Cosa succede in città- Pagina 47

“Camere con crimini”, un nodo scorsoio tra amore e brividi

All’Erba, repliche sino a domenica 9 marzo

 

Come dentro una sorta di “Plaza Suite” con i tre atti come da tradizione, solo che qui non si parla tra l’amaro e il dolce di figlie da sposare ma di delitti da compiere, qui non è l’umorismo acre di Neil Simon ma quello di un paio di amici, perennemente discoli, che giocano con le tinte noir, con il brivido e le atmosfere che trasudano a cercare il morto, che guardano con tanto di annegamenti in vasca e pistolettate e impiccagioni fai da te dentro certe “Camere con crimini”, sempre nella Grande Mela, nell’intero arco di un anno, da un natale ad un capodanno con tanto di trombette e fuochi d’artificio. Giocano alla perfezione con le risate e il divertimento. Si chiamano Sam Bobrik e Ron Clark, il primo, irriducibile mattacchione, con l’idea balzana durante il servizio militare di dar vita, unico giornalista e personale editore, a un mensile, “The Tribe Scribe”, che scavalcava in quattro e quattr’otto il politicamente corretto e mentre piaceva parecchio alle truppe era piuttosto mal visto da quelli che stavano un po’ più in alto, poi un futuro di acclamato commediografo; l’altro, autore di spettacoli per la tivù degli anni Sessanta e commedie poi e sceneggiature pronte per lo schermo.

C’è Arlene, donna confusamente alla ricerca di qualcosa di nuovo in un matrimonio che mostra ormai un po’ di ruggine, che è sposata con Paul, opaco venditore di auto usate che non ha certo più la brillantezza né di giorno né di notte dei primi anni d’unione, all’altro vertice del triangolo con tutte le carte in regola, innamorato soprattutto di sé e della sua avventura con la donna, ci sta Mitchell, il dentista della coppia, quello che ha approfittato tra una carie e l’altra. Tradimenti, sesso spento o con faville, risentimenti, complicità e vendette, preparativi e azzardate esecuzioni, tre atti e un anno per sconvolgere e ricomporre le possibili alleanze, il chi uccide chi che di volta in volta circola a meraviglia attraverso quelle camere, assassini improbabili e francamente divertenti, i colpi di scena che si susseguono e le battute a ruota, instancabili (che a volte trascinano gli stessi attori) magari di tanto in tanto aggiustate simpaticamente con aria subalpina. “Camere con crimini” è una commedia che non si racconta, va vista e pienamente gustata, di triangoli a teatro e al cinema ne abbiamo visti parecchi: ebbene questo, immerso com’è in un giusto gioco e dosaggio di amore (si fa per dire) e di una girandola in salsa gialla (o giallognola?), paradossale, pare avere qualche marcia in più.

Torino Spettacoli ha trovato in Paolo Carenzo un regista da tenere caro, confezionatore di uno spettacolo e di una regia veloci, spiritosissimi, per nulla ripetitivi, davvero eccellenti. In palcoscenico, a briglia sciolta Carlotta Iossetti pruriginosa e fantasticamente affamata Arlene ed Elia Tedesco, perfettamente vanesio; se dovessimo aggiudicare una palma, la daremmo al vitale dinamismo, alle spiritosaggini, ai tic e alle paure, alle piccole invenzioni, al non risparmio di una serata intera di Andrea Beltramo, che fa di Paul il ritratto perfetto della vittima e del ridicolo carnefice. Repliche stasera e domani alle 21, domenica 9 marzo alle 16. Carta vincente, da tenere stretta stretta in repertorio e da riproporsi a furor di popolo.

Elio Rabbione

Festa della Donna alla GAM, al MAO e a Palazzo Madama: ingresso a 1 euro

Sabato 8 marzo 2025

Ingresso a 1€ alle collezioni e alle mostre temporanee di GAM, MAO e Palazzo Madama

per tutte le visitatrici in occasione della Giornata Internazionale della donna

 

La Fondazione Torino Musei celebra la Giornata Internazionale della Donna e propone a tutte le visitatrici il biglietto di ingresso a tariffa speciale di 1€ per le collezioni permanenti nella giornata dell’8 marzo.

Inclusi nel biglietto delle collezioni anche i progetti espositivi Hanauri. Il Giappone dei venditori di fiori al MAO, Giro di posta. Primo Levi, le Germanie, l’EuropaBianco al femminile. Sei secoli di capolavori tessili dalle collezioni di Palazzo Madama e Petri a Torino. La donazione di Attilio Bonci a Palazzo Madama e GRASSO. Giuseppe Gabellone e Diego Perrone alla GAM.

Aggiungendo 1 € si potrà accedere anche alle mostre temporanee Mary HeilmannMaria Morganti e alla GAMRabbit Inhabits the Moon. L’arte di Nam June Paik allo specchio del tempo al MAO e Visitate l’Italia. Promozione e pubblicità turistica 199-1950 a Palazzo Madama.

