CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 11

L’amore malato: al Cinema Massaua, Rotary Club Torino Next 

Si intitola “L’amore malato” il tema del convegno promosso dal Rotary Club Torino Next, in collaborazione con il progetto Rosa Next, che si terrà mercoledì 27 novembre prossimo alle ore 18 al teatro Cinema Massaua.

Il convegno vedrà la partecipazione di esperti e personalità impegnate nella lotta contro la violenza di genere e il supporto alle loro vittime.

Saranno relatori Rosanna Schillaci, delegata per le Pari Opportunità presso la Città Metropolitana di Torino, a cui si dovrà l’introduzione del tema sulle politiche locali e azioni istituzionali per contrastare questo fenomeno; Stefania Gerbino, membro del Consiglio Direttivo di Telefono Rosa, che porterà sul campo la propria esperienza in aiuto delle donne vittime di violenza; Anna Maria Zucca, presidente dei Centri Antiviolenza EMMA onlus e responsabile del progetto SOS sostegno orfani speciali, che parlerà del supporto dedicato alle orfani di femminicidio; Guido Barosio, direttore di Torino Magazine, che fornirà un’analisi culturale del fenomeno; l’avvocato penalista Maria Letizia Ferraris che illustrerà le difficoltà legali e le difficoltà nell’ottenere giustizia per le vittime, Walter Comello, psicoterapeuta, criminologo e psicopatologo forense, che approfondirà le dinamiche psicologiche degli autori di violenza. A moderare il dibattito Giovanni Firera, responsabile comunicazione del Rotary Club Torino Next.

Il convegno prenderà avvio proprio dall’espressione “c’era una volta “, la modalità con cui iniziano tutte le fiabe, alcune delle quali si trasformano, purtroppo, in vicende tristi e drammatiche. Esiste un sottile fil rouge di dolore che unisce autori della violenza e le loro vittime e che gradualmente allontana e trasforma le loro anime in malate. L’amore si trasforma e diventa paura, rabbia, dolore, violenza del corpo e della mente, senso di impotenza di una vita che non è più sotto il controllo di nessuno e diventa cattiva. È necessario, secondo i relatori, un nuovo modo di pensare che sappia creare strumenti di soluzione diversi dalla sola denuncia che, spesso non sa fermare gli impetuosi fiumi sotterranei dell’animo umano.

Mara Martellotta

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L’AMORE MALATO

Intervista a Walter Comello, psicoterapeuta, criminologo clinico e psicopatologo forense, curatore del convegno organizzato da Rotary Club Torino Next.

L’amore malato è un buon titolo per un convegno che parla di violenza sulle donne, perché c’era un tempo in cui l’amore era amore e poi è diventato altro.
Ne parliamo con Walter Comello, presidente di Rotary Club Torino Next, organizzatore del convegno, psicologo, psicoterapeuta, criminologo clinico e psicopatologo forense che nella sua attività si occupa di autori e vittime di reato.

D: Da dove nasce l’idea di questo convegno?
R: Credo che un’organizzazione come Rotary, che si occupa di aspetti diversi del sociale a livello locale e internazionale, fino ad ora abbia portato poca attenzione a questo argomento importantissimo della nostra vita. Io che in questo momento sono presidente del mio Club e vivo quotidianamente per la mia professione i drammi delle vittime e le incapacità devastanti dei responsabili, ritengo di dover porre l’attenzione su questo argomento, tentando di farlo in un modo diverso, mi auguro contributivo a una necessaria nuova cultura. Per questo al convegno sono invitate figure diverse, dalle Istituzioni alle Associazioni che più sono in prima linea nella difesa delle donne, come Telefono Rosa ed EMMA onlus, che si occupa anche di un importante progetto per bambini e ragazzi orfani di casi di femminicidio. Ci saranno poi professionisti che lavorano sul campo e il fine dell’incontro, aperto al pubblico, sarà di parlare di questo argomento dando voce a chi se ne occupa.
D: Cosa intende per nuova cultura?
R: Del problema si parla da molto tempo, senza ottenere risultati. Purtroppo i numeri delle denunce per stalking aumentano, il numero delle donne sottoposte a violenza fisica e/o psicologica aumenta e il numero dei femminicidi non cambia. Malgrado l’impegno di Organizzazioni e di molti, la situazione non è mutata. Einstein diceva che è necessario un nuovo modo di pensare per porre rimedio ai problemi creati da un precedente modo di pensare. Se non c’è una diagnosi corretta non si può fare una terapia corretta. Per prima cosa il problema della violenza sulle donne non va inteso come un problema con una soluzione, ma un problema che ha molte forme espressive e ognuna delle quali necessita di una specifica soluzione. Non si può pensare che sia solo un problema culturale, perché in molti casi la violenza che scaturisce nel femminicidio non deriva da cultura, ma da patologia causata dall’incapacità di alcuni soggetti ad accettare l’abbandono. Una donna ha diritto a farsi la sua vita, ma il diritto in alcuni casi deve tener conto delle reali circostanze. Due terzi della popolazione italiana regolarmente sposata è separata, nella stragrande maggioranza dei casi il diritto di una donna a rifarsi una vita corrisponde al diritto di un uomo a fare la stessa cosa, in alcune situazioni però esiste un’incapacità che va riconosciuta e necessariamente gestita. Da convegni come questo e dalla comunicazione che ne deriva deve emergere una cultura nuova, quella della prevenzione. C’è un tempo in cui il disagio o la patologia, come la di vuol chiamare, è necessario che sia riconosciuta in quanto tale e affrontata con le professionalità che lo sanno fare. Non si può pensare di sanzionare una patologia per risolverla, i malati si curano, i rei si sanzionano. In questo caso è opportuno occuparsi del disagio prima che questo diventi motivo di sanzione e questo è l’aiuto migliore da dare, prima che a quegli uomini, a quelle donne in difficoltà perché queste possano fare la loro vita senza diventare vittime.

