CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 16

Quando s’andava in tram da Intra a Omegna

Per più di tre decenni, dal 1910 al 1946, era possibile raggiungere il lago d’Orta dal lago Maggiore viaggiando comodamente in tram. Questo grazie alla tramvia Intra-Omegna, linea a scartamento normale  che copriva il tragitto di venti chilometri con nove fermate ed era gestita dalla Savte, la “Società Anonima Verbano per la Trazione Elettrica”. Il materiale rotabile era stato ricavato dalle motrici usate per la ferrovia sopraelevata costruita per l’Esposizione del 1906 di Milano, che collegava – a sette metri d’altezza e per poco più di un chilometro e mezzo – le due aree principali: il Parco Sempione e la Piazza d’Armi (l’attuale zona Fiera). Infatti, terminata l’Esposizione che – in omaggio al traforo del Sempione, inaugurato l’anno prima – era stata dedicata ai trasporti, gran parte di quel  materiale venne acquisito dalla Savte che aveva in programma l’ambizioso progetto della tranvia tra i due principali centri del Cusio e del Verbano.

Impresa di tutto rispetto che, divisa in vari tronchi , si concretizzò  nel giro di alcuni anni. Il progetto iniziale prevedeva un collegamento tra la stazione ferroviaria di Fondotoce e la città svizzera di Locarno. Vari enti, tra cui la Banca Popolare di Intra, s’impegnarono dal punto di vista finanziario ma il progetto venne ripensato, realizzandolo solo parzialmente e con grande ritardo, tra Pallanza a Fondotoce. La tranvia fece il suo primo viaggio su questo tragitto il 16 Ottobre 1910. Ma si trattava , come scrissero i giornali dell’epoca, dell’attuazione “di una minima parte del grandioso programma che la Spett. Società Anonima Verbano ha tracciato e si ripromette di esaurire non oltre l’autunno prossimo“. In realtà, il secondo tratto fino ad Omegna fu aperto nel gennaio del 1913 e , successivamente, furono posati i binari per il proseguimento da Pallanza all’imbarcadero di Intra. L’ipotizzato prolungamento fino a  Cannobio, a ridosso del confine con l’elvetico Canton Ticino, non fu però mai realizzato. La giornata della tranvia era articolata con 22 coppie di corse tra i due capolinea e alcune limitate al segmento Gravellona – Omegna. Nel ’39 la Savte si rese conto della necessità di operare un restauro delle infrastrutture e dei tram, ma lo scoppio del secondo conflitto mondiale rese impossibile la fornitura dei materiali per la necessaria manutenzione. Terminata la guerra i problemi legati al funzionamento della tranvia si palesarono in tutta evidenza e la Savte immaginò di abbandonarla per privilegiare il trasporto su strada. Fu ipotizzata la trasformazione in filobus, ma la linea venne definitivamente chiusa nei primi anni’50, sostituendola “in via provvisoria” con il trasporto automobilistico. E, come tutte le cose provvisorie, la scelta della “gomma” diventò definitiva e segnò il tramonto della tranvia. Le uniche rotaie su cui sferragliarono ancora dei convogli fino ai primi anni ‘80, seguendo il vecchio tracciato per un breve tratto, collegarono la ferriera  omegnese della Pietra, ex Cobianchi, alla stazione ferroviaria di Crusinallo.

Marco Travaglini

“Cassetta dei ricordi” al Velò Sport Bistrot del Motovelodromo  

Il 26 novembre verrà presentato alle 18 il libro nato dal progetto di raccolta di testimonianze sul Velò 

