Cosa succede in città- Pagina 40

Agriflor: fiori, verde e… gastronomia

Domenica 22 dicembre, dalle 9 alle 19 in Piazza Vittorio Veneto a Torino, è in programma l’ultimo appuntamento dell’anno con Agriflor, il mercatino di piante, fiori e prodotti agroalimentari artigianali organizzato da Orticola del Piemonte.

Un’edizione Natalizia che vuole celebrare il periodo delle Feste mettendo in piazza alcuni dei migliori vivaisti e produttori artigianali del territorio. Un’occasione da non perdere per idee regalo all’insegna della Natura ma anche per imbandire le proprie tavole con sapori autentici.

Per quanto riguarda le tipicità florovivaistiche si potrà scegliere tra diverse collezioni di piante aromatiche, violette,  piante verdi fiorite da interno ed esterno, ma anche tra piante ornamentali e tropicali fino alle carnivore e alle orchidee.

Ancora più ampia la proposta di tipicità gastronomiche, tutte all’insegna della genuinità. Dalle nocciole alle olive, dai taralli ai salumi e formaggi di vario tipo, ma anche prodotti alla rosa, prodotti alla tahina e prodotti a base di zafferano, miele e confetture, zenzero e frutti disidratati, crostate a base di fiori, prodotti per la cosmesi, frutta e verdura di stagione e tanto altro ancora.

Organizzato da Orticola del Piemonte, il mercatino di Agriflor tornerà nel 2025 con la sua “carovana” di profumi, colori e sapori e con tante nuove sorprese.

L’Orchestra dell’Auditorium Rai di Torino, per festeggiare il Natale, propone Lo Schiaccianoci

Per il Natale dell’OSN Rai viene proposto Lo Schiaccianoci, la fiaba di Čajkovskij da Mario Acampa e diretta da Andrès Orozco-Estrada, in programma domenica 22 dicembre all’Auditorium Rai di Torino

L’Orchestra dell’Auditorium Rai di Torino, per festeggiare il Natale, propone Lo Schiaccianoci domenica 22 dicembre e martedì 24 dicembre, alle 10.40, su Rai 1, e mercoledì 25 dicembre, alle 20.30, su Rai 3. 

“Il simbolo del Natale per antonomasia è una storia senza tempo, che ancora oggi dice molto del passaggio dalla fanciullezza all’età adulta, oltre che sul rapporto che ognuno di noi ha con il proprio bambino interiore”, così Mario Acampa, regista, autore e divulgatore descrive il suo progetto de Lo Schiaccianoci di Čajkovskij, uno dei più celebri balletti al mondo, ispirato a un racconto di Ernst Theodore Amadeus Hoffmann, e proposto dall’OSN Rai e dal suo direttore principale Andrès Orozco-Estrada per il suo tradizionale concerto di Natale. 

“È Natale – prosegue Acampa, anche voce recitante insieme a Elisa Lombardi – la città è piena di luci e di vetrine addobbate, e come spesso accade è proprio durante le festività che il cuore si sente più solo. Qui Mary incontra Ernst e rivede in lui fragilità speculari alle sue. Entrambi capiscono che non possono sanare le ferite dell’altro, ma possono darsi la mano per affrontare la vita insieme. Volevo raccontare il sogno di Mary non solo come un’evasione  dalla realtà o come una mera fantasia, ma anche come motore di elaborazione e del dolore. Un percorso catartico fatto di lacrime e ricordi scomodi, ma anche ironia e calviniana leggerezza”.

Alternate alla narrazione di Mario Acampa, reduce dal successo come regista dell’opera “Il cappello di paglia di Firenze” di Nino Rota, andato in scena lo scorso settembre al Teatro della Scala, l’OSN Rai propone una scelta delle più celebri pagine del Balletto, dal “Valzer dei fiocchi di neve” a “La danza della Fata Confetto”, passando per il divertissement come le danze spagnola, araba, cinese e russa. L’idea per Lo Schiaccianoci, rappresentato trionfalmente al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel 1892 con le coreografie di Maius Petipa e Lev Ivanov, fu suggerita a Čajkovskij da un racconto di Alexandre Dumas padre, intitolato “Histoire d’un casse-noisette”(Storia di uno schiaccianoci), che riprende a sua volta una fiaba di Hoffmann, “Nussknaker und Mausekönig”(Schiaccianoci e il re dei topi), pubblicata nel 1816. Il balletto conserva la medesima opposizione tra la sfera onirica e quella del reale che caratterizza la favola. 