Esclusa dalla promozione la mostra Berthe Morisot. Pittrice impressionista alla GAM.

 

La tariffa di 1€ non sarà applicata alle visitatrici già in possesso di Abbonamento Musei, Torino Card o aventi diritto alla gratuità e a tutte le altre persone con gli stessi requisiti

In occasione della giornata, Cooperativa Sociale Mirafiori propone alcune visite guidate speciali tematiche:

GAM

sabato 8 marzo 2025, ore 15 e domenica 9 marzo, ore 16:30 | Le donne nell’arte: Berthe Morisot

sabato 8 marzo, ore 16.30 | Cherchez la femme! Le collezioni e il deposito vivente

domenica 9 marzo, ore 15 | Le donne nell’arte: Mary Heilmann

Costo: € 7 a persona.  Prenotazione obbligatoria: t. 011 5211788 prenotazioniftm@arteintorino.com

MAO

sabato 8 marzo ore 16:30 | Donne da Oriente

domenica 9 marzo ore 16:30 | Dee da Oriente

Costo: € 7 a persona. Prenotazione obbligatoria: t. 011 5211788 prenotazioniftm@arteintorino.com

PALAZZO MADAMA

sabato 8 marzo ore 16.30 | 52 sfumature di bianco

domenica 9 marzo ore 16.30 | Donne da raccontare

Costo: € 8 a persona. Prenotazione obbligatoria: t. 011 5211788 prenotazioniftm@arteintorino.com

Lavoro al femminile, storia e prospettive. Il convegno del Consiglio regionale

8 marzo:  un convegno, un film e uno spettacolo teatrale

Il 7 marzo viene organizzato un convegno dal Consiglio Regionale, in collaborazione con il Comitato Resistenza e Costituzione , la Consulta delle Elette e la Consulta femminile regionale sul tema “ Lavoro al femminile, dal Quarto Stato a oggi. Fra diritto acquisiti e prospettive future”. Questo il titolo dell’incontro che si terrà al Museo del Risorgimento a partire dalle 9.30.

Ad aprire i lavori saranno i saluti istituzionali del presidente del Consiglio Regionale, Davide Nicco, del vicepresidente Domenico Ravetti, della consigliera segretaria Valentina Cera e della presidente della Consulta femminile regionale Ornella Toselli. Seguiranno le relazioni della storica dell’arte Aurora Scotti, già ordinaria di Storia dell’Architettura al Politecnico di Milano, di Valeria Marcenò, ordinaria di diritto costituzionale all’Università di Torino e di Sonia Bertolini, ordinaria di Sociologia del Lavoro nel medesimo ateneo. A moderare il convegno sarà la giornalista Maria Teresa Martinengo.

Un convegno, un film e uno spettacolo teatrale per riflettere sul ruolo della donna oggi e sul modo in cui sia cambiata la partecipazione femminile al mondo del lavoro nell’ultimo secolo, a fronte del peso crescente dei suoi molteplici ruoli familiari, professionali e sociali. Dalle prime rivendicazioni di lavoratori e lavoratrici espresse magistralmente dal celebre dipinto del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, fino ad oggi, il convegno si chiede quali passi avanti siano stati compiuti nell’ambito del welfare lavorativo e quali siano le sfide all’orizzonte.

Sempre in occasione della Giornata internazionale della donna, che ricorre l’8 marzo, il Consiglio regionale, in collaborazione con Agis, il 5 e 6 marzo promuove la proiezione gratuita rivolta alle scuole secondarie di secondo grado del Piemonte del film dal titolo “C’è ancora domani” diretto e interpretato da Paola Cortellesi.

Infine l’8 marzo la Consulta femminile regionale promuove “Storie di donne di fuoco e di luce”, un one woman show che vedrà in scena l’artista Sara D’Amario e il musicista François Xavier Frantz. Lo spettacolo sarà allestito alle 18 presso il Polo Artistico Culturale Le Rosine di Torino, con ingresso da via Plana 8/C. Vuole essere un viaggio epico e divertente alla scoperta di quanto siano cambiati i modi di pensare, guardare e definire le donne nel corso del tempo. Un inno alla luce dell’intelligenza umana, capace di superare tutte le barriere di genere e le barriere di tutti i generi.

Ingresso gratuito, prenotazione a eventi@lerosine.it

 

Mara Martellotta

Il Teatro Regio entra in carcere e va in scena con il Rigoletto

Per la prima volta all’interno della casa circondariale “Lorusso e Cutugno” lunedì 10 marzo, per l’adattamento di Vittorio Sabadin

Per la prima volta il Teatro Regio va in scena all’interno di un penitenziario, la casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino, lunedì 10 marzoalle ore 16.30, con una rappresentazione speciale di Rigoletto in una versione curata da Vittorio Sabadin. Un’iniziativa che mira a promuovere la partecipazione e il dialogo tra dentro e fuori, attraverso la cultura. Il teatro si fa ponte tra la del comunità penitenziaria e la società civile, dimostrando come la bellezza e l’arte possano migliorare la qualità della vita anche nei contesti più difficili. Questo progetto rappresenta un primo passo, un progetto pilota che il Regio auspica possa ampliarsi nel tempo. Si realizza in sinergia con la Fondazione Compagnia di San Paolo, il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e con la casa circondariale torinese nel solco del più ampio progetto nazionale “Per aspera ad astra – come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza”.