Si tratta di un libro a più voci nato dal progetto della “Cassetta dei ricordi”, dedicato al Motovelodromo di Torino, con proiezione del documentario “Memorie del Velò”, che raccoglie le interviste pubblicate nel volume intitolato “Motovelodromo. La cassetta dei ricordi”  a cura di Stefano Delmastro, Laura Giachino e Benedetta Lanza, pubblicato in condivisione da Graphot e Scritturapura.
Il volume è  nato dal progetto della “Cassetta dei ricordi”, ideato per raccogliere da testimoni diretti e indiretti che, a vario titolo, hanno frequentato in diverse stagioni il Motovelodromo torinese, inaugurato nel 1920, le storie più significative legate a quel luogo leggendario della città,  tanto quelle sportive,  dal ciclismo al rugby, passando per il calcio, il football americano e il baseball, quanto quelle di altro genere, dalla musica operistica ai concerti rock, fino alle esperienze più personali di quartiere.
Il libro, curato da Stefano Delmastro, Laura Giachino e Benedetta Lanza, che hanno selezionato il materiale testuale e fotografico raccolto e poi pubblicato dalle due case editrici, raccoglie oltre trenta testimonianze, spesso diversissime, in forma di memoria, racconti e immagini, volte a salvaguardare e condividere momenti anche privati di oltre cento anni di storia di un luogo chiave dell’immaginario di Torino e non solo, quale è  il Motovelodromo Fausto Coppi, confidenzialmente chiamato Velò, uno dei più antichi velodromi d’Italia, sicuramente l’impianto sportivo più antico del Piemonte, monumento sotto tutela della Soprintendenza dal 1994, che ha superato decenni di degrado, fino alla sua rinascita dal 2021 ad oggi.
Alla presentazione , a cui interverranno tra gli altri Beppe Conti, opinionista di Rai Sport che con Graphot e Scritturapura ha pubblicato “Storia e leggenda del Motovelodromo”, il giornalista Carlo Pestelli, Fabrizio Rostagno di Sport 4 Good, la società  di rigenerazione e gestione del Motovelodromo di Torino, la scrittrice Angela Vecchione, che leggerà brani tratti dal racconto  di sua invenzione sul Velò, l’antropologo e narratore Marco Pollarolo, verrà inoltre proiettato  il documentario “Memorie del Velò”, realizzato da Francesco Dragone  quale regista, Mattia Cavaliere quale operatore ed editor, e Valentina Grani come produttrice, che raccoglie le interviste di sportivi e testimoni di un tempo e di oggi contenuti nel volume.

Dalla voce di giornalisti, scrittori nonché da quella di molte altre persone che hanno vissuto l’esperienza di vita legata al Motovelodromo e che hanno voluto condividerla, emerge un ritratto più ampio e rotondo, più personale e al tempo stesso più radicato nel territorio di un luogo che è stato testimone delle imprese di ciclisti indimenticabili quali Coppi e Bartali, le sfide dei rugbisti, le botte da orbi dei primi scontri del football americano,  le mitiche partite di calcio del Grande Torino e della Nazionale degli anni Venti e Trenta del Novecento , e ancora il “Torneo di guerra” del 1944 o la messa in scena di opere come la Carmen di Bizet e l’Aida di Verdi, i grandi concerti dei Pooh, di Francesco De Gregori e dei Roxy Music.

Motovelodromo Fausto Coppi corso Casale 144

“La Cassetta dei ricordi” a cura di Stefano Delmastro, Laura Giachino e Benedetta Lanza

Mercoledì 26 novembre ore 18

Mara Martellotta

A Teatro 27 vagoni di cotone: il Sud profondo di Tennessee Williams arriva a Torino

In occasione della giornata contro la violenza sulle donne, la  Compagnia Teatrale Elefthería porta in scena l’intenso dramma 27 vagoni di cotone di Tennessee Williams. Appuntamento il 25 novembre 2025 alle 20.45 al Teatro San Barnaba, con la regia di Claudio Destino e Federica Tucci.

Nel cuore del Deep South, tra campi di cotone e un’aria che sa ancora di piantagioni, prende forma la vicenda di Flora, giovane donna inchiodata a un matrimonio che la annienta. Il marito, Mr. Meighan, cotoniere in declino, è un uomo burbero, violento, frustrato: la svalutazione costante che riserva alla moglie si traduce in una quotidianità asfissiante, dove lei sopravvive aggrappandosi a brandelli di attenzioni tanto fugaci quanto ambigui.

L’equilibrio, già precario, si spezza quando Jake Meighan medita di rovinare il vicino Vicarro, affarista duro e cinico, incendiandogli la sgranatrice pur di accaparrarsi il lavoro sui suoi ventisette vagoni di cotone. Nel baratto perverso che ne consegue, a essere messa sul piatto è la stessa Flora: offerta come moneta di scambio in un duello di potere tra uomini.

Williams attraversa questo triangolo soffocante con la sua consueta lucidità. Flora è una donna ridotta all’infanzia, privata di voce e autonomia; Jake è il padrone che esercita controllo per sopravvivere alla propria insignificanza; Vicarro utilizza il potere economico come un’arma. Il corpo di Flora diventa il terreno di scontro tra mascolinità ferite, specchio di una cultura che non concede alla donna lo status di soggetto, ma la relega a spazio da occupare.

Il testo, articolato in tre quadri, racchiude molti dei nuclei drammaturgici tipici di Williams: solitudine, frustrazione, desideri soffocati, personaggi che si consumano dentro un’esistenza che non riescono a modificare. Il mondo che ne esce è quello di anime arrendevoli, intrappolate in una rassegnazione che suona più tragica della violenza stessa.

Sul palco, a dare corpo a questo intreccio teso e crudele, saranno Maryam Ainane, Giorgio Cavalieri e Claudio Destino. Musiche e luci sono curate da Marcello Coco, chiamato a delineare l’atmosfera sensoriale del Sud profondo, tra buio, calore e oppressione.

Info e prenotazioni
12 € intero – 10 € ridotto (under 26, over 65)
eleftheria.teatro@gmail.com
WhatsApp/SMS: +39 340 789 6306

Lori Barozzino

Il libro di Oliva tra brigantaggio e guerra civile

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

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Pier Franco Quaglieni

Secondo lo storico Gianni Oliva, che è uno dei pochi studiosi non a priori  ideologicamente schierati , le rivolte e la repressione nel Mezzogiorno dopo l’Unità d’Italia rappresentarono la prima guerra civile italiana. Non so se la tesi sia totalmente condivisibile perché chi scrive resta fermo al magistero di Rosario Romeo che ebbe una visione diversa del problema del brigantaggio, del latifondo e della stessa questione meridionale -a partire dall’ episodio di Bronte  -perché vide nel Risorgimento e nell’ Unità d’Italia la prospettiva reale  di un riscatto  delle plebi meridionali. Anche Giajme  Pintor,  che si era occupato del socialismo risorgimentale di Carlo Pisacane, riconobbe nel Risorgimento l’unico episodio della nostra storia politica  capace di restituire all’ Europa “un popolo di levantini e di africani“.

Oliva sceglie una sua strada , facendo una ricerca non preconcetta. Tralascia giustamente anche il lavoro realizzato da Alessandro Barbero che entrò in dialogo polemico con Pino Aprile,  capofila del violento ed esasperato  revisionismo filo borbonico che demonizza il Risorgimento. Oliva analizza una situazione che rischiò di mettere in crisi lo Stato unitario a pochi anni dalla sua fondazione: da una parte i ribelli che si oppongono con la violenza più brutale ed efferata  alle nuove istituzioni, dall’altra lo Stato che risponde con rastrellamenti, incendi di villaggi e fucilazioni sommarie.
Gianni Oliva
Oliva analizza le cause sociali del brigantaggio, riconoscendo però  che a volte si trattò di bande criminali che si ammantavano di pretesti politici. Riconosce anche che agenti borbonici, papalini e reazionari locali non esitarono  a fomentare il caos per destabilizzare lo Stato appena costituito. In effetti, come scrisse Narciso Nada, lo Stato dovette difendersi e le ragioni immediate della forza dovettero necessariamente prevalere sulle valutazioni sociali. La classe dirigente liberale, di fronte anche al pericolo di  possibili interventi stranieri, dovette reagire. Imputare ad essa una rozza insensibilità sociale come fa  Federico Fornaro, scrivendo anche del libro di Oliva, senza recensirlo, significa rimasticare la vulgata gramsciana senza neppure considerare  Rosario Romeo che dimostrò con rigore  storiografico la valenza ideologica e  non documentata della critica gramsciana. La stessa legge Pica contro il brigantaggio promulgata dal re Vittorio Emanuele a Ferragosto sta a dimostrare l’emergenza drammatica i cui si era caduti. Fare gli Italiani, come diceva d’Azeglio, richiedeva tempi lunghi specie al Sud, difendere l’Italia imponeva tempi rapidi e il ricorso all’ Esercito .Non ci furono altre strade percorribili. Se non si fosse difesa l’esistenza dello Stato, non sarebbero stati possibili nè scuole ne’ ospedali, come mi disse una volta Rosario Romeo. Questa risulta essere la verità storica che nell’ultimo periodo della sua vita riconosceva anche Umberto Levra che si era liberato dagli ideologismi della giovinezza . La visione moderata di Nada andrebbe totalmente ricuperata perché essa rappresentò una lettura del Risorgimento che impedì a molti di noi di lasciarsi abbindolare dalle sirene del manicheismo ideologico. Il libro di Oliva si discosta dalle vulgate e contribuisce a dare un giudizio complessivo su quella che rappresentò la prima guerra civile italiana. Forse una guerra un po’ Ibrida, si direbbe adesso, non  una guerra di classe come il buon Fornaro sembra sottintendere. Ovviamente non prendo neppure in considerazione le menzogne filoborboniche riemerse di recente che non hanno nessun valore storico.

