di Pier Franco Quaglieni
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Scalfari fascista – Silvio Brunetto e la magia di Torino sotto la neve – Luci d’artista – La barboncina Susy, il Po, alcuni segreti drammatici – Bruno Villabruna (1884- 1971)
Scalfari fascista
Che Eugenio Scalfari fosse stato fascista era cosa nota da tempo e da vero furbo, come è il fondatore di “Repubblica”, lui stesso ha parlato dei suoi trascorsi giovanili ,datando i suoi articoli alla seconda metà del 1942 su “Roma fascista”. Risulta dalla corrispondenza ritrovata tra Italo Calvino, suo compagno di scuola a Sanremo, e lo stesso Scalfari che la collaborazione a giornali fascisti fu più ampia e l’entusiasmo per Mussolini totale . Ha poca importanza la collaborazione a giornali fascisti di Scalfari, perché accadde anche ad Ingrao, Spadolini, Alicata, Firpo che scrisse addirittura una poesia inneggiante al Duce e
articoli pesantemente antisemiti. E’ interessante invece vedere che cosa scrive Calvino del giovane Scalfar :<<Ti conoscevamo come uno disposto a tutto pur di riuscire ,ma cominci a fare un po’ schifo>>. La storia futura di Scalfari ,cominciando dal rapporto con Pannunzio, per poi passare all’”Espresso”, a “Repubblica”, a Carlo De Benedetti rivela la lungimiranza del giovane Calvino. Anche il suocero torinese di Scalfari Giulio de Benedetti ,direttore de “La Stampa”, quando mi parlava di Scalfari ,era molto critico con lui. Alla luce di tutto ciò, fu non senza ragione che Mario Pannunzio lasciò detto che proibiva la presenza di Scalfari al proprio funerale. E così accadde.
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Silvio Brunetto e la magia di Torino sotto la neve
Insieme a Felice Vellan, il pittore Silvio Brunetto è il poeta di Torino sotto la neve. Gli angoli della città rivivono negli acquerelli e negli olii di Silvio che riesce a tradurre la magia della neve, quella magia che è in noi da quando eravamo bambini. Ora le nevicate sono rare , ma le opere del pittore torinese consentono ai giovani di cogliere un mondo quasi perduto. Paolo Levi ha parlato di lui come di<< un pittore delicato come toni e che
ama i micro virtuosismi della luce>>. Attraverso la luce e le ombre il pittore crea la magia della neve .C’è anche chi lo ha accostato a Giacomo Grosso e a Cesare Maggi. Ha scritto Claudia Ghirardello: << In punta di piedi… nelle straordinarie nevicate di Silvio Brunetto si entra in punta di piedi… l’aria è rarefatta ed il respiro si fa quasi sospeso. È la magia del semplice, nella purezza del creato. Tale artista è attratto prepotentemente dalla natura, dal paesaggio, di montagna in particolare, ma anche dal contesto cittadino. È il vissuto che, rivivendo l’input del fanciullino, mediante pennellate talora ragionate, più spesso guizzanti, trascina come per incanto l’occhio dell’osservatore entro il quadro e gli dona pace>>. Io amo molto le sue opere e alcuni luoghi storici di Torino, da Palazzo Carignano alla Gran Madre , li rivivo al mare attraverso le sue opere appese alle pareti di casa, che mi ricordano una Torino che mi piace.
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Luci d’artista
Per il secondo anno consecutivo piazza San Carlo deve vivere i mesi che precedono e accompagnano le festività natalizie con il buio perché le luci d’artista scelte per questa piazza aulica di Torino creano ampie zone d’ombra in tutta la piazza. Natale è la festa
della gioia e della luce, il buio intristisce, ma ,di questi temp, è anche fonte di pericolo.Solo le zone ben illuminate sono più sicure.Possibile che l’Amministrazione grillina non lo colga ? Le luci d’artista scelte per piazza San Carlo e in passato per piazza Carignano, non vanno bene. Vanno semplicemente rottamate come frutto dell’estro di un artista molto originale ,ma totalmente fuori dalla realtà.