“Assisterò a questa prima del Regio con particolare piacere – dichiara il Sindaco e Presidente della Fondazione Teatro Regio Stefano Lo Russo – perché credo davvero che rappresenti un’idea di città che come amministrazione abbiamo in mente. Una città in cui la cultura deve svolgere un ruolo di primo piano e accessibile a tutti e a tutte. Questa iniziativa ha un valore davvero speciale perché è l’occasione per ribadire che il carcere deve avere un ruolo di educazione e riabilitazione, oltre che di semplice punizione, mettendo al primo piano l’importanza e il rispetto per le persone che non devono mai essere persi di vista. Un ringraziamento va alla Fondazione Compagnia di San Paolo e a tutte le persone del Teatro Regio e Teatro Stabile e quelle detenute che hanno lavorato alla rappresentazione, che è già un successo prim’ancora che si apra il sipario”.

Rigoletto andrà in scena lunedì 10 marzo, alle ore 16.30, presso il teatro della casa circondariale “Lorusso e Cutugno” contestualmente alle recite in teatro, che hanno fatto registrare il tutto esaurito, e al termine delle recite dedicate al pubblico delle scuole del 6 e 7 marzo. Questa nuova produzione del Regio, tratta dal melodramma Rigoletto di Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave, basata sul dramma “Le Roi s’amuse” di Victor Hugo, va in scena in una versione a cura di Vittorio Sabadin. Gli interpreti sono tutti artisti del Regio Ensemble: Janusz Nosek, nei panni di Rigoletto, Albina Tonkikh, nei panni di Gilda, Daniel Umbelino, nelle vesti del Duca di Mantova, Sipho Kazi Molteno, nei panni di Maddalena e Tyler Zimmerman che interpreta Sparafucile e il Conte di Monterone. Nel cast anche l’attrice Chiara Buratti. La direzione musicale è l’accompagnamento al pianoforte sono affidate al maestro Giulio Laguzzi, la regia a Riccardo Fracchia, le scene a Susi Ricauda Aimonino e i costumi a Laura Viglione.

Oltre alla rappresentazione, il progetto assume una forte valenza sociale grazie al coinvolgimento diretto della comunità carceraria. I detenuti hanno costruito le scenografie realizzando praticabili, sgabelli, pedane e oggetti in scena in legno e dipingendo i periacti. Uno spettacolo che diventa anche esperienza capace di unire formazione e partecipazione attiva.

Mara Martellotta

Torna il Lovers Film Festival diretto da Vladimir Luxuria

Dal 10 al 17 aprile presso il Cinema Massimo avrà luogo il Lovers Film Festival, lo storico festival italiano  che indaga i temi LGBTQI+ ( lesbici, gay, bisessuali, trans, queer e intersessuali) diretto da Vladimir Luxuria e fondato da Giovanni Minerba e Ottavio Mai.

L’immagine dell’edizione 2025 sarà dedicata alla capacità del cinema di essere specchio di tanti modi di vivere, e di vedere il presente e alla omogenitorialità, e sarà firmata da Andrea Maresca, in arte Spif, artista napoletano che dipinge i luoghi dimenticati e che, con I suoindisegni, prende posizione sull’identità e le sue tante declinazioni. Un’immagine, quella scelta, poetica ma anche dalla forte valenza politica e sociale.

“Sirene, sireni e tritoni sono l’emblema della mia città e della mia identità – commenta Spif – le ho disegnate da sempre, fin da bambino, e una parte di me è convinta che esistano. Napoli, racconta la leggenda, sia stata fondata sulla tomba di Partenope morta per amore e l’amore universale, senza gabbie, barriere e pregiudizi”.

A Lovers verrà proiettato “Prima di tutto” di Marco Simon Puccioni (Italia, 2012), il documentario che racconta la storia di una coppia di gay italiani divenuti padri di due gemelli grazie all’aiuto di due donne americane, che li hanno accompagnati nel percorso di gestazione per altri, o surrogacy. Il loro viaggio è raccontato in prima persona dal regista, che decide di affrontare questa esperienza di vita così particolare come narratore protagonista e compagno di un altro uomo, Gianpietro Preziosa, con cui ha deciso di intraprendere il lungo ed emozionante percorso che li ha portati a diventare padri in California e poi a vivere in Italia come famiglia omogenitoriale. Oltre al regista e al suo compagno, sarà eccezionalmente a Torino la “gestante per altri” Cynthia Kruk, grazie alla quale Marco e Gianpietro hanno potuto diventare genitori. Ancora oggi le famiglie omogenitoriali, in Italia, non sono riconosciute, e non hanno gli stessi diritti civili di altre famiglie, e la presenza di Cynthia Kruk, insieme al marito che condivide le sue scelte, consentirà di dare voce a coloro che quasi mai vengono ascoltate e che quasi mai hanno modo di offrire la propria testimonianza, le gestanti per altri.

