CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 16

Letture teatralizzate dei testi di Luis Sepulveda nelle biblioteche torinesi

In omaggio al grande scrittore per iniziativa di Assemblea Teatro

A distanza di cinque anni dalla scomparsa di Luis Sepulveda, la Città di Torino ricorda il grande scrittore cileno con cinque letture teatralizzate nelle biblioteche.

“Il nostro ricordo di Luis Sepulveda” è un progetto di Assemblea Teatro, con il contributo della Città di Torino, realizzato in collaborazione con le biblioteche civiche torinesi.

“Luis Sepulveda amava osservare il mondo e stare in mezzo alla gente – dichiara l’assessora alla Cultura del Comune di Torino Rosanna Purchia – Non c’è modo migliore per ricordarlo che ritrovandosi nelle biblioteche, luoghi accoglienti, aperti, dove la cultura si intreccia alla socialità, per far risuonare  le sue parole, leggendole e recitando, per avvicinare pubblici diversi, compreso anche chi solitamente non si avvicina alla lettura.  Sostenere  un progetto come questo significa ribadire l’impegno della Città a favore della diffusione della lettura, della valorizzazione degli spazi culturali e della memoria di figure che, come Sepulveda, hanno lasciato un segno profondo nel nostro immaginario”.

“Luis Sepulveda è stato un compagno di crescita per tante generazioni di lettori –  ha affermato il presidente di Assemblea Teatro Renzo Sicco – che si sono emozionate con le pagine de “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, hanno scoperto il valore dell’amicizia con “La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare”, hanno conosciuto il Sud del mondo con “Patagonia Express” o “Ultime notizie dal Sud”.  Lo scorso 22 aprile, nel giorno della festa del Libro e delle Rose di Barcellona, Assemblea Teatro lo ha voluto ricordare con una speciale replica de “Las rosas de Atacama”. Lo ricorderemo anche a Torino, dove con la Lanterna Magica,  il Premio Grinzane Cavour, il Salone del Libro e la stessa Assemblea Teatro, ha condiviso diversi straordinari quanto importanti progetti e incontri.

Dal 27 maggio al 10 ottobre nelle biblioteche civiche torinesi attori e attrici di Assemblea Teatro leggeranno cinque favole sugli animali tratte da “Il grande libro delle favole” ( Guanda editore 2019) in altrettanti incontri.

Alla biblioteca Centrale di via della Cittadella 5, il 27 maggio alle 21, verrà letta la “Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza”; il 18 giugno alle 17 alla Biblioteca Alessandro Passerin d’Entreves si terrà una lettura teatralizzata in lingua italiana e spagnola della ”Storia del gatto e del topo che diventò suo amico”.

II 26 luglio, alle ore 11, presso la Biblioteca Alberto Geisser, in corso Casale 5, sarà la volta della “Storia della gabbianella e del gatto che diventò suo amico”; il 10 settembre alle 17, presso la Biblioteca Italo Calvino, lungo Dora Argrigento 94, verrà letta la “Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà”.

La “Storia di un balena bianca raccontata da lei stessa” sarà  letta il 10 ottobre alle 21, presso la Biblioteca Cesare Pavese, in via Candiolo 79, riaperta dopo i recenti lavori di ristrutturazione.

L’ingresso è gratuito, ma è consigliabile la prenotazione all’indirizzo

biblioteche.prenotazioniattivita@comune.torino.it

Mara Martellotta

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO:  Parri presidente del Consiglio nel 1945 –  Il referendum e la democrazia plebiscitaria – I fondi per le strade non si toccano – Lettere