D: Cosa pensa si debba fare?
R: Prima di tutto differenziare le situazioni per fare diagnosi diverse e di conseguenza terapie o prendere provvedimenti diversi. I luoghi comuni non servono e certi linguaggi diventano controproducenti. Una comunicazione non adeguatamente consapevole arriva solo alle vittime, le orienta non sempre alla soluzione migliore e non tocca minimamente chi non è in grado di ascoltare. Non si devono creare fronti, ma consapevolezze nuove. Il dolore affettivo è devastante, invalidante, non differenzia cultura o condizioni socioeconomiche, necessita di aiuto. Chi ha una cultura violenta, non dà nessuna importanza a tutte questa attenzione all’argomento, reputa legittime le sue azione, la sanzione non è per lui inibente e necessita, come viene definita negli Stati Uniti, di una moral therapy. Peraltro, alcune volte, l’eccessivo focus sull’argomento trascina in giudizio persone oggetto di speculazioni perché la legge ha i suoi, chiamiamoli così, vizi di forma.
D: Cosa deve fare una donna che si trova in difficoltà?
R: Mi auguro sempre più che possa usufruire di informazioni adeguate da renderla capace di distinguere, in casi diversi, cosa fare e chi può essere l’interlocutore che la può aiutare. Molto importante è il lavoro delle Associazioni Anti-Violenza, ma la denuncia non deve essere l’unica strada per affrontare il problema. Tutti vogliamo vivere in modo migliore in un mondo migliore, il giudizio è un istinto, ma produce conflitti; capire, non condividere, aiuta a ridurre di molto quei conflitti.

Charlie e la fabbrica di cioccolato

A Brandizzo, con la Compagnia Teatrale “Nuove Direzioni”, l’esclusiva italiana della versione di Broadway tratta dal celebre testo di Roald Dahl

Dal 29 novembre al 1° dicembre

Brandizzo (Torino)

L’appuntamento è a Brandizzo (Torino), in piazza Vittime di Nassirya. Ad accogliervi, niente meno che, un “teatro tenda”, montato per l’occasione. Lì siete cordialmente invitati ad assistere, dal 29 novembre al 1° dicembre, al noto musical “Charlie e la fabbrica di cioccolato” (nella versione di Broadway, esiste infatti anche una versione di Londra) esclusiva italiana del testo “Charlie and the chocolate factory” di Roald Dahl (Cardiff, 1916 – Oxford, 1990), scrittore – soprattutto per l’infanzia, non eccessivamente prolifico – spesso accostato a certe visioni e situazioni “dagli echi dickensiani”, nonché fantasioso sceneggiatore di film tratti dai suoi racconti che hanno conquistato adolescenti di tutto il mondo. Pur imitatissimo e proposto in molteplici varianti rivisitate, è la prima volta che il musical viene messo in scena in Italia e il merito va tutto alla Compagnia Teatrale “Nuove Direzioni”, nata nel 2011 a Brandizzo (con la missione di promuovere cultura teatrale, soprattutto fra i giovani e gli adolescenti). che ha acquisito da “MTI– Music Theater International” i “diritti ufficiali” del testo tradotto, per l’occasione, da Gabriele Casale e Sara Magaldi. La “Compagnia” brandizzese sarà così la prima “Compagnia Italiana” a portare in scena la versione di Broadway, campione di incassi e di critica.

La regia è di Alberto Casale e il musical sarà messo in scena venerdì 29 novembre alle 21, sabato 30 novembre alle 21 e domenica 1 dicembre alle 16 e alle 21. In totale, sono 1600 i posti disponibili, acquistabili su “Vivaticket” (adulti 25 euro, bambini fino a 10 anni, 20 euro). Sul palco ci saranno 19 artisti, capitanati da Willy Wonka, interpretato da Riccardo Fusero, e Charlie Bucket, alias Francesco De Tullio. La parte di danza e la coreografia, sarà curate da Serena Ferrari, forte della creazione di uno spettacolo come “Fuori. Storie dal manicomio”, reduce da 18 repliche e 18 sold out.

Il musical si avvarrà, inoltre, di un’orchestra dal vivo con 16 elementi, come peraltro prevede il “format” di Broadway – diretta sul palco da Elisa Bellezza, sotto la direzione artistica di Sara Magaldi e la direzione musicale di Michele Frezza – e di un “corpo di ballo” formato da 10 ballerini.

Il testo, si sa, è amatissimo da grandi e piccini ed è tornato alla ribalta dopo l’uscita, a dicembre 2023, del film “Wonka” diretto da Paul Thomas King, regista e sceneggiatore britannico, noto per aver diretto (prima di “Wonka”) nel 2014 e nel 2017 “Paddington” e “Paddington 2”.

In breve, la storia. Il famoso Willy Wonka sta aprendo le porte della sua misteriosa fabbrica, ma solo a pochi fortunati. Il giovane Charlie Bucket e altri quattro vincitori del biglietto d’oro intraprenderanno un viaggio che cambierà la loro vita attraverso un mondo di pura immaginazione, tra cui cascate di cioccolato, scoiattoli nocciola e il grande ascensore di vetro: il tutto verrà svelato dall’esercito di curiosi Umpa-Loompa di Wonka.

 “Apriamo simbolicamente – dichiara il regista Alberto Casale – il periodo natalizio con queste prime quattro date del musical che, poi, girerà l’ItaliaSiamo contenti di debuttare a Brandizzo: è una scelta fortemente voluta, è la città dove abbiamo sede.

Per info: “Nuove Direzioni”, piazza Carlo Tempia 2, Brandizzo (Torino); tel.377/1386968 o www.nuovedirezioni.org

g.m.

