CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 101

Primo concerto della Stagione 2025 dell’Orchestra Polledro, “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo”

Sul podio il direttore stabile dell’Orchestra Federico Bisio

La stagione 2025 ha inizio per l’Orchestra Polledro, diretta dal maestro Federico Bisio, con un concerto che si terrà al teatro Vittoria mercoledì 11 giugno prossimo alle 20.30.

Il concerto è intitolato “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo” e si riferisce ad un periodo di straordinaria trasformazione culturale e musicale. Il barocco lascia spazio a nuovi ideali estetici, nasce lo stile galante, si affermano i principi del classicismo e il genere sinfonico, che da semplice ouverture operistica diventa una forma indipendente, capace di raccontare emozioni e visioni attraverso l’orchestra.

Protagonisti del concerto “Viaggio sinfonico nel ‘700 europeo” sono figure celebri come Mozart, ancora adolescente, ma pienamente consapevole della struttura orchestrale, e Luigi Boccherini, raffinato innovatore capace di fondere grazia italiana e spirito iberico. Accanto a loro riscopriamo la voce solida ed energica di Michael Haydn, esponente autorevole della scuola salisburghese, e quella sorprendente ma purtroppo dimenticata di Giovanni Battista Miroglio, compositore piemontese oggi riproposto per la prima volta al pubblico moderno.

Ogni Sinfonia rappresenta  una tappa di questo viaggio, ognuna con un’identità distinta, dalla brillantezza classica alla cantabilità italiana, dalla chiarezza formale alla ricerca timbrica, il pubblico sarà  accompagnato in un’esperienza d’ascolto che unisce conoscenza, scoperta e bellezza.

Di Luigi Boccherini verrà eseguita la Sinfonia n. 16 in Mi bemolle maggiore Op. 35 n. 2. G 510

Composta intorno al 1782, questa Sinfonia è un esempio splendido  dello stile maturo di  Boccherini, compositore lucchese stabilitosi in Spagna. La Sinfonia G510 si distingue per la sua scrittura chiara e ben strutturata, con una particolare attenzione all’equilibrio tra le sezioni orchestrali. Boccherini, pur essendo noto per la sua musica da camera, dimostra in questa composizione una notevole capacità  di adattare il suo stile alla forma Sinfonica, mantenendo un linguaggio elegante e accessibile.

L’opera si articola in tre movimenti Allegro con spirito – Un movimento vivace e brillante, un tema principale energico e ritmicamente incisivo, che mostra la maestria di Boccherini nel trattare  le dinamiche e le sonorità  orchestrali – Andante, movimento più lirico e meditativo in cui la melodia si sviluppa in modo fluido e cantabile, evidenziando la sensibilità melodica del compositore – Allegro giusto, il tema deriva da uno utilizzato nell’Andante precedente e contribuisce  a sviluppare un finale energico e ritmicamente incisivo, che chiude la Sinfonia con un senso di coesione e completezza.

Il sesnndo brano del concerto sarà la Sinfonia in re maggiore P 42 di Michael Haydn, fratello minore del più celebre Joseph, figura centrale della musica sacra e sinfonica a Salisburgo. Questa sinfonia, vivace e incisiva, evidenzia un linguaggio orchestrale compatto e diretto. Concepita con chiarezza formale e un gusto per il contrasto tematico, l’opera riflette il classicismo nascente, ma conserva una certa espressività barocca, specie nei movimenti lenti. La brillantezza del tono, in re maggiore, e l’equilibrio tra i movimenti, fanno di questo movimento una gemma austrotedesca di fine secolo. La Sinfonia è conservata solo in parte in manoscritti dell’epoca della sua composizione, poiché le parti portano alla data del 1778, dobbiamo concludere che l’opera sia stata composta prima di quella data. La strumentazione prevede due oboi, due corni, primo e secondo violino, viola da basso. Inizia con una introduzione lenta affidata agli archi. L’introduzione sfocia in una Allegro molto con l’intera orchestra all’unisono, motivi brillanti di terzine e accordi enfatici di triadi, che segnano le misure di questo movimento. Come spesso accade in Haydn, ai fiati è assegnato un ruolo di supporto, senza che vi sia una sorta di indipendenza idiomatica. L’Adagio è ricco di sentimento, il Finale Presto mostra la mano di un compositore il cui campo principale era la musica sacra. Gli archi dominano il movimento e si abbandonano a fughe e imitazioni.

Di Giovanni Battista Miroglio (1725-1785), verrà eseguita la Sinfonia in Fa maggiore op.2, che rappresenta la prima esecuzione dei tempi moderni. Miroglio, piemontese, attivo nella seconda metà del XVIII secolo, realizzò questa bellissima Sinfonia, che era un brano quasi dimenticato. La partitura, ricostruita dal Maestro Federico Bisio, mostra un linguaggio elegante con tratti italiani nello stile cantabile dei temi. È una struttura tripartita tipica della prima fase sinfonica. La scrittura orchestrale è significativa e rivela un autore da scoprire. Tre delle sue prime quattro  opere pubblicate sono dedicate a parigini, che a quanto pare erano suoi mecenati o allievi. Nel 1765 iniziò un’impresa che sarebbe stata molto più importante delle sue composizioni e insegnamenti: insieme al pittore tedesco Johann Anton De Peters, fondò il il Bureau d’Abonnement de musique. Per due anni, la Chevardière e altri editori, combatterono il nuovo Bureau in tribunale, coinvolgendo un centinaio di musicisti da una parte e dall’altra. La decisione della Corte fu a favore del Bureau, che continuò a operare fino al 1789. Miroglio è citato come compositore e insegnante almeno fino al 1785. Le sue composizioni presentano caratteristiche francesi, italiane e Mannheim, tipiche della Parigi di quel periodo.

Ultimo brano del concerto è la Sinfonia n.11 in re maggiore K 84 di Mozart. Attribuita a Mozart, che l’avrebbe composta all’età  di circa quindici anni, questa Sinfonia rientra nella produzione giovanile del compositore, probabilmente scritta durante il soggiorno in Italia nel 1770. L’opera è breve e brillante, strutturata in tre movimenti, e riflette l’influenza dello stile italiano appreso durante i viaggi. Il primo movimento si apre con una vivacità dell’Opera Buffa, il secondo propone un Andante dal tono lirico e raccolto, mentre il finale è un Allegro di chiusura. Nonostante la giovane età del compositore, si percepiscono già il talento melodico e l’intelligenza formale che caratterizzano tutta la sua opera.