Collezioni di Arte Moderna: conferenza a Torino

 Dal 28 al 30 novembre si terrà alle OGR Torino, al Teatro Carignano e alla Centrale Nuvola Lavazza la 57ª Conferenza Annuale di CIMAM – International Committee for Museums and Collections of Modern Art. L’evento, organizzato da CIMAM, è sostenuto dalla Fondazione Arte CRT e dalla Fondazione CRT, ed è curato dal Comitato dei Contenuti, in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, la Fondazione Torino Musei ed il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, con la partecipazione di musei e istituzioni della città. Questa collaborazione tra le principali istituzioni culturali torinesi sottolinea l’impegno della città nel promuovere l’arte contemporanea e il dialogo culturale.

L’edizione 2025 intitolata “Enduring Game: Espandere nuovi modelli di Costruzione museale”, con il motto guida “Of Necessity Virtue” (Di Necessità Virtù), segna il ritorno di CIMAM in Italia dopo quasi cinquant’anni, dal suo ultimo appuntamento italiano a Bologna e Prato nel 1976. L’evento, che coinvolgerà oltre 300 delegate e delegati da circa 90 Paesi, mira a riunire professionisti museali del settore dell’arte moderna e contemporanea in uno spirito di indagine critica e immaginazione collettiva per esplorare il ruolo in evoluzione delle istituzioni d’arte contemporanea in un contesto globale sempre più complesso. Attraverso il Travel Grant Program, giunto alla 20esima edizione, inoltre, è garantita la partecipazione di voci e prospettive diverse provenienti da economie emergenti, che arricchiscono il dibattito e promuovono una maggiore equità all’interno del settore.

Il ritorno in Italia della Conferenza Annuale di CIMAM, ospitata a Torino, è un riconoscimento del ruolo che la città e le sue istituzioni hanno saputo costruire nel panorama internazionale dell’arte contemporanea. La Fondazione CRT è orgogliosa di sostenere questo appuntamento, che valorizza il dialogo tra musei, artisti e professionisti provenienti da tutto il mondo e rafforza il posizionamento di Torino come laboratorio di idee, creatività e innovazione culturale – dichiara la Presidente della Fondazione CRT Anna Maria Poggi -. Il 2025 è un anno particolarmente significativo per la Fondazione CRT: l’arte contemporanea è da sempre al centro della nostra azione, anche grazie all’impegno della Fondazione Arte CRT che da 25 anni contribuisce in modo determinante alla crescita e alla valorizzazione del patrimonio artistico del territorio. L’apertura al pubblico del nuovo progetto espositivo Il Museo Immaginario e le recenti acquisizioni effettuate alla Fiera Internazionale di Artissima – ben 26 opere, rese possibili dal budget più alto degli ultimi anni – testimoniano una visione strategica che mette in dialogo collezione e pubblico. Eventi come la Conferenza Annuale di CIMAM ci ricordano quanto il ‘fare sistema’ tra istituzioni, fondazioni e comunità sia fondamentale per rendere la cultura un motore di meraviglia e di sviluppo condiviso”.

Città in continua evoluzione, Torino incarna il potere trasformativo della cultura nel ridefinire l’identità di una città e, in una certa misura, di un intero Paese. Un tempo sinonimo dell’industria automobilistica italiana, Torino ha subito una profonda rigenerazione post-industriale, trasformando ex fabbriche e magazzini in vivaci spazi culturali che sono ora al centro della vita urbana contemporanea, rendendola un’importante destinazione culturale europea. Un elemento centrale di questo successo è la sinergia con cui le istituzioni artistiche pubbliche e private della città lavorano fianco a fianco, continuando a plasmare il suo panorama culturale attuale. Culla di uno dei movimenti artistici più influenti del XX secolo, l’Arte Povera, è da sempre un luogo di sperimentazione artistica e oggi si offre come scenario ideale per una conversazione globale sul ruolo dei musei e dell’arte contemporanea nella trasformazione sociale.

Ho creduto fortemente, fin dall’inizio, nella candidatura di Torino a città ospite della Conferenza annuale di CIMAM”, spiega Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente dell’omonima Fondazione e dal 2023 alla presidenza della Fondazione Arte CRT. “Città di musei e fondazioni, di artisti, artiste, gallerie, case editrici e imprese culturali, Torino conta su una preziosa eredità storica sulla quale ha fondato la propria vocazione di città-laboratorio della contemporaneità. Grazie all’impegno corale di istituzioni pubbliche e private, grazie alla visione di persone illuminate e a una rete di relazioni internazionali, Torino ha costruito nel tempo un ecosistema dell’arte strutturato e flessibile, che è stato capace di farsi protagonista della vita e della cultura della città nelle sue diverse stagioni. Ha saputo rispondere ai cambiamenti, trasformando le necessità e le difficoltà in invenzioni, sperimentazioni e nuove pratiche. La Conferenza di CIMAM è dunque un capitolo significativo del nostro percorso e, soprattutto, è un’occasione rara e straordinaria per unire voci, esperienze, culture, per scambiare e cambiare le nostre idee sul ruolo dell’arte e delle istituzioni artistiche nel presente e immaginare insieme i nostri futuri”.

Il tema Enduring Game (e il mantra Of Necessity Virtue) di questa 57esima edizione della Conferenza risponde alle sfide urgenti che i musei affrontano a livello globale: le pressioni finanziarie e politiche, le divisioni sociali e la necessità di reinventarsi, interrogandosi al contempo sul modo in cui i musei possano bilanciare resistenza e resilienza, ripensando al contempo la governance, le pratiche curatoriali, le strutture dei team e l’impegno comunitario, al fine di costruire istituzioni radicate nella solidarietà, nella cura e nell’immaginazione.

La Conferenza Annuale 2025 di CIMAM è curata da un Comitato dei Contenuti composto da Chus Martínez (Direttrice dell’Istituto Art Gender Nature di Basilea) che ne sarà presidente, Chiara Bertola (Direttrice della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino), Bernardo Follini (Curatore Senior della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo), Leevi Haapala (Preside dell’Accademia di Belle Arti dell’Università delle Arti di Helsinki), Malgorzata Ludwisiak (Ph.D., Esperta di gestione museale, Curatrice indipendente, Docente universitaria, Varsavia), Francesco Manacorda (Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea), Victoria Noorthoorn (Direttrice del Museo de Arte Moderno di Buenos Aires), Davide Quadrio (Direttore del MAO Museo d’Arte Orientale) e Kamini Sawhney (Responsabile Progetti d’Arte Pubblica, BlrHubba, esperta museale e curatrice indipendente, Bangalore).

La conferenza di quest’anno vuole essere un momento collettivo di pausa e di riflessione, un’opportunità per affrontare questioni difficili e per immaginare nuovi modelli istituzionali in risposta a un panorama sempre più complesso. Analizzando l’attuale clima di antagonismo politico e sociale, cercando di prevedere le future traiettorie per le istituzioni d’arte contemporanea, ci si interrogherà su come i musei potranno ritrovare il proprio equilibrio e riaffermare la loro rilevanza, così come le loro missioni sociali, pedagogiche e culturali, in un mondo frammentato.

Incentrata su un tema chiave che affronta le questioni urgenti del settore, la Conferenza offre un contesto dinamico per la riflessione critica e lo scambio attraverso un ricco programma che include keynote lectures, panel, workshop e visite ai luoghi d’arte della città ospitante. Attraverso tre giornate tematiche che combinano keynote accademiche di spicco come quelle di Françoise VergèsElizabeth Povinelli e Mariana Mazzucato con interventi artistici di performer quali Alessandro SciarroniAbdullah Miniawy e Diana Anselmo, chiamati a interpretare il presente che tutti affrontiamo e a innovare collettivamente strategie e metodologie, il programma è strutturato per superare il dialogo convenzionale e generare strategie concrete sia attraverso l’ascolto che il contributo attivo dei partecipanti.

Le tre keynote speaker principali – Françoise VergèsMariana Mazzucato e Elizabeth Povinelli – condividono un impegno profondo nel ripensare le eredità del colonialismo, della modernità e del potere. Ognuna lavora in modo interdisciplinare (abbracciando storia, teoria politica, filosofia e antropologia) per interrogare le strutture che plasmano il nostro presente culturale, immaginando al contempo alternative per il futuro. Ciò che le unisce è la loro capacità di intrecciare il pensiero speculativo e performativo con una rigorosa conoscenza del passato, aprendo possibilità etiche e politiche per futuri più giusti, plurali e decoloniali.

Come Presidente della Fondazione Torino Musei, che rappresenta le collezioni civiche della città di Torino  dichiara Massimo Broccio, Presidente della Fondazione Torino Musei  sono onorato che il CIMAM 2025 si tenga nella nostra città, dove esiste un eccellente sistema museale, attento all’inclusione e alle innovazioni e con una stretta collaborazione tra le varie istituzioni culturali pubbliche e private che lo compongono. Il comitato organizzativo e curatoriale, del quale fanno parte con nostro grande orgoglio anche i direttori della GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea e del MAO Museo d’Arte Orientale, ha pensato a un format nuovo per questi tre giorni di incontri, in cui gli interventi e i workshops, di altissimo livello, sono innestati e contaminati attraverso il linguaggio performativo artistico, fortemente poetico e ideale. In questo formato sostenibilità museale, collaborazione e trasformazione innovativa diventano paradigmi e temi di dialogo urgente, aprendo a nuove opportune possibilità di evoluzione dei musei contemporanei.”

 

Torino ha un ecosistema di istituzioni pubbliche e private dedicate all’arte contemporanea veramente prezioso – dichiara Francesco Manacorda, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea –, accogliere il CIMAM in questo contesto è un’occasione di scambio e di crescita che mette in luce il ruolo che la contemporaneità ha sempre avuto per questa città. Il tema del convegno è quanto mai urgente e le persone coinvolte di qualità stellare. Da questo evento la città ne uscirà rafforzata e con contatti e conversazioni aperte fondamentali a punti strategici chiave quali la sua innovazione e internazionalizzazione”.

Nel 2025, il CIMAM celebra il 20° anniversario del suo Travel Grant Program, che quest’anno sostiene 39 direttori, curatori e ricercatori provenienti da 20 Paesi per partecipare alla Conferenza Annuale. Il programma garantisce inclusività e diversità supportando professionisti provenienti da economie emergenti, consentendo loro di contribuire con le proprie prospettive a questi dibattiti globali e rafforzando il loro sviluppo professionale attraverso il dialogo e lo scambio. Il Travel Grant Program del 2025 è finanziato da Getty Foundation, Saastamoinen Foundation, Teresa A. L. Bulgheroni, Colección Patricia Phelps de Cisneros (CPPC), Mercedes Vilardell, Aimée Labarrere de Servitje, Eloisa Haudenschild, Fernando Zobel de Ayala, Chitra Talwar.

Il Duo Rodin vince il Premio Renzo Giubergia

Lunedì 24 novembre alle ore 21, presso il Conservatorio Giuseppe Verdi  di Torino, verrà conferito il Premio Renzo Giubergia 2025, giunto alla sua XII edizione, al Duo Rodin, costituito da Sofia Manvati al violino e Giorgio Lazzari al pianoforte.

La cerimonia di assegnazione si svolge nell’ambito del concerto di lunedì 24 novembre, sempre alle ore 21, presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, con un  programma che prevede la Sonata in do minore n. 7, op. 30 n. 2 di Ludwig van Beethoven, la Sonata in la maggiore di César Franck e i Tre Capricci di Paganini op. 90 di Karol Szymanowski.
Dopo otto edizioni dedicate ai solisti, dal 2022 il Premio Renzo Giubergia si è rivolto ad ensemble da camera e nello specifico, per l’edizione in corso, la selezione era aperta a formazioni di duo con violino e pianoforte, violoncello e pianoforte, senza vincolo di nazionalità, la cui età media non dovesse superare i 27 anni. Del valore di 13 mila euro il riconoscimento è stato conferito da una commissione composta da Andrea Lucchesini, Alessandro Moccia, Francesco Dillon, Carlo Bertola e Andrea Malvano attraverso due prove, eliminatoria su materiale registrato e finale in diretta streaming.
Il Duo Rodin si è costituito nel 2020 dall’unione di Sofia Manvati, al violino, e Giorgio Lazzari al pianoforte  e si distingue per programmi che affiancano capolavori del repertorio a pagine meno note e deve il suo nome allo scultore August Rodin, simbolo di profondità e autenticità interpretativa.
Vincitore del Premio Guglielmo 2023 e finalista al concorso  “Amur per i nuovi talenti “ 2024 ha suonato per importanti stagioni, tra cui gli Amici della Musica di Padova, il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, il teatro Ponchielli e la sala Verdi di Milano.
Tra i prossimi impegni figurano i concerti per Musica Insieme Bologna e la Società dei Concerti di Milano.

Il concerto si aprirà con la Sonata in do minore n. 7 di Ludwig van Beethoven, la più intensa e innovativa delle tre sonate dell’op. 30 composte nel 1802 e dedicata all’imperatore  di Russia Alessandro I. Quasi contemporanea alla Seconda Sinfonia e al Testamento di Heilingenstadt, l’opera rivela un tono drammatico e appassionato, capace di introdurre importanti novità formali che segnano un passo decisivo verso l’evoluzione del linguaggio cameristico del grande compositore, ormai affetto da una grave forma di sordità.
La Sonata in la maggiore di César Franck  venne eseguita per la prima volta nel 1886 con la partecipazione del celebre violinista Eugène Ysaye e riscosse un successo immediato. La composizione riflette la volontà dell’autore di imporsi  all’interno del genere della Sonata e il desiderio di conferire all’opera un profilo monumentale, con la sua intensità lirica, la sua grande espressività  e il suo rigore formale. Fra coloro che ne subirono il fascino figura Marcel Proust  e si narra che questa Sonata, per la sua ciclicità, sia stata una fonte di ispirazione per la sua Recherche.
Il programma culmina con i Tre Capricci di Paganini op. 40 arrangiati da Karol Szymanowski, compositore di grande ingegno e apertura culturale,  figura centrale della musica polacca del Novecento. I brani sono tratti dalla raccolta di Paganini e elaborati per violino e pianoforte nel 1918 e rivelano il gusto romantico dell’autore, sospeso tra lirismo e virtuosismo.

Mara Martellotta

Roccolo e Verzuolo, due castelli da visitare in un Piemonte sempre meraviglioso da scoprire

Gite settembrine nel cuneese

Siamo tornati tutti (o quasi) “alla base’, le vacanze estive si concludono, i colori della natura circostante cominciano a virare sul giallo, marrone e oro. Le giornate si accorciano e le onde del mare sono sempre più lontane e increspate. Le gite giornaliere e i fine settimana prendono il posto della villeggiatura e costituiscono una misura morbida e graduale per rientrare nel ritmo della quotidianità traghettandoci, così, fino all’autunno (la mia stagione preferita).

Questo momento di interregno che ci spinge definitivamente fuori dalle ferie è caratterizzato da un clima più mite che consente di stare all’esterno senza patire caldo e afa, perfetto, dunque, per visitare due gioielli piemontesi siti in provincia di Cuneo: il Castello del Roccolo a Busca, sofisticato esempio di architettura neogotica ottocentesca, e il Castello di Verzuolo, sito nell’omonimo paese, con la sua memoria medievale.

Il Castello di Roccolo, edificato nel 1831 per volontà del marchese Roberto Tapparelli d’Azeglio, è un luogo da fiaba grazie alle sue suggestioni romantiche: merli ghibellini, archi moreschi, bifore slanciate, trompe-l’œil e vetrate colorate ne fanno, infatti, un luogo incantato che conduce in una dimensione spazio temporale magica e antica. L’arredo è curato e raffinato ed è visibile l’imponente intervento di restauro che ha reso questo maniero un borgo di grande pregio.

Il grande parco ottocentesco, tra serre, laghetti e terrazze panoramiche, completa la visita come un’esperienza a contatto con la natura e le sue meraviglie. Ben conservato e accessibile, è aperto al pubblico con visite guidate che ne svelano la storia e gli ospiti illustri avuti nel corso della storia, da Cavour a Silvio Pellico.

Il Castello di Verzuolo nasce, invece, con una diversa vocazione, era nato infatti nel Trecento come una fortezza costruita per il volere di Federico II del Marchesato di Saluzzo e, ancora oggi, conserva il fascino del suo passato eroico e difensivo. Qui si sono intrecciate vicende militari e momenti di fasto signorile, fino alla trasformazione in residenza elegante con giardini e torri panoramiche.
La configurazione originaria, ben diversa da quella attuale prevedeva pochissime finestre, solai in legno e un tetto piano progettato per sostenere le macchine da guerra in caso di assedio. All’inizio del Novecento, il castello entrò in un periodo di decadenza e nonostante l’intervento del professor Sacco del Politecnico di Torino e del Genio Civile di Cuneo, la crisi economica impedì i necessari consolidamenti, portando, nel 1936, alla demolizione della sua parte sud. Tuttavia, il Conte Ademaro Barbiellini Amidei, con lucida lungimiranza, finanziò i lavori di consolidamento raccogliendo una vasta corrispondenza internazionale così da preservarne la memoria storica e architettonica.

Oggi si possono ammirare gli ambienti unici come il maestoso salone al piano terra, le eleganti camere del piano primo e le particolari sale dove arte e architettura si fondono in un accordo di bellezza ed eleganza. Le visite guidate sono arricchite da curiosità e aneddoti, un vero e proprio viaggio indietro nel tempo.

Per informazioni

https://www.castellodiverzuolo.it/

http://www.castellodelroccolo.it/it/

Maria La Barbera

Inaugura al Museo MIIT  la mostra “Trame di vita”

Martedì 25 novembre inaugura, a partire dalle ore 18, al Museo MIIT diretto da Guido Folco, sito in Corso Cairoli 4 a Torino la mostra intitolata “Trame di vita”, in occasione della Giornata Internazionale contro la Violenza sulle donne. In questa occasione verrà presentato il libro  di Vania Perale “Vorrei rinascere cormorano” della Phasar edizioni.
La mostra, curata dalla galleria  Guido Folco, Italia Arte e il Museo MIIT, ha un carattere internazionale, come nella migliore tradizione del Museo MIIT, nato per effettuare scambi artistico culturali con musei, fondazioni, gallerie pubbliche e private di tutto il mondo.
Tra gli artisti in mostra Milena Buti, Valentino Camiletti, Nadia Canevaro, Secondo Capra , Naty Lorella Chiapparini, Ekaterina Chiorina, Vito Garofalo, Bianca Maria Macario-Gioia, Anna Montanaro, Mariagrazia Omodeo, Maria Elena Ritorto, Anna Rota Milani, Maria Pia Giacomini, Marilena Visini, Chiuto, Susanna D’ore, Antonella Elleri, Francesco Larghi, Mila Margini, Vania Perale, Margherita Realmonte, Francesca Riva, Skyblonde ( Elvira Marzorati) e Maria Sturiale.
Sabato 29 novembre dalle ore 18 verrà presentato, sempre presso il museo MIIT, il libro “Sotto il ponte che non si farà “di Matteo Bottari con le fotografie di Domenico Cogliardo. Gaspare Editore. Interverranno gli autori con i professori Giuseppe Lo Castro e Vittorio Marchis.

Museo MIIT

Corso Cairoli 4

Orari mar-sab15.30-19.30

Info 0118129776

MARA MARTELLOTTA

Croce senza cuore”, al Teatro Erba con Miriam Mesturino e Barbara Cinquatti

Sul palcoscenico del Teatro Erba, per l’occasione sapientemente trasformato nell’ambiente di un monastero salernitano grazie a un semplice ed efficace gioco di luci e ombre, che segna anche lo spostarsi, in continui balzi spazio temporali, nei luoghi della memoria, dei ricordi e di quel fil rouge che lega indissolubilmente il passato al presente, è andato in scena lo spettacolo “Croce senza cuore”, per la regia di Pietro Bontempo. Miriam Mesturino e Barbara Cinquatti, rispettivamente nei ruoli di Trotula de Ruggiero, dottoressa mitica della celebre scuola medica di Salerno, e della nobildonna Ermelinda, amica di vecchia data di Trotula e ormai radicata nei valori e nella cultura del monastero che abita, sono protagoniste magistrali di un intenso e intimo dialogo che sfocia nello scontro umanistico tra lo spirito della conoscenza e lo spirito conservatore, tra la curiosità verso la luce e la necessità del buio, sempre con Dio sullo sfondo, affacciato alle finestre del cielo.

Un’indagine dai toni polizieschi che diventa, nel tempo della vicenda, intima e filosofica: un’indagine nell’indagine sul rapporto con Dio, nel paradossale contesto in cui la scienza di Trotula sembra essere la sola ad affidarsi ai doni divini, rappresentati dai rimedi naturali con cui si prende cura dell’altrui sofferenza, fisica e spirituale, lasciando a Ermelinda il compito di esprimere tutto il torbido che ammanta il conservatorismo religioso quando diventa nascondiglio di nefandezze e immorale tornaconto.

Domina, nella pièce, il tema del ruolo della donna, delle pesanti catene che erano recinti e tradizioni della società nell’Alto Medioevo e di cui, sfortunatamente, arriva l’eco nel nostro presente. Il vestito rosso indossato da Miriam Mesturino/Trotula sembra un inno alla libertà che si contrappone alla violenza e all’oscurantismo, simbolo di sangue cristiano che lenisce il dolore e sacrificio sull’altare della conoscenza, di quella passione che relega alla solitudine il suo portatore, in quanto soggetto estraneo, non conforme a una società che sembra riconoscersi nel bianco austero di una falsa divisa indossata dalla bravissima e intensa Barbara Cinquatti/Ermelinda.

L’interpretazione di Miriam Mesturino evidenzia quanto siano non casuali le ricorrenti caratteristiche del “diverso” nei personaggi della storia, della letteratura e dello spettacolo che abbiamo amato di più: dai più grandi pensatori,filosofi e scienziati all’eccentricità degli investigatori nati dall’immaginazione di Agatha Christie, Simenon e Conan Doyle, dal geniale e solitario Dr. House della nota serie televisiva ai concetti di “spirito” e “oltreuomo” rappresentati dal Capitano Nemo e Achab, i grandi protagonisti di “20 mila leghe sotto i mari” e “Moby Dick”. Tutti accomunati da quella scintilla che li rende liberi, diversi e potenzialmente pericolosi agli occhi della massa, “piccoli fiori di campo che non hanno urgenza di morire” nel corpo fragile e bellissimo di una rosa.

Lo spettacolo sarà replicato domenica 23 novembre alle ore 16, presso il Teatro Erba di Torino.

Gian Giacomo Della Porta