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Parri presidente del Consiglio nel 1945
Sono  passati 80 anni da quando, dal giugno 1945 al dicembre dello stesso anno, Ferruccio Parri fu presidente del Consiglio dei Ministri. Furono il PLI e il ministro liberale dei Lavori Pubblici Leone Cattani  a sfiduciarlo,  perché il suo governo più che portare il Vento del Nord a Roma, non riusciva neppure a mantenere l’ordine pubblico, preoccupato solo di realizzare una massiccia epurazione sommaria dopo il 25 aprile. Non discuto Parri nel suo insieme perché alcuni aspetti della sua vita meritano rispetto e anche ammirazione. Ma come  capo del Governo fu assolutamente negativo anche per le persone che portò con sé: esponenti del Partito d’Azione fanatici e fuori dalla realtà. Parri non volle capire che la guerra civile era finita e che bisognava voltare pagina. Lo compresero De Gasperi e lo stesso Togliatti che nel 1946 promosse l’amnistia per i crimini dal ‘43 al ‘45.
Parri si distinse per il suo giacobinismo velleitario  e  nel ‘53 fu contro la legge maggioritaria considerata dai comunisti una “truffa”, contribuendo così  all’ ingovernabilità che il premio di maggioranza avrebbe evitato. Nel ‘68 fu il promotore degli indipendenti di sinistra eletti dal PCI, quelli che Lucio Libertini definiva “indipendenti da tutto salvo che dal PCI”  come mi disse  con sincerità una volta che parlammo di Antonicelli. Indubbiamente un bel cammino per un mazziniano che fu interventista e  ufficiale di Stato Maggiore durante la Grande Guerra. Gianni Dolino me lo volle far conoscere  e ne trassi più o meno  l’opinione di un vecchio che ripeteva un disco rotto. Non lo scrissi, anzi quando morì feci un pezzo di elogio che oggi disconosco quasi  totalmente. Lo studio della storia mi ha fatto cambiare idea sul mitico “Maurizio” della Resistenza. Solo uno come Sogno poté rischiare la vita per liberarlo. E mi ha sempre sorpreso molto la sua sepoltura a Staglieno accanto alla tomba di Giuseppe Mazzini. Con dileggio volgare il fondatore dell’”Uomo qualunque “Giannini, storpiandone il  nome e il cognome, scrisse “Fessuccio Parmi”, un’espressione triviale  che rivela il gusto sguaiato di una certa destra populista del dopo guerra. Una citazione che rende bene l’idea dello scontro politico, ridotto a vile attacco personale, nell’Italia di allora. Anche i fascisti e i comunisti amavano storpiare i cognomi per dare più vigore alla loro vis polemica.
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 Il referendum e la democrazia plebiscitaria
Il non voto al referendum è legittimo perché la Costituzione contempla un quorum (50 % +1 dei votanti) senza il raggiungimento del quale esso è nullo. Chi dice il contrario non è in buona fede, esprime un giudizio partigiano che nega la stessa Costituzione. Sono semplificazioni manichee  dei cosi’ detti attivisti, una parola che mi provoca l’orticaria: gli intellettuali non possono essere degli attivisti. Lo stesso Mattarella che è un giurista di vaglia, nel 1999, quando era vicepresidente di D’Alema, disse che le opzioni erano 4: votare, non votare, votare sì o votare no. La stessa raccolta di appena 500mila firme per indire un referendum  appare oggi  insufficiente per evitare un referendum voluto da esigue  minoranze.
Mezzo milione  è  oggi una cifra ridicola rispetto al 1948 ,quando venne varata la Costituzione. La possibilità di raccogliere le firme attraverso internet ha reso infatti  troppo facile un  possibile uso improprio e   strumentale  del referendum  per raggiungere effetti politici che vanno oltre il quesito referendario. La democrazia diretta è importante, ma le leggi sono e devono tornare ad essere competenza prioritaria  del Parlamento. La democrazia plebiscitaria per chi conosce la storia è a volte assai poco democratica. Il referendum implica inoltre  una spesa  molto alta per l’allestimento dei seggi, gli scrutatori, la macchina elettorale periferica e centrale.  Dopo le esagerazioni del passato  che avevano screditato il ricorso al referendum senza raggiungere il quorum, si parlò autorevolmente di aumentare il numero delle firme necessarie, ma poi non se ne fece nulla. “Più Europa” non può  riproporsi come il nuovo partito radicale e personaggini politicamente esangui e perdenti  come Magi non sono neppure la fotocopia sfocata del grande Pannella.
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I fondi per le strade non si toccano
Come ho più volte lamentato le buche nella viabilità non sono state  colmate a Torino; ritengo  che i  vistosi tagli voluti da Salvini – il Piemonte è una delle maggiori vittime designate -alla viabilità provinciale e nazionale siano del tutto inaccettabili  e rivelino la scarsa competenza e soprattutto la non affidabilità politica del leghista  lombardo, già dimostrata tante volte quando era al governo con Conte.
Spero per lui che non sia vera la notizia dei tagli per finanziare il ponte sullo stretto di Messina: sarebbe una follia politica. Dovendo scegliere è meglio garantire la sicurezza nella viabilità ordinaria. La notizia è giunta per tempo: domenica si vota a Genova dove la situazione è molto difficile per il centro-destra. Di queste scelte avventate la Lega pagherà lo scotto perché governare richiede equilibrio e capacità di amministrare.
Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com
Stermini novecenteschi
Ho letto che uno storico in voga  molto osannato ha detto che i gulag sovietici  non sono neppure lontanamente paragonabili  ai campi nazisti. Cosa ne pensa? A me più che storia sembra propaganda. Ettore Damiano
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Il discorso sarebbe lungo e complesso e non riassumibile in una risposta necessariamente breve. Mi limito a sintetizzare qualche riflessione: il “metodo” tedesco e quello sovietico furono diversi, ma  i fini furono identici: l’eliminazione degli ebrei  e degli oppositori politici dalla vita civile fino alla loro morte violenta. In realtà l’antisemitismo fu una caratteristica della Russia zarista e di quella  sovietica. Le sole  vittime di Stalin furono decine di milioni a cui vanno aggiunte quelle di Mao, spesso dimenticate. La distruzione degli uomini attraverso diverse forme di sterminio furono le caratteristiche  dei regimi totalitari del ‘900.   Anche quello armeno fu un genocidio , come le foibe jugoslave  furono un episodio di pulizia etnica circoscritta, ma non meno grave. Nessuno può storicamente parlare di altri genocidi: si tratta sovente  di giudizi politici usati oggi  come slogan a sostegno di terroristi, eredi di alleati di Hitler durante la seconda guerra mondiale e visceralmente antisemiti da sempre.
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Musica sacra
Il maestro Riccardo Muti  in occasione dell’elezione del nuovo Papa si è augurato il recupero della musica sacra. Se il Papa contribuirà al suo ripristino, farà un’operazione anche culturale di valore storico. Lo dico da non credente.  Isabella Usai
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Credo che sarebbe un ripristino importante. Le chiese invase da chitarre e urlatori è una triste realtà da decine di anni. Con la riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II è  stato  di fatto archiviata  con il Latino una tradizione molto importante. Già l’ateo dichiarato Massimo Mila poneva in evidenza il fascino irresistibile del Gregoriano. Il Papa Francesco ha addirittura vietato la Messa in Latino. Essa va liberamente consentita, ammesso che ci siano ancora sacerdoti in grado di celebrarla. Anche nei seminari lo studio del Latino non è più importante. Muti ha ragione e non a caso il suo appello è stato minimizzato.