Nelle foto:

–       Immagine guida “Charlie e la fabbrica del cioccolato”

–       Willy Wonka

–       “Charlie e la fabbrica di cioccolato”

Realtà e cinema in Iran, una sorprendente intersessualità in Tunisia

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A caccia di titoli indimenticabili

La parola che più si legge nelle pagine cittadine dei quotidiani torinesi e con le chiacchierate, con il passaparola e le agenzie di stampa – e non soltanto in casa nostra per cui la notizia è doppiamente bella e confortante -, è sold out. Alberghi con un pressoché en plein invidiabile, i ristoranti che sfornano pranzi e cene a gruppi che a fine giornata hanno voglia di riassumere e di discutere, sale e proiezioni a cui devi rinunciare, lamentando in cuor tuo una terza occasione per taluni titoli e la mancanza totale di una previsione rosea, più che rosa da parte dell’organizzazione. Ovvero la mancanza di una sala che recuperi al proprio interno la domanda di un pubblico variegato e credo proprio quest’anno accresciuto – leggeremo le cifre finali con attenzione -, esigente non soltanto di titoli (e quelli non mancano) ma altresì di appuntamenti, una di quelle sale torinesi che, quest’anno, forse per un mancato soddisfacimento della richiesta e dell’offerta, non si sono più prestate. Se la sala del Centrale, per le proiezioni stampa, non va incontro a problemi, non poca parte del pubblico ha già il muso lungo per aver dovuto rinunciare a questa o quella visione, per aver trovato il Romano (3 sale) e Massimo (in egual numero) già zeppe, nonostante i personali tentativi dell’ultimo minuto. I seguaci del concorso principali finiranno col sentirsi defraudati e dei sedici titoli qualcuno mancherà all’appello.

Per i cinefili onnivori è una gran gioia, glielo si legge negli occhi, titoloni scomparsi da tempo e adesso inseguiti – per la retrospettiva di Brando, per cui il direttore Giulio Base non sarà mai troppo lodato, boccone grosso e per molti organizzatori forse irraggiungibile, si va a rincorrere quei titoli da tempo più visti: volendo ripassare il versante drammatico e “da commedia” dell’attore, chi scrive queste note s’è andato, tra vari titoli, a vedere “Un tram che si chiama Desiderio” e “Bulli e pupe” ed è stata ancora una volta una festa – in ogni ora della giornata, per predisporre un’agenda copiosa. E altro ancora: “A casa abbiamo tutti un cassetto – faceva Base la sua bella confessione alle pagine della Rivista del Cinematografo – dove mettiamo cose preziose, importanti, che magari, però non sappiamo bene dove sistemare. Un cassetto dove c’è un po’ di tutto e ogni cosa ha un valore.” Leopardianamente, il direttore ha chiamato quel suo cassetto “Zibaldone”, ci trovi di tutto, da “Caccia a Ottobre Rosso” che è l’occasione per consegnare ad Alec Baldwain la Stella della Mole, o “Pasqualino Settebellezze” grottesco tutto firmato Lina Wertmuller, e allora è la volta del nostro Giannini che si guadagnò una candidatura all’Oscar, o “Un silence si bruyant” dove una bravissima e dolorosa Emmanuelle Béart racconta la violenza subita o “Prova d’orchestra”, ’70 minuti di cinema alto in cui il mago Fellini raccontava il presente e prevedeva il futuro. O “Il Vangelo secondo Matteo” (1964) – e nella presentazione t’aiuta un inarrestabile monsignor Davide Milani, che non smetteresti d’ascoltare, raccontandoti dell’interprete Enrique Irazoqui, capitato a Roma per cercare fondi per la causa antifranchista e scelto da Pasolini al primo sguardo, delle facce scovate tra i Sassi di Matera, vere e sanguigne e antiche, decisamente più vicino a noi dei tanti volti hollywoodiani che la immediatezza di un progetto voleva impiegare, del terrore di incorrere nella giustizia italiana, fresco il ricordo dei guai (vilipendio della religione) sostenuti da Bini e Pasolini due anni prima, ai tempi della “Ricotta”. La voce di Enrico Maria Salerno, la narrazione che segue esattamente quel Vangelo senza nulla aggiungere (“qui non esiste sceneggiatura”, ripeteva Milani), i costumi di Donati e il montaggio di Baragli, le musiche da Bach a Mozart, da Prokofiev alla Missa Luba, proveniente dal Congo, e lo sguardo cinematografico del regista, semplicemente grandioso in quella semplicità che espone scena dopo scena.

Venendo al concorso dei lungometraggi, rose e spine in quasi egual misura, arrivando a oggi. Con “The Last Act” guardiamo al cinema iraniano, il regista si chiama Paymon Shahbod alla sua opera prima, una storia che coinvolge la star del cinema Farzaneh chiamata a interpretare il ruolo di una donna alla ricerca della figlia scomparsa. Molte riprese lungo le strade assolate e tortuose dell’Iran, con la polizia che ti sorveglia e non poche volte ti chiede ragione di quel che stai facendo o cerca un pretesto per farti ritardare o interrompere. Farzaneh si mette in viaggio con il resto della troupe, dovrà girare la scena dell’incontro con la figlia: ma ecco che su quel medesimo autobus il cellulare squilla e le arriva la notizia che la sua vera figlia è scomparsa. Mentre il marito le intima di tornare a casa e di abbandonare tutto quanto, la donna decide di rimanere sul set dove è un continuo ripetere battute e arginare le indecisioni e i consigli sbagliati del regista. Ancora una volta vita e finzione hanno parecchi punti in comune, l’importante è renderli appieno davanti alla macchina da presa e con sempre il regista riesce a rendere chiarezza nel proprio racconto, a delimitarne le aree con sufficiente precisione. Decisamente di poco peso mi pare risulti “Ponyboi” che Esteban Arango dirige mentre River Gallo interpreta scrive e produce. Siamo nel New Jersey, durante la notte di San Valentino, quella dei festeggiamenti e degli amori, quando il protagonista – sembra un diligente impiegatuccio in una lavanderia ma spalanca ai quattro venti le proprie mansioni di “sex worker” – apprende che il padre, da cui ha staccato da circa una decina d’anni, sta morendo. La madre al telefono supplicherebbe una via di riconciliazione ma le strade da prendere quella notte sono altre. Per sprazzi, il passato si mescola in modo troppo convenzionale e ben atteso al presente, quella sua condizione di essere intersessuale continua a bussare alla porta: in più per gradire con gli affetti familiari decisamente deteriorati s’aggiunga un bell’affare di droga e borsate di bigliettoni che vanno in fumo e per sottrarsi al quale niente di meglio che abbandonare più che velocemente l’incantevole New Jersey. “Ponyboi” non è un ritrattino ultramoderno e sanguinoso su cui riflettere, ma un inseguirsi di sequenze già viste mille volte in qualche thriller inserito ina serie non proprio eccelsa.