“’To emerge’ non è solo l’infinito del verbo emergere, ma anche Torino emerge – commenta la direttrice artistica Vladimir Luxuria – i quarant’anni del festival e la storia del nostro movimento, sono stati caratterizzati dalla necessita di emergere: dal buio dell’ignoranza, da ogni forma di discriminazione, dall’omobitransfobia, dalla violenza fisica e verbale, dalla solitudine. L’immagine 2025 raffigura due sireni con una sirenetta in braccio tra onde di celluloide per affrontare tra gli altri il tema della omogenitorialità. Così come il cinema ha il pregio di farci conoscere le storie degli altri, anche noi vogliamo farvi conoscere, invitandola al festival, la storia di Cynthia Kruk, una donna californiana che anni fa ha deciso di essere gestante per una coppia italiana, che ne ha fatto un bellissimo documentario. Si parla molto di gestazione per altri, ma alle gestanti per altri raramente si è chiesto di parlare: noi lo faremo senza censure. Torino, città dei diritti, anche del diritto di parola”.

Il Lovers Film Festival è realizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e si svolge con il contributo del MIC, della Regione Piemonte e del Comune di Torino.

Mara Martellotta

Andar di notte per gli spazi “immaginifici” dell’opera dell’Antonelli

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Per la prima volta, il torinese “Club Silencio” porta “Una notte al Museo” nel cuore della Mole Antonelliana, sede del “Museo del Cinema”

Giovedì 6 marzo, ore 19,30

Gli organizzatori di “Club Silencio” (Fondazione culturale torinese impegnata in progetti esperienziali atti a stimolare la partecipazione attiva dei giovani under 35 alla vita socio-culturale del territorio) la definiscono “un’esperienza unica tra musica, visite guidate e mostre straordinarie”. E così sarà certamente. L’iniziativa porta infatti, per la prima volta, il Progetto “Una notte al Museo” (che, dal 2017 ad oggi, ha guidato più di 280mila giovani in oltre 50 Musei tra Piemonte, Liguria e Lombardia) all’interno di quel grandioso “cono gelato a coda di sirena”, com’è stata bizzarramente definita la nostra “Mole” prodigio Antonelliano con i suoi 167,5 metri di altezza (“forse l’opera architettonica più geniale mai realizzata”, secondo Nietzsche), dal 2000 sede del “Museo Nazionale del Cinema”, in una suggestiva scenografia opera dell’architetto torinese Gianfranco Gritella e dello scenografo svizzero François Confino. Scenografia genialmente studiata attraverso un percorso espositivo che si sviluppa a spirale verso l’alto, articolato su più livelli che illustrano la storia del cinema attraverso manifesti, oggetti, spezzoni di film e scenografie spettacolari ed evocative, “che amplificano la meraviglia e la fascinazione che sono il cuore stesso della settima arte. Che notte, ragazzi, sarà dunque, quella del prossimo giovedì 6 marzo (dalle 19,30) per quanti vorranno aderire all’evento!

Il programma. Fino alle 21,30, “due guide specializzate” accompagneranno i partecipanti alla scoperta delle curiosità legate alla storia del cinema, dalle “lanterne magiche” alla “realtà virtuale”, oltre ad esplorare liberamente il percorso espositivo permanente.

La serata offrirà, inoltre, l’accesso a due “mostre temporanee” d’eccezione: “#Serialmania.Immaginari narrativi da Twin Peaks a Squid Game” – un viaggio attraverso le serie TV che hanno segnato la cultura pop dagli anni ’90 a oggi – e “The Art of James Cameron”, una mostra dedicata al visionario regista di “Titanic”“Avatar” e “The Terminator”, con oltre 300 opere originali tratte dal suo archivio personale, tra disegni, oggetti di scena e tecnologie 3D.

Ovviamente, non mancherà la possibilità di salire sulla “Mole Antonelliana” con l’iconico “ascensore panoramico”, per godere di una vista mozzafiato su Torino e l’arco alpino (posti limitati, biglietti acquistabili in loco).

Ad accompagnare l’evento, nella suggestiva “Aula del Tempio”, il producer torinese Kapowsky proporrà un “DJ set” che mescola Big Room, Percussive e Tech House, con influenze che spaziano da Mark Knight a Michael Bibi e a Chris Lake.