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La barboncina Susy, il Po, alcuni segreti drammatici
Ho dedicato alla mia amatissima bassotta, mancata il 21 maggio 2016, un librino dal titolo Omaggio a Bella, il nome della bassotta che corrispondeva davvero alla sua smagliante bellezza. Bella è stata una parte importante della mia vita . La sua dolcezza è stata una gioia grande. C’è chi l’ha definita la mia ombra per il fatto di voler essere sempre al mio fianco . Qualche giorno fa, transitando su una strada del Cuneese, ho attraversato un ponte sul torrente Varaita. E mi è tornata in mente la barboncina Susy che i miei mi regalarono per la promozione in quinta elementare. Era di color marron glacé ,dolcissima e affettuosa . Veniva con noi in campagna quando andavamo a pesca. Ci seguiva, facendo attenzione a non far rumore per non spaventare i pesci. Poi, d’estate, attraversava a nuoto coraggiosamente non solo il Varaita, il Pellice o il Maira (nostri luoghi prediletti di pesca) ,ma anche il Po. Nei pressi di Faule c’era un ponte di legno sul Po e una piccola trattoria molto casereccia .Per attraversare quel ponte si pagava un piccolo pedaggio. L’anziana donna della trattoria preparava il pranzo per
pescatori e cacciatori. Spesso un pollo del suo pollaio fatto arrosto. Alla sera gente che abitava nei paesi vicini, si trovava nella trattoria per mangiare cose semplici e cantare in allegria. Ricordo una sera che cantavano “Marina” a squarcia gola. Eravamo andati ad un matrimonio a Moretta e si concluse la serata con le acciughe al verde lungo il Po in quest’aia con pochi tavoli rustici di legno e qualche sedia, una diversa dall’altra. Io ero un ragazzino, gli altri avranno avuto, chi più chi meno, quarant’anni. C’era la spensieratezza acquisita dopo gli anni tragici della guerra, vivendo il miracolo economico degli Anni Sessanta. C’era la capacità di accontentarsi di poco, una grande virtù contadina. Un mondo scomparso. Una volta il marito della ostessa raccontò a mio padre certi misfatti di partigiani della zona, che seppellirono i corpi di alcuni ammazzati nel bosco vicino. Solo anni dopo mio padre mi spiegò e mi parlò di quelle storie terribili, un sangue dei vinti di cui non ha parlato neppure Gianpaolo Pansa.
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Bruno Villabruna (1884- 1971)
E’ stato Deputato e Ministro liberale, primo Sindaco di Torino dopo il 25 luglio 1943 anche se con la dizione di Podestà. Nella sua bella storia dei Sindaci di Torino democratica, Ferruccio Borio lo mette all’inizio perché Villabruna era già stato Deputato nella XXIV Legislatura del Regno d’Italia a fianco di Giolitti e di Soleri, partecipando all’ultima battaglia antifascista prima della trasformazione definitiva del fascismo in dittatura. Era un avvocato e tornò all’avvocatura durante il ventennio. Dopo la segreteria di Roberto Lucifero, che aveva spostato a destra il PLI, Villabruna, Deputato alla Costituente, divenne segretario generale del partito e a Torino nel 1951 realizzò una effimera riunificazione liberale con gli elementi della sinistra che erano usciti dal partito contro la svolta a destra di quest’ultimo. Rieletto Deputato nel 1953, come segretario designò candidato a Milano Giovanni Malagodi, destinato a occupare, quasi subito dopo la sua elezione alla Camera, la segreteria del partito. Villabruna divenne Ministro dell’Industria, ma quando fu decisa la scissione radicale nel 1955 non esitò a lasciare il Ministero, ben sapendo che con quella scelta avrebbe dato addio anche al seggio parlamentare futuro. Fu Consigliere comunale di Torino e venne eletto nel 1960 in una lista ispirata dal partito radicale che raccoglieva anche altri tra cui Franco Antonicelli. Il