Le cose vanno decisamente meglio con “L’aiguille” del tunisino Abdelhamid Bouchnak dove, dopo vari tentativi, un bambino verrà messo al mondo all’interno di una coppia, ora veramente decisa e appagata. Se è vero come è vero che quest’anno il TFF raccoglie nel concorso principale storie raccolte al tema della maternità, è pur vero che preziosi interessi sono rivolti alle scelte sessuali o a quella – sconvolgente, innegabile! – intersessualità che troviamo anche in questo film. Nasce “questo” essere umano, il vecchio nonno spinge ai consigli della guida religiosa mentre la nonna si cerca di tenerla all’oscura ma i tempi non possono certo essere lunghi. La cultura è quella musulmana e il padre incarna pienamente un presente maschilista che guarda ai giudizi, agli amici, al domani e che rifiuta del tutto quella nascita. Sarà la madre – la donna – a prendere la decisione di accogliere quell’essere in tutta la propria unicità: nell’ultimo fotogramma Nour, “un nome che va bene per tutti, per maschi e per femmine” – guarda in macchina prendendo lo spettatore a testimone della sua crescita e della sua indipendenza.

Elio Rabbione

Nelle immagini, Pasolini e il protagonista Enrique Irozoqui durante le riprese a Matera del “Vangelo secondo Matteo” (foto di Domenico Notarangelo), scene tratte da “The Last Act” (Iran), “Ponyboi” (Usa) e “L’aiguille” (Tunisia/Francia).

“Destini in discesa” in mostra al Museo MIIT

Il Museo MIIT di Torino, Italia Arte e galleria Folco curano e organizzano dal 25 novembre la mostra “Destini in discesa” in occasione della giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra, appunto, il 25 novembre. L’inaugurazione della mostra avverrà alle 19.30 e sarà accompagnata, alle 20.30, dalla presentazione del libro di Mariaflora Sartor “Destini in discesa” Golem edizioni. Come recita il titolo dell’esposizione, essa è dedicata al mondo della donna, alle artiste che da sempre dedicano la propria creatività alla figura femminile e alle problematiche che ne hanno segnato e continuano a segnare il percorso esistenziale.

Accanto agli autori contemporanei sarà anche presentata una selezione di opere di autori storicizzati, da Francesco Messina a Novella Parigini, da Marc Chagall a Innocente Salvini, esponenti di fama del Novecento che hanno riservato alla figura della donna un posto primario nella loro produzione. Sono in esposizione, tra gli altri, opere di Marco Barnabino, Federica Bertino, Milena Buti, Patrizia Caffaratti, Liliana Cavigioli, Mariell Chirone Guglielminetti, Michele Di Leo, Laura Fasano, Mattia Fassi, Enrico Frusciante, Vito Garofalo, Maria Pia Giacomini, Francesca Guetta, Barbara Pecorari, Luigia Rinaldi, Anna Rota Milani, Marilena Visini.

La mostra, visitabile in corso Cairoli 4, presso il Museo MIIT, rimarrà aperta fino al 5 dicembre prossimo con orario dal martedì al sabato ore 15.30-19.30

 

Mara Martellotta

Salone del Libro, “Prendersi cura” dando spazio all’ascolto

Con la scrittrice Chiara Gamberale prende il via il nuovo progetto firmato dal “Salone Internazionale del Libro” in collaborazione con “Esselunga”

Giovedì 28 novembre, ore 18,30

“Mettersi all’ascolto dell’altro significa molte cose. Prima fra tutte, una predisposizione allo sbilanciamento. Il passaggio avventuroso dal nostro sé più profondo al mondo fuori da noi (che sia famiglia, lavoro, amicizia o anche incontro con chi non conosciamo). E’ prima uno slancio del cuore, poi un sentimento che tiene in sé emozione e ragione e costruisce il prendersi cura”. Emozione e ragione. Insieme. Senza che mai l’una perda di vista o dimentichi l’altra. Con queste significative parole, Annalena Benini, direttrice editoriale del “Salone Internazionale del Libro di Torino”, spiega, in perfetta sintesi, il nuovo Progetto, dal titolo per l’appunto di “Prendersi cura”, ideato dal torinese “Salone del Libro” con Main partner “Esselunga”, che dal 2021 sostiene la manifestazione.

Sotto le linee – guida del claim “Diamo spazio all’ascolto”, il Progetto, concentrato quest’anno sulla “famiglia” (le “relazioni”, la “parità di genere” e la “cura del nucleo” dal quale veniamo ed al quale tendiamo) si svilupperà attraverso incontri con scrittrici e scrittori e personalità del mondo culturale e della contemporaneità, apprezzati dal grande pubblico di giovani e adulti.