 

“Portare ‘Una Notte al Museo’ all’interno del ‘Museo Nazionale del Cinema’ – sottolinea Alberto Ferrari, presidente di ‘Club Silencio’ – è un traguardo che segna l’incontro tra due realtà accomunate dalla passione per la narrazione e l’esperienza immersiva. In questa prima edizione, la fusione tra cinema, arti visive e musica elettronica offrirà ai visitatori un modo nuovo di vivere il Museo: non solo come luogo di memoria, ma come spazio pulsante di creatività, dove ogni immagine e ogni suono diventano parte di un racconto collettivo. Siamo orgogliosi di scrivere insieme questa nuova pagina e di far vivere il ‘Museo’ in una veste inedita, aperta all’innovazione e al coinvolgimento del pubblico”.

 

E non è finita.

L’evento, infatti, sarà anche l’occasione per scoprire le aree più innovative del “Museo” di via Montebello, come la “Video Game Zone”, inaugurata nel 2024, e riconosciuta come una delle prime aree permanenti al mondo all’interno di un Museo dedicata ai videogiochi, che permette ai visitatori di immergersi nel mondo videoludico e comprenderne il processo creativo. “Con un allestimento unico al mondo, che combina storia, innovazione e spettacolarità, il ‘Museo’ non solo racconta l’evoluzione del linguaggio cinematografico, ma si afferma dunque come un polo di eccellenza per la ricerca, la divulgazione e l’incontro tra passato, presente e futuro del cinema a livello globale”.

Per info: “ Fondazione Club Silencio”, corso Massimo D’Azeglio 60, Torino; www.clubsilencio.it

g.m.

Nelle foto: immagini di repertorio Mole Antonelliana by night e Museo Nazionale del Cinema

La Mole colorata di viola contro il papilloma virus

Lo annunciano, durante un’audizione in Quarta, il coordinamento Lilt e le Associazioni Acto.

La Mole Antonelliana sarà colorata di viola il 4 marzo, per sensibilizzare i cittadini sulla prevenzione per combattere il tumore ovarico. Lo hanno annunciato in quarta Commissione Sanità, presieduta da Luigi Icardi, il Coordinamento regionale delle associazioni provinciali LILT (Lega Italiana per la lotta contro i tumori) e le Associazioni ACTO (Alleanza Contro il Tumore Ovarico e Cittadinanzattiva), sentite in audizione.

“La prevenzione è fondamentale per combattere il tumore ovarico – hanno spiegato – attraverso la vaccinazione e anche lo screening”. A questo proposito, come detto, il 4 marzo, in occasione dell’International HPV awareness day, è stato organizzato l’evento “La Mole dice il suo no all’HPV” colorandosi di viola.

L’oggetto dell’audizione erano le possibili iniziative di prevenzione e di contrasto dei tumori correlati al papilloma virus (HPV).

“Il tumore alla cervice – è stato detto dagli auditi – è il primo tumore che si può debellare attraverso una vaccinazione che in Piemonte è gratuita per gli adolescenti dai 12 anni. Questa possibilità potrebbe essere addirittura anticipata perché lo scopo è farla prima di iniziare ad avere rapporti sessuali. Sarebbe bene comunque farla gratuitamente a chiunque la richieda e non l’abbia fatta.”

Tra i numerosi consiglieri che hanno partecipato all’audizione, hanno posto quesiti agli auditi: Silvio Magliano (Lista Cirio), Alice Ravinale (Avs), Sarah Disabato (M5s), Daniele ValleLaura Pompeo e Gianna Pentenero (Pd) e Roberto Ravello e Davide Zappalà (Fdi), Vittoria Nallo (Sue),

 

Ufficio Stampa CRP

Polo del ‘900: Luoghi di memoria-comunità Yezida e spazio sacro

Sabato 1 marzo si è inaugurata al Polo del 900, a Torino, un’interessante mostra fotografica dal titolo “Luoghi di memoria-comunità Yezida e spazio sacro”. I materiali visivi esposti sono l’esito del lavori di Ghiath Rammo, archeologo aggregato alla missione archeologica italiana nel Kurdistan iracheno (disa sapienza).

Ghiath ha studiato sul campo le trazioni religiose e socioculturale degli Yezidi,  un popolo antico con una propria etnia, religione e cultura distintiva salita tragicamente alle cronache per l’immane genocidio portato a termine dal Daesh, meglio noto come Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, l’Isis. Una “pulizia etnica” dai risvolti del puro orrore (decapitazioni, crocifissioni, roghi), con donne violate, vendute e rivendute con tariffari disponibili su iphone di zelanti islamisti. Più recentemente – ci fa notare la giornalista Laura Schrader – oltre 400 yezidi residenti negli Stati Uniti hanno tentato una class action contro la multinazionale Lafarge – Holcim, rea di aver colmato di milioni di dollari le casse dell’Isis per mantenere aperto un suo cementificazione durante i giorni dello sterminio, notizia che va ben oltre le chimere complottiste, documentando le ingerenze occidentali nella politica bellica del Daesh. Gli yezidi sono anche infelicemente noti come “adoratori del diavolo”, a causa dell’adorazione portata a Melek Tā’ūs, l’angelo pavone, un’entità decaduta, mediatrice tra Dio e il Cosmo. Tale sciagurata definizione, dall’ambito orientale, ebbe una diffusione nel cosiddetto “tradizionalismo occidentale”. In breve si può dire che nel diciannovesimo secolo l’immaginario satanico assunse una forma differente sulla scia delle sfide religiose poste dal Romanticismo, dalla rivoluzione e dalle estetiche gotiche e decadentiste.