A dirigere l’Orchestra Polledro è il direttore Federico Bisio che, parallelamente agli studi umanistici, ha frequentato i corsi di Composizione Sperimentale presso il Conservatorio Verdi di Milano. Si è dedicato allo studio della direzione d’orchestra, e ha completato i suoi studi con il Maestro Gilberto Serembe. Dal novembre 2012 è direttore stabile dell’Orchestra Polledro.

Concerto a ingresso libero.

info@orchestrapolledro.eu

Mara Martellotta

La mostra “Natura e vita” di Daniele Fissore

Un tributo all’arte e alla memoria e le parole di Miresi, sua moglie

Dal 5 aprile al 22 giugno 2025, le città piemontesi di Busca e Cherasco ospitano la mostra antologica “Natura e vita del pittore saviglianese Daniele Fissore. Le opere esposte percorrono il periodo che va dal 1973 al 2017 e sono un omaggio al loro autore, mancato nel 2017, figura emblematica e di rilievo dell’arte contemporanea italiana. L’esposizione, curata da Cinzia Tesio, e’ organizzata su due sedi: Casa Francotto a Busca e Palazzo Salmatoris a Cherasco, dove sono esposte 140 opere che rattraversano l’intera carriera dell’artista piemontese. La moglie Miresi, insieme si suoi tre figli, si occupa e gestisce il patrimonio lasciato da Fissore, non solo inteso come beni artistici, ma anche come eredita’ intellettuale che racconta di un artista impegnato, legato al territorio, ma apprezzato anche all’estero; ci parla con entusiasmo del successo delle mostre in corso “Ho avuto i numeri delle presenze di Cherasco e di Busca e devo dire che sono molto soddisfatta. I dipinti rappresentano l’itinerario dei cicli pittorici di mio marito dall’iperealismo, al periodo londinese, con le opere sui pic nic ad olio, i green e molto altro. Sono emozionata perche’ questa mostra che ha un obiettivo molto importante che e’ quello di far conoscere in generale la pittura di Daniele che, invece, e’ famoso e riconosciuto per i Green e per le Marine. Ci sono altri lavori molto interessanti che lo rappresentano come Eroica, i Video Spenti e Opposizione a cui dare spazio e valore”.

La biografia di Daniele Fissore e’ molto ricca e intensa. Dopo gli studi classici, nel 1968 si e’ iscritto all’Accademia di Belle Arti di Torino, ma in un breve periodo ha maturato il desiderio di proseguire autonomamente la sua ricerca artistica dedicandosi all’approfondimento delle tecniche del disegno. Nel 1975 ha partecipato alla X Quadriennale di Roma e l’anno successivo alla Biennale del Disegno di Milano . Negli anni ’80 si e’ trasferito a Londra, dove ha ottenuto dal governo britannico uno studio e nel 1981 ha esposto alla House Gallery, un vero orgoglio, dunque, per l’arte e la cultura italiana.

“I suoi dipinti sono cosi’ reali da sembrare utopici” hanno scritto i critici, da essi emerge la tecnica applicata minuziosamente, ma anche la capacita’ di riflessione e profondita’. Aggiunge Miresi Fissore “vorrei che si conoscesse maggiormente la ricchezza creativa di mio marito Daniele. Mi sono resa conto che e’ necessario andare avanti con questo lavoro di diffusione , di fare un salto qualitativo per far avere a Daniele il giusto riconoscimento che merita per quanto e come si e’ dedicato all’arte. E’ necessario che l’interesse nei confronti di questo artista sia istituzionalizzato per esempio attraverso l’acquisizione delle sue opere nelle gallerie moderne piu’ famose e nei musei. E’ un pittore che merita maggiore riconoscimento”.

Daniele Fissore e’ una figura centrale dell’arte contemporanea italiana, capace di unire tecnica impeccabile e profondità emotiva, che ha lasciato un segno indelebile nel panorama artistico nazionale e internazionale; queste sue ultime esposizioni ci raccontano di un pittore per cui l’arte e la pittura hanno rappresentato la vita; non ha dipinto semplicemente ciò che vedeva, ma si interrogava sulla realtà, sulla memoria e sull’identità. Nei suoi quadri c’e’ tensione emotiva, introspezione, un silenzio carico di senso oltre che una grande attenzione ai dettagli.

Maria La Barbera

Una nuova opera  per Vivarium, Reality Fiction di Maurizio Taioli

Giovedì 12 giugno prossimo alle ore 18.30 verrà inaugurata una nuova opera per Vivarium, il parco dell’arte di Flashback Habitat in corso Giovanni Lanza 75. Vivarium, derivato dal latino vivo, rappresenta l’esposizione permanente all’aperto di Flashback Habitat, che trasforma l’ampia area verde di 9 mila metriquadri in un parco d’arte in continua evoluzione. Nata nel 2022, l’idea è di creare uno spazio dove le opere possano integrarsi e interagire con l’ambiente naturale, storico e umano. Le opere sono adottate da Flashback, che le accoglie e le lascia radicare nel suo ecosistema.

Da martedì  20 maggio è  presente una nuova opera di Maurizio Taioli, dal titolo “Reality Fiction”, che verrà inaugurata giovedì 12 giugno alle 18.30 alla presenza dell’artista. La peculiare forma espressiva usata dall’artista, le sagome scultoree da lui create, conduce lo spettatore a confrontarsi con una tematica attuale, la violenza umana analizzata sia dal punto di vista sociale sia ontologico.

L’oggetto di questa riflessione è  svelato dal titolo , “Reality Fiction”, che si riferisce allo scontro tra realtà e immaginazione, tematica di grande attualità nel mondo della globalizzazione in cui i confini tra il reale, le immagini e i modelli imposti dalla fiction, in particolar modo dalla filmografia americana, sono sempre più labili e non consentono di distinguere cosa può essere definito con certezza “reale” o “immaginario”.