“Le Domeniche dell’ Auditorium”, omaggio a Sofija Gubajdulina

Domenica 25 maggio, in programma all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, protagonista del sesto appuntamento cameristico delle “Domeniche all’Auditorium” sarà l’Ensemble Pantaleón 100 dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Il concerto si intitola “Un respiro tra le corde”, è registrato da Radio 3, che lo trasmetterà domenica 1 giugno alle ore 20.30.

L’Ensemble comprende un quartetto d’archi della compagine Rai, Michal Ďuriš e Carola Zosi, violini, Ula Ulijona, prima viola, e Fabio Storino, violoncello, affiancato dal Bajan, una fisarmonica cromatica a bottoni di Davide Vendramin. Insieme proporranno in apertura “Le Bagatelle” op.47, scritte da Antonin Dvořak nel 1878 e nell’arco di pochi giorni per l’insolita formazione di un quartetto con l’armonium. “Le Bagatelle” furono scritte in uno dei momenti più favorevoli per la commercializzazione delle sue opere da parte dell’editore Sim Rock; per i musicisti del tempo il mercato degli spartiti era fonte di reddito, oltre che di riconoscimento popolare. In quel periodo Dvořak era solito eseguire musica da camera con alcuni suoi amici e, tra questi, Josef Srbdebrnov, era in possesso di un armonium. Le cinque Bagatelle presentano ampi contrasti, episodi lirici gentili si alternano a momenti di agitazione; nel suo insieme la musica appare bilanciata e armoniosa, unita da un motto avvertito all’inizio del primo e del terzo movimento.

A seguire “Silenzio” della grande compositrice russa Sofija Gubejdulina, scomparsa loms orso 13 marzo. Si tratta di una raccolta di 5 brani per violino, violoncello e bajan dedicata alla virtuosa dello strumento a bottoni “Elsbeth moser”, anche fonte di ispirazione per l’opera eseguita per la prima volta ad Hannover nel 1991.

Il concerto si concluderà con due pagine di Wolfgang Amadeus Mozart, l’Adagio e Fuga in do minore per quartetto d’archi K 546 del 1788 (versione per archi della Fuga in do minore per due fortepiani K 426, cui il compositore aggiunse un adagio iniziale) e l’Adagio e Rondò in do minore K 617 scritto nel 1791 e dedicato alla virtuosa della Glassarmonica Marianne Kirchgebner, non vedente dall’età di tre anni. Il brano, che consiste in un quintetto per armonica, ha bicchieri, flauto, oboe, viola e violoncello. Marianne Kirchgebner lo eseguì nell’agosto del 1791 al Kärntnertortheater di Vienna e, in seguito, a Londra, riscuotendo enorme successo, suonando insieme all’Adagio in do maggiore K 356, che Mozart aveva già composto per lei. L’Adagio e Rondò in do minore, scritto originariamente per un diverso organico strumentale, viene eseguito dal quartetto d’archi Rai con Bajan.

Biglietti: 5 euro – in vendita online sul sito dell’OSN Rai e presso l’Auditorium Rai di Torino, in piazza Rossaro.

Mara Martellotta

Quell’“avveniristico” ascensore della Regina Margherita

Restaurato dal “CCR – La Venaria Reale”, ritorna alla “Palazzina” di Stupinigi l’ascensore storico utilizzato dalla Regina Margherita

Nata in Palazzo Chiablese, a Torino, nel 1851 (e scomparsa a Bordighera nel 1926), Margherita di Savoia, sposa di re Umberto I e prima regina consorte d’Italia, fu donna di grande temperamento e fascino, presso le alte sfere della politica ma anche sulla popolazione, amante dei “balli di corte” (di certo non poco faticosi) e “sportiva”, si direbbe oggi, appassionata di equitazione, ma soprattutto delle lunghe passeggiate in montagna nella “sua” adorata Valle di Gressoney e di alpinismo, tanto da salire come prima donna sul Monte Rosa, impresa omaggiata alla “Sua Maestà” con la dedica della “Capanna Margherita”, dove pernottò nel 1893, e rifugio più alto d’Europa, con i suoi 4556 metri della “Punta Gnifetti”. Eppure … eppure. Anche a lei non disturbavano, le più semplici quotidiane (ma in allora avveniristiche) comodità. Così, nel 1905, quando la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi era ormai residenza della regina (vedova da cinque anni di re Umberto I ) e della sua corte pensò bene di dotare la “Palazzina” (pensate un po’) nientedimeno che di un ascensore. Raro “marchingegno”, per quei tempi, realizzato dalle Officine Meccaniche “Stigler” di Torino e che serviva per accedere solo al primo piano, livello dove erano predisposti a Levante gli appartamenti residenziali, i suoi e quelli della corte. Nel cosiddetto “Appartamento del Re”, viveva la sua prima “dama di compagnia”, la marchesa Paola Pes di VillamarinaEcchè ci voleva! dirà qualcuno. Un ascensore, per una rampa di scale! Ma tant’é. E poi l’ “elevatore” – come si diceva allora – rientrava nell’ambito dei lavori di riammodernamento richiesti dalla stessa regina, che fece diventare la “Palazzina di Stupinigi” una delle sue residenze prevalenti. Tra il 1902 e il 1915, infatti, il palazzo venne dotato di numerosi accessori finalizzati alla sua comodità, tra cui il potenziamento dell’impianto di riscaldamento, i servizi di ritirata all’inglese con acqua corrente e lavandini con acqua fredda e calda, la corrente elettrica e, appunto, l’ascensore che si presentava “a pompa idraulica”, dotato di una cabina lignea con porta scorrevolevetri smerigliati nelle otto finestrepulsantiera in bachelite, di cui rimangono solo tracce, e “coronamento” con motivo a “balaustrini” torniti. Il suo servizio, tuttavia, non durò a lungo, ma fu ancora usato dal personale del “Museo d’Arte, Storia e Ammobiliamento” quando la “Palazzina” diventò Museo nel 1919. Da allora se ne persero le tracce. Oggi, il gran ritorno.