Tale satanismo formalizzato, trasformato dalla tradizione, operò non solo per opposizione, ma anche per inversione, come dimostra l’allora scandaloso poema di Baudelaire “Le litanie di Satana” del 1857. Un satanismo che Guènon identificava come “controiniziazione”. Nel contesto ottocentesco, ciò andava a intrecciarsi in modo considerevole con l’occultismo, con la magia e con le fascinazioni che giungevano dall’oriente, annunciate dal delirante Vathek, del 1785, di William Beckford, in cui affioravano elementi tipicamente iranici. In tale coinvolgimento si può ritrovare una certa relazione con il mondo naturale e con le forze sovrannaturali, attraverso i quali opposizione e inversione sono portate a compimento.

Nella presentazione della mostra sono stati notevoli gli interventi del Prof Adriano V. Rossi, Presidente dell’ISMEO Associazione di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente, e del Prof Gianfilippo Terribili, Vicedirettore del MAICHI Missione Archeologica Italiana in Kurdistan iracheno.

Palazzo San Daniele – Polo del 900, piazzetta Antonicelli – 1-22 marzo 2025

Mara Martellotta

Euripide e “Le baccanti”, sotto l’occhio grottesco e irriverente dei Marcido

Sul palcoscenico del Gobetti, sino a domenica 9 marzo

La prima parola è “teatro” l’ultima “sipario”, nel mezzo ci stanno – nella scrittura irruente e irta di barocchismi, vulcanica e corrosiva, lontanissima da un colloquiale quotidiano, veloce in quei funambolismi grammaticali e linguistici che da decenni gli riconosciamo e ai quali Marco Isidori, per ognuno l’Isi, ci ha abituati – le note di regia: le leggiamo e le gustiamo, ci aprono (a tratti a fatica, quel tanto o quel poco che a lui piaccia) un mondo, le abbiamo lì davanti a noi per attraversare quella quarta parete che altrimenti ci impedirebbe di trascorrere piacevolmente e in modo sempre intelligente quegli 80’ sempre al galoppo. Ma ecco che l’Isi – solo come lui sa fare – ci spiazza nello spostare le pedine con troppa fretta, ci dice che “le note di regia non sono nient’affatto tali” perché gli sono uscite dalla penna svogliate e “nervosette”. Ma noi andiamo avanti perché da decenni sappiamo che quei funambolismi sono pur lì a farcelo amare, a chiarificare, a risplendere quello che non è soltanto lo spettacolo inventato per festeggiare il quarantennale dei Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, nati a metà degli Ottanta mentre il teatro italiano li guardava “sospettoso”, compagnia e gruppo di lavoro specialissimi, ma altresì una delle prove più convincenti e carismatiche di un lunghissimo percorso teatrale. Un percorso che s’è avviato con Genet e uno “Studio per le Serve”, che ha percorso la tragedia greca vincendo Eschilo su Sofocle per 3 a 1 (appuntamenti), guardando ad Andersen come a Dickens, scomodando Goldoni e Beckett e Joyce, ricorrendo a Copi e Pavese, Yehoshua e la “nuova certificazione del mondo di Suzie Wong”, panorami per ogni palato.

Instancabilmente. Addentrandosi ad ogni passo sempre più nella materia (improvvisa, impensata) e nella forma (affinata, ricercata, arrotata) con uno studio e un impegno e una ricerca, non certo “una pacificazione lacustre” ma una “perenne tempesta”, che non tante compagnie del “dopo Carmelo” hanno saputo portare avanti e reggere. Titolo lungo nell’affrontare questo primo Euripide – l’autore pose mano alla tragedia pochi mesi prima della morte, nel 407 a.C. -, “Istruzioni per l’uso del Divino Amore: mana enigmistico Le Baccanti di Euripide che “precipitano” a contatto del reagente ‘Marcido’”. È uno dei tanti “ordigni esplosivi” posti al centro dell’azione, che le parole e la gestualità da sempre cercate con il lanternino pirandelliano spinto a far luce sulla intera “realtà” teatrale fanno deflagrare, non avendo paura di mischiare grottescamente un Dioniso “tirabuscion” da canzonetta partenopea d’inizio secolo (l’altro), con tanto di fondale tra Vesuvio e acini d’uva pronti a scoppiare, con tanto di stivaletti rossi e un tacco alto così che farebbe l’invidia di donna Santanchè, mentre si tenta di strimpellare sui tasti di uno sfuggente pianoforte, e la tragedia dello smembrato Penteo. La fake news da parte del re secondo cui il dio non sarebbe figlio di Zeus ma una semplice scappatella di Semele con un comune mortale, la divina discesa in Tebe per rimettere a posto le cose mentre le donne della città sono salite sul Citerone, in preda a follia, a celebrare riti in onore del dio, la perseveranza negativa di Penteo e una vendetta che racchiude in sé la tragedia di un terremoto, le donne in veste di Baccanti pronte a devastare villaggi e armenti e a infierire sul corpo dello sfortunato sovrano: questo Euripide. Isidori ne fa una “riscrittura”, un “più aguzzo trattamento letterario”, “cartavetrando” i versi dell’autore greco, con un’operazione in cui far chimicamente “precipitare” la tragedia “in una dimensione che parli la lingua” a cui i Marcido sono avvezzi e padroni.