Ogni anno, inoltre, il tema della cura sarà declinato sotto la luce di un aspetto, una tematica, un focus, aggiornati al contesto e ai cambiamenti sociali, con appuntamenti tra l’autunno e la primavera nei negozi “Esselunga” di Torino e Milano, e uno al “Salone Internazionale del Libro di Torino”. Il Progetto vuole aprirsi, il più possibile, al territorio, per aggregare la comunità sotto il segno della “riflessione” e della “condivisione”, in punti normalmente non sede di eventi culturali, ma indubbi spazi aggregazione, come lo sono i “Supermercati Esselunga”, quotidianamente frequentati da eterogenee moltitudini di persone, per le quali si è pensato alle accoglienti aree dei “Bar Atlantic”, dove si svolgeranno appunto gli incontri. Incontri che, quest’anno (come detto), vedranno al centro il tema basilare della “famiglia”, quella “Famiglia” che “è dove ‘famiglia’ si fa”, come ripete da anni nei suoi libri la scrittrice romana Chiara Gamberale, con la quale prenderà il via “questo viaggio nel cuore della cura”.

Si parte a Torino giovedì 28 novembrealle ore 18,30, presso l’“Esselunga” di corso Bramante 21. La scrittrice – giornalista (e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici, “Premio Fonteverde” nel ’21) Chiara Gamberale racconterà il suo ultimo libro “Dimmi di te”, pubblicato da “Giulio Einaudi editore”, romanzo intriso di elementi autobiografici, in cui “la protagonista si apre alle storie degli altri per mettersi in ascolto dei loro vissuti e, attraverso i loro mondi, provare ad arrivare alla comprensione di se stessa”. Un romanzo introspettivo, ideale per i fini cui tende il Progetto “Prendersi cura”, che parla di relazioni e maternità, necessità e doveri, speranze e attese deluse. “Dimmi di te”: chiede la protagonista Chiara, madre quarantenne, alle persone che hanno fatto parte del suo passato e hanno avuto un ruolo importante nella fase più giovane della sua vita. Ritrovare le relazioni perdute, interrogare vecchi amici e conoscenti su chi siano diventati, a distanza di anni, e comprenderne l’evoluzione, capire se anche loro “siano incespicati e abbiano trovato ostacoli nel percorso che conduce alla maturità”.

L’appuntamento è gratuito e su prenotazione sul sito www.salonelibro.it. Sarà possibile seguire l’incontro “tramite cuffie” che saranno messe a disposizione del pubblico.

Sottolineano i responsabili di “Esselunga”“Con questa iniziativa rinnoviamo la collaborazione con il ‘Salone Internazionale del Libro di Torino’ grazie alla quale ‘Esselunga’ è stata nel 2022 e 2023 promotrice nella ‘Sala Olimpica’ di incontri e presentazioni di libri e autori legati al mondo sportivo. Nel 2023, inoltre, ha permesso l’incontro tra il pubblico e alcuni atleti olimpici e paralimpici e ha allestito un ‘food truck’ con la sua ‘Cucina Esselunga’ per i partecipanti alla manifestazione”.

g.m.

Nelle foto: Immagine guida del Progetto, Chiara Gamberale e cover “Dimmi di te”

Riapre, sotto una nuova gestione, il Museo Carol Rama

Da sabato 30 novembre 2024 riapre al pubblico la Casa Museo di Carol Rama, posta in via Napione  15 a Torino, dopo essere stata chiusa per nove mesi. La gestione della casa, che era stata affidata all’Archivio Carol Rama, è ora nelle mani della Fondazione Sardi per l’arte. Si potrà tornare a visitare la casa di Vanchiglia dove l’artista torinese di fama internazionale ha abitato e lavorato dagli anni Quaranta fino alla sua morte, avvenuta il 24 settembre 2015.

La riapertura della Casa Museo di Carol Rama si accompagna  a una nuova veste grafica curata dai designer Paolo Cagliero e Alex Steiner, noti per altri lavori torinesi, quali quelli alla Fondazione Giulio e Anna Paolini.  Inoltre è  stato lanciato un sito web rinnovato www.casamuseocarolrama.it, che consente di prenotare la visita limitata ad un numero di cinque persone per turno.

La casa Museo di Carol Rama, che ha ospitato  l’artista per decenni, è un luogo carico si suggestioni dove si fondono le tracce della sua vita e della sua arte. Dalla metà del XX secolo fino alla sua morte nel 2015, Carol Rama ha trasformato il suo appartamento  in un’installazione unica, arricchita da opere sue e di altri artisti molto noti, come Man Ray e Andy Warhol, oggetti d’arte primitiva, fotografie e molti cimeli. Lo spazio era inizialmente un appartamento borghese, poi diventato “magazzino dell’anima”, come lo definiva la stessa Carol Rama, ove in ogni angolo è raccontata una storia.

La Fondazione Sardi per l’Arte, istituzione privata torinese fondata nel 2014 da Pinuccia Sardi, ha scelto di dedicare gran parte della propria attività alla conoscenza, promozione e valorizzazione dell’arte contemporanea,  con un particolare focus sull’arte di Carol Rama. Nel 2019 la signora Sardi ha acquisito i beni custoditi nella casa e sottoposti al vincolo della Soprintendenza,  dandoli in comodato all’Associazione Archivio Carol Rama, che si è occupata anche delle visite alla casa museo al marzo 2024, quando gestione della casa Museo e dei tour guidati sono stati affidati dalla signora Sardi alla Fondazione Sardi per l’arte.

I tour guidati, in italiano e in inglese, sono possibili martedì e giovedì alle18, mentre sulla base di altre richieste potranno essere attivati tour alle 15 e 16.30. Al sabato visite guidate alle 10 e alle 16, con tour aggiuntivi su richiesta alle 11.30, 16.30 e 18.

Nel 2014, grazie al sostegno della Fondazione Sardi per l’Arte, è stato pubblicato il volume dedicato alla casa di Carol Rama e intitolato “Il magazzino dell’anima”, con fotografie di Bepi Ghiotti e testi di Cristina Mundici.

Mara Martellotta 

foto Nick Ash

Self Control per i 40 anni di carriera di Raf

Mercoledì 27 novembre, ore 21

Teatro Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

RAF

Self Control 40th anniversary Tour Club

 

 

“Self Control è nata 40 anni fa da un giro di chitarra tipicamente rock, il resto della storia l’abbiamo fatto insieme”.

Self Control 40th anniversary Tour Club è il tour di otto appuntamenti live per celebrare il 40esimo anniversario di Self Control, una delle hit più famose di sempre e per i 40 anni di carriera di Raf, il padre del pop in Italia.

Raf, tra i più acclamati e amati artisti italiani, che in 40 anni di carriera ha pubblicato 14 album in studio vendendo più di 20 milioni di dischi in tutto il mondo, alle porte del Self Control 40° Anniversary ha affermato: “L’attesa mi fa sentire elettrizzato e allo stesso tempo curioso per l’atmosfera che prenderà vita sul palco”.

Prodotto da Friends & Partners in collaborazione con Girotondo E.M., il tour sarà l’occasione per rendere omaggio all’affetto del pubblico e ai magnifici anni che hanno avuto come colonna sonora un brano amato da milioni di persone in tutto il mondo, un vero e proprio fenomeno, inno alla leggerezza e al senso di libertà.

Self Control, tra le hit più famose di sempre, ha segnato la ricca e straordinaria carriera di Raf e negli anni è diventato un evergreen che continua a spopolare tra i più giovani. È stato il singolo che ha portato Raf alla ribalta facendolo conoscere non solo al pubblico italiano, ma anche internazionale, consacrandolo tra i più grandi artisti e pilastri della musica italiana. Uno dei primi singoli italo-disco acclamato in tutto il mondo anche grazie al produttore Giancarlo Bigazzi.

Il cantautore nei live ripercorre la sua storia artistica cantando i brani più celebri del suo repertorio, tra cui “Sei la più bella del mondo”, “Il battito animale”, “Cosa resterà degli anni ‘80”, “Ti pretendo”, “Infinito”, “Stai con me”, “Non è mai un errore” e molti altri ancora.

Inoltre, per il quarantennale di Self Control è disponibile in edizione numerata e rimasterizzata il vinile 45 giri picture disc del singolo, in esclusiva sul sito di Sugar Music in uno speciale packaging trasparente serigrafato con sticker celebrativo.

Info

Teatro della Concordia, corso Puccini, Venaria Reale (TO)

Mercoledì 27 novembre, ore 21

RAF

Self Control 40th anniversary Tour Club

Biglietti: 49 euro intero

Biglietti su Ticketone

www.teatrodellaconcordia.it

011 4241124 – info@teatrodellaconcordia.it

 

Dalle residenze torinesi a Parigi in bicicletta 

Un sindaco casalese dei marchesi di Cinzano 

La famiglia casalese dei Savio acquisì notevole prestigio dal matrimonio di Giuseppe con la contessa Cesarina di San Giorgio, figlia del cavalier Evasio Gozzani e della baronessa Giuseppa Martin di Lione, ministro del principe Camillo Borghese e di Paolina Bonaparte. La figlia Teresa Savio sposò l’avvocato Giuseppe Lombardi e dalla loro unione nacque Clelia Luigia Maria (1843-1885). La stretta parentela con i marchesi di San Giorgio non impedì a Clelia di sposarsi con Cesare Adolfo Gozzani (1845 Milano-1928 Torino) cugino di primo grado con la madre Teresa Savio e figlio del conte Giuseppe Gozzani, ministro di casa Borghese succeduto al padre Evasio. Dal matrimonio tra Clelia e Cesare Adolfo nacque Teresa Cesarina Rosa Gabriella Maria Desiderata (1875 Casale-1946Torino), battezzata nella parrocchia casalese dell’Addolorata. Per la prematura scomparsa della madre Clelia, Teresa Cesarina fu cresciuta dalla zia Elvira Gozzani (1833 Roma-1899 Torino) moglie di Filiberto Maria Mollard di Chambéry luogotenente generale di Napoleone III° in Italia, abitanti a Torino in piazza Vittorio Emanuele 21.

Teresa Cesarina fu educata nell’Istituto delle Figlie dei Militari e fu l’ultima rappresentante dei Gozzani ad essere tumulata nel cimitero di Casale il giorno 29-12-1946 proveniente da Torino dove era mancata due giorni prima. Con l’atto di vendita del 1945, la marchesa di San Giorgio ottenne di essere sepolta nell’area 58 campo A di sua proprietà, ultima intestataria della tomba dei marchesi Gozzani di San Giorgio e Treville ceduta alla famiglia Acuti dopo la sua morte. La linea dei Gozzani di Treville si era già estinta nel 1927 con la morte della contessa Amalia. Il marchese Cesare Adolfo, padre di Teresa Cesarina, aveva partecipato nel 1866 alla battaglia di Custoza con il reggimento dei Lancieri di Aosta e decorato con la medaglia di bronzo al valor militare. Al ritorno, accompagnò in carrozza ad Alessandria la madre morente Giuseppina Teresa (1800 Dresda-1867 Casale), figlia del barone tedesco Carl von Luttichau. Ormai settantenne, Cesare Adolfo si arruolò volontario nella prima guerra mondiale e fu promosso tenente colonnello per meriti di guerra.
Molto conosciuto come ciclo-amatore per i suoi viaggi in Europa, nel 1899 si fece costruire un velocipede in legno con ruote diseguali dall’azienda Viassone di Borgaro Torinese, intraprendendo la stravagante impresa di un viaggio per visitare la celebre Esposizione Universale di Parigi con partenza da Casale via Vienna. Anche Alessandro Savio (1838-1898) diede lustro alla propria famiglia nobiliare. Commendatore, magistrato e per dieci anni sindaco di Casale era figlio di Evasio e della nobildonna Luigia dei conti di Villa di Montpascal, sposato con Gabriella (1837-1884) dei marchesi di Cinzano. La loro unica figlia Gabriella morì nel 1866 in tenera età. La comunità casalese ha dedicato all’insigne uomo politico e benefattore una via nel quartiere Vecchia Casale e nel 1899 un busto in bronzo visibile nel palazzo Gozzani San Giorgio (municipio). La copia in gesso non esposta del busto del sindaco Savio è conservata nella Gipsoteca Bistolfi di Casale Monferrato.
Armano Luigi Gozzano 

Un master internazionale per attori e attrici

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Per la direzione artistica di Marco Lorenzi e la direzione organizzativa di Marco Babuin e di Santibriganti Teatro

 

Al via il secondo anno de LoStudio, il master internazionale per attori e attrici, che ha la direzione artistica del regista Marco Lorenzi della compagnia teatrale Il Mulino di Amleto.