Le immagini che ogni giorno vengono proposte dai mass media sono ambigue, e ciò che viene indicato come reale spesso non lo è,  o ne è  solo una versione parziale. Allo stesso modo la cinematografia narrativa a volte contiene elementi di grande veridicità storica. Lo spettatore si trova di fronte a una serie di sagome di grandi dimensioni che catturano totalmente la sua attenzione inducendolo a una riflessione critica sulle tematiche trattate. Sculture, sagome di materiale metallico, immagini violente sottolineate dall’effetto ottico del metallo e da ombre fredde, sono il simulacro di una realtà inquietante che si confonde con la fiction, anch’essa per sua natura ambigua. Le grandi dimensioni, lo spessore, il peso delle opere suscitano una sensazione di smarrimento che, insieme alla gravità del tema, si riflette sull’osservatore, lasciandolo sgomento e con un senso di sospensione emotiva e psicologica.

Quotidiani, materiale scaricato dal web, locandine di film, pellicole americane di grande fama quali Matrix o Terminator, riviste e fumetti rappresentano il materiale informativo dal quale trae ispirazione il lavoro di Maurizio Taioli. Attraverso una selezione delle immagini più significative, dà vita ad una serie di opere che perdono il legame con la realtà per divenire altro, sculture in metallo di grandi dimensioni, icone che entrano a far parte del repertorio collettivo.

Maurizio Taioli ( 1959) studia a Verona e Venezia, dove si diploma all’Accademia di Belle Arti nel corso di pittura con Emilio Vedova. A partire dagli anni Novanta sceglie di aprire uno studio a Milano e dal 2007 il gallerista Franz Paludetto diventa il suo punto di riferimento, facendolo esporre al Castello di Rivara e alla Galleria Franz Paludetto di Roma.

Mara Martellotta

Adelaide di Susa e Matilde di Canossa, una mostra a Susa

Cosa avevano in comune, mille anni fa, Adelaide di Susa e Matilde di Canossa, due donne di spicco nel contesto politico del Medioevo italiano? Lontane geograficamente, una vicina ai valichi alpini con la Francia, nel suo castello a Susa, e l’altra nel suo maniero sull’Appennino reggiano, il famoso castello di Canossa dove si recò Enrico IV, umiliato e pentito, ma così vicine per tante altre ragioni. Erano entrambe potenti signore che dominavano su vasti territori, Adelaide (1016-1091) era la contessa di Torino e signora di Susa, Matilde (1046-1115) una ricca feudataria con estesi possedimenti in diverse regioni italiane. Due storie intrecciate per motivi familiari e politici, due donne vissute nell’XI secolo, cugine tra loro, che hanno in comune la loro influenza politica e il loro ruolo nella storia della penisola, soprattutto durante il periodo della lotta per le investiture. Due importanti figure femminili che nove secoli fa svolsero un ruolo significativo influenzando la politica dell’epoca. Le “governanti illuminate” sono le protagoniste della mostra “Matilde di Canossa e Adelaide di Susa” al castello di Adelaide, che dall’alto di Susa domina il centro storico e l’area romana, promossa dal Comune di Susa, dall’Associazione Amici di Matilde di Canossa insieme alla Pro Loco di Susa e all’associazione Artemide. La rassegna, curata da Donatella Jager Bedogni e Stefano Paschero, analizza il ruolo che entrambe svolsero nella fase che precedette l’incontro a Canossa tra l’imperatore Enrico IV e papa Gregorio VII nel 1077.
Entrambe sapevano leggere e scrivere, furono mecenati, fondarono monasteri, scuole e centri religiosi. Non furono semplici mogli ma vere sovrane in grado di gestire potere e alleanze in scenari complessi e burrascosi. Rappresentarono la forza delle donne nel Medioevo in un’epoca in cui le donne ben difficilmente raggiungevano posizioni di potere. La storia di Susa è legata alla contessa Adelaide, la regina delle Alpi, altra donna di potere che seppe tenere testa a Papi e imperatori. Come Matilde, anche Adelaide governò per più di 50 anni una vasta area, dalle Alpi Cozie fino a Torino e oltre, arrivando alla ribelle Asti che occupò due volte con il suo esercito. Sposò Oddone di Savoia da cui nacque la dinastia che dominerà il regno d’Italia fino al Novecento. Ebbe cinque figli, tra cui Berta che sposerà Enrico IV. La contessa Matilde di Canossa visse in un’epoca di battaglie, intrighi e scomuniche, mostrò un’innata capacità di comando, potente feudataria, controllava vasti territori e difese il Papa in opposizione all’imperatore. É ritenuta una delle personalità più affascinanti dell’Italia medievale. Morì nel 1115, senza eredi. È sepolta a Roma nella basilica di San Pietro in un sepolcro del Bernini.
Perno dell’esposizione è la Collezione Giuliano Grasselli, una raccolta privata di oltre 1200 pezzi che rappresenta uno dei più vasti patrimoni iconografici dedicati a Matilde di Savoia. In vetrina, fino al 29 giugno, una ricca selezione di reperti storici, documenti e opere d’arte che appartennero ai due personaggi femminili, manoscritti, quadri, stampe rare, oggetti d’epoca e antiche incisioni. Matilde estese il suo dominio su gran parte dei territori italiani situati a nord dello Stato Pontificio, il suo regno si allungava dalla Lombardia all’alto Lazio, dalla Liguria alla Romagna. Il fulcro era Canossa nell’Appennino reggiano. Figura chiave nel conflitto tra Papato e Impero, Matilde fu una figura storica di grande importanza. È conosciuta soprattutto per l’incontro di Canossa il 28 gennaio 1077. Schierata con Papa Gregorio VII, Matilde fu mediatrice nella contesa tra il Pontefice e l’imperatore Enrico IV scomunicato dal Papa. La scomunica indusse Enrico IV, che rischiava di perdere il trono, a trovare un accordo con il Papa. Gregorio VII lo ricevette mentre era ospite di Matilde a Canossa. La mostra racconta magistralmente il lungo viaggio di Enrico IV attraverso le Alpi nel gelido inverno del 1076-77. Per ottenere la revoca della scomunica da parte pontificia l’imperatore dovette umiliarsi attendendo tre giorni e tre notti sotto una bufera di neve davanti al castello. Uno storico “faccia a faccia” nel celebre episodio di Canossa che si risolse con un compromesso, Gregorio VII cancellò la scomunica al pentito Enrico IV e alcuni anni più tardi Enrico tolse a Matilde gran parte dei beni posseduti. Il matrimonio di Adelaide di Susa e di Torino celebrato nel 1045 con Oddone di Savoia aprì le porte del Piemonte alla casata transalpina.
Sposando Oddone, figlio di Umberto Biancamano, Adelaide portò i conti di Savoia nella penisola mettendo insieme i due versanti del Cenisio. Come sottolinea lo storico Gianni Oliva, “tutta la fortuna della dinastia è legata al fatto di controllare il passo, il Cenisio, che collegava il nord e il sud dell’Europa, un passaggio percorso da eserciti, pellegrini e commercianti”. Adelaide è sepolta nella chiesa parrocchiale di Canischio, un piccolo paese nei pressi di Cuorgnè, dove si era ritirata negli ultimi anni della sua vita. La mostra è aperta al Castello di Adelaide a Susa fino al 29 giugno, venerdì, sabato e domenica dalle 14.00 alle 18.00. Arriva il grande caldo, se andrete nella vicina Val Susa nei prossimi weekend a respirare aria buona e fresca, fermatevi un’oretta a Susa, al castello di Adelaide, la contessa vi aspetta.. e la visita è breve. L’esposizione, piccola ma assai preziosa, è racchiusa in un’unica sala del castello.
Filippo Re
nelle foto, la locandina della mostra, i ritratti di Adelaide di Susa e di Matilde di Canossa, sala mostra con manichini delle due contesse