Un dio impietoso e un tiranno che non rivedrà mai le proprie convinzioni, irrazionale e caparbio, si fronteggiano mentre la follia circola attraverso le strade della città e coloro che la abitano, umanità e religiosità, terreno buono per i Marcido, ancora Bene e Male, eccellente per un loro ampio giro d’orizzonte. Al primo sguardo in palcoscenico, è la reggia di Penteo a colpire, frastagliata e segmentata, ultimo esempio del lavoro di Daniela Dal Cin, già premio Ubu nella lunga storia e varie altre candidature, una nuova macchina teatrale, una reggia che ha più il sembiante d’un palazzo per affari in Wall Street che un reperto archeologico immerso nella leggenda, uno stralcio d’architettura che si fa montagna da raggiungere attraverso quella “scalinatella” che gli sta alla base: e a lei si devono pure le macabre bandiere a mostrare i brani del corpo martoriato o quelle che, uscendo dalle tute bianche degli attori, guardano alla natura che circonda gli eccidi delle Baccanti ormai fuori di senno, come le fantastiche Maschere/Bocca, ennesimo sberleffo. Nella alta bellezza visiva dello spettacolo, s’impone ancora una volta – rischierò di ripetermi, ma le parole sono qui un personale omaggio alla genialità di Isidori e dei suoi compagni (anche questa volta “Marcido at work”, come stava scritto sulle magliette nel “Davide Copperfield” di un paio d’anni fa), alla loro passione, al desiderio di sviscerare l’anima di una professione – la tessitura vocale (“una condizione recitante distante mille miglia dalla loquela cinguettante che climatizza imperversando misera la miseria del presente scenico”, parola dell’Isi) che attraversa il nuovo componimento, il “Coro Marcido”, dove il concerto di voci s’inarca e si spezza, s’arrotonda, si lancia e s’affievolisce e si curva per riprendere spazio in alto. Il gusto e il luogo imperante della parola, un pentagramma su cui destreggiarsi, una colonna sonora all’unisono, in un rito che non può non frastornare lo spettatore presente; e con questi l’esattezza del gesto e del movimento, dove tutto diventa un balletto ad orologeria, di geometrica precisione.

Attorno alla reggia, il Dioniso eccellente di Paolo Oricco, che si gioca una presenza e un personaggio e una manciata di assolo in maniera davvero perfetta, Maria Luisa Abate che è Tiresia dalle aperte profezie, Isidori e Alessio Arbustini che condividono il messaggero narratore e, in bella presenza che emerge con un suo personale gran peso, Ottavia Della Porta che è un protervo e tragico Penteo, entrata con prepotenza nel cono della lente approntata da Isidori. Per terminare con Valentina Battistone e Alessandro Bosticco. Tutti quanti a pigiare il pedale di un grottesco intelligentemente inteso in cui l’Isi continua a buon diritto a essere considerato un Maestro della scena italiana.

Ricordiamo che mercoledì 5 marzo, alle 17,30, Marco Isidori, Daniela Dal Cin e gli attori della compagnia dialogano con Armando Petrini (DAMS/Università di Torino) e Oliviero Ponte di Pino (Associazione Culturale Ateatro) sui “Quarant’anni di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa (1985 – 2025)”. Nel corso dell’incontro verranno presentati i due volumi relativi alla ricerca teatrale dei Marcido: “Marcido 2006 – 2025”, Torino, Assessorato alla Cultura, 2025 e “Vortice del Macbeth, AmletOne! Lear, schiavo d’amore”, Pisa, Titivillus, 2025. Ingresso libero, prenotazione online obbligatoria. www.teatrostabiletorino.it/retroscena. Info Centro Studi tel. 011 5169405 – centrostudi@teatrostabiletorino.it

Elio Rabbione

Nelle foto di Giorgio Sottile, alcuni momenti dello spettacolo.

La Cartolina postale… che storia, ragazzi!

