’interno delle celebrazioni per i cento anni dalla nascita di Mario Lattes (Torino, 1923-2001). Per la ricorrenza, la “Fondazione” di Monforte ha già avviato diverse iniziative. Lo scorso marzo è stata inaugurata alla “Reggia di Venaria” la mostra “Mario Lattes. Teatri della memoria”, a cura di Vincenzo Gatti, con la presentazione di più di cinquanta opere dell’intellettuale torinese, tra cui varie mai esposte prima. In occasione dell’inaugurazione della mostra, è stata anche presentata una monografia, edita da “Silvana Editoriale” che offre unaretrospettiva sull’intera produzione artistica di Lattes, con un saggio critico a firma di Claudio Strinati e un’ampia sezione illustrata con riproduzioni a colori di dipinti, acquarelli, gouaches e incisioni e corredata da apparati di approfondimento sulle mostre e sulla fortuna critica di Lattes. Sabato 16 settembre il viaggio all’interno dei “Mondi di Mario Lattes” è poi proseguito  con l’inaugurazione alla sede della “Fondazione” di Monforte d’Alba di un’altra retrospettiva, volta a presentare alcune recenti acquisizioni di opere realizzate dall’autore e visitabile fino al prossimo 3 dicembre.

Ulteriore ciliegina sulla torta, nel 2023, si celebrano anche i 130 anni della “Casa Editrice Lattes”, fondata nel 1893 da nonno Simone e che a oggi ha accompagnato e formato con i propri testi scolastici intere generazioni di studenti italiani.

 Per info: “Fondazione Bottari Lattes”, via Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo); tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

g. m.

Nelle foto:

–       Cover dei libri finalisti

–       Jonathan Safran Foer

Per la prima volta in Italia, l’ipnotica mostra di Tim Burton debutta al Museo del Cinema 

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11 ottobre 2023 – 7 aprile 2024

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino presenta IL MONDO DI TIM BURTON, la mostra dedicata
al genio creativo di Tim Burton, ideata e co-curata da Jenny He in collaborazione con Tim Burton e
adattata da Domenico De Gaetano per il Museo Nazionale del Cinema. Per la prima volta in Italia, la
mostra sarà allestita alla Mole Antonelliana dall’11 ottobre 2023 al 7 aprile 2024.
È un viaggio nell’universo visionario e nella creatività di Tim Burton e il nucleo principale
dell’esposizione si concentra sull’archivio personale del regista, mostrando un’incredibile varietà
della sua produzione creativa. Non solo quindi preziosi documenti ma anche disegni e bozzetti con i
temi e i motivi visivi ricorrenti da cui hanno preso vita i suoi personaggi che caratterizzano i suoi
mondi cinematografici distintivi.


“Quando il Museo del Cinema mi ha contattato per la mostra ho capito che era lo spazio perfetto –
racconta Tim Burton nella sua nota all’inizio del catalogo edito da Silvana Editoriale in occasione
della mostra. La Mole è iconica e una fonte di ispirazione, spero che pensiate lo stesso di questa
mostra. Mi auguro che vi piaccia”.
“Con questa mostra dedicata a Tim Burton il Museo Nazionale del Cinema rende omaggio a un
grande artista di fama internazionale- sottolinea Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del
Cinema. Il mostro ente conferma così il ruolo strategico e di rilievo che occupa tra le più importanti
istituzioni culturali, confermato anche dai frequenti apprezzamenti che riceviamo da esponenti del
mondo dello spettacolo. Siamo un’istituzione che guarda sempre avanti e ringrazio Tim Burton per
aver visto nella Mole Antonelliana la location perfetta per la sua bellissima mostra”.


“Ospitare Tim Burton a Torino è un sogno che si realizza – afferma Domenico De Gaetano, direttore
del Museo Nazionale del Cinema. L’immaginario fantastico dei suoi film ha accompagnato le nostre
vite, dai bambini agli adulti, conquistandoci con le sue storie e dando vita a opere universali e
personaggi indimenticabili che sono outsider rispetto al mondo che li circonda. Fondendo la magia
del cinema di Tim Burton con la magia dell’architettura, abbiamo trasformato la Mole Antonelliana nel
suo “laboratorio” creativo, la materializzazione delle sue fantasticherie d’artista per trasportare il
visitatore al centro del suo mondo stravagante, colorato e dark”.
Questa grande mostra immersiva è una sorta di viaggio esclusivo nella mente di un genio creativo,
l’esplorazione definitiva della produzione artistica, dello stile inimitabile e della prospettiva specifica
di Tim Burton. Allestita nell’Aula del Tempio, sulla rampa elicoidale e al piano di accoglienza della
Mole Antonelliana, la mostra è suddivisa in 9 sezioni tematiche e presenta oltre 550 opere d’arte

originali, raramente o mai viste prima, che vanno dagli esordi fino ai progetti più recenti, passando
per schizzi, dipinti, disegni, fotografie, concept art, storyboard, costumi, opere in movimento,
maquette, pupazzi e installazioni scultoree a grandezza naturale.
Sfruttando il verticalismo antonelliano, la suggestiva ambientazione permette ai visitatori di
immergersi nello straordinario universo di Tim Burton. La mostra infatti ripercorre le orme del regista e
dell’evoluzione della sua singolare immaginazione visiva di artista postmoderno multidimensionale,
in una sorta di autobiografia raccontata attraverso il suo processo creativo senza limiti. Attraverso la
presentazione unica dell’opera di Tim Burton, la sua visione unica trascende i mezzi e i formati,
rendendo chiaro come idee, temi e persino alcune immagini specifiche della sua arte siano finite nei
film più iconici che oggi associamo allo sfarzoso spettacolo cinematografico.

Molto prima del successo critico e commerciale nei generi live-action e animazione, Burton si è
ispirato ai film in televisione, alle animazioni, ai fumetti sui giornali, ai miti e alle favole raccontate a
scuola e ad altre forme di cultura popolare, incorporando queste influenze di sempre nella sua arte e
nei suoi film.
Tim Burton è anche protagonista di una straordinaria Masterclass e riceverà il premio Stella della
Mole come riconoscimento del suo contributo visionario e innovativo con il suo stile inimitabile alla
storia del cinema.
Durante tutta la durata della mostra verranno organizzate delle iniziative per il pubblico e delle
attività per le scuole, proiezioni dedicate al Cinema Massimo e cine-lezioni in collaborazione con
la Scuola Holden. Inoltre, il Museo organizza un ciclo di incontri di formazione rivolto agli insegnanti
e un workshop in collaborazione con Scuola Holden.

 


In occasione della mostra dedicata a Tim Burton, il Museo Nazionale del Cinema ha in programma al
Cinema Massimo la retrospettiva completa dei suoi lungometraggi che sarà suddivisa tra
novembre e febbraio 2023, e a cui si aggiungerà una “carta bianca” con una manciata di film amati
dal regista di Edward mani di forbice e che hanno contribuito a formare il suo sguardo unico nel
panorama internazionale. Si procederà in ordine cronologico, in modo da consentire allo spettatore di
fare un’esperienza unica, vedendo e rivedendo i film dal primo all’ultimo in modo da offrire una
visione completa della poetica di Burton
A completamento della mostra, vede la stampa il catalogo The World of Tim Burton, edito da
Silvana Editoriale, a cura di Domenico De Gaetano e con il coordinamento Fabio Pezzetti Tonion.
All’interno, un importante apparato di immagini e i testi di Tim Burton, Jenny He, Domenico De
Gaetano, Stefano Bessoni, Giona A. Nazzaro, Luca Beatrice.