“L’inserimento dell’ascensore restaurato nel percorso di visita della ‘Palazzina’– commenta la presidente della ‘Fondazione Ordine Mauriziano’, Licia Mattioli – rappresenta un ulteriore passo avanti nella valorizzazione del sito. Si tratta del primo tassello di interventi che porteranno presto a un arricchimento e ampliamento dell’intero percorso museale. Grazie al contributo della ‘Fondazione CRT’ e alla collaborazione con il ‘Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale’, possiamo restituire al pubblico un manufatto unico, testimonianza di innovazione e attenzione al dettaglio. È un esempio concreto di come le sinergie tra enti portino a risultati significativi per la tutela e la fruizione del nostro patrimonio”.

Il restauro è stato anche l’occasione per approfondire storicamente questo manufatto (grazie a “indagini di archivio” eseguite dalla storica dell’arte Stefania De Blasi, nonché attraverso un confronto con i successori delle storiche officine meccaniche “Stigler”, la ditta torinese “Codebò) e ha interessato il risanamento della “struttura in pioppo” e dell’“impiallacciatura in noce” che presentava distacchi e deformazioni a causa di umidità. Il “cupolino”, decorato con motivo a balustrini, aveva numerose mancanze che sono state reintegrate. Analisi scientifiche hanno consentito di studiare le “vernici protettive” e di determinare la soluzione più idonea per restituire il manufatto in condizioni di stabilità e durabilità.

E dunque, signore e signori, ecco a voi lo storico ascensore, ritornato, bel bello, al suo posto. Nuovo di zecca! Un autentico bijoux!

Per info: “Palazzina di Caccia”, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (Torino); tel. 011/6200601 o www.ordinemauriziano.it

G.m.

Nelle foto: Immagini “Ascensore Regina Margherita” e lavori di installazione

Treville, il balcone sulle Alpi. Cronologia di un marchesato 

La contea di Treville, appartenuta alla famiglia Amorotto Andreasi dal 1602, fu elevata a marchesato da Carlo II Gonzaga nel 1652. Tramontata l’egemonia del Ducato di Mantova, il Monferrato si trovò confinato nella stretta degli eserciti spagnoli e francesi, ridotto ad un campo di battaglia e ceduto ai Savoia nel 1707. Il marchese Alfonso Amorotto Andreasi residente a Mantova, vista la precaria situazione dello scomodo feudo collinare, fu autorizzato a vendere la proprietà dal duca Ferdinando Carlo, ceduta nel 1699 al marchese Giacomo Bartolomeo Gozzani. Il prestigioso vice presidente del Senato monferrino, questore, senatore e membro del consiglio segreto era sposato con la nobildonna Eleonora Matilde Boccamaggiore di Mantova.

Nel 1705 il territorio collinare fu infeudato al figlio Giovanni Gozzani, marito di Lucrezia Gambera, a cui si deve la costruzione in stile neoclassico del palazzo Treville di Casale su disegno dell’architetto Giovanni Battista Scapitta. Il terzo marchese di Treville Giacomo Bartolomeo Gozzani, sposato con Lucrezia Isabella Lascaris della ricchissima famiglia di Ventimiglia, decurione, provveditore e sindaco di Casale, ereditò il feudo dal padre Giovanni nel 1762. Come successe agli Amorotto Andreasi, anche i Gozzani avevano più a cuore le residenze casalesi in fase di rifacimento e il feudo di Treville, senza fissa dimora dei feudatari, si deteriorò ulteriormente. Alla morte di Giacomo Bartolomeo, il figlio Luigi Gaetano Gozzani, marito di Carlotta Tarsilla Faussone-Scaravelli dei marchesi di Montaldo di Mondovì e Villa Falletto di Cuneo, fu infeudato nel 1780.

Sindaco di Casale, ingrandì l’ala destra del palazzo Treville edificato dal nonno Giovanni e costruì la chiesa di Odalengo Grande a sue spese. Gian Giovanni Giacomo Gozzani, celibe, colonnello dell’Impero Francese e capo squadrone del reggimento cacciatori a cavallo nella battaglia di Austerlitz, ereditò la proprietà nel 1810 dal padre Luigi Gaetano. Alla sua morte fu infeudato il fratello Giulio Gozzani nel 1824, sesto marchese di Treville, decurione di Casale e colonnello di fanteria, sposato ad Olivola con Marianna dei conti Candiani e Sacchi.

