CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 101

È in arrivo SEEYOUSOUND International Music Film Festival

 

A Torino dal 23 febbraio al 3 marzo 2024

 

Inizia il conto alla rovescia per la X edizione di SEEYOUSOUND International Music Film Festival: Per dieci giorni, dal 23 febbraio al 3 marzo prossimi, questo festival, in cui suoni e immagini si fondono, riempirà le sale del cinema Massimo di Torino, e altre location cittadine pronte ad ospitare dj set, mostre e talk che completeranno il calendario delle proiezioni. L’apertura di venerdì 23 febbraio mostrerà le varie sfaccettature di Cyndi Lauper che, da giovane punk a star del pop, ha saputo restare un’artista femminista, coerente e impegnata, grazie all’anteprima italiana di “Let the Canary Sing”, un film che sarà introdotto dalla regista Alison Ellwood. Generi e decenni si susseguiranno a SEEYOUSOUND X attraverso 90 titoli, di cui 30 in anteprima italiana, che hanno per protagonisti i The Birthday Party di Nick Cave o band come Gogol Bordello, il gruppo anarco-punk dei Crass e il doom metal degli Earth. Verranno scoperte anche tre figure cardine della musica elettronica come Morton Subotnick, padre della techno e pioniere del synth, che a novant’anni ha performative live alla Biennale Musica di Venezia; Siracusa Norman Cook, per il mondo Fat Boy Slim, e Nicky Siano, primo dj resident dello Studio 54 e capostipite della dance newyorkese anni Settanta, che al Festival si esibirà in un dj set esclusivo. New York farà da scenario anche al doc prodotto da Shaggy, che farà rivivere la dancehall giamaicana e che prese piede a Brooklyn negli anni Novanta, mentre il poliedrico Anton Corbijn firma il lavoro su Hipgnosis, studio di design che ha realizzato alcune delle cover più iconiche degli anni Sessanta/Settanta, come “The dark side of the moon”, celebre album dei Pink Floyd e “Housesof the Holy” dei Led Zeppelin. Si andrà oltre al biopic e il film-concerto grazie a un ritratto molto intimo della cantante folk e attivista Joan Baez, scoprendo l’anima rivoluzionaria e queer del The Architect of Rock’n Roll Little Richard, e al ritmo di bossanova si entrerà nell’intenso rapporto artistico del duo Tom Jobim e Elis Regina.

SEEYOUSOUND assegnerà per la prima volta un premio alla carriera e il prescelto sarà Julien Temple che, ospite sabato 2 marzo prossimo, porterà in sala quattro perle del suo archivio, percorrendo opere dei The Clash, Sex Pistols e Keith Richards.

Al cinema Massimo si esibiranno il pianista e compositore Christophe Chassol, Cristina Donà, la crew 19’40”, Alberto Bianco accompagnato da Margherita Vicario, il trombettista Giorgio Licalzi, con uno speciale live, e Lamante.

Biglietteria presso il cinema Massimo, via G. verdi 18, Torino

 

Mara Martellotta

Il “grottesco” dei due amanti nascosto dietro la Storia

Repliche sino a domenica 18 febbraio, al Carignano

Un fascio di luce a colpire il sipario ancora chiuso e un gagliardo soldato a dirci, con evidenza di ammiccamenti sessuali, quanto il suo generale “che nelle mischie di grandi battaglie ha fatto scoppiare le fibbie della corazza sul suo petto rinnega ogni moderazione ed è diventato il mantice ed il ventaglio per raffrescare la lussuria di una zingara”. È l’inizio dell’”Antonio e Cleopatra”, opera poco rappresentata da noi, che Shakespeare trasse dalle “Vite parallele” di Plutarco, è l’inizio di uno spettacolo importante, tra quelli della stagione, cui hanno posto mano Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano e LAC Lugano Arte e Cultura. È l’occasione per Valter Malosti – oggi direttore dell’ERT – di affrontare con una nuova traduzione, dovuta a lui e a Nadia Fusini (ed è da consigliare a ogni amante di teatro l’intervento di quest’ultima nel programma di sala, “il ragazzo Cleopatra”, quanto mai approfondito ed esplicativo e piacevole alla lettura), la love story tra il triumviro, deciso a sconquassare il potere di Roma e a costruire sulle sponde del Nilo un impensato punto di ripartenza, e la regina, questa “dark lady” di rare pulsioni, che tra amori e passioni e abbandoni ne ha fatto il suo buffone, “un tragico buffone”, accresce Malosti, il suo giocattolo.