suo ultimo mandato in Consiglio comunale fu all’insegna di posizioni di sinistra molto esplicite che trovarono il consenso del giovane Diego Novelli alle prime armi in quel Consiglio come cronista. La simpatia di Novelli nei suoi confronti suscitò in me un’istintiva antipatia per Villabruna. Poi l’età tarda e la malattia lo portarono a vivere a Torre Pellice in una struttura assistita. Non aderì nel 1968 al Centro “Pannunzio” perché lo ritenne su posizioni troppo moderate ma nel 1971, all’atto della sua morte, Arrigo Olivetti volle che venisse commemorato dal Centro. Ad assistere a quel ricordo venne Valerio Zanone da pochi mesi eletto Consigliere in Regione. Saragat, nel suo messaggio come Presidente della Repubblica, parlò di Villabruna liberale. E sicuramente era stato uno dei pilastri del liberalismo piemontese, più di Alpino e di Catella che non ebbero mai una vera coscienza liberale, ma al massimo liberista e conservatrice. Resta la sua onestà da uomo del Risorgimento ,quando non esitò a dimettersi da Ministro per coerenza con una scelta. Gli altri fondatori del Partito radicale non perdevano nulla uscendo dal PLI, diversamente da Villabruna che fece un atto di coraggio.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
Pensione a fine vita
Siccome nessun politico o sindacalista può comandare sull’anagrafe e sull’aritmetica, giocoforza il Governo allunga la pensione a 67 anni tra un po’ a 70. Curiosamente protestano i Sindacati per una volta tornati uniti come ai bei
tempi, quando per circa tre decenni riuscirono a imporre di mandare la gente in pensione a cinquant’anni, a quaranta e qualche volta perfino meno, e chiamavano “Conquiste” questo delirio contro l’anagrafe e contro l’aritmetica. Grazie alle loro lungimiranti Conquiste oggi noi andiamo in pensione a 70 anni e i nostri figli neanche la vedranno, la pensione. Hanno perfino il coraggio di protestare, di parlare; giornali e giornalisti hanno il coraggio di dargli corda, di prenderli sul serio, di consultarli come la Pizia. Luigi Fressoia
Sono totalmente d’accordo con lei anche se la situazione attuale non è solo colpa dell demagogia pregressa dei sindacati, ma della protervia di Monti e dell’accanimento della prof. Fornero sulla quale Monti e la sua larga maggioranza hanno scaricato la responsabilità di decisioni che puniscono gli anziani, impedendo ai giovani di trovare un posto di lavoro pfq
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Multe e dimissioni
Ho letto che il Capo di Gabinetto della sindaca Appendino ha telefonato per far togliere una multa ad un suo amico.L’intercettazione telefonica lo inchioda. E non è cosa bella per nessuno, specie per un grillino. Cosa ne pensa? Italo Tisiato
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Non drammatizzerei, è la smania di esercitare il potere da parte di un travet assurto all’improvviso nella stanza dei bottoni. Ma sotto altri punti di vista è un episodio di malcostume.Le dimissioni sono state un atto dovuto e inevitabile perché il Gabinetto del Sindaco non può essere luogo a cui ci si rivolge per farsi eliminare una multa. Sarebbe dovuta essere la sindaca Appendino a mandarlo a casa.Giordana non è uomo che possa incarnare le istituzioni.Conosco un Vice Capo di Gabinetto di un Sindaco di Torino che per non piegarsi al volere illegittimo dei politici finì esiliato in una circoscrizione periferica per qualche tempo. pfq
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L’uomo non si cambia
Ho letto il suo articolo sulla Rivoluzione d’Ottobre così diverso da quelli scritti da coloro che pensarono a suo tempo di esaltare il comunismo ,salvo poi cambiare idea quando esso rovino ‘ sotto il peso dei suoi errori.
Gabriella Ambrosi.
Non posso pubblicare interamente la sua bella lettera che meriterebbe di per sè tutto lo spazio della rubrica. La differenza tra lei e me ed altri e’ che noi vedemmo tanti anni prima della fine del comunismo in URSS i limiti di un sistema sbagliato in termini politico-economici ,ma soprattutto inumano. Fu il promesso paradiso in terra di cui parlava Popper, che era divenuto l’inferno. Dei gulag .Gobetti nella sua ingenuità giovanile volle vedere quella rivoluzione con un volto liberale, mentre essa non ebbe mai neppure un volto umano. L’idea giacobina e poi marxista-leninista di cambiare l’’uomo è una vera e propria utopia. La lettura di Machiavelli ci induce a pensare alla immodificabilità sostanziale dell’uomo. Al massimo possiamo sperare in un suo miglioramento progressivo. Il riformismo e non la rivoluzione, in sintesi. Il socialismo democratico e liberale e non il comunismo oppressivo. Questa è la lezione che viene dagli eventi di cent’anni fa. pfq
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di Pier Franco Quaglieni
articoli pesantemente antisemiti. E’ interessante invece vedere che cosa scrive Calvino del giovane Scalfar :<<Ti conoscevamo come uno disposto a tutto pur di riuscire ,ma cominci a fare un po’ schifo>>. La storia futura di Scalfari ,cominciando dal rapporto con Pannunzio, per poi passare all’”Espresso”, a “Repubblica”, a Carlo De Benedetti rivela la lungimiranza del giovane Calvino. Anche il suocero torinese di Scalfari Giulio de Benedetti ,direttore de “La Stampa”, quando mi parlava di Scalfari ,era molto critico con lui. Alla luce di tutto ciò, fu non senza ragione che Mario Pannunzio lasciò detto che proibiva la presenza di Scalfari al proprio funerale. E così accadde.
ama i micro virtuosismi della luce>>. Attraverso la luce e le ombre il pittore crea la magia della neve .C’è anche chi lo ha accostato a Giacomo Grosso e a Cesare Maggi. Ha scritto Claudia Ghirardello: << In punta di piedi… nelle straordinarie nevicate di Silvio Brunetto si entra in punta di piedi… l’aria è rarefatta ed il respiro si fa quasi sospeso. È la magia del semplice, nella purezza del creato. Tale artista è attratto prepotentemente dalla natura, dal paesaggio, di montagna in particolare, ma anche dal contesto cittadino. È il vissuto che, rivivendo l’input del fanciullino, mediante pennellate talora ragionate, più spesso guizzanti, trascina come per incanto l’occhio dell’osservatore entro il quadro e gli dona pace>>. Io amo molto le sue opere e alcuni luoghi storici di Torino, da Palazzo Carignano alla Gran Madre , li rivivo al mare attraverso le sue opere appese alle pareti di casa, che mi ricordano una Torino che mi piace.
della gioia e della luce, il buio intristisce, ma ,di questi temp, è anche fonte di pericolo.Solo le zone ben illuminate sono più sicure.Possibile che l’Amministrazione grillina non lo colga ? Le luci d’artista scelte per piazza San Carlo e in passato per piazza Carignano, non vanno bene. Vanno semplicemente rottamate come frutto dell’estro di un artista molto originale ,ma totalmente fuori dalla realtà.
La barboncina Susy, il Po, alcuni segreti drammatici
pescatori e cacciatori. Spesso un pollo del suo pollaio fatto arrosto. Alla sera gente che abitava nei paesi vicini, si trovava nella trattoria per mangiare cose semplici e cantare in allegria. Ricordo una sera che cantavano “Marina” a squarcia gola. Eravamo andati ad un matrimonio a Moretta e si concluse la serata con le acciughe al verde lungo il Po in quest’aia con pochi tavoli rustici di legno e qualche sedia, una diversa dall’altra. Io ero un ragazzino, gli altri avranno avuto, chi più chi meno, quarant’anni. C’era la spensieratezza acquisita dopo gli anni tragici della guerra, vivendo il miracolo economico degli Anni Sessanta. C’era la capacità di accontentarsi di poco, una grande virtù contadina. Un mondo scomparso. Una volta il marito della ostessa raccontò a mio padre certi misfatti di partigiani della zona, che seppellirono i corpi di alcuni ammazzati nel bosco vicino. Solo anni dopo mio padre mi spiegò e mi parlò di quelle storie terribili, un sangue dei vinti di cui non ha parlato neppure Gianpaolo Pansa.
omunale di Torino e venne eletto nel 1960 in una lista ispirata dal partito radicale che raccoglieva anche altri tra cui Franco Antonicelli. Il suo ultimo mandato in Consiglio comunale fu all’insegna di posizioni di sinistra molto esplicite che trovarono il consenso del giovane Diego Novelli alle prime armi in quel Consiglio come cronista. La simpatia di Novelli nei suoi confronti suscitò in me un’istintiva antipatia per Villabruna. Poi l’età tarda e la malattia lo portarono a vivere a Torre Pellice in una struttura assistita. Non aderì nel 1968 al Centro “Pannunzio” perché lo ritenne su posizioni troppo moderate ma nel 1971, all’atto della sua morte, Arrigo Olivetti volle che venisse commemorato dal Centro. Ad assistere a quel ricordo venne Valerio Zanone da pochi mesi eletto Consigliere in Regione. Saragat, nel suo messaggio come Presidente della Repubblica, parlò di Villabruna liberale. E sicuramente era stato uno dei pilastri del liberalismo piemontese, più di Alpino e di Catella che non ebbero mai una vera coscienza liberale, ma al massimo liberista e conservatrice. Resta la sua onestà da uomo del Risorgimento ,quando non esitò a dimettersi da Ministro per coerenza con una scelta. Gli altri fondatori del Partito radicale non perdevano nulla uscendo dal PLI, diversamente da Villabruna che fece un atto di coraggio.
tempi, quando per circa tre decenni riuscirono a imporre di mandare la gente in pensione a cinquant’anni, a quaranta e qualche volta perfino meno, e chiamavano “Conquiste” questo delirio contro l’anagrafe e contro l’aritmetica. Grazie alle loro lungimiranti Conquiste oggi noi andiamo in pensione a 70 anni e i nostri figli neanche la vedranno, la pensione. Hanno perfino il coraggio di protestare, di parlare; giornali e giornalisti hanno il coraggio di dargli corda, di prenderli sul serio, di consultarli come la Pizia.
Non
L’uomo non si cambia
Il Comune informa che in occasione dello sciopero del trasporto pubblico di 4 ore proclamato dalle Organizzazioni Territoriali Filt-cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti per la giornata di
Proprio tempi duri per chi come la nostra Chiara Appendino ha scelto il mestiere di sindaco


rappresentanza concepita nel secolo scorso è entrata in crisi .In una crisi irreversibile che ha coinvolto i partiti come luogo di rappresentanza degli interessi collettivi. Andrebbe ripensato lo Stato attraverso quella che un tempo si chiamava la Grande Riforma, che nessun leader politico italiano è riuscito a realizzare. Se può avere importanza l’autonomia, non può essere disconosciuto il valore dell’unità nazionale. E, se debbo dire fino in fondo il mio pensiero, io vorrei uno Stato efficiente, capace di tutelare il cittadino e di garantirne le libertà. Questa mi sembra essere la prima preoccupazione di fronte alle disgregazioni in atto in altri Paesi e all’impotenza dello Stato italiano a fronteggiare la criminalità di ogni tipo che domina, quasi indisturbata, interi territori nazionali. Già tanti anni fa l’ambasciatore Sergio Romano, la cui conferenza introdussi all’Unione Industriale di Torino, parlò di “Stato forte”. Io espressi un certo disagio di fronte a questa espressione. Oggi non solo non proverei disagio, ma mi sentirei di condividere questa esigenza. Stato forte non significa Stato autoritario o antidemocratico, ma significa Stato autorevole, capace di far rispettare la legge.
I manuali scolastici e Rosario Villari
Francesco Traniello cattolico di sinistra ,di Gabriele De Rosa ,di Giuseppe Recuperati ed altri. Il “Villari “ superò tutti per adozioni. Anche quel “Camera e Fabietti “che,primo per faziosità, aveva imperversato nella scuola italiana per alcuni decenni.Il testo di Gian Piero Carocci venne superato da quello del Villari. All’atto della sua morte c’è stato chi gli ha imputato anche di non aver scritto delle foibe. Certo Villari,come quasi nessun altro storico, non ne scrisse,ma la rimozione del tema non può essere ascritto in esclusiva a lui. Fu la storiografia italiana nel suo insieme ad ignorare per ragioni molteplici e persino contrastanti il dramma del confine orientale. E’ stato Gianni Oliva a incominciare a scriverne, rivolgendosi al grosso pubblico e subendo gli attacchi da parte del mondo accademico. L’ultimo suo “Sommario di Storia” riguarda il periodo dal 1900 al 2000,uscito nell’aprile nel 2002.E’ l’edizione aggiornata in relazione al decreto Berlinguer che concentra nel Novecento lo studio della storia nell’ultimo anno, ricacciando l’Ottocento nel secondo anno. Un secolo per un anno di scuola. Fu una scelta discutibile del ministro diessino.Certamente, però ,con quella dimensione temporale esclusivamente novecentesca le foibe non potevano più essere ignorate come prima. Il tentativo comunque di sminuirne la portata con la scusa di contestualizzarle, resta una scelta ambigua dopo troppi anni di assoluto silenzio. Nessuno però giunse a scrivere quanto si può leggere nel “Camera e Fabietti” nell’edizione del 1998: si parla di 500/700 persone uccise a fronte di circa 15 mila infoibati. In fondo il “Villari” era molto meglio di tanti altri. *
Un racconto in anteprima
racconto del premio Bergamo. Ha pubblicato tre raccolte di racconti, cinque di poesia, un romanzo e una guida poetica di Torino. Attualmente è Presidente della Associazione Medici Scrittori Italiani. Gianfranco Brini, bergamasco di nascita, vive in provincia di Lecco. Medico di famiglia per trent’anni e medico legale, è saggista, narratore, iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia. Con il romanzo Saluti e baci da Santo Domingo ha vinto il premio Cesare Pavese nel 2013. Autore di tre romanzi e tre raccolte di racconti, è stato Presidente dell’Ordine dei Medici di Bergamo. Ha conseguito la laurea in lettere nel 2015 presso l’Università di Bergamo. Attualmente rappresenta l’Italia nella Unione Mondiale dei Medici Scrittori.
pensare ad un qualcosa di religioso. Quest’anno la cena è stata dedicata ai formaggi di cui l’Italia è ricchissima. Un tema che rivendica un aspetto gastronomico italiano che i Francesi ritengono loro prerogativa quasi assoluta. Non è così. Il bel libro dedicato ai formaggi italiani uscito in occasione della cena ecumenica 2017 lo dimostra,mettendo in luce una ricchezza italiana importante. Basterebbero il Parmigiano ed il Gorgonzola a evidenziare un’eccellenza italiana. Io ho partecipato alla cena nella delegazione del Ponente Ligure ed è stato bello,sotto la guida di Roberto Pirino,medico e gastronomo,assaggiare la cucina del formaggio nella tradizione del Ponente Albenganese. Al Ristorante “Il Pernambucco”, ritrovo gourmet ligure di primaria grandezza.Le lasagne al pesto con pecorino,la fonduta di toma fresca e tartufo nero,gli assaggi di formaggi di mucca e capra del Passo della Mezza Luna con noci e miele di castagno sono stati protagonisti di una serata molto partecipata. Gli ottimi vini Pigato,Rosato Costa de Vigne e Rossese di Massimo Alessandri hanno accompagnato la cena in modo superbo.
chiarirsi le idee sulle preferenze perché non si capisce perché vadano bene per eleggere consiglieri comunali e regionali e deputati europei e non siano invece accettabili per il Parlamento nazionale. In ogni caso non dò un giudizio perché al Senato ci potrebbero essere ulteriori cambiamenti. Un dato mi è sembrato assurdo: l’aver mantenuto i collegi esteri ed averli aperti anche a candidati che risiedono in Italia. L’idea di Mirko Tremaglia di far votare gli italiani all’estero che pagano le tasse all’estero, si è rivelata assurda. E’ strano che nessuno l’abbia impugnata davanti alla Corte Costituzionale. Il fatto poi di far eleggere qualche impresentabile in Italia in un collegio estero appare scandaloso. D’accordo che è ministro degli Esteri ,ma non vorrei un deputato di nome Alfano eletto ,ad esempio, in Sud America. PFQ
Ricaricare i cellulari
Da sabato 21 ottobre il Comune amplia anche agli Euro 5 diesel il provvedimento di blocco del traffico
L’Arma dei carabinieri impiegherà anche la Fiat Tipo. Delle prime 500 unità, destinate al controllo del territorio