Acquistò villa Astigliano di Valenza e il palazzo di Lazzarone, oggi Villabella. Il feudo fu ereditato nel 1866 dal figlio Luigi Gozzani, celibe e ultimo marchese di Treville, linguista, studioso di letteratura e allievo del Collegio Reale Carlo Alberto di Moncalieri. Fu sepolto nel cimitero comune di Torino nel 1916 come da suo testamento. Ultima rappresentante dei Gozzani di Treville fu la contessa Amalia (1848-1927) moglie di Casimiro Della Chiesa della Torre d’Utelle di Cuneo, sorella di Luigi e decima nascitura di Giulio. I Gozzani di Treville erano anche marchesi di Odalengo Grande e Piccolo, di Olmo Gentile e Perletto, signori di Cereseto e Serralunga di Crea.

Nella sala Surbone di Treville è stata presentata nel 2022 la ricerca storica sui  Gozzano, curata da Dionigi Roggero e Bruno Pesce, accolti dal Comune e organizzata dalla Biblioteca Comunale Giuseppe Spina. Lucinda Gozani dei marchesi di San Giorgio, proveniente dal Colorado con la famiglia, ha visitato Treville nel 2024 riscoprendo le antiche proprietà degli antenati, accolta dal sindaco Nadia Degiovanni, dal consigliere Paola Ferrara e dall’artista Surbone. Per l’immensa ricchezza acquisita, i fratellastri Gozzani di San Giorgio e Treville furono definiti dalle cronache del tempo “i banchieri dei Gonzaga”.
Armano Luigi Gozzano 

“Cercava la luce”: intervista a Roberto Saviano sulla ragazza che sfidò la ‘ndrangheta per amore

 In un’epoca in cui le parole sembrano spesso svuotarsi di significato, il nuovo libro di Roberto Saviano, L’amore mio non muore, edito da Einaudi, risuona come un grido di speranza e di denuncia. Il titolo stesso, carico di una potenza e di un’urgenza straordinarie, annuncia il dramma e la bellezza di una storia che va oltre la cronaca, toccando le corde più intime dell’animo umano. Dopo aver conquistato il pubblico al Salone del Libro di Torino, Saviano torna nella città piemontese, precisamente al Teatro Colosseo, il 22 maggio, per raccontare una storia che mescola l’amore, la morte e la lotta alla malavita. Una narrazione che, purtroppo, non ha il conforto della finzione, ma che è la cruda e struggente verità di una giovane donna che ha avuto il coraggio di opporsi alla ‘ndrangheta, pagando un prezzo altissimo. Il libro racconta la vita di Rossella Casini, una giovane fiorentina che, a vent’anni, si innamora di Francesco, uno studente calabrese lontano da casa. Quell’amore, come un uragano, la trascina dalla sua città natale fino in Calabria, dove scopre che la famiglia del suo amato è legata a una potente cosca della ‘ndrangheta, la ‘ndrina della piana di Gioia Tauro. Un amore che, purtroppo, non basta a proteggerla dalla violenza del mondo che le si svela, e che la costringerà a fare scelte impossibili. Rossella si batte per fermare una faida sanguinaria, chiede verità e giustizia, senza risparmiarsi, mettendo a rischio la sua stessa vita. La sua è una lotta che sembra condurre verso l’ineluttabile, ma che al contempo rivela il coraggio di una ragazza che non si arrende mai alla paura. La storia di Rossella emerge, quasi per caso, da una vecchia fotografia, l’unica testimonianza rimasta di una vita breve ma intensissima. È grazie all’instancabile lavoro di due giornaliste che la sua vicenda riemerge, trovando infine il suo posto in questo libro di Roberto Saviano, che fin dal primo incontro con il racconto ne percepisce la forza. Saviano, nell’introdurre la storia di Rossella, non può fare a meno di riflettere su quella sensazione che provano i pochi che, come lui, si avvicinano a una storia che li segnerà per sempre. “Per la prima volta,” racconta l’autore, “al di là dell’aspetto criminale, provavo un reale interesse verso l’amore che muoveva Rossella.” In quelle parole c’è il contrasto tra la sua visione della vita e quella di Rossella: “Lei prova qualcosa che non sono più in grado di provare, è fiduciosa, io diffidente. Lei cerca la luce, io il buio.” Ma Rossella, pur nella sua fragilità, ha vissuto con la pienezza dell’essere umano che ama senza riserve. Saviano ci ricorda che è necessario restituire alla fase dell’innamoramento la dignità che merita, perché, a dispetto delle ombre che talvolta la vita ci getta addosso, l’innamoramento è un atto di speranza che sfida l’impossibile. Rossella lo ha fatto fino in fondo, vivendo e amando con una purezza che oggi sembra utopica.

Rossella ha combattuto per un’idea di felicità che aveva il volto e il nome di Francesco. Dalla profonda immersione che hai avuto nella sua storia, credi che, almeno per un momento, Rossella sia riuscita a essere davvero felice?

Sin dall’inizio della loro relazione, Rossella sembra toccare con mano una felicità autentica. È forse proprio quell’istante di luce a spingerla a sfidare il buio, a opporsi a alla faida che inghiotte tutto. La sua battaglia, condotta quasi a mani nude, nasce da un atto d’amore, non di ingenuità. La colpa non è sua: la responsabilità morale ricade su chi l’ha isolata, manipolata e infine condannata. La felicità, per Rossella, non era un’illusione, ma un’urgenza. E la sua fede nella possibilità di fermare una faida millenaria – qualcosa che spesso neanche lo Stato riesce a fare – la dice lunga sulla forza del suo sentire.

C’è un episodio, tra tutti, che incarna il senso più profondo della sua lotta?

Uno su tutti: il giorno in cui Rossella bussa alla porta di un boss per chiedergli di fermare la faida. Lo fa in nome dell’amore. Lo fa perché crede, con tutta se stessa, che la sua felicità con Francesco meriti una possibilità. Quel gesto non è solo disperato: è radicale, è totale, è umano.