 

Occidente e Oriente, lo sguardo su due mondi opposti che mai s’incontrano, la lotta eterna. Drasticamente setacciando i circa quaranta personaggi dell’originale (si ipotizza la stesura del Bardo intorno al 1607) a dodici presenze soltanto – per tutti: spariscono Pompeo e il suo giro come gli amici di Cesare, e ufficiali e luogotenenti, si unificano le ancelle della regina -, Malosti sceglie di chiamare in primo piano i due amanti, ce li propone sin dall’inizio immersi in quella scena-tomba, sghemba e imponente, approntata da Margherita Palli su orme metafisiche che potrebbero ricordare volentieri i vasti spazi cari a De Chirico, spazi che in seguito verranno occupati dai due troni, dall’incedere di un cavallo su cui avanza Cleopatra, di ronconiana memoria. Un antro al centro, un grande buco nero, una sorta di oltretomba che tutto inghiotte, entro cui sparire, entro cui annientarsi, forse nascondersi alla Storia.

Un luogo di Eros rappacificato e di Thanatos realissimo, che apre ad un lungo flashback, alla vivisezione di questi “straripanti” protagonisti, a questo generale che ha perso la ragione e la saldezza di un tempo, la propria forza e l’ordine che lo reggeva per scivolare nel disordine, nella passione sfrenata che impedisce il ragionamento, nelle tirate bellissime ma assurde; e a questa regina, la “Cleopatràs lussusiosa” dantesca, una regina instabile ormai, divisa tra amore e libertà, ambigua, quasi clownesca, impudente, fatta di risate e sberleffi (il divertimento che mette nello scimmiottare la Fulvia che il suo amante ha abbandonato a Roma) ma pure di lacrime e disperazione, moderna nella sua volontà di reggere le sorti del proprio paese -, e, ancora tra le pagine della Fusini, ci ritroviamo a fare i conti con le verità di Jan Kott, da quell’ormai lontanissimo 1964 quando ci mostrò quanto Shakespeare sia “nostro contemporaneo” -, pronta ad affrontare, pur di non consegnarsi al vincitore e vedersi chiusa dentro una gabbia nel suo trionfo lungo le strade di Roma, il proprio suicidio, dove il mezzo, qui, non è un’aspide consegnatale da un contadino dentro un cesto di fichi ma una più moderna rivoltella: la fine di una storia, un monologo davanti ad un grande specchio, come quello che le grandi attrici hanno in camerino, per prepararsi alla grande prova o per struccarsi, al termine, mentre il suo compagno di recita, Antonio, compare a offrirle un grande mazzo di rose rosse. Uno sparo, il buio, sipario.

Il tutto inteso scavando in quel tono grottesco che non ti aspetteresti, in quell’eccentrico e in quel deformato che si può tranquillamente scorgere negli anni Trenta del secolo passato. Schegge, e non soltanto, come è Ottavia che se ne arriva con il suo abitino bianco e la valigia grandi viaggi in un ambiente troppo lontano da lei; come sono tutti quei toni alti, tutti falsati e falsi, che smaniano in vaporosi movimenti e in continui cambi d’abito (i costumi sono di Carlo Poggioli, il rosso prevale per la corte d’Egitto, il bianco con corazze rivisitate per i soldati di Roma, lunghe palandrane senza tempo per tutti) della protagonista.