Dopo il successo internazionale del primo anno de LoStudio, che si è concluso con lo spettacolo ‘La notte della Repubblica’, ispirato al Giulio Cesare di Shakespeare, torna il bando di selezione per accedere al Master internazionale per attori e attrici, che partirà a gennaio 2025, protraendosi fino a ottobre 2025, riconfermando anche quest’anno la sua vocazione internazionale.

Fra i docenti che si avvicenderanno durante l’anno accademico ricordiamo Massimiliano Civica, Gabriele di Luca di Carrozzeria Orfeo, Michela Lucenti e Francesco Gabrielli di Balletto Civile, Daniel Bausch dell’Accademia Dimitro di Verscio, Marco Lorenzi, Barbara Mazzi, Angelo Tronca e Yuri d’Agostino de Il Mulino di Amleto, Thea Dellavalle e Irene Petris, Bruno De Franceschi, Nicole Kehrberger, Beppe Rosso, Rebecca Rossetti, Lorenzo De Iacovo. Un gruppo nutrito di docenti che metterà al centro la formazione degli artisti, in quanto performer unici nella loro individualità. Lo Studio 2025 riconferma la direzione artistica di Marco Lorenzi e de il Mulino di Amleto e la direzione organizzativa di Maurizio Babuin e di Santibriganti Teatro.

Il master 2025 sarà composto da un semestre di alta formazione, un Summer Camp di approfondimento e in autunno la preparazione e la restituzione dello spettacolo finale. Le lezioni si terranno nella sede del Dravelli di Moncalieri. Nella prima parte ogni docente si alternerà in residenza continua per due settimane accompagnando i partecipanti per tutta la durata del percorso. Sono previste restituzioni di lavoro e aperture verso l’esterno. Il Summer Camp sarà un periodo di lavoro estivo che si svolgerà a San Pietro in Vincoli, nel centro di Torino, in cui i partecipanti lavoreranno a stretto contatto con l’Ensemble de Il Mulino di Amleto. Lo spettacolo andrà in scena per più repliche sempre nel teatro di San Pietro in Vincoli, all’interno della stagione gestita da A.M.A Factory e Fertili Terreni Teatro.

“la mia professione – spiega Marco Lorenzi – è il regista e con il tempo sono sempre più convinto che la pedagogia sia parte del lavoro del regista in modo gioioso e inscindibile.

Per questo, anche quando lavoro ad una regia, le mie domande sono sempre rivolte anche alla pedagogia… Penso che la formazione sia essenziale per la vita del teatro. L’educazione del regista, l’educazione dell’attore e l’educazione degli spettatori. Ciò che può garantire un futuro al teatro è sicuramente l’educazione. A questo proposito ho la sensazione che stiamo smarrendo qualche cosa di molto importante, la formazione sta perdendo sempre di più la sua caratteristica principale: la qualificazione. Oggi in Italia la formazione è diventata superficiale, troppo veloce, espressa per tutti, non più capace di selezionare le persone adatte a questo tipo di professione dalle altre”.

 

La domanda di ammissione dovrà pervenire entro il 30 novembre 2024 a didattica.lostudiotorino@gmail.com

 

Mara Martellotta

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Lura Goria

Richard Ford “Per sempre” -Feltrinelli- euro 22,00

A 80 anni lo straordinario grande romanziere americano – che vive tra New Orleans e Irlanda, dove ha una casa immersa nella natura- torna con la quinta puntata della saga di Frank Bascombe, (iniziata nel 1986 con “Sportswriter”) suo alter ego letterario. Personaggio che abbiamo seguito per 40 anni, tra alti e bassi continui. Scrittore fallito, giornalista sportivo, poi agente immobiliare, 2 divorzi da due mogli molto amate, 2 figli maschi (uno morto prematuramente a 9 anni per la Sindrome di Rye) e una femmina.

Ora Fred ha 74 anni portati egregiamente e conduce una vita parecchio solitaria, ma deve di nuovo fare i conti con il destino maligno. Al figlio 47enne Paul, stravagante e problematico, viene diagnosticata una forma molto aggressiva di Sla; ed ecco Fred accorrere al suo capezzale.

Il padre accompagna il figlio ad affrontare una terapia sperimentale nel Minnesota, ma quando anche questo tentativo non dà i risultati sperati, organizza un ultimo viaggio insieme a bordo di un camper.

Destinazione il Mount Rushmore, dove un gruppo di artisti ha inciso nel granito, a 1700 metri di altitudine i volti di 4 presidenti americani: Washington, Jefferson, Roosevelt e Lincoln.

E’ un percorso in cui padre e figlio si trovano a riflettere su concetti cardine come felicità, sentimenti, vita e morte; soprattutto cercano di scoprire i loro punti in comune per avvicinarsi sempre di più uno all’altro.

Un viaggio importantissimo, al termine del quale, una volta al cospetto del monte, scoprono che i presidenti a distanza ravvicinata sono piccoli …….forse anche questa rivelazione

andrebbe letta come metafora….

 

 

Sophie Kinsella “Cosa si prova” -Mondadori- euro 17,50

Questo è decisamente il libro più straziante e serio della regina della “chick lit” (lettura per pollastrelle) perché parla del tumore contro il quale sta lottando. Smette i panni della travolgente Becky di “I love shopping” e vive in prima persona il dolore della protagonista Eve –Sophie, suo alter ego.