Evergreen Fest torna con un’edizione speciale, al Parco della Tesoriera

Atteso ritorno dell’Evergreen Fest al Parco della Tesoriera, fino al 20 luglio prossimo, con 46 serate di eventi gratuiti in una delle location più affascinanti di Torino. Nata con l’obiettivo di promuovere occasioni di aggregazione accessibili a tutta la cittadinanza, Evergreen Fest propone un ricco programma di attività per tutte le età e i gusti: laboratori artistici di wellness, tour guidati, letture e presentazioni di libri, interviste, incontri con associazioni, progetti socioculturali e stand informativi. Non mancheranno le serate di cinema, teatro, danza, concerti e silent disco accompagnati da punti ristoro in cui potersi rilassare e gustare ottimo cibo.

Quella del 2025 di Evergreen è un’edizione speciale, un traguardo importante per il festival, che si apre con uno sguardo di gratitudine verso il passato, celebra i legami costruiti nel corso degli anni e guarda con entusiasmo alle novità del presente e del futuro. Sarà questa l’occasione per accogliere nuovi talenti della scena locale nazionale e ritrovare gli artisti più amati delle edizioni passate. Quest’anno la manifestazione si inserisce nel programma “Torino che spettacolo – Che bella estate!”, e porta sul palco nomi come Big Mama, Ron, Meg, Tormento, Grido, Andrea Cerrato, Il Muro del Canto, Vladimir Luxuria, Roberto Mercadini, Casadilego, Cettina Donato, Davide D’Urso, Federico Sirianni, Federico Sacchi, Giorgia Goldini, The Spell of Ducks, Distilleria Manouche e molti altri ancora.

L’inaugurazione è prevista il 5 giugno alle 21.30, con Ippolita Baldini nello spettacolo “Io, Roberta, Ippolita, Lucia”, in cui l’attrice di “Benvenuti al Nord” e della serie TV “Camera Cafè”, analizzerà con ironia le molteplici e diverse personalità che mostriamo quotidianamente. Sono previsti anche performance coreutiche, come quella del 9 giugno intitolata “Danza quanto basta”, fino a “Piacere, Charlie”, una serata dedicata a Charlie Chaplin in programma il 22 giugno prossimo. Un appuntamento particolare sarà quello con Roberto Mercadini, intitolato “La bellezza delle parole” il 25 giugno, artista che esplora la meraviglia della narrazione fra storie sacre, profane, mitiche, indiane e maya.

L’Evergreen Fest è ideato e organizzato da Tedacà Compagnia Scuola d’Arte Performativa e realtà culturale nata nel 2002, impegnata nella diffusione delle arti e nello sviluppo sociale attraverso la cultura.

Il Festival si inserisce nell’ambito del programma “Torino che spettacolo – Che bella estate!” promosso dalla Città di Torino, in collaborazione con la Fondazione per la Cultura Torino, con il main sponsor Iren, il sostegno della Circoscrizione 4 e la media partnership di Radio Energy. Tutti gli appuntamenti, salvo diversa indicazione, sono a ingresso libero e gratuito fino a esaurimento posti.

Per il programma è possibile visitare il sito di Evergreen Fest.

Mara Martellotta

“Novecento” di Baricco al termovalorizzatore

Grande successo di pubblico sabato 7 giugno, al termovalorizzatore di Torino per l’adattamento, da parte della compagnia teatrale PoEM, di “Novecento” di Alessandro Baricco. L’opera, prodotta dal Teatro Stabile di Torino, valorizzata dalla regia di Gabriele Vacis e dagli allestimenti e dalla scenofonia di Roberto Tarasco, si è svolta all’aperto, con il pubblico che ha assistito di fronte a un bilico – un pianale industriale trasformato in palcoscenico – da cui ha preso vita la vicenda del leggendario pianista del Virginian.

 Hanno assistito allo spettacolo oltre 300 spettatori che hanno apprezzato l’allestimento che ha favorito il dialogo tra attori, pubblico e impianto in un unico organismo scenico.

Il termovalorizzatore, luogo in cui si trasformano i rifiuti in energia e calore, ha ospitato una diversa metamorfosi: quella della parola scritta che si fa voce, corpo e visione.

Torino, 1872: quando la statua di Balbo traslocò

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Alla scoperta dei monumenti di Torino / I lavori per il ricongiungimento della città storica con il Borgo Nuovo, stravolsero completamente l’area implicando la demolizione dello spalto al quale si appoggiava il giardino. Durante questa fase il monumento a Cesare Balbo subì uno spostamento provvisorio, per poi essere riposizionato, nei primi mesi del 1874, nella nuova Aiuola Balbo

Cari amici lettori e lettrici, eccoci nuovamente pronti per un’altra piacevole (si spera) ed interessante passeggiata per le vie della città alla scoperta delle sue affascinanti opere. Questa settimana vorrei parlarvi di un noto personaggio storico nato nel capoluogo piemontese e divenuto un personaggio di rilevante importanza per la città di Torino; sto parlando di Cesare Balbo e del monumento a lui dedicato. (Essepiesse)

La statua è situata in via Accademia Albertina sull’asse centrale dell’Aiuola Balbo, ai margini della vasca d’acqua centrale. Cesare Balbo è ritratto in posizione seduta, vestito in abiti borghesi con un ampio mantello sulle spalle; con la mano destra stringe gli occhiali, mentre sul ginocchio sinistro tiene aperto con la mano il libro “Le speranze d’Italia”, libro da lui scritto, pubblicato nel 1844 a Parigi e dedicato all’ideale politico dell’unificazione italiana.

 

Cesare Balbo nacque a Torino il 21 novembre del 1789 da Prospero Balbo già sindaco di Torino e ambasciatore di Parigi ed Enrichetta Taparelli D’Azeglio, fu un uomo politico, scrittore e Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna. Cesare Balbo maturò culturalmente in varie città europee a causa della continua peregrinazione che il padre dovette subire nei difficili anni del regno di Vittorio Amedeo III di Savoia; fu così che venne a contatto con le nuove teorie illuministiche che, in quegli anni, stavano prendendo sempre più piede nei maggiori centri culturali europei.

Fu propugnatore dell’indipendenza d’Italia dal dominio austriaco ed uno dei più importanti esponenti della cultura liberale piemontese. Nel 1848, dopo la concessione dello Statuto Albertino, divenne presidente del primo Ministero costituzionale piemontese e fu deputato del Parlamento Subalpino fino alla sua scomparsa. Immediatamente dopo la sua morte, avvenuta a Torino il 3 giugno 1853, alcuni cittadini torinesi decisero di erigergli una statua alla memoria. Venne istituito il “Comitato per l’erezione di un monumento a Cesare Balbo” presieduto da Cesare Alfieri di Sostegno e del quale facevano parte Giuseppe Arconati, Ottavio di Revel, Federico Scoplis e Luigi Torelli.

Apertasi una pubblica sottoscrizione, in pochi mesi la cifra raggiunta superò le 10.000 lire delle quali circa la metà fu costituita da oblazioni private, mentre la restante parte venne donata da enti pubblici. Per ciò che riguardava invece il concorso del Municipio di Torino, si fu inizialmente orientati su due ipotesi diverse: rendere disponibile un’area all’interno del Camposanto generale oppure, nel caso il Comitato avesse voluto erigerlo in sito pubblico, concorrere economicamente alla sua realizzazione. Essendo scelta la seconda opzione, il Municipio decise di stanziare la somma di 3.000 lire, alla quale si aggiunsero i contributi dei Municipi di Pinerolo, Susa e della Provincia di Torino (1.000 lire), raggiungendo così la cifra di 10.554 lire.

Della realizzazione dell’opera venne incaricato Vincenzo Vela (lo stesso autore dell’opera già vista da noi “Alfiere dell’ Esercito Sardo”), da pochi mesi professore di scultura dell’Accademia Albertina di Torino. Vela scelse di rappresentare Cesare Balbo in una posa “naturale”, in un atteggiamento anche posturale, che ricordasse la sua vita, il suo lavoro ed anche il suo impegno di letterato e di scrittore. Per la realizzazione del monumento vennero versate a Vela circa £ 10.000, mentre le rimanenti 554 lire furono spese per la realizzazione di una cancellata di protezione.

Nei primi mesi del 1856, Cesare Alfieri propose al Sindaco Notta di posizionare l’opera nel Giardino dei Ripari, tra il nascente Borgo Nuovo e la città storica; il 5 giugno 1856 il Consiglio Comunale, venendo incontro a questa richiesta, diede il suo consenso alla collocazione della statua in cima al declivio che dalla via della Madonna degli Angeli conduce al Giardino. Il monumento a Cesare Balbo venne inaugurato l’8 luglio del 1856 ed in questa occasione venne donato al Municipio che lo accettò ufficialmente nella seduta del Consiglio Comunale del 15 novembre 1856.

In seguito però, nel 1872 delle nuove politiche condussero alla riconfigurazione dell’area occupata dal Giardino dei Ripari; i pesanti lavori per il ricongiungimento della città storica con il Borgo Nuovo, stravolsero completamente l’area implicando la demolizione dello spalto al quale si appoggiava il giardino. Durante questa fase il monumento a Cesare Balbo subì uno spostamento provvisorio, per poi essere riposizionato, nei primi mesi del 1874, nella nuova Aiuola Balbo dove ancora oggi si può ammirare. Purtroppo, durante la seconda guerra mondiale l’opera venne danneggiata durante i bombardamenti.

 

Visto che abbiamo accennato alla realizzazione della “nuova” Aiuola Balbo, ricordiamo che essa è un giardino d’origine tardo ottocentesca; è caratterizzata dall’essere realizzata su terrapieno e quindi delimitata da un perimetro murario che la isola, sollevandola, dalle strade che la circondano. Di forma rettangolare, ha come fulcro una importante fontana centrale ed è piantumata con alberi disposti in modo naturale lungo tutto il perimetro.

Il disegno definitivo dell’Aiuola Balbo venne realizzato nel 1873 dall’ingegnere capo Pecco, che progettò un giardino totalmente verde, sollevato di circa un metro e mezzo al di sopra del piano stradale. I monumenti a Cesare Balbo, Eusebio Bava e Daniele Manin vennero ricollocati in modo simmetrico e armonico nell’Aiuola Balbo, nel centro del giardino sul suo asse longitudinale; l’ inserimento dell’ importante fontana centrale vennedeciso solo più tardi, nel febbraio 1874. L’Aiuola Balbo, inaugurata il 19 settembre 1874, oggi ospita complessivamente sei monumenti che la caratterizzano come un giardino dedicato ai patrioti attivi nei moti per l’indipendenza degli stati europei.

Simona Pili Stella

Foto  G i a n n i  C a n e d d u

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Fatma Aydemir “Tutti i nostri segreti” -Fazi Editori- euro 18,50

Nata nel 1986, nell’ex Germania Ovest, in una famiglia di origine turco-curda, Fatma Aydemir, è oggi una delle voci più interessanti della letteratura tedesca contemporanea. Giornalista e scrittrice, con questo secondo romanzo ha scalato velocemente le classifiche, riscuotendo un successo ampiamente meritato.

Il libro inizia con una morte che non è solo fisica. Implica anche quella di un sogno e mette a nudo ferite, incomprensioni, segreti e non detti, annidatisi a lungo all’interno della famiglia Ylmaz. Formata dai genitori curdi, Emine e Hüsey, emigrati in Germania alla ricerca di vita migliore, e i loro 4 figli.

Con una magnifica scrittura limpida, l’autrice affronta più temi, miscelandoli sapientemente nelle pieghe delle vite e dei rapporti dei membri della famiglia turco-curda.

Non è un romanzo autobiografico, ma Aydemir l’ha concepito pensando alla generazione dei suoi nonni; anche loro, dopo la Seconda Guerra Mondiale, lasciarono il paese di origine e andarono altrove, desiderando un futuro migliore.

A 59 anni, dopo una vita di duro lavoro e sacrifici in una fonderia tedesca, finalmente, Hüseyn, è riuscito a coronare il sogno di tornare in patria e comprare una casa a Istanbul, dove iniziare un nuovo meritato capitolo della sua esistenza. Ma proprio quando ha finito di arredare il nuovo nido e la famiglia sta per raggiungerlo, viene stroncato da un malore.

E’ lo strepitoso inizio di poco più di 300 pagine che non vorremmo finissero. Scandito in 6 capitoli, ognuno svela uno degli Ylmaz; penetra a fondo nella sua storia e nella sua anima, mettendo a nudo ferite e traumi.

I due figli maggiori, Sevda e Hakan, non riescono ad arrivare in tempo al funerale… per loro sarà un rimorso in più.

Sevda è quella che ha raggiunto i genitori in Germania più tardi, a 12 anni, la ribelle che ha sempre cercato di sottrarsi alle leggi del patriarcato. Sposata con un fannullone, poi si è resa indipendente, imprenditrice affermata, ma in rotta di collisione con i genitori.

Su Hakan, il primo figlio maschio, si sono concentrate le grandi aspettative del padre e si è riversata l’indulgenza materna.

Perihan e Ümit, a loro volta, sono portatori di ulteriori dinamiche. Fino al capitolo finale in cui scoprirete il segreto che ha segnato soprattutto il legame dei genitori.

Uno spettacolare affresco che racconta più generazioni a cavallo tra due mondi e due culture, con al centro il tema complesso e portante della famiglia e del veleno che può scorrere nelle sue vene. Ci sono poi i nodi duri del patriarcato, spesso favorito supinamente dalle donne che ne perpetuano l’azione sulle figlie.

E ancora: levate di scudi del femminismo e dell’emancipazione, crisi di identità -anche di genere- e sullo sfondo razzismo e difficoltà nell’accettare il diverso da noi.

Un meraviglioso romanzo, in cui una scrittura di altissimo livello ci conduce con sensibilità e intelligenza nel microcosmo di un nucleo familiare, nei pensieri e nel sentire di personaggi indimenticabili.

 

 

Phyllis Rose “Vite parallele” -UTET- euro 24,00

L’autrice di questo saggio è un’autorevole critica letteraria americana e autrice di approfondite biografie. Qui ricostruisce e analizza le vite coniugali di 5 famose coppie di intellettuali e scrittori, vissute in epoca vittoriana. Quando si mescolavano la censura della sessualità ma si invitava anche a procreare; la donna era fattrice e angelo del focolare. Mentre per i mariti spesso il sesso era quello praticato con le prostitute.

Il volume mette in luce quanto legò alle loro metà, Carlyle, Dickens, Eliot, Stuart Mill e Ruskin; fu pubblicato negli Stati Uniti nel 1983 ed è tutt’oggi un’indiscussa pietra miliare per studiosi e appassionati di letteratura.

Apre e chiude la carrellata l’unione tra lo storico Thomas Carlyle e la moglie Jane Welsh. Dal primo capitolo sul loro fidanzamento, a quello finale sugli ultimi anni del matrimonio. Unione altamente imperfetta, forse neanche mai consumata per limiti di lui che, comunque, ebbe una relazione “innocente” con Lady Harriet Montague, fonte di enorme sofferenza per Jane.

Da questo dolore nacque però una scrittrice “postuma”, poiché Jane affidò la sua infelicità alle pagine del diario che il marito fece pubblicare dopo la sua morte; in parte per denunciare la propria scorrettezza, e in parte per stemperare il senso di colpa verso colei che l’aveva sempre accudito amorevolmente.

Charles Dickens, nel 1836 sposò la figlia del suo editore, Catherine Hogarth.

Ma 20 anni dopo s’innamorò dell’attrice 18enne Ellen Ternan. All’epoca lui aveva 45 anni e il divorzio era possibile, ma altamente sconsigliato per la sua immagine pubblica.

Ed è così che uno scrittore immenso scivolò, invece, tanto in basso da accusare ingiustamente la moglie di malattia mentale, nel tentativo di togliersela di torno e spedirla in manicomio.

Il misfatto non gli riuscì, ma la vicenda lo sminuisce sul versante etico e affettivo e induce a meditare…

Però state tranquilli perché ci furono anche unioni felici. Ma non erano quelle suggellate da vincoli legali o religiosi. La scrittrice George Eliot e il critico Henry Lewis i rapporti li ebbero eccome, si amarono alla follia per 25 lunghi felici anni.

Come felice fu l’unione della nobildonna Effie Gray; ma non quando era sposata con John Ruskin. Anzi, quella fu davvero un’unione male assortita fin dall’inizio: lui dedito agli studi e orripilato dalla sessualità femminile. Lei ambiva attenzione e figli, mentre lui non ne voleva sapere. Altro matrimonio mai consumato, pericolante per continue distanze e incomunicabilità.

Le cose svoltarono decisamente in meglio quando Effie ottenne la nullità del matrimonio e si unì al pittore John Everett Millais; 2 mesi dopo le nozze era incinta e dall’unione nacquero ben 8 rampolli.

 

 

Benedetta Centovalli “Nella stanza di Emily” -La Tartaruga- euro 17,00

La vita di Benedetta Centovalli è dedicata ai libri e all’editoria da oltre un trentennio, questo fa di lei una delle massime esperte di letteratura; dotata di una sensibilità acuta che descrive come quasi totalizzante: «… e vestita di libri, in modo ossessivo e principesco, in una maniera assoluta e monacale».

La passione di Benedetta Centovalli per Emily Dickinson l’ha condotta laddove la poetessa ha trascorso la sua vita, immersa nel piccolo-immenso mondo che ha saputo trasformare in arte poetica, diventata poi immortale.

Da New York ha raggiunto in autobus Amherst, nel New England, immergendosi in un viaggio emotivamente coinvolgente. Prima a Homestead, dove la Dickinson nacque e visse dal 1855 fino al suo ultimo respiro; poi a Evergreens, a visitare la dimora del fratello Austin e della moglie Susan.

Emily Dickinson nasce il 10 dicembre 1830 ad Amherst, nel Massachussetts, dove vive fino alla morte, causata da una nefrite, il 15 maggio 1886, a soli 56 anni. E’ dopo la sua scomparsa che la sorella Lavinia decide di dare alle stampe i suoi scritti, svelando così al mondo intero l’immensità della Dickinson.

Curioso che una delle più grandi poetesse dell’Ottocento sia chiamata “la matta della soffitta”, perché, ancora giovanissima decide di chiudersi nella sua stanza, dalla quale esce solo di notte. Di lì in poi, il suo tempo e le sue energie sono tutte volte a dare voce al suo universo interiore.

Uno dei grandi pregi di questo libriccino è l’intensità con cui l’autrice ci guida dentro il mondo della poetessa, l’emozione che prova e ci trasmette quando si trova al cospetto dei vari angoli che sono stati testimoni della sua presenza e del suo passaggio.

Stanze che conservano un’anima, ci raccontano il suo sguardo oltre le finestre rivolte a ovest ed est, la sua cura e la profonda conoscenza delle piante raccolta nel famoso e delicato erbario, l’amore per gli animali, domestici ed esotici.

E ci sembra quasi di esseri lì e poter toccare noi stessi il suo scrittoio….perché la passione di Centovalli e la sua bravura nel trasmetterla compiono anche questa meravigliosa magia.

 

 

Francesca Fagnani “Mala. Roma Criminale”  -Sem- euro 18,00

Francesca Fagnani, prima ancora che padrona di casa della trasmissione di successo “Belve”, è giornalista d’inchiesta, e in questo libro ha ricostruito la geografia criminale della Capitale.

Lo spunto da cui parte il racconto -documentatissimo e basato su uno studio approfondito e minuzioso delle fonti giudiziarie- è l’assassinio a sangue freddo di Fabrizio Piscitelli; detto “Diabolik”, capo degli ultras “Irriducibili” della Lazio e ai vertici della cosiddetta “Batteria di Ponte Milvio”.

Da quella morte Fagnani traccia le fila delle alleanze suggellate da tempo e delle nuove rivalità e tensioni che serpeggiano più recentemente nel sottobosco del malaffare più losco.

Il Parco degli Acquedotti a Roma è teatro della morte di Piscitelli, il 7 agosto 2019, quando viene brutalmente freddato da un colpo di pistola alla nuca. A sparargli -mentre è tranquillamente seduto su una panchina- è un sicario travestito da runner che punta l’arma da distanza ravvicinata.

La pace che vigeva tra gang si spezza, mentre la miccia appena innescata dà il via a un susseguirsi di esplosioni di: violenza, sequestri, pestaggi, omicidi e torture.

Fagnani studia meticolosamente le carte degli atti giudiziari, collega i fatti e traccia le linee di un mondo di malaffare dove scorrono fiumi di droga, soldi sporchi e ogni azione criminale che ne deriva.

La giornalista romana da tempo segue i meandri e le dinamiche della malavita, in particolare il narcotraffico, risalendo al vertice e ai vice di maggior spicco per arrivare allo spaccio.

 

Rock Jazz e dintorni a Torino: Mauro Giovanardi e Marracash

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Mercoledì. All’Inalpi Arena si esibisce Shiva. Al Vinile è di scena La Banda.

Giovedì. All’ Hiroshima Sound Garden, Massimo Zamboni presenta il nuovo album e anche un reading concerto “P:P:P Profezia è Predire il Presente”, dedicato alla memoria di Pier Paolo Pasolini. Al Parco della Certosa Reale di Collegno si esibisce Mauro Giovanardi. Per EverGreen Fest alla Tesoriera, concerto di Federico Sirianni.

Venerdì. Allo Ziggy suonano Laboa+Tragic Carpet+ Elettrica. Al Blah Blah è di scena il trio Christian The Seagull. Al Magazzino sul Po suona la Sandrin Jazz Ensemble Orchestra. Al Vinile si esibisce il Trio Marciano & Silver. Al Circolino suona Chiara Nicotra Trio. Per Evergreen Fest alla Tesoriera è di scena la Vitelloni Orchestra.

Sabato. Allo stadio Grande Torino arriva Marracash. Allo Ziggy si esibiscono Sexblood+ Djs DoctorJeep & Angelo Diba. Al Blah Blah suonano i Witchorious. Al Vinile sono di scena i Charlatown. Per Evergreen Fest si esibisce il rapper Grido.

Domenica. Al Blah Blah suona il Brant Bjork Trio + Mos Generator. Al Vinile è di scena la Shut Up Band.

Pier Luigi Fuggetta

Attraverso Festival, un viaggio tra le terre Unesco

Con una partecipata festa al castello di Grinzane Cavour, è stato presentato insieme al Comune il programma della X edizione di Attraverso Festival. In scena dall’11 luglio al 10 settembre prossimo tra Langhe, Roero, Monferrato e Appennino piemontese. Si tratta di un traguardo importante per questo progetto, nato per questa scommessa, e che oggi, 10 anni dopo, è diventato un punto di riferimento culturale per il sud del Piemonte.

È tanta la soddisfazione per il percorso costruito con costanza e passione, per la rete di Comuni e persone che ogni anno si allarga, per il pubblico affezionato che segue tappa dopo tappa e per i tanti artisti che hanno scelto Attraverso come luogo di incontro in territori autentici e profondamente umani. Guardando al futuro, la sfida è quella di mantenere intatto lo spirito originario che è quello di una manifestazione sostenibile e in ascolto, capace di crescere in sintonia con i paesi che la ospitano e valorizzarne identità, ritmi ed energie. Per questa decima edizione il programma intreccia oltre 40 appuntamenti pensati ad hoc per le specificità architettoniche e paesaggistiche dei luoghi. È u  Festival che si attraversa, geograficamente e emotivamente, costruendo un dialogo tra generazioni, linguaggi e sensibilità.

Tra i tanti protagonisti Goran Bregović, con la Wedding and Funeral Band, nel parco della Zizzola, a Bra; il jazz raffinato di Paolo Fresu & Omar Sosa, a Novi Ligure e Cherasco; l’omaggio a Calvino di Isabella Ragonese e Rodrigo D’Erasmo, ad Alba; la poesia civile di Franco Arminio a Bergolo e Maurizio Lastrico con il suo monologo ironico e toccante a Saluzzo.

Nel cuore dell’astigiano, Lella Costa dà voce alla figura storica di Giovanna d’Arco, a Canelli; Arianna Porcelli Safonov porta in scena la sua satira sull’ossessione per il cibo, a Nizza Monferrato, dove sarà ospite anche Alessandro Barbero, con una delle sue amate lezioni-spettacolo. Sempre ad Asti, Pablo Trincia guiderà il pubblico in un’intensa riflessione sul potere delle storie vere, tra Nizza e Saluzzo. La provincia di Alessandria si conferma fra le più vivaci: a Serravalle Scrivia, Manuel Agnelli propone un viaggio tra parole e silenzi nella Tenuta La Bollina; a Gavi, Elio tornerà con uno spettacolo ispirato alla comicità milanese, e sarà anche protagonista a Grinzane Cavour, in una versione intima, per piano e voce. Il pensiero filosofico sarà affidato a Umberto Galimberti, a Mornese, e la narrazione teatrale a Stefano Massini, a Castellazzo Bormida. Ancora, al Forte di Gavi, sarà protagonista Wu Ming 4; Gianrico Carofiglio a Rocca Grimalda, Vera Gheno, Fabio Geda, Raffaella Romagnolo, con le loro storie, a Ovada e Gamalero, insieme a giovani voci come Edoardo Prati e Gianluca Gotto. Sul versante più comico e contemporaneo, la stand up di Turbo Paolo “Mamma di merda”; Stefano Rapone coinvolgerà un pubblico trasversale, curioso e partecipe.

Attraverso Festival è un progetto dell’Associazione Culturale Hiroshima Mon Amour e Produzioni Fuorivia.

“Siamo orgogliose di essere arrivate a questa decima edizione di Attraverso Festival – affermano le direttrici del Festival Paola Farinetti e Simona Ressico – è il risultatomdinuna costruzione certosina, e soprattutto di una grande passione, di un mettersi in ascolto nei confronti delle esigenze s aspettative di ciascun Comune, pur restando fedeli alla nostra linea guida, che è quella di proporre un programma di qualità attento alle problematiche della contemporaneità. È segno di una crescita e un consolidamento costruito negli anni di un Festival che ha trovato il suo solido posto nell’estate piemontese che, pur nel suo essere atipico, con una durata che sfiora i due mesi e il coinvolgimento di molti Comuni grandi e piccoli, la proposta di generi diversi, il teatro, senza dubbio, ma anche la musica e i talk, ha trovato il suo giusto equilibrio ed è diventato un avvenimento atteso ogni anno”.

Fin dalla sua prima edizione, Attraverso porta la sua proposta culturale e artistica in paesi e città del Piemonte meridionale e, negli anni, è riuscito ad abbattere frontiere immaginarie e reali tra province, intessendo rapporti forti e duraturi con ognuno dei Comuni coinvolti, e che del Festival sono l’anima e l’ossatura, riuscendo a sviluppare senso di appartenenza e comunità nel segno della bellezza e del paesaggio umano, agricolo e architettonico.

Un risultato importante con numero tondo da festeggiare è, per questa felice ricorrenza, dopo Resistenze, Parole nuove e Comunità, il tema della della decima edizione è “#Dieci”, un numero che ricorda il compleanno e che diventa inevitabilmente un momento di bilanci e rilanci.

200 km di territorio di Basso Piemonte, dalle Alpi agli Appennini, passando per le dolci colline delle Langhe, del Monferrato e del Roero, oltre 40 appuntamenti di incontri e spettacoli con un’integrazione armonica con le iniziative che già venivano programmate in queste zone, dalla Pedalata Wine & Bike tra le colline del Gavi alla Festa della Vendemmia nella tenuta di Fontanafredda di Serralunga d’Alba, a Cuneo, vera chiusura dell’estate.

“Attraverso è un Festival intenso, emozionale e originale – concludono le direttrici – di quelli che hanno l’ambizione di radicarsi al luogo in cui nascono. Un festival fatto di relazioni che durano tutto l’anno, che nasce dal territorio e non sul territorio, dal basso e non calato dall’alto, con un programma artistico originale pensato ad hoc, che cerca di unire la qualita della proposta al giusto tasso di popolarità, e si declina perfettamente ai luoghi che lo ospitano, perché accanto a noi ci sono centinaia di persone, amministratori, operatori turistici, vignaioli, volontari, associazioni locali e amanti del territorio”.

Mara Martellotta