Perché è qui la suggestiva, matura, convincente impostazione dello spettacolo da parte di Malosti – c’è semmai da rammaricarsi che non abbia voluto pigiare maggiormente su questo pedale, relegando soprattutto nella parte iniziale il proprio disegno e non spingendolo più oltre. Voglio dire che, in quel percorso di sacro e profano, di alto e basso, di finzione e di reale, di maschere che la coppia si mette sulla faccia, quella veste attoriale di cui ha rivestito i suoi protagonisti, con tanto di sfacciato gioco di teatro nel teatro, di “play” che si mostra senza paura e sempre oltre misura, nella sembianza alta di porgere la battuta, nella tragicità ma anche nella ridicolaggine delle espressioni e dei movimenti, andrebbe spinta sino in fondo. Compresi gli applausi che sentiamo alle loro spalle e i commenti e le risate alle frasi ironiche e divertenti della sovrana, compresi quella chitarra elettrica di Andrea Cauduro o l’arpa celtica di Dario Guidi, in scena anche convincente Eros, pronto a non sopravvivere al suo signore, compreso e magari ampliato il progetto sonoro di GUP Alcaro. Uno sguardo al privato (la passione degli amanti) come pure al pubblico, che non è soltanto politico, ma coinvolge l’idea della recita e il coinvolgimento della sala (Malosti/Antonio non sfuggirà alla “necessità” di scendere in platea, rivolgendo quel “tu” non più, in quel momento, ad un suo compagno di scena e di lavoro, ma ad ognuno di noi, rendendoci testimoni, autentici e attuali).

Tutta quella carrettata di grottesco se la gioca brillantemente Anna Della Rosa (lei che già ebbe a che fare, applauditissima, con la Cleopatra di Testori), in una varietà di sensazioni, di sentimenti, di affermazioni del corpo e della voce tutte quante agguantate con estrema sicurezza, un ventaglio di momenti tutti da apprezzare. L’abbiamo preferita all’attore/regista, parrucca bianca a riccioli da monarca settecentesco, che depone presto le armi di fronte a quell’ironia che per un po’ gli è calzata a pennello. Dario Battaglia è un solido Ottaviano, Massimo Verdastro un indovino giustamente incantato, Danilo Negrelli un Enobarbo che convince nell’amicizia e nel tradimento all’antico compagno d’armi. Con gli altri compagni, hanno costruito una serata di autentico successo, e il pubblico del Carignano (le repliche proseguono sino a domenica 18) ha applaudito con rara convinzione.

Elio Rabbione

Le foto dello spettacolo sono di Tommaso Le Pera

Al teatro Carignano va in scena Robin Hood

 Dal 17 febbraio per la regia di Maria Cortellazzo Wiel

 

Il teatro Carignano dedica un appuntamento ai più piccoli e alle loro famiglie, mettendo in scena, fuori abbonamento, la pièce di Alexandre Dumas “Robin Hood”, per la traduzione e l’adattamento di Marta Cortellazzo Wiel, Christian di Filippo, Celeste Gugliandolo, Lisa Lendaro, Marcello Spinetta, Aron Tewelde, diretti da Marta Cortellazzo Wiel.

Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Torino, andrà in scena da sabato 17 febbraio alle ore 16 fino a domenica 26 maggio prossimo.

Il tradizionale appuntamento per le scuole e le famiglie è quest’anno dedicato all’abile arciere della foresta di Sherwood, Robin Hood. La sua vita si divide tra la speranza di ricongiungersi al primo amore, Lady Marian, e la missione di proteggere il popolo dalle ingiustizie di re Giovanni. Il coraggio del giovane viene messo a dura prova quando la foresta di Sherwood è minacciata dalla ferocia del sovrano, aiutato dal crudele sceriffo. È l’inizio di una grande avventura, nell’ambito della quale fioriranno leggende e ballate. Dalla fervida fantasia di Alexandre Dumas padre nasce uno dei ritratti più affascinanti del leggendario fuorilegge inglese. Ad affiancarlo nelle sue imprese figurano i suoi fedeli compagni tra cui il valoroso amico Little John e la scaltra Maude. Paladino della giustizia e difensore dei deboli, Robin Hood è il principe dei ladri, incontrastato signore della foresta di Sherwood.