Alla scrittrice -che ha solo 54 anni, un marito amorevole e ben 5 figli- è stato diagnosticato un glioblastoma al cervello, praticamente inguaribile. Difficile per questa autrice che nei suoi libri dispensa sempre un lieto fine, intravederlo ora oltre il tumore che l’ha colpita.

Con la sua abilità di scrittura ci racconta il calvario della protagonista, che si sveglia in un letto di ospedale, spaesata dopo l’intervento chirurgico per asportare il cancro dal cervello. Ed ecco una via crucis fatta di mancanza di memoria, paura e disperazione, accettazione; anche grazie all’amore premuroso del marito, sempre al suo fianco.

Un libro di appena 121 pagine, ma denso di significati importantissimi che la Kinsella ha scritto un po’ anche come terapia per stemperare l’angoscia. E allora leggiamo la lunga fisioterapia per recuperare ricordi e la mobilità fino a ristabilirsi più possibile.

C’è la consapevolezza che la sua vita ha fatto una brusca virata e che molte cose non potrà più farle; non può rimanere da sola e un badante deve assisterla. Un libro che è un pugno nello stomaco per la malattia che narra; ma anche una ventata di amore per la vita e le sue cose più semplici, che ora apprezza sempre più.

 

 

Chiara Gamberale “Dimmi di te” -Einaudi- euro 18,00

E’ il nuovo romanzo di questa brillante scrittrice che è anche autrice e conduttrice di programmi in radio e tv, ed è un racconto molto onesto sull’essere una giovane madre single alle prese con l’urgenza di crescere. Alla protagonista dà il suo stesso nome e quella che descrive è in parte anche la sua esperienza.

Chiara vive sola in un bozzolo simbiotico e unico con la sua piccola Bambina, con la quale condivide anche il letto, nella nuova casa in cui si è trasferita. Ha lasciato il caotico quartiere precedente, alla volta di uno più placido, confortante e abitato da famiglie borghesissime.

Lei invece un marito non ce l’ha, dal momento che ha concepito la figlia con un uomo che vive lontano, solido a modo suo, ma assente per la maggior parte del tempo. Quindi si trova a fare i conti con le nuove responsabilità e le ansie che aggrovigliano una madre. Deve affacciarsi all’età adulta, ma non è che le venga così facile.

Poi c’è una svolta quando, per puro caso, incappa in Raffaello, ex compagno di liceo al quale chiede di parlare della strada percorsa da allora. Sarà solo il primo di una piccola schiera di persone che hanno incrociato la sua vita.

Ad ognuno pone la semplice domanda «Dimmi di te», poi via con la sua strepitosa capacità di ascolto. Ogni volta accende il registratore e si immerge nei racconti di vita altrui. Rintraccia la più bella della scuola, il più amato della classe, l’ex fidanzatino, il primo amore, il primo dolore e la compagna che sognava un futuro in grande.

Da ognuno di loro si fa raccontare la vita degli ultimi 20 anni; tra scelte, svolte, successi e delusioni. Se alla fine vogliamo estrapolare un grande significato di tutto, potrebbe essere che occorre restare più possibile fedeli alle proprie emozioni……

 

 

Tracy Rees “Fuga d’amore” -Neri Pozza- euro 20,00

Tracy Rees, scrittrice gallese, laureata a Cambridge, ha ambientato il suo ultimo romanzo nell’Inghilterra di fine Ottocento; esattamente nel 1897, anno in cui la Regina Vittoria avrebbe festeggiato il giubileo di diamante per i suoi 60 anni di regno. E come nel precedente successo “Giardino delle rose” ritorna l’analisi romanzata del ruolo della donna nell’epoca rigidamente vittoriana in cui l’osservanza delle regole sociali era fondamentale.

Protagonista è Rowena Blythe, ereditiera di una famiglia ricchissima; la più bella dell’alta società e ha già respinto parecchie proposte di matrimonio. Più che altro, si interroga su cosa vorrebbe fare del suo futuro, mentre la famiglia l’ha già tracciato: devota sposa di un uomo ricco e regina del focolare.

A scompigliare le carte è l’incontro con il giovane e squattrinato artista Bartek, ammantato del fascino bohémienne; assistente del pittore che i genitori avevano ingaggiato per farle un ritratto. Leggendo scoprirete la scelta di Rowena e le conseguenze.

 

 

Elisa B. Pasino “New York al femminile” III edizione -Morellini- euro 18,00

E’ la terza edizione aggiornata di New York al femminile”, guida (al di là dei soliti schemi) della giovane giornalista giramondo Elisa Pasino che nella Big Apple si è pure sposata anni fa. Una mappa aggiornata con gli ultimi cambiamenti in divenire della città dalle mille luci che non dorme mai.

Chiariamo subito che non è la solita guida verso le comuni mete turistiche, ma offre tante dritte in più e non scontate. Un tour “mano nella mano con l’autrice” sciorinato in oltre 200 pagine. E se avete in programma una viaggio nella Big Apple questo è il libro che dovreste avere. La Pasino, profonda conoscitrice di New York vi aiuta ancora prima della partenza; suggerendo quando è meglio andare e cosa mettere in valigia.

Tra le infinite dritte preziose, tanti angoli nascosti, la city map di distretti e quartieri, le varie stagioni e cosa possono offrire; da quella più fredda a quella più calda con le spiagge, i parchi e le piscine in cui trovare refrigerio. Insomma tanti indirizzi utili. Poi analizza anche la città come viene descritta nei libri e nelle serie tv.

Trovate mille indicazioni su dove dormire, mangiare, comprare, tra black Friday e calendari dei saldi, negozi e mercatini. Un ritratto a 360 gradi dell’unica, frastornante, poliedrica, immensamente glamour e affascinante New York.