Sul podio è impegnato Andrès Orozco-Estrada, nato a Medellin, in Colombia, nel 1977, e che ha debuttato con l’OSN Rai nel maggio 2022, e nell’ottobre 2023 ha iniziato la sua collaborazione come direttore principale. Mario Acampa, autore e regista del progetto, oltre che voce recitante, ha iniziato la sua carriera come primo attore al Teatro Stabile di Torino, diretto tra gli altri da Ugo Gregoretti, Filippo Crivelli e Chiara Noschese. Ha debuttato alla regia lirica al Carignano di Torino nel 2015, con l’opera “Il Piccolo Principe”. Dal 2021 ha iniziato una collaborazione con il Teatro alla Scala, dove scrive e firma la regia della serie di concerti “Lalla e Skali”, oltre che de “Il cappello di paglia di Firenze” di Nino Rota. 

Mara Martellotta

Beyond Alien: H.R. Giger al Mastio della Cittadella

In occasione delle festività natalizie la mostra Beyond Alien: H.R. Giger, allestita al Mastio della

Cittadella di Torino fino al 16 febbraio 2025, sarà aperta al pubblico regolarmente da lunedì a venerdì dalle ore 09:30 alle ore 19:30 e sabato e domenica dalle ore 09:30 alle 20:30, tranne che per le seguenti variazioni:

-25 dicembre 2024 (Natale) CHIUSO

-26 dicembre 2024 (Santo Stefano) 9.30-20.30

-31 dicembre 2024 (San Silvestro) 9.30-17.30

-1° gennaio 2025 (Capodanno) 14.30-20.30

La mostra è realizzata da Navigare s.r.l, in coproduzione con Glocal Project e ONO arte, con il patrocinio della Regione Piemonte e del Comune di Torino, e in collaborazione con Museo Nazionale del Cinema.

INFORMAZIONI SULLA MOSTRA

Beyond Alien: H.R. Giger

Fino al 16 febbraio 2025

Mastio della Cittadella, Torino

Corso Galileo Ferraris, 0 – angolo Via Cernaia, Torino (TO)

www.mostragiger.com 

www.navigaresrl.com 

www.glocalproject.com

www.onoarte.com

ORARI

Dal lunedì al venerdì dalle ore 09:30 alle ore 19:30.

Sabato e domenica dalle ore 09:30 alle 20:30.

cs

La grande fotografia. Fra attivismo politico e onirica metafisica

A “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia” di Torino, le mostre autunnali portano le firme di Tina Modotti e Mimmo Jodice

Fino al 2 febbraio 2025

Una statuaria “Donna con bandiera”, scattata in Messico nel 1928. E’ lei a campeggiare sovrana fra le 300 immagini fotografiche, provenienti da ben 32 “Archivi” da tutto il mondo, scattate da Tina Modotti, fra le più grandi fotografe del XX secolo (ma anche attrice, rivoluzionaria e attivista comunista), portate in mostra, fino a venerdì 2 febbraio 2025, negli spazi della torinese “CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, sotto la curatela di Riccardo Costantini. Lontana quasi di un secolo, quella “Donna”, d’obbligo la “D” maiuscola, fiera e possente nella dignità del suo manifestare (appartenente, forse, al tanto amato “matriarcato zapoteco” dell’istmo di Tehuantepec) è figura oggi di estrema attualità, in cui paiono rispecchiarsi le tante donne che, ai giorni nostri, scendono in marcia, a varie latitudini del Pianeta, inneggiando alla Pace e ai Diritti Umani contro tutte le guerre e le politiche antidemocratiche dei “sempre vivