CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 16

“Sulle note della bellezza”, concerto immersivo nella luce della Galleria Grande

La Reggia di Venaria celebra l’avvicinarsi della Primavera con la terza edizione di “Sulle note della bellezza”, il suggestivo concerto immersivo nella luce mattutina della Galleria Grande. Per l’occasione la Reggia apre le sue porte ai visitatori alle 8.30, accogliendo il pubblico all’interno dell’incantevole galleria per immergersi nella bellezza dell’architettura juvarriana, progressivamente illuminata dalle luci del primo mattino e lasciarsi coinvolgere dalle note del Quartetto Prometeo, uno dei più importante ensemble cameristici europei. Dopo il concerto, prima di procedere alla visita dei giardini della Reggia, gli spettatori possono cogliere l’opportunità di una ricca esposizione nei suggestivi ambienti della stessa. Il programma del concerto prevede, di Joseph Haydn, “Sunrise” Quartetto op.76 n.4; di Dmitrij Šostakovič il Quartetto n.7; di Giorgio Federico Ghedini “Il terzo quartetto in un solo tempo”.

Il Quartetto Prometeo è composta da Nurit Stark al violino, Aldo Campagnari al violino, Danusha Waskiewicz alla viola, Francesco Dillon al violoncello. Ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Leone d’Argento alla Biennale Musica di Venezia, e si è esibito nelle più importanti sale concerto come la Concert Gebow di Amsterdam, il Prague Spring Festival, il Mecklemburg Festival, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma, la Società del Quartetto di Milano, Gli Amici della Musica di Firenze, il Teatro La Fenice, e ha collaborato con musicista del calibro di Mario Brunello, Enrico Pace, il Quartetto Balcea, David Geringas e altri. Dal 2013 è Quartetto in residence all’Accademia Chigiana di Siena, in collaborazione con la classe di Salvatore Sciarrino, e dal 2019 tiene corsi di quartetto presso l’Accademia Musicale Santa Cecilia di Portogruaro e dal 2020, a Roma, nell’ambito di Avos Project.

Domenica 16 marzo, ore 8.30.

Biglietto: 16 euro comprensivo della visita ai giardini e alla Reggia – gratuito per abbonamento musei. Costo colazione 12 euro

Prenotazione: silvia.caruso@compass-group.it

Mara Martellotta

Alla Fondazione Giorgio Amendola, la mostra tutta al femminile “Segno, disegno, pensiero”

8 marzo 2025

In concomitanza con l’8 marzo, Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne, le sale espositive della Fondazione Giorgio Amendola, in via Tollegno 52, a Torino, ospitano l’esposizione collettiva intitolata “Segno, disegno, pensiero”, omaggio alla creatività e alla qualità di 11 artiste torinese: Maura Banfo, Clotilde Ceriana Mayneri, Chen Li, Carla Crosio, Matilde Domestico, Fernanda Fedi, Carol Rama, Marina Sasso, Anna Valle e Alma Zoppegni.

La mostra, a ingresso libero, è stata inaugurata alle ore 17 di sabato 8 marzo e sarà aperta fino a lunedì 31 marzo.

“Con questa mostra – spiega la curatrice Paola Malato – si intende mettere a fuoco l’aspetto della ricerca artistica femminile contemporanea che coniuga l’immagine figurativa con la lettera, con lo scritto o con il segno linguistico inteso sia nei suoi aspetti semantici sia nella sua essenza calligrafica. Le potenzialità comunicative della parola scritta, oltre al significato dei suoi contenuti, rimandano a segni, simboli, suoni, tracce evocative di idee e di pensieri, che veicolano una inaspettata dimensione estetica. Ecco che l’arte se ne appropria fin dai tempi più antichi: la parola supera la pura autoreferenzialità e diventa immagine significante in sé, portatrice di una sua risorsa comunicativa. Il segno scritto è pensiero che si fa traccia, e la traccia si fa voce e la voce, a sua volta, si fa energia emotiva, etica, simbolica e, in qualche caso, anche ideologica”.

La mostra è aperta da lunedì a venerdì dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19. Il sabato dalle 9.30 alle 12.30

Mara Martellotta

Semicrome, pentagrammi e rombi

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

A volte parlando per luoghi comuni si afferma: “Il nome conta”. Tuttavia il luogo comune cessa di esistere quando giungono a sostegno dati, numeri e statistiche, soprattutto se connessi ai nostri giorni, in cui fioriscono a ritmo rapido “compilations” di garage rock americano anni ‘60. Inutile dire che la maggiore o minore presenza di determinate etichette nelle raccolte attuali dà un’idea significativa del contributo che una determinata etichetta ha saputo dare al garage rock di una certa area geografica in un certo lasso di tempo. Dunque “Il nome conta” eccome, in più di un’occasione risultando connesso a migliori risultati di diffusione delle incisioni, al mercato, alle programmazioni radiofoniche. Un esempio concreto fu l’etichetta “Fenton Records” dell’area di Sparta (Michigan), attiva tra 1964 e 1970, particolarmente attenta alla promozione di garage bands sull’area ovest del Michigan, parte dell’Indiana ed est Illinois, sotto la direzione sicura di David Kalmbach, responsabile anche di “Great Lakes Recording Company”. La conferma che “Il nome conta” era pienamente definita con la natura dei contratti, dal momento che le bands si sobbarcavano tutte le spese di presa di suono, masterizzazione ed incisione, in cambio della presenza del logo “Fenton Records” (in genere con pentagramma e scritta con F a semicroma nelle tonalità azzurro-blu o giallo-verde, oppure con 5 rombi neri, uno per ciascuna lettera); ed il nome contava soprattutto sul versante delle radio, con programmazioni frequenti e turnazioni intense, elemento mai abbastanza sottolineato eppure importantissimo per quei tempi.

Tralasciando gli inediti poi rientrati in “compilations” o le ristampe Fenton post-2013, allorquando fu riportata in vita da Peak e Hard che rilevarono i diritti dell’etichetta, qui di seguito si elencano i soli 45 giri surf rock e garage rock della “Fenton Records”tra 1964 e 1968:

– RHYTHM ROCKERS “Three Strikes / Surf Around” (944) [c. 1964];

– SUE AND THE DYNAMICS “Go Tell It On The Mountains / Love In My Eyes” (948) [c. 1964];

– DAVE AND THE SHADOWS “Faith “7” / Playboy” (942) [1965];

– THE SHEFFIELDS “Nothing I Can Do / My Only Wish” (980) [1965];

– PEPETTES “Pepette Rock / Flashing Lights” (995) [1965];

– THE JUJUS “You Treat’ Me Bad / Hey Little Girl” (1004) [1965];

– THE PENETRATERS “What Went Wrong / Cross The River Of Love” (992) [c. 1966];

– THE RAMRODS “I Remember / You Know I Love You” (2014) [1966];

– THE SAHARAS “I’m Free / This Mornin’” (2016) [1966];

– THE QUESTS “Scream Loud / Psychic” (2032) [1966];

– LYN & THE INVADERS “Secretly / Boy Is Gone” (2040) [1966];

– PETER & THE PROPHETS “Johnny Of Dreams / Don’t Need Your Lovin” (2050) [1966];

– DON HANKE & THE ECHO MEN “You Put A Tiger In My Tank / You Are The One” (2064) [1966];

– CHANCELLORS “One In A Million / Journey” (2066) [1966];

– THE PLAGUES “I’ve Been Through It Before / (Clouds Send Down) Tears From My Eyes” (2070) [1966];

– CHANCELLORS “Dear John / 5 Minus 3” (2072) [1966];

– FUGITIVES “I’ll Hang Around / You Can’t Blame That On Me” (2075) [1966];

– THE QUESTS “Shadows In The Night / I’m Tempted” (2086) [1966];

– THE TRIBE “Fickle Little Girl / Try, Try” (2088) [1966];

– THE AARDVARKS “I Don’t Believe / I Don’t Need You” (2090) [1966];

– [THE] CHEVRON’S [V] – “What Everyone Wants / Hey Little Teaser” (2092) [1966];

– THE PEDESTRIANS “Think Twice / Snyder’s Swamp” (2102) [1966];

– THE PEDESTRIANS “It’s Too Late / My Little Girl” (2116) [1966 c.];

– SHEFFIELDS “Fool Minus A Heart / Blowin’ In The Wind” (2118) [c. 1967];

– CHENTELLES “Time / Be My Queen” (2132) [1967];

– THE JADES “Confined Congragation / Please Come Back” (2134) [1967];

– 9th STREET MARKET “I’m A Baby / You’re Gone” (2136) [1967];

– DAVID AND THE DIVERSIFIED SOUNDS “Little Boy Blue / I Dig” (2142) [1967];

– THE QUESTS “What Can I Do / Shadows In The Night” (2174) [1967];

– RAY HUMMEL III “Fine Day / Gentle Rain” (2188) [1967];

– KEN RANK / THE JADES “The Twin City Saucer / Ken’s Thing” (2194) [1967];

– THE JADES “Surface World / We Got Something Going” (2208) [1967];

– THE MUSSIES “Louie Go Home / 12 O’Clock, July” (2216) [1967];

– THE PEDESTRIANS “You Aren’t Going To Say You Know / The Unpredictable Miss Kinsey” (2226) [1967];

– THE BLACK WATCH “Left Behind / I Wish I Had The Nerve” (2508) [1967];

– THE LEGENDS “I’m Just A Guy / I’ll Come Again” (2512) [1967];

– HEADHUNTERS “Times We Share / Think What You’ve Done” (2518) [1967];

– THE 4 U & HIM “Back Door Man / Travelin Light” (2522) [1967];

– POOR BOYS PRIDE “I’m Here / But Yes Who Cares” (3060) [1968];

– OUR GENERATION “Baby Boy / Chicago Blues” GL-970) [1968].

Gian Marchisio

Due personaggi diversissimi pronti a catturare il pubblico

All’Erba, “Il cappotto di Janis”

Alain Teulié, classe 1960, ama e frequenta il teatro. È stato attore passando da Marivaux a Pinter, assistente alla regia per lo spettacolo “Cocteau-Marais”, che ripercorreva l’unione tra un grande scrittore e un raffinatissimo autore di palcoscenico e di cinema, protagonista di trasmissioni radiofoniche ospitando nomi dell’arte e dello spettacolo per parlare di attualità. A partire dall’inizio degli anni Duemila rivolge i propri interessi alla letteratura e al teatro (“L’ultimo bacio di Mozart” e “La mano del destino”, rappresentato anche da noi, tra i vari titoli), tra romanzi e pièces di grande successo oltralpe e non soltanto. Enrico Maria Lamanna mette in scena, in questo scorcio di stagione il recentissimo “Il cappotto di Janis”, produzione del Centro Teatrale Artigiano, protagonisti Rocìo Munoz Morales, all’Erba di corso Moncalieri per due sole repliche, sabato 15 marzo (ore 21) e domenica 16 (alle ore 16).

Al centro di un testo avvincente ed emozionante, capace di catturare il pubblico sino al suo epilogo, un incontro che non sarebbe mai potuto avvenire, tratteggiato nella presentazione dello spettacolo, tra “Mira, una vivace e giovane donna, particolare impertinente, dall’abbigliamento eccentrico e che ama ascoltare musica rap e Joseph, uno scrittore solitario che vive in un appartamento pieno di scatoloni, che ama Mozart, Bach, gli Stones e Janis Joplin. Tramite un annuncio, l’uomo assume Mira a cui assegna una misteriosa missione. Pian piano vengono allo scoperto i segreti che legano questa improbabile coppia a cui tutto sembra opporsi. La complicità che nascerà nei due personaggi sarà inversamente proporzionale ai loro disaccordi.” Da vedere.

e. rb.

“Premio Gianmaria Testa” a due giovani cantautori

Un romano e un pugliese, sono i vincitori del “Premio” tenuto in memoria del grande cantautore, “poeta in musica”, cuneese

Moncalieri (Torino)

Ventiquattro anni, cantautore romano “che con la sua musica crea un ponte fra passato e presente, un viaggio nostalgico tra sonorità retrò e pensieri contemporanei”: è Alessio Alì il vincitore assoluto della V edizione del “Premio Gianmaria Testa – Parole e Musica” (sezione speciale dello storico “Premio Letterario Internazionale Città di Moncalieri”, organizzato dal Circolo Culturale “Saturnio” in collaborazione con “Produzioni Fuorivia”) tenutosi nei giorni scorsi, con grande successo di pubblico, alle “Fonderie Teatrali Limone” di Moncalieri.

Dopo un lungo e selettivo percorso, la Giuria, presieduta da Eugenio Bennato insieme a Paola Farinetti (moglie e produttrice di Gianmaria Testa) ha scelto, tra i 142 brani originali arrivati da tutta Italia, cinque finalisti under 38 che hanno saputo interpretare con intensità e originalità sia la canzone di Gianmaria Testa sia il proprio brano inedito.

Al vincitore, Alessio Alì, andrà la possibilità di esibirsi all’“Attraverso Festival”, in apertura del concerto di Goran Bregovic in programma il prossimo 25 luglio a Bra (Cuneo) nonché la partecipazione a “Canzoni&Parole” al “Café de la Danse” di Parigi, nell’ambito del Festival dedicato alla “canzone d’autore” italiana.
Accanto ad Alì, è stato premiato, per  “la miglior esibizione”, anche il pugliese di Molfetta (oggi anche lui residente a Roma) Mizio Vilardi, classe ’88, “che ha saputo mescolare il dialetto molfettese alle parole e alla musica di Gianmaria Testa”. Infine, il riconoscimento per la partecipazione alla prossima edizione di “Reset festival” è andato a Fabio Schember.

Tutti i brani dei finalisti faranno parte di un “album” prodotto da “Incipit Records” e “Produzioni Fuorivia”, distribuito da “Egea Music”.

La serata finale, condotta da Chiara Buratti nella Sala Grande delle “Fonderie Teatrali Limone” esaurita in ogni ordine di posti, ha visto anche la partecipazione speciale di Stefano Bollani – storico amico e collaboratore di Gianmaria Testa – che ha arricchito l’evento con uno show ironico, divertente e affettuoso in compagnia della moglie, attrice e poliedrica performer, Valentina Cenni. La chiusura della serata ha visto il presidente della Giuria, Eugenio Bennato, chiamare sul palco alcuni dei giovani musicisti che si erano esibiti durante l’evento, eseguendo due intensi brani che hanno trasmesso un messaggio di continuità e speranza, celebrando il potere unificante della “vera” musica.

“Il Premio Gianmaria Testa – hanno sottolineato in chiusura Wanda Sorbilli del ‘Circolo Culturale Saturnio’ e Paola Farinetti di ‘Produzioni Fuorivia’ – rappresenta non solo una vetrina per i giovani talenti, ma un vero e proprio laboratorio culturale che rinnova il dialogo tra tradizione e innovazione. Siamo orgogliosi di contribuire a questo progetto, che celebra la grande eredità della canzone d’autore italiana e offre opportunità concrete per il futuro della cultura. Insieme, continuiamo a costruire ponti tra passato e presente, valorizzando il talento e la creatività delle nuove generazioni”.

g. m.

Nelle foto di Elisabetta Canavero: Alessio Alì, Mizio Vilardi eStefano Bollani con Valentina Cenni

Animali … Oh, se potessero parlare!

In anteprima nazionale, sul palco dello “Spazio Kairòs”, lo spettacolo teatrale “Animal perfezione”

Domenica 16 marzo, ore 16,30

Il testo é della giovane regista torinese Camilla Bassetti (formatasi come attrice e drammaturga, prima alla Scuola di Teatro “Giuseppe Erba” per poi passare alla “Sergio Tofano” – ora “Accademia Mario Brusa – e, sempre a Torino, alla “Shakespeare School” diretta da Jurij Ferrini), con la regia di Emily Tartamelli, in collaborazione con la Compagnia “Liberipensatori ‘Paul Valery’”, fra i fondatori, nel 2020, del Progetto C.Ar.Pe – Coordinamento Arti Performative” di Torino. E il titolo la dice già tutta: “Animal perfezione”. Nel senso La perfezione sarà pur vero che non è di questo mondo, ma, se lo fosse, gli animali in molti casi potrebbero dare un bel po’ di punti, in tema di rispetto soprattutto, a noi intelligenti (?) esseri umani! Spettacolo curioso, che di certo attrae, non poco, in particolare proprio sotto questo suo aspetto fantasioso e didattico. Didattico, certo. Basti pensare che, insieme alle due attrici protagoniste, Stefania Rosso e la stessa Camilla Bassetti, sul palco s’aggira pur anche, in carne e ossa, una “vera e propria” etologa (!), Cristina Argirò, la cui partecipazione straordinaria allo spettacolo fa da collante – ben  riuscito – fra teatro e scienza, come input prezioso per riconsiderare il nostro ruolo umano nella relazione con il mondo animale. Per chi interessato, e sono certo sarete non pochi, la pièce andrà in scena, in anteprima nazionale, allo “Spazio Kairòs” di via Mottalciata 7, a Torino, domenica prossima 16 marzoalle 16,30.

“Spettacolo per tutta la famiglia”, assicurano i responsabili. Dai bambini di 6 anni ai “bambini” che di anni ne fanno 106! Purché siano sempre “bambini”. Donne e uomini che, dentro, mantengano, a qualunque età, quella “purezza” e quella “libertà” d’intendere infantile, capaci di trasformare, in un soffio, le emozioni in vita reale.

Attraverso storie, dati e performance, lo spettacolo “invita a riflettere, in un dialogo fra animali e uomini, fra attori e pubblico, sul nostro rapporto con gli animali, sulla loro intelligenza, su emozioni e comunicazione, e su come queste nuove conoscenze possano promuovere una società più inclusiva e rispettosa”.

Scriveva il grande francese Daniel Pennac, papà del celebre Benjamin Malaussène e grande amico e cantore di bimbi e cani Uno crede di portare fuori il cane a fare pipì, mezzogiorno e sera. Grave errore: sono i cani che ci invitano due volte al giorno alla meditazione. Il mondo capovolto. E quant’è vero! Quanto, in fatto di amore gratuito rispetto fedeltà generosità amicizia, e quant’altro ancora, avremmo noi da imparare dai nostri amici pelosi a quattro zampe! Lasciatemi sognare! Lasciateci sognare! E’ quanto ci permette di fare, alla fin fine, il racconto teatral-didattico “Animal perfezione”. Che racconta di un sogno “quasi post apocalittico”. Di un mondo in cui  gli animali decidono di andarsene dalla terra perché non riescono più a comunicare con gli esseri umani. Questo sogno però “non è frutto – sottolineano ancora i responsabili – della creazione di un mondo fantascientifico, ma attinge alle scoperte e allo studio dell’etologia”. Che ci avvertono di quanti gravi danni nel corso dei tempi l’uomo abbia provocato al mondo animale, andando a minacciare la sopravvivenza di moltissime specie e la tutela della biodiversità. E allora, perché non avvalersi di questo per portare in scena le testimonianze concrete dell’impatto di ciò che noi, donne e uomini, costruiamo?

“Animal perfezione” propone dunque “un gioco, in cui, si cerca – questa la conclusione – di cambiare le logiche di pensiero sugli animali, lasciando da parte il pensiero antropocentrico e cercando, invece, di dare spazio a loro, cercando di immaginarci e di giocare su cosa farebbero loro, oggi, se fossero legittimati a essere i protagonisti. La speranza è quella di cercare uno spazio per scoperte, ipotesi e domande su queste creature, che conosciamo meno di quel che pensiamo, con lo scopo di aumentare la consapevolezza di ciò che spesso non ci è visibile, che sembra lontano, ma che accade”. Basta usare un po’ di fantasia. E pensarci su, senza troppi preconcetti. Del resto, dice ancora Pennac E’ proprio quando si crede che sia tutto finito, che tutto comincia! Parole sante!

Per info: “Spazio Kairòs/Onda Larsen Teatro”, via Mottalciata 7, Torino; tel. 351/4607575 o www.ondalarsen.org

Gianni Milani

Nelle foto: “Animal perfezione”, immagini di scena

La Grande arte italiana, ultimi giorni

Musei Reali di Torino

 

prorogata fino a domenica 16 marzo 2025

 

1950-1970. LA GRANDE ARTE ITALIANA. Capolavori dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

 

 

A seguito del grande successo di pubblico, è stata prorogata fino a domenica 16 marzo 2025, nelle Sale Chiablese dei Musei Reali a Torino, la grande e inedita mostra dedicata ai capolavori dei più importanti artisti italiani del secondo dopoguerra.

L’ingente numero di opere, per un totale di 79, proveniente dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, è stato riunito insieme per la prima volta fuori dal museo di appartenenza. Un’occasione straordinaria per dare vita a un progetto critico ed espositivo dal forte rigore scientifico e presentare a un ampio pubblico le testimonianze artistiche di una stagione irripetibile.

 

Prodotta da Musei Reali Arthemisia con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, la rassegna curata dalla Direttrice della GNAM Renata Cristina Mazzantini e dallo studioso Luca Massimo Barbero, è stata fortemente voluta e resa possibile da Mario Turetta, Capo Dipartimento per le Attività Culturali del Ministero della Cultura e direttore delegato dei Musei Reali di Torino.

 

La mostra, oltre a sottolineare il trentennale rapporto che la soprintendente Palma Bucarelli ebbe con un gruppo eccezionale di artisti, mette in risalto la ricchezza delle collezioni del museo romano ed esalta i 21 artisti più rappresentativi che hanno animato una stagione senza precedenti nel panorama dell’arte moderna italiana.

 

La mostra vede come special partner Ricolamobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale media partner La Stampa.

 

 

 

Informazioni e prenotazioni

+ 39 011 1848711

www.arthemisia.it

“Slavika”, tre giorni di incontri e presentazioni

Il ritorno del “Festival delle Culture Slave”

Da venerdì 14 a domenica 16 marzo

E’ il primo “Festival” italiano dedicato alle “Culture Slave” e, quest’anno, il suo nuovo arrivo sotto la Mole servirà, con un programma particolarmente ricco ed interessante, a celebrare la sua ottava edizione. Nato nel 2015 da un’iniziativa di Alessandro Ajres, presidente del “Circolo Polacco Torinese” fino al 2021, dal 2023 “Slavika” è tornato con un nuovo simbolo, quello della Rusałka, una figura mitologica rappresentane divinità, spiriti e demoni femminili associati ai fiumi e ai laghi, propria della mitologia slava e tesa ad incarnare l’essenza spirituale stessa del Festival. A questa si affianca, per l’ edizione 2025, il simbolo di un fiore, scelto non solo per rappresentare la vitalità della natura incontaminata, ma anche per simboleggiare la ricerca di un equilibrio nel rapporto tra l’umanità e il mondo naturale. Il fiore – sottolineano gli organizzatori – non è solo un elemento decorativo, che richiama alle mattonelle dipinte tipiche di alcune aree nel sud della Polonia, ma è soprattutto un’espressione dell’attenzione che il Festival dedica quest’anno a temi legati all’ecologia e all’attivismo ambientale nei Paesi slavi, argomenti più che mai attuali”.

Organizzato dall’Associazione Culturale “Polski Kot” (con il sostegno del “Consolato della Repubblica di Polonia” in Milano, dell’“Istituto Polacco” di Roma, e con il contributo del “Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne” dell’Università subalpina e di “Arci Torino”) “Slavika” prevede, quest’anno, l’arrivo in città di importanti “ospiti internazionali” attesi soprattutto dall’area balcanica, dalla Russia e dalla Polonia.

Al fine di rendere maggiormente attiva la partecipazione da parte del pubblico, quest’ottava edizione prevede, inoltre, coinvolgenti “workshop di traduzione letteraria”, accanto a presentazioni editoriali, proiezioni, talk, concerti ed iniziative off.

Tre i “siti” coinvolti: sede principale del Festival sarà, come sempre, l’“Unione Culturale Franco Antonicelli”, in via Cesare Battisti 4, accanto alle aule dell’“Università” di Torino (“Palazzo Nuovo” e “Complesso Aldo Moro”, in via Sant’Ottavio, 20) e il “Circolo dei Lettori” di via Bogino 9.

 

Il programma completo è disponibile su: www.linktr.ee./polskikot

 

Ricordiamo solo, per rendere l’idea della ricchezza degli eventi in agenda, quanto il Festival propone nelle prime due giornate

Il via venerdì 14 marzo, alle 18, nel “Complesso Aldo Moro” dell’Ateneo torinese con una lezione aperta sul “colonialismo” nella letteratura russofona condotta da Egana Džabbarova, scrittrice russofona ed esperta di “teoria decoloniale”.

La serata continuerà all “Unione Culturale Franco Antonicelli”, dalle 20,30, con il dj set del trio “Balkan Express”, collettivo di Bologna che fonde le tonalità della new wave jugoslava a ritmi folkloristici che attraversano i Balcani e arrivano fino al Caucaso.

Sabato 15 marzo la giornata inizierà con due workshop: alle 9, a “Palazzo Nuovo” si terrà il “laboratorio di traduzione dal russo all’italiano” condotto da Massimo Maurizio, traduttore e docente di “Lingua e Letteratura russa” all’“Università di Torino”, e Sara Gargano, slavista e traduttrice. Invece alle 10, all’“Unione Culturale Franco Antonicelli”, si terrà il “laboratorio di traduzione dal polacco all’italiano” con Barbara Delfino, traduttrice e scout di prosa polacca contemporanea, nonché traduttrice delle opere della vincitrice del “Premio Nobel” per la Letteratura Olga Tokarczuk.

Nel pomeriggio il Festival si sposta al “Circolo dei Lettori” dove, alle 17,30, lo scrittore e reporter di fama internazionale Wojciech Górecki racconterà il Caucaso in tutte le sue sfaccettature multietniche, presentando due reportage recentemente pubblicati in italiano: “Pianeta Caucaso” e “Abcasia” (2024, 2025, entrambi editi da  “Keller”). A dialogare con l’autore ci sarà Cesare Figari Barberis, ricercatore alla “Leiden University” e collaboratore dell’“Istituto per gli Studi di Politica Internazionale”.

La sera, alle 21, all’“Unione Culturale Franco Antonicelli”, Egana Džabbarova condurrà un reading poetico, accompagnato dalla musica di Andrea Cavallo, pianista, compositore ed improvvisatore.

 

Dopo gli appuntamenti domenicali (www.linktr.ee.polskikot ), “Slavika Festival”proseguirà con “Slavika OFF”. Lunedì 17 marzo e sabato 10 maggio, alle 18, al “Circolo dei Lettori” si terranno due appuntamenti commemorativi dedicati alla figura della scrittrice croata Dubravka Ugrešić, scomparsa nel 2023.

Per ulteriori info: www.polskikot.it o slavika.fest@gmail.com

 

g.m.

 

Nelle foto: EganaDžabbarova; Trio Balkan Express”; Cover “Pianeta Caucaso” e “Abcasia” di Wojciech Górecki

“Discreto, riservato, gentile”, questo era Silvano Gherlone, punto di riferimento alla Davico

Negli spazi della Galleria Fogliato, fino al 29 marzo

 

“Quel passage fra piazza Castello e piazza Carlo Alberto, così parigino, così infallibilmente borghese, un mondo da sempre, dalle origini, di ieri, una flânerie che ha il respiro di un’educazione antica, canforata, sobria, eppure non avara di leggerezza di ‘médisances sublimes’, di passi non irregimentati…”.

Così quelli che sono quasi i “versi” di Bruno Quaranta, con Sabatino Cersosimo e Gianfranco Schialvino a rendere omaggio a un luogo concepito nelle architetture di Pietro Carrera e nelle decorazioni di Casanova e Rubino, nell’apertura di un cielo – lassù, il rifugio torinese di Nietzsche -, la galleria dovuta alla Banca dell’Industria Subalpina ma per tutti i torinesi “del Romano”, un tempo cafè chantant dove anche il filosofo scendeva a distrarsi il pomeriggio, dove Gozzano e le “signore e signorine” sceglievano le paste da Baratti, dove trovi oggi il ristorante e la scelta perfetta dei vini o les affiches d’antan, dove da poche settimane la Luxemburg s’è spostata a offrire libri e colazioni impiegate a sfogliare pagine, dove fino a ieri in piena fortuna entravi alla Davico, divenuta adesso unico occhio spento di rinnovate vetrine, pronta a cogliere anch’essa, dal buio, il dibattito tra verzure sì e verzure no; e a un uomo, Silvano Gherlone, che la Davico la aprì nel 1971 e avrebbe deposto le armi nel 2004, “una bomboniera gioiello foderata di velluto color tortora”, annota la memoria di Schialvino critico e amico, “l’ambiente ideale, il paradigma del successo e dell’affermazione”, delineando “la filosofia della galleria”, fatta di “qualità, perfezione ed eleganza” che s’allargano in prestigio e signorilità e stile, una filosofia che accoglieva i grandi maestri contemporanei come le leve più recenti, con un gusto che oltrepassava i compiti primi di un gallerista e sconfinava nel “supporto” e nell’”amicizia”. Così Cersosimo, che di quell’amicizia godette per lunghi cinque anni, e certo ancora oltre, dal 1999 al 2004, in qualità di assistente, scolaro riflessivo e onnivoro, prima che prendesse la via della capitale tedesca “per rinnovare la mia ricerca artistica”. Ancora Schialvino: “Una luce per ogni quadro, fu opera dell’architetto Danilo Nubioli e, assolutamente innovativo per l’epoca, ancora oggi resterebbe attualissimo (il progetto dell’ambiente, ndr) per quella che è stata per anni una delle più belle gallerie d’arte della città”.

“A Silvano. 35 anni alla Galleria Davico” s’intitola la mostra – negli spazi della Galleria Fogliato di via Mazzini sino al 29 marzo, fatta di una lunga gestazione, “un’idea condivisa con gli amici Anna Lequio e Fiorenzo Sarzano” – che i tanti artisti e collezionisti e critici contaminati dalla sua signorile amicizia gli hanno voluto dedicare a circa quattro anni dalla scomparsa. Palpabile, quella amicizia, ancora durante l’inaugurazione che s’è svolta nei giorni scorsi, aneddoti e pensieri e suggestioni, i “mi ricordo quando” che fioccavano, l’importanza dell’”io ci sono stato”, di un tempo che ancora nell’occasione hanno ritrovato la propria ragion d’essere. Una ‘recherche’ nella vita di ognuno. Una lunga sequenza, un interminabile nastro artistico, settanta nomi a testimoniare un’epoca, la convinzione che da quelle stanze “ovattate” sia passato un buon tratto della cultura torinese.

Difficile, impossibile citare tutti. Non soltanto per l’abbondanza dei numeri, ma perché – io credo veramente – sarebbe necessario, ad ogni opera, ricercare il motivo di una scelta, il tassello di un percorso ben delineato, l’innamoramento e la scoperta, sarebbe necessario chiarire a chi ha incontrato Gherlone soltanto negli ultimi istanti della sua attività che cosa lo portasse a individuare questo piuttosto che quell’artista, giovane e meno giovane, quattro passi dalla vicinissima Accademia, quanto coincidessero o si distanziassero la predilezione e l’intimo studio, il più approfondito giudizio. C’è l’antica corrente dei Surfanta, c’è il mostro verde e spiaggiato di Alessandri e “Il rinoceronte assunto”, imponente animalone sulla nuvola soffice di Abacuc (Silvano Gilardi), il nodoso e antico ulivo pugliese di Renato Balsamo, il bambino sperduto al di sopra di  quella macchia nera che lo allontana dal gioco collocato nell’autobiografia di Guido Bertello (1983), ci sono “Le due sorelle” di Carlo Cattaneo (del 1983) ed “Esperimento per uomo sdraiato e natura astratta” di Cersosimo, Mauro Chessa ed Enrico Colombotto Rosso, una “Meteora” di Riccardo Cordero e il nudo femminile nell’”Interno” di Italo Cremona, c’è l’India dai grandi corsi d’acqua e dagli alberi altissimi dovuti a Stefano Faravelli, c’è la bella scoperta di Philippe Garel con una “Nature morte au citron”, ci sono i tratti raffinati e altresì inquietanti delle “Oche principesse” e di una delle tante bambine di Titti Garelli e i pastelli di Vincenzo Gatti, il mondo egizio di Ezio Gribaudo a ricordo della mostra del 1973, il felicissimo Riccardo Tommasi Ferroni con “Natura morta con testina d’abbacchio” della collezione Sarzano-Rizzollo.

C’è il carboncino entusiasmante di John Keating, il corpo nascosto tra le pieghe del lenzuolo, e il teatrino di Luzzati, i “Piantatori” di Giovanni Macciotta (1960) e lo “Studio” di Anna Lequio (2023), acquerello dedicato all’amico Silvano, il viso di ragazzo di Pino Mantovani e la “Silvia” classicheggiante di Ottavio Mazzonis e il nervoso e impennato cavallo ad accompagnare il “Bellerofonte” di Raffaele Mondazzi, i tetti invernali e imbiancati di Aime e il mare di Vinicio Perugia, il “Raccolto” poetico – l’antica assoluta poesia di sempre – di Sergio Saccomandi e il ragazzo di Lorenzo Tornabuoni, la “Ginnasta con la palla” che testimonia ancora una volta l’arte di Sergio Unia. Nomi, un nastro di nomi, un punto di riferimento prezioso e oggi non dimenticato, un punto di confronto per quanti con lui hanno amato l’arte, Silvano Gherlone è stato il gallerista prezioso e attento, giudicante e accogliente, l’uomo che consolidava un percorso già avviato o poteva dare inizio a una carriera, con intelligenza e con simpatia, poteva affermare un futuro valore, correggeva e indirizzava. Silvano Gherlone era “discreto, riservato, gentile”, scriveva ne La Stampa Bruno Gambarotta all’indomani della sua scomparsa: e l’affetto che ancora circola, oggi, tra le pareti della Fogliato ne è l’esatta testimonianza.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Silvano Gherlone e Sabatino Cersosimo nel 2018 davanti ad alcune opere dell’artista; Guido Bertello, “L’uccellino di latta”, 1983, acrilico su tela (coll. Bertello); Giovanni Maciotta, “Piantatori”, 1960, olio su tavola (coll. privata); Lorenzo Alessandri, “Ma perché mi odiate tanto”, 1976, olio su masonite (coll. privata)

Giuseppe Luigi Lagrange, nato Lagrangia a Torino

«Chi ha ottenuto notorietà all’estero, dovrebbe averla anche in patria» giusta affermazione, ma, e gli insuccessi? «in tal caso non tutto va detto» intervento pronto di qualcuno ….


Noi però crediamo che la verità storica non debba mai essere sottaciuta (e neppure addomesticata per soddisfare agli interessi di qualcuno). Cercherò allora di dirvi perché intendo parlare di Lagrangia (nome con il quale, nel 1736, il nostro personaggio venne registrato nell’atto che, primo, testimoniala sua venuta alla luce proprio a Torino).

Negli anni scorsi, Torino ha dedicato meritate attenzioni al matematico Giuseppe Luigi Lagrange (Torino, 1736 –Parigi, 1813), che, con il medico Cigna e il conte Saluzzo, fu fondatore della Società Privata che originò poi la nostra Reale Accademia delle Scienze. Così, nell’autunno del 2013, furono allestite una mostra e una pubblicazione di 128 pagine illustrate, sotto il titolo: «Lagrange. Un europeo a Torino». La scelta di quelle parole, però, non fu moltofelice perché, enfatizzando il cognome francese, sembravavoler dar lucro alla Città recuperando alla causa un transalpino! Operazione questa del tutto inutile e almeno non necessaria, perché si sa che, proprio da Torino,partirono personaggi e iniziative che ebbero successo in tutto il mondo.

Ora però andiamo alle pagine di quel volumetto, frutto dellacollaborazione di alcuni specialisti.

Nulla da eccepire sulle disamine attente degli storici della scienza, e meno male che si è anche ricorsi a studiosi come Maria Teresa Borgato e Luigi Pepe che al matematico«Lagrange» avevano già dedicato un elegante volumetto (illustrato di 206 pagine, edito a Torino nel 1990), nel quale, senza segnalarlo, si fece emenda della genealogia famigliare di Antonio Manno, sostituendo addirittura anchei nomi di alcuni personaggi riferiti da lui. – Disdicevole comunque era la divulgazione di questi nuovi elementi di storia famigliare, senza tener conto di quanto altri, più vicini a noi nel tempo, avevano scritto sull’argomento. Ricorderò allora che i nobili Lagrange sono stati argomentodel prezioso saggio, intitolato «Familles de La Grange La Grange –d’Arquien & La Grange – Trianon», facilmente accessibile in rete, dove fu pubblicato da Etienne Pattou nel 2006, con “dernière mise à jour: 21/02/2022 sur http://racineshistoire.free.fr//LGN, che nulla dice del nostro scienziato, delle sue origini e della sua famiglia. Per le commemorazioni torinesi del 2013, quindi, sarebbe stato auspicabile che si rendesse noto il luogo in cui, in Francia, nacque l’antenato suo che per primo si trasferì in Piemonte(evidentemente, i polverosi documenti dell’Archivio di Stato scoraggiarono le ricerche e si decise di lasciare le carte tranquille, tutelate dal loro silenzio centenario)!

Però, siccome quel nome di famiglia è presente negli Stati Sabaudi al di là dei monti, viene da segnalare che, su quelle zone, pubblicò Hippolyte Tavernier (Taninge et ses environs. Mémoire descriptif et historique, 1888,) rilevandola presenza dei Lagrange in Faucigny (la terra, fin dal XIV Secolo, frequentata dai nostri antenati). La circostanza ètaciuta non solo dal Manno, ma anche dal Pattou, che neppure nomina, in Savoia, l’esistenza storica di un marchese Lagrange, Jacques Abraham Raimond, morto nel 1854, e di un suo nipote, Marie Frédéric conte de Lagrange,sposo di Marie Antoinette Burdet (1828-1899), la figlia di quell’Aimé (1790-1862), libraio e tipografo della famosa stamperia di Annecy (il cui titolare, fregiato del titolo di «Imprimeur de l’Evêché et du Clergé», iniziò a operare nel 1732, con Jean-Baptiste da Seyssel, avolo di Aimé. mentresuo figlio Charles, che pure si era impratichito nella professione a Parigi, avrebbe ceduto la proprietà della libreria ad Abry nel 1872, e quella della tipografia a Niératnel 1876).

Ciò detto mi scuserò per questa digressione(genealogicamente basata su Geneanet-Albero genealogico Pierre Blanc, e storicamente su studi di S. Coutin, nostri e di altri), ho fatto cenno di un ramo collaterale del casato del quale porto il nome, quindi, forte dei miei studi ultraventennali sul XVIII Secolo, già opportunamente pubblicati (con contributo della Regione Piemonte e titolo:Carlo Antonio Napione (1756 – 1814), Artigliere e scienziato in Europa e in Brasile, un ritratto, Torino, Celid, 2005, 2 tomi illustrati di pp. XVI+940], farò una doverosaemenda puntualizzando quanto fu scritto, undici anni or sono, su Lagrange in merito al suo rapporto con le Scuole di Artiglieria torinesi.

Studiando le origini dell’Artiglieria Piemontese infatti, ho ritrovato, letto, trascritto e pubblicato (nel tomo 1° di quella mia opera) diversi documenti conservati tra le Carte Antiche d’Artiglieria alle Sezioni Riunite dell’Archivio di Stato di Torino. In particolare l’«Informazione rassegnata a S.M. dal Direttore Generale delle Scuole d’Artiglieria D’Antonj, nella quale si descrivono i motivi dello stabilimento di dette Scuole, le addizioni fatte in seguito al primiero Regolamento, i mezzi, ed i modi adoperati dal medesimo Direttore per conseguire il fine, cui mira tale Stabilimento, ed i progressi, che ne sono derivati da tutte le disposizioni prese a tale riguardo» datata 17 ottobre 1776. Poiché in quelle pagine è chiaro che «si è dato principio li 2. del 1770 a un quarto Corso di studj teorici colla scelta di nuovi Cadetti ... Questo corso, è stato terminato in fine d’Agosto 1776 coll’esito descritto nella memoria de’ 6. Luglio del Direttore generale, e nella relazione del primo Settembre dello stesso anno per le scuole teoriche. Le materie insegnate in questo Corso sono le medesime già spiegate nel Corso precedente a norma delle addizioni del 1755, con questo divario però che siccome i trattati matematici formati da’ due diversi soggetti (§10H) quantunque esimj in se medesimi, erano fra essi slegati a segno, che hanno non pocco imbarazzato gli studenti, così il Direttore generale ha per questo corso rifatti essi trattati, di modo che nell’escludere ogni diramazione non necessaria alla professione d’Artigliere, e d’Ingegnere, ha procurato di condurre gli Allievi per la strada più breve, e facile all’acquisto di quelle notizie, che per essi sono indispensabili» e, in nota, il generale  Papacino andava chiarendo: «Il talento sublime del sostituito La Grangia, che con tutta ragione lo ha collocato fra i primi Accademici d’Europa, non le ha permesso di sminuzzare i rudimenti a noi necessarj, onde hanno giudicato rettamente coloro, che nell’altro corso ne hanno censurato i trattati per essere troppo elevati, metafisici, difusi in materie estranee, e mancanti d’applicazione alle professioni d’Artigliere, e d’Ingegnere. Ma se taluno pronunciasse lo stesso giudizio sulli insegnamenti fatti in quest’ultimo corso, si dimostrerebbe digiuno in queste materie».

Grazie a quanto scrissi sul nostro Napione, queste notizie avrebbero potuto essere prese in considerazione, perLagrange, infatti i miei due tomi, già pubblicati da otto anni, erano presenti, non solo in Italia, ma nelle principali biblioteche del mondo però, su quell’opera, ritornerò ancora , in questa sede.

Carlo Alfonso Maria Burdet