Un gesto folle o un atto d’onore? Come lo definiresti?

Entrambi. Per qualcuno è incoscienza, per altri eroismo. Di certo c’è coraggio. Chi lo giudica un gesto ingenuo ha le sue ragioni: in un contesto così violento, quell’atto può apparire insensato, persino suicida. Ma Rossella non era semplicemente incosciente: era determinata. Voleva essere felice, e per questo si è assunta ogni rischio. “Io voglio vivere, voglio amare, voglio che tutto questo finisca”, sembrava dire. E nella sua voce c’era la voce di chi sa che la felicità, a volte, è una battaglia da combattere fino in fondo.

Valeria Rombolà

Castelli Aperti: “Tutti colori della Cultura”

 

Nel 2025, il progetto Castelli Aperti celebra trent’anni di attività con un’edizione speciale che unisce storia, creatività e partecipazione. Nata per promuovere e rendere accessibile il vasto patrimonio di castelli, borghi, dimore storiche e musei del Piemonte, l’iniziativa ha coinvolto in tre decenni centinaia di luoghi e migliaia di visitatori, diventando uno degli appuntamenti culturali più longevi e riconoscibili della regione.

Per festeggiare questo importante anniversario, nasce “30 anni di Castelli Aperti – Tutti i Colori della Cultura”, un progetto diffuso che dal 25 maggio al 29 giugno propone cinque weekend tematici, ciascuno ispirato a un “colore” simbolico e a un’esperienza culturale diversa: il teatro, il mistero, la musica, la natura, il romanticismo. Un viaggio emozionante tra le tante anime della cultura, declinato nei luoghi più affascinanti del Piemonte.

Il primo appuntamento di questa rassegna si terrà proprio domenica 25 maggio a Pamparato, in provincia di Cuneo, con “CASTELLI IN SCENA”, la sezione dedicata al colore del teatro. Il borgo, incastonato tra i boschi della Val Casotto, diventerà palcoscenico per lo spettacolo itinerante “Impronte di storia a Pamparato”, una produzione originale del Teatro delle Dieci, con la regia e drammaturgia di Fulvia Roggero. Gli attori, in costume d’epoca, guideranno il pubblico tra le vie, le piazze e il castello, dando voce a personaggi realmente esistiti e a vicende che hanno segnato la storia locale. Uno spettacolo immersivo ed emozionante, che si svolgerà in quattro repliche (ore 11.00, 15.00, 16.30 e 18.00), con prenotazione consigliata sul sito www.castelliaperti.it. L’inaugurazione perfetta per una rassegna che mette al centro il potere evocativo della parola, della scena e della memoria.

Nel giorno d’apertura della manifestazione, anche la provincia di Torino propone diverse opportunità di visita che valorizzano l’eleganza architettonica e paesaggistica delle sue dimore storiche.

Arignano, il maestoso Castello delle Quattro Torri, tra i più scenografici del torinese, apre le sue porte con visite guidate alle ore 15.00. Il parco sarà visitabile dalle 14.00 alle 17.00. L’ingresso è di 10€ intero e 5€ ridotto, per un pomeriggio che unisce storia, natura e bellezza paesaggistica.

Caravino, si potrà visitare il meraviglioso Castello e Parco di Masino, proprietà del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano. Aperto con orario continuato 10.00 – 18.00, il sito offre un itinerario tra architetture nobiliari, giardini storici e collezioni d’arte. L’ingresso combinato castello + parco costa 15€ intero8€ ridotto. Gli iscritti FAI entrano gratuitamente.

Chieri, nella frazione Pessione, sarà eccezionalmente aperto il Castello di Castelguelfo, con visite guidate alle ore 11.00 e 15.00. L’ingresso è di 10€ intero e 6€ ridotto: un’occasione speciale per scoprire una dimora privata normalmente non accessibile al pubblico, tra affreschi, stanze storiche e un parco suggestivo.

Infine, a PiossascoCasa Lajolo, elegante residenza con giardino all’italiana e orto-giardino storico, sarà visitabile con tour guidati dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 18.00. L’ingresso è di 10€ e comprende l’accompagnamento a cura dei Ciceroni, per una visita attenta ai dettagli artistici, botanici e storici della villa.

Per informazioni dettagliate e aggiornamenti su tutte le aperture: www.castelliaperti.it

Info e contatti
www.castelliaperti.it | info@castelliaperti.it
https://www.facebook.com/castelli.aperti/ | https://www.instagram.com/castelliaperti/

L’Atteso ritorno di Interplay, il Festival della danza

Giunto alla sua venticinquesima edizione e diretto da Natalia Casorati, con artisti anche internazionali

Ritorna Interplay dal 28 maggio al 15 luglio prossimi, alla sua venticinquesima edizione, a  cura dell’Associazione Culturale Mosaico Danza, per la direzione artistica di Natalia Casorati.

Quest’anno rappresenta un anno importante, che va ben oltre la ricorrenza dei 25 anni dalla parte della danza e dei coreografi italiani che hanno trovato attraverso il Festival un’occasione per crescere, essere sostenuti e portati anche all’estero, e degli artisti internazionali, molti dei quali, grazie a Interplay, sono approdati per la prima volta in Italia. Si tratta di venticinque anni di collaborazioni e di scambi e soprattutto 25 anni in cui Torino ha avuto un  ruolo  centrale riconosciuto nel panorama della danza contemporanea europea.

Interplay non è  solo un  Festival, ma un motore che unisce, spinge e genera energia. Si tratta di una realtà capace  di trasformarsi, di intercettare le novità,  di offrire uno spazio reale, anche critico a intere generazioni di coreografi e compagnie.  Questo lo si deve soprattutto a Natalia Casorati, direttrice tenace, che da sempre si batte per rendere possibile tutto questo.

28 maggio – 14 giugno la durata del Festival con un evento speciale il 15 luglio nel Living Lab, il nuovo spazio performativo di Mosaico Danza, che si affaccia dal verde della collina verso il centro della città.

Il Festival, che dal 2009 viene finanziato dal Ministero, vincendo poi bandi europei e torinesi, come quest’anno il bando “Torino che cultura”, si è  negli anni affermato come punto di riferimento per la scena coreografica emergente e si svolge in quattro teatri e cinque spazi multidisciplinari,  con una particolare attenzione al riequilibrio territoriale grazie a eventi anche in periferia, confermando la sua vocazione nel creare connessioni tra linguaggi coreografici innovativi e un pubblico sempre più  ampio ed eterogeneo.

A questa edizione parteciperanno 24 compagnie provenienti da otto Paesi, con 9 prime nazionali e nuove creazioni site-specific. Molti tra gli ospiti del Festival hanno recentemente ottenuto importanti riconoscimenti quali il Premio UBU 2024 e il Premio Danza&Danza 2024, a testimonianza della qualità e della proposta artistica che da 25 anni promuove il dialogo e la sperimentazione ad esso connessi.

Il Festival animerà quattro teatri, la Casa del Teatro Ragazzi, in corso Galileo Ferraris 266/C, il teatro Astra in via Rosolino Pilo 6, le Officine Caos, in piazza Eugenio Montale 18/a, e le Lavanderie a Vapore , a Collegno, in corso Pastrengo 51, e cinque spazi multidisciplinari, quali via Baltea, la Casa del Quartiere Bagni Pubblici di via Agliè, l’Imbarchino e il MAO, Museo di Arte Orientale.

Spettacoli site-specific verteranno sui temi dell’Identità e complessità dell’individuo, su quello della trasformazione e decostruzione, e sul corpo politico.

L’inaugurazione del festival avverrà  alla Casa Teatro Ragazzi e Giovani di corso Galileo Ferraris e sarà affidata alla compagnia Abbondanza/Bertoni, con il duetto Viro; il sipario si alzerà alla Lavanderia a Vapore con la performance “Sleep in the car” del coreografo Premio D&D 2024 alla carriera Virgilio Sieni, che proporrà un lavoro di riflessione sulla libertà  e sulle costrizioni nella contemporaneità. Tra gli spettacoli più attesi “AeReA”  di Panzetti Ticconi con una musica originale di Demetrio  Castellucci, in programma  il 12 giugno alle Lavanderie a Vapore. Il 30 maggio la Casa del Teatro ospiterà  la performance “Totemica” di Manfredi Perego e “Decisione consapevole” di Roberto Tedesco, uno dei coreografi più promettenti della scena contemporanea. Il  4 giugno, sempre alla Casa del Teatro, sarà presente  la Compagnia Reaction Integrated Dance Company, che vedrà esibirsi danzatori con o senza disabilità,  e lo spettacolo Aerowaves Twenty 24 di Sarah Baltzinger & Isaiah Wilson, entrambi del Lussemburgo.

Evento speciale del festival il 15 luglio al Living Lab, lo spazio perfomativo creato da Mosaico Danza, affacciato sulla collina torinese, dove andranno in scena “Cosmorama” di Nicola Galli e “Roots Unseen” del collettivo Kyklos, lavori che indagano il rapporto tra paesaggio, identità e appartenenza.

Il 31 maggio a Barriera di Milano e il 14 giugno alle Lavanderie a Vapore di Collegno si terranno due talk sul festival.

Mara  Martellotta

MUSIC FOR LIFE, per aiutare chi è in difficoltà

La musica è vita! Ci accompagna nei momenti più belli della nostra esistenza, ma soprattutto ci aiuta a superare quelli più difficili.
Da qui nasce il progetto MUSIC FOR LIFE, per aiutare chi è in difficoltà e chi magari non ce la farà!
Artisti e DJs si uniscono in questo progetto insieme alla Fondazione Ricerca Molinette e la Città di Torino per raccogliere fondi da devolvere al piano di riqualificazione e ristrutturazione del reparto di Oncologia dell’Ospedale Molinette e per sostenere la ricerca dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino.
SABATO 24 MAGGIO al NASTY CLUB (Corso Massimo D’Azeglio, 3) A PARTIRE DALLE ORE 18.00

Quest’anno i fondi verranno destinati all’acquisto di pompe infusionali per la chemioterapia e due frigoriferi per le salette di ricreazione dedicate ai pazienti del reparto di radioterapia-degenza mista del 3 piano di Via Genova dell’Ospedale Molinette, diretto dalla Prof.ssa Arvat, dal Prof. Ricardi e dal Dott. Airoldi.