In mostra, alla “Palazzina di caccia” di Stupinigi “I Savoia in cartolina, dal 1900 al 1915”

Dal 4 marzo al 6 aprile

In rassegna troviamo anche, assoluta rarità (dal valore affettivo inestimabile, per i più agguerriti collezionisti), la “prima Cartolina postale”italiana datata 1874 e indirizzata “All’Ill.mo Signor Sindaco del Comune di Fivizzano (Prov. Di Massa Carrara)”; cartoncino rigido di 11,4 x 8 cm. col profilo del primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II stampigliato in alto a sinistra e la dizione “Cartolina postale”, il valore dell’affrancatura in lettere e lo “Stemma Sabaudo” centrati in alto. Oggi in un’era del digitale, che di più non si può, a qualcuno verrà pure da sorridere, se non da ridere, di fronte a quello sconosciuto “reperto archeologico”. Se ai nostri figli o – per chi come me ha qualche anno di più sulla gobba – ai nostri nipoti, si dovessero mai citare, pur sillabandole, quelle due paroline “car-to-li-na / po-sta-le”, penso che l’effetto sarebbe lo stesso che farli assistere al surreale atterraggio di un “UFO” in pieno centro città. Bocca aperta e occhi sgranati! Car-to-li-na / po-sta-le?. E subito a cercare on line. Per carità, lasciamo stare!

Comunque sia, per quanti ben conoscono e hanno vissuto quelle due semplici semplici paroline, ma anche (e perché no?) per tutti gli ignari, per gli appassionati e i tanti collezionisti, si sappia che la “Palazzina di Caccia” di Stupinigi, nel “Corridoio di Levante”, mette in bella mostra, da martedì 4 marzo a domenica 6 aprile, ben 270 “Cartoline illustrate” in cui si racconta la storia, italiana ed europea, ripercorrendo le vicende umane, politiche, militari e dinastiche comprese nel periodo 1900 – 1915.

Ecco, dunque, le immagini di Margherita di Savoia (prima Regina consorte d’Italia) e in seguito quelle del figlio Vittorio Emanuele III, stampate sulle cartoline postali del “Regno d’Italia”, raccontare i primi incontri con il presidente della Repubblica Francese Loubet,Edoardo VII d’Inghilterra, lo Zar di Russia Nicola II, e ancora la guerra italo-turca, l’iconografia sabauda del tempo con le raffigurazioni del Re d’Italia nei suoi molteplici impegni istituzionali, fino ad arrivare alla “satira” che colpirà Umberto I, tra il 1914 ed i primi del 1915, quando il monarca sabaudo rifiutò di entrare in guerra accanto alle potenze della “Triplice Alleanza”, alleate mai amate dallo stesso ed in seguito responsabili del primo grande conflitto mondiale della storia.

Certo è che quel pezzo di “cartoncino illustrato”, conosciuto più semplicemente come “intero postale”, cambiò drasticamente il mondo dell’informazione (ogni epoca ha, in ciò, i suoi strumenti!) e dei rapporti interpersonali.

L’idea rivoluzionaria per i tempi, di permettere a tutti di poter inviare missive brevi, evitando di acquistare il classico foglio di carta, la busta ed il francobollo, sostituiti da un piccolo cartoncino già tassato, venne in primis proposta dal “Consigliere delle Poste” prussiano Heinrich von Stephan nel 1865 al suo stesso governo, il quale ignorò il progetto giudicato “immorale” da una nutrita truppa di parlamentari conservatori.

A “copiare” l’idea fu, invece, il professore diEconomia all’“Accademia Militare Teresiana”, l’austriaco Emanuel Hermann, che trovò al contrario favorevole riscontro nelle “Poste Viennesi”. Era il 25 settembre 1869.

Il “Regno d’Italia” introdusse l’“intero postale-cartolina” nel 1873, così qualche mese più tardi, nel gennaio 1874, anche gli italiani poterono sperimentare l’utilità del nuovo provvedimento, di cui si stavano ormai dotando tutti gli Stati del mondo. Ma, da noi,  la “vera rivoluzione artistica postale” avvenne nel momento in cui la parte del cartoncino dedicato fino ad allora alla scrittura, venne sostituita con le immagini, in bianco e nero, a seconda del tema scelto dall’editore romano “Danesi”. Il vero, grande successo arrivò però quando apparvero le prime cartoline postali con immagini a colori che concentrarono, in Italia, molto tipografie sull’avvenimento più importante di quel tiepido ottobre del 1896, ovvero le nozze tra il Principe di Napoli ed  erede al trono Vittorio Emanuele III e la principessa Elena del Montenegro (“la gigantessa slava”), che sarebbero saliti all’altare il 24 dello stesso mese.

È l’inizio di un nuovo corso editoriale ed artistico che cambierà il modo di dialogare per iscritto tra gli italiani, con formati dell’“intero postale” che cambiarono diverse volte nel corso degli anni (quanti di noi se ne sono serviti!) e che, dopo una pausa dal 2014, fu ripreso da “Poste italiane” nel dicembre 2017.

Gianni Milani

“I Savoia in cartolina, dal 1900 al 1915”

Palazzina di Caccia di Stupinigi, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi-Nichelino (Torino); tel. 011/6200601 o www.ordinemauriziano.it

Fino al 6 aprile

Orari: da mart. a ven. 10/17,30: sab. dom. e festivi 10/18,30

 

Nelle foto: Cartoline Postali in mostra