“La letteratura – spiega la regista Marta Cortellazzo Wiel – ha sempre regalato storie di eroi e eroine che, con le loro eccezionali virtù di coraggio e abnegazione, hanno compiuto gesta memorabili. Spesso ci rassicura che sia un eroe a dover portare a termine una missione. Il nostro Robin Hood non è un eroe, bensì un ragazzo che, come ogni essere umano, si confronta con i propri dubbi e paure, consapevole di non poter agire da solo. A sostenerlo in questa missione ci sono l’amico Little John che, con i suoi consigli, guida l’istinto spregiudicato del protagonista, l’incantevole lady Marian che, spinta dall’amore per Robin e dal suo senso di giustizia, compie atti rivoluzionari contro il suo stato sociale e Maude, fedele amica della giovane e astuta complice. Oltre ad essere un eroe, Robin Hood è uno dei fuorilegge più celebri della letteratura, l’arciere che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Chi non ha mai associato a lui questa frase? Ormai è diventata quasi un epiteto che descrive i nobili intenti del protagonista del romanzo di Alexander Dumas padre. È stato inevitabile per noi nella creazione del testo porci degli interrogativi circa il concetto di giustizia oggi.

Qual è il confine tra giusto e ingiusto? E quando un’ingiustizia, operata per un bene più grande, può trasformarsi in un atto di salvezza?”

Età consigliata a partire dai 5 anni

Biglietteria del teatro Stabile di Torino

Teatro Carignano, piazza Carignano 6

Orar6i dal martedì al sabato dalle 13 alle 19. Domenica dalle 14 alle 19. Lunedì riposo.

MARA MARTELLOTTA

Liberi si nasce e liberi si resta!

UN INCONTRO SULLA LIBERTÀ E LA TIRANNIA

 

Un appuntamento culturale di rilievo è in programma venerdì 16 febbraio alle ore 18:30 al Circolo dei Lettori di Via Bogino 9 a Torino. Si terrà infatti, la presentazione con lettura e dibattito di “Il Contr’uno remix o della servitù volontaria”, adattamento di Fabrizio Odetto del saggio epocale sulla tirannia e la servitù dei popoli, scritto intorno alla metà del XVI secolo dal giovane filosofo francese Étienne de La Boétie. Il libro è edito da Lisianthus.

Nell’odierno clima culturale, pieno di contraddizioni, questo breve saggio ci ricorda che la libertà e il libero arbitrio sono tesori dal valore inestimabile; beni così preziosi che, una volta perduti, sono capaci di spogliare l’uomo della sua stessa umanità.

Il celebre “Discorso sulla servitù volontaria” è ritenuto uno dei più grandi testi mai scritti contro la tirannia, in difesa dei diritti naturali dell’uomo. Una lucida visione che proviene da un remoto passato, diretta verso un lontano futuro, che rischia di diventare un eterno presente.

“Non occorre che il tiranno lo scacciate con la forza” scrive Étienne de la Boétie, “non serve buttarlo giù dal trono: basta smettere di sostenerlo e, simile a un gran colosso a cui si tagliasse via la base, eccovelo a terra, cadere sotto il proprio peso, e andare in mille bricioli!”

L’attore Fabrizio Odetto ha rielaborato e adattato la prima versione italiana a cura di Pietro Fanfani e al Circolo Lettori ne porterà viva testimonianza attraverso la sua interpretazione.

L’incontro sarà moderato da Riccardo Cristiani.

 

L’ingresso è gratuito, è gradita la prenotazione.

Per informazioni contattare il numero 0118904401 o scrivere un’e-mail: info@circololettori.it

 

Mara Martellotta

“Goddam, Nina!”, con Doppeltraum Teatro allo Spazio Kairos

Sabato 17 febbraio alle 21 allo Spazio Kairos

ANTEPRIMA NAZIONALE PER “GODDAM, NINA
In occasione del compleanno, che cade il 21 febbraio, l’omaggio a teatro a Nina Simone

 

Cosa ci racconta oggi Nina Simone? Come possono tre donne, bianche, europee, immedesimarsi nella rabbia e nelle sofferenze di una donna dannatamente dotata? Debutto nazionale sabato 17 febbraio alle 21 allo Spazio Kairos, via Mottalciata 7, per “Goddam, Nina!”, portato in scena da Doppeltraum Teatro per la regia di Thea Dellavalle all’interno della stagione “Riflessi” organizzata da Onda Larsen.

 

Sul palco Chiara Bosco, Luana Doni e Cristina Renda mettono in scena il testo scritto da Elvira Scorza che tratteggia la geografia umana, emotiva e politica di Nina Simone, mappa delle passioni universali. A pochi giorni dal suo compleanno (Nina era nata il 21 febbraio 1933 a Tryon) un ricordo in musica ed emozioni della  cantante che Rolling Stone ha posizionato al 29º posto nella lista dei 100 migliori cantanti di tutti i tempi. Ma Nina Simone, scomparsa nel 2003 a causa di un tumore al seno, è stata anche pianista, scrittrice e attivista per i diritti civili statunitense.

 

Lo spettacolo
Nel 2023 le attrici della compagnia Doppeltraum Teatro hanno eleborato  il progetto pluriennale “Drops” con la volontà di riportare alla luce quelle figure di donne che, in ambito politico, letterario, musicale e artistico, hanno lasciato un segno indelebile nella storia e, come piccole gocce d’acqua, hanno eroso con perseveranza e attraverso la loro arte un panorama di pensiero dominante, cambiando per sempre la storia della cultura di massa.

La prima tappa di Drops è proprio “Goddam, Nina!”, un dialogo artistico e un omaggio poetico a una figura fuori dagli schemi, quasi marginalizzata eppure cardine della cultura popolare: Nina Simone che, tra pochi giorni, il 21 febbraio 2024, avrebbe compiuto 91 anni. Emblema di genio creativo, divismo ed eccezionalità musicale accompagnati da sofferenze e sconfitte personali, ma anche simbolo del black power e delle lotte per i diritti civili in USA, Nina Simone viene ritratta poeticamente dalle attrici che interpretano la sua storia, incarnano il suo passato e immaginano un dialogo tra la Sacerdotessa del Soul e il tempo presente.


LO SPETTACOLO

Regia di Thea Dellavalle
con Chiara Bosco, Luana Doni e Cristina Renda
scritto da Elvira Scorza

Produzione Doppeltraum Teatro


UTILITA’

Spazio Kairos è via Mottalciata 7.
Intero 13 euro. Ridotto (ex allievi Scuderia Onda Larsen, Over 65, studenti universitari) 10 euro.
Ridotto speciale (allievi Scuderia Onda Larsen 23/24, under 18 e disabili) 6 euro.
Biglietti online su: www.ticket.it. Necessaria la tessera Arci. Info: biglietteria@ondalarsen.org

 

“Risuona la Resistenza”, concorso musicale

E’ finanziato da Regione Piemonte e promosso da Arci Torino

Creare brani che celebrino l’antifascismo usando campioni del Concerto del 14 novembre 1964 a Torino

Comporre brani su Resistenza e antifascismo usando i campioni musicali del “Concerto per la Resistenza” che si svolse al Teatro Gobetti di Torino il 14 novembre del 1964. E’ la proposta del concorso “Risuona la Resistenza”, finanziato dalla Regione Piemonte e promosso da Arci Torino in collaborazione con le associazioni Arci Gamma Music Institute, Circolo Margot e Dewrec e la Fondazione istituto Piemontese Gramsci.

Il contest musicale, rivolto a musicisti under 40, nasce per celebrare con nuove canzoni e musiche il sessantennale del concerto, un evento decisamente unico nella storia di Torino e dell’Italia. Una giovanissima Arci, allora nata da pochi anni, commissionò a tre grandi compositori – Giorgio Ferrari, Guido Ferraresi e Carlo Mosso – tre opere musicali sui testi poetici di autori come Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo e Corrado Govoni per un tributo alla Resistenza e all’antifascismo.

Come partecipare

Il concerto fu voluto e organizzato dall’Associazione Culturale Arturo Toscanini e dall’Arci di Torino grazie al presidente Enzo Lalli che, quel giorno, registrò l’evento in maniera amatoriale. Arrivato a noi, il nastro è stato ripulito e distribuito digitalmente. Nel 2022 è stato scomposto in più di 150 campioni musicali dai maestri Andrea Maggiora e Giorgio Mirto: con questi campioni è stata costruita una bacheca online all’interno del sito risuonalaresistenza.it.

“Risuona la Resistenza chiede proprio ai musicisti di comporre una canzone (durata: dagli 1 ai 4 minuti) utilizzando almeno uno dei campioni musicali originali (massimo tre) disponibili sulla piattaforma risuonalaresistenza.it. La composizione deve riflettere i valori della Resistenza, dell’antifascismo. Regolamento su https://risuonalaresistenza.it/il-concorso-305/

Premi
I vincitori riceveranno riconoscimenti pubblici sul sito web risuonalaresistenza.it. Al primo classificato verranno assegnati 500 euro in denaro. Altri premi minori saranno annunciati durante il concorso.

La data di scadenza per le iscrizioni e per il caricamento dei brani è il 15 marzo 2024. La giuria è formata da Elisa Salvalaggio, Giorgio Mirto, Andrea Maggiora, Edoardo Dadone, Francesco Salinas e Max Borella.

«Dopo 60 anni dal Concerto per la Resistenza al teatro Gobetti, Arci Torino di nuovo si appella alla creatività musicale per celebrare la Resistenza e l’Antifascismo. Questo concorso è un omaggio alla libertà di espressione conquistata nel 45’ grazie alla lotta partigiana e vuole essere di stimolo per la comunità artistica a non dimenticare quella possibilità che ci è stata donata con il sacrificio di tanti» afferma Max Borella per Arci Torino. E conclude: «Come allora fece la dirigenza Arci con Mosso, Ferrari e Ferraresi anche oggi vogliamo stimolare il mondo artistico emergente a non dimenticare, a continuare a comporre e a costruire cultura per celebrare il momento che è la base della conquista di tutti i nostri diritti e mattone fondamentale del nostro futuro e della nostra felicità».

Il manifesto di “Librolandia” è di Sara Colaone

La XXXVI edizione del Salone del libro sarà ispirata alla raccolta di scritti intitolati “Vita immaginaria” di Natalia Ginzburg, uscita esattamente cinquanta anni fa.

“Questo salone – spiega Annalena Benini, la direttrice editoriale – rappresenta un omaggio alla vita immaginaria, in tutte le sue forme, al suo modo creativo, malinconico, fiducioso e sempre nuovo di creare altri mondi e di farli incontrare, sperando che qualcuno di essi possa diventare reale”.

“Il manifesto di quest’anno – aggiunge Annalena Benini – è stato creato dall’illustratrice Sara Colaone ed è il racconto di un territorio dove lo sguardo si fa libero di immaginare e di contemplare vite e pensieri che crescono in modo autonomo. Un inno alla immaginazione e alla comunità, un invito a inventare insieme mondi nuovi e spazi nuovi, che appartengono alla collettività. Sogniamo insieme pagine, parole, vite che già esistono e si nutrono”.

MARA MARTELLOTTA

Graal e Sindone a Torino: leggende fra magia e religione

Spesso magia e religione sono due mondi che condividono alcune sfumature. Entrambe infatti si occupano della sacralità, in maniera differente. Non c’è da stupirsi dunque che la città esoterica per eccellenza presenti anche una forte impronta di matrice cattolica. Infatti attorno ad essa orbitano proprio le storie di due reliquie di estrema importanza per la cristianità: si tratta del Graal e della Sindone, di cui Torino pare che custodisca i segreti e le storie.

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Graal Sindone Torino

Graal e Sindone: Torino e le leggende

Il Sacro Graal è, secondo il mito, il calice con cui Gesù celebrò l’ultima cena e il contenitore in cui Giuseppe di Arimatea raccolse il suo sangue durante la crocefissione. Infatti l’etimologia della parola pare derivare dal latino medievale “gradalis” (vaso), poi storpiato nel francese “Greal”: da qui nasce l’equivoco linguistico che trasforma il “san Greal” in “sang real”. Questa accezione del sangue reale andrà poi a gettare le basi al mito fondativo della dinastia dei Merovingi, che fecero risalire la loro stirpe ai figli di Cristo e Maria Maddalena.

Tutte queste narrazioni sono delle rielaborazioni fantastiche, dovute principalmente all’ampia letteratura che si è ispirata a quest’oggetto. Infatti si può trovare nei poemi cavallereschi francesi, principalmente nell’opera di Chretien de Troyes. L’autore l’ha associato per la prima volta alla figura di Parsifal, eroe del ciclo arturiano. Secondo le leggende metropolitane il Graal è collegato alla Gran Madre. In particolare per trovarlo risulterebbe fondamentale la statua che regge una coppa e scruta oltre il fiume. Seguendo il suo sguardo sarebbe possibile risolvere uno dei misteri più grandi di tutti i tempi.

 

Graal Sindone Torino Duomo I Il Torinese

I fatti storici

La Sindone invece è conservata all’interno del Duomo di Torino ed è visibile al pubblico solo in determinate occasioni di ostensione. Si tratta di un lenzuolo su cui è riportata l’impronta di un uomo con una corona di spine, che presenta delle ferite compatibili con una morte in croce. Dal 1889, momento in cui è stato reso pubblico il negativo di una foto scattata a questo sudario, sono iniziate varie indagini scientifiche per comprenderne la natura ed attestarne l’autenticità. Solo recentemente però è stata rilevata una datazione più precisa. La prova del carbonio 14 ha collocato storicamente la Sindone in un periodo che può variare dal XIII al XIV secolo.

La sua presenza a Torino è principalmente dovuta alla casata dei Savoia: il prezioso lino infatti era di proprietà di Goffredo di Charny. L’uomo lo donò alla Collegiata di Lirey. Dopo la sua morte, tornò in possesso della figlia Margherita a causa della guerra civile: il timore infatti era quello che potesse venire distrutto durante gli scontri. La donna però ne approfittò per venderlo ai Duchi nel 1453, scatenando non pochi malumori. Fu infatti scomunicata e citata in giudizio per ripristinare i precedenti equilibri, ma senza successo. Inizialmente il velo venne conservato a Chambéry ma poi venne trasportato da Emanuele Filiberto a Torino nel 1532. Fu questa infatti l’occasione del trasferimento della capitale dalla Francia al Piemonte.

Prima di queste date alcune fonti storiche ne riportano l’esistenza: l’unico dato sicuro risiede nella sua comparsa nella cittadina di Lirey a metà Trecento. Non si è tuttora riusciti a ricostruire in maniera certa la sua origine -anche se sono state rilevate tracce di pollini della Terra Santa- e il suo eventuale percorso fino all’Europa.

Francesca Pozzo

Leggi anche – Torino e le leggende fondative: il toro rosso e la discendenza egizia

La gara di scrittura per aspiranti scrittori

Bob Marley one Love, sugli schermi dal 22 febbraio

Bob Marley one Love, sugli schermi dal 22 febbraio la vita ,la storia, la musica del re del reggae. Le lotte in Giamaica, il successo ,le tournée, il ritorno in patria in un concerto che ha riunificato l’ isola Caraibica. La vita di un bambino come tanti cresciuti con i suoi fantasmi, una grande fede che le ha permesso di vivere e fare della sua
musica un mezzo di  lotta contro l’oppressione politica e razziale e all’invito all’unificazione dei popoli di colore come unico modo per raggiungere la libertà e l’uguaglianza. L’aspetto politico della sua vita è stato più importante di quello artistico. Un film bello che esalta la breve ed intensa vita del famoso musicista Giamaicano.

GD