La Rappresentante di Lista ha scelto “Città in note”

Per aprire il Summer Tour
Venerdì 23 maggio alle 21.30 al Toselli. Nel pomeriggio talk, esibizioni e festa per i 25 anni del liceo musicale
22.05.2025 – Continuano a Cuneo gli appuntamenti con la quinta edizione del festival “Città in note. La musica dei luoghi”, ideato e promosso da Fondazione Artea con il Comune di Cuneo, e la direzione artistica di Claudio Carboni coadiuvato da Carlo Maver. La rassegna propone, fino a lunedì 26 maggio, sei giorni di programmazione con oltre 30 appuntamenti che celebrano l’unione tra la musica e il patrimonio storico della città con concerti, performance, workshop e incontri che trasformeranno alcuni dei più suggestivi luoghi della città in palcoscenici vibranti mettendone in luce il grande valore storico, architettonico e naturale.

Domani, venerdì 23 maggio, nell’ambito del progetto The Youth Factor, si terranno due incontri speciali “Talk About Music”. Il primo, alle 15, presso l’auditorium Foro Boario (via Carlo Pascal), accoglierà la proiezione del docu-film “DARE – to take that first step”, giovani imprese e ponti culturali al centro di un racconto intimo e toccante, che invita a riflettere sui temi del contemporaneo e sulle sfide del presente. Dopo lo screening, il talk, condotto da Margherita Devalle, insieme ai protagonisti del film, Silvia Nocentini (NoOx Worldwide, co-direttrice artistica), Sek (artista italo-senegalese), e la regista Silvia Tonelli (anche co-direttrice artistica)cui seguiranno approfondimenti visuali e musicali legati al mondo Afro e di Nuova Generazione. Il secondo appuntamento, alle 18.30, in Sala Michele Ferrero di Casa Betania (via Bersezio, 9), sarà in compagnia de La Rappresentante di Lista che incontrerà il suo pubblico nel talk “La mia natura è resistere”, condotto da Margherita Devalle, e in cui si parlerà della musica come potente linguaggio veicolo di diritti, di inclusività e di riflessione sulla contemporaneità. Evento già sold out ma si consiglia di monitorare comunque il profilo Eventbrite di Artea nell’eventualità che qualcuno annulli la sua prenotazione e si liberino dei posti.

Alle 19.30, nel complesso Monumentale di San Francesco (via Santa Maria, 10), l’Orchestra CONsonanTE (Orchestra Sinfonica Giovanile) della Scuola Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo, diretta da Sergio Castroreale, si esibirà con un repertorio di musiche di G.B Sammartini, G. Bottesini e F. J. Haydin. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Prenotazione consigliata su fondazioneartea.org.

Alle 20.30, presso la cattedrale di Santa Maria del Bosco (via Roma), imperdibile concerto del coro e orchestra d’archi del Liceo Musicale “Bianchi – Virginio” di Cuneo in collaborazione con le scuole di musica della città Insieme Musica e Palcoscenico. Un’occasione speciale per celebrare i 25 anni del Liceo musicale cuneese che dalla sua fondazione ad oggi, oltre ad aver partecipato a rassegne, concorsi nazionali ed internazionali e a scambi culturali con prestigiose istituzioni scolastiche italiane ed estere ha sviluppato numerosi ed importanti progetti, tra cui la realizzazione integrale de “La Traviata” di G. Verdi e l’incisione su CD del “Requiem” di Mozart. Ingresso libero, posti limitati. Prenotazione obbligatoria su fondazioneartea.org.

Alle 21.30, presso il teatro Toselli (via Giovanni Toselli, 9), La Rappresentante di Lista aprirà il suo Summer Tour 2025. Un percorso lungo ed estremamente ricco, quello della band, con 13 anni di carriera e quattro album in studio all’attivo. Dal 2011 ad oggi il duo si è mosso attraverso territori musicali sempre nuovi e ricercati fra pop e dance, come un laboratorio artistico multidisciplinare e in continua evoluzione, che si nutre dell’attività in studio, ma soprattutto di quella – infaticabile – dal vivo.  Il loro è infatti un live che è sinonimo di qualità musicale, ma non solo: ogni concerto de La Rappresentante di Lista è un’esperienza emotiva e intellettuale, un rito collettivo imprevedibile, nervoso ed energico. Fra i maggiori successi del gruppo, impossibile non ricordare almeno Ciao ciao, canzone classificatasi settima al Festival di Sanremo nel 2022, e da allora diventata una delle hit italiane più cantate e ballate di questo decennio. Biglietti disponibili in prevendita su ticket.it, al costo di 25 euro intero e 20 euro ridotto (under 25, over 65, possessori di abbonamenti alle stagioni a cura di Piemonte dal Vivo, iscritti all’associazione ACLI, iscritti FAI, possessori abbonamento Musei Piemonte e Valle d’Aosta). Salvo esaurimento posti, i biglietti potranno essere acquistati presso la biglietteria del teatro, la sera del concerto, a partire da un’ora prima.

La Rappresentante di Lista
La rassegna vede quest’anno, in una forma ancora più consolidata, l’importante coinvolgimento delle scuole e delle istituzioni musicali del territorio – Conservatorio “G. F. Ghedini” di Cuneo, Academia Montis Regalis, Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di SaluzzoIstituto Bianchi-Virginio, Insieme Musica, Palcoscenico Performing Arts Centre, Progetto Har e Voice Art Academy – che con le loro proposte di alta qualità troveranno in “Città in note” una rassegna ideale per presentare i giovani talenti della musica del futuro. Diverse le collaborazioni con le principali realtà concertistiche piemontesi: le cuneesi Orchestra sinfonica Bartolomeo Bruni e la Società Corale Città di Cuneola Corale Polifonica “Castello” di Rivoliil Coro Polifonico di Boves e il Gruppo corale “I Polifonici del Marchesato”. Per informazioni consultare il sito www.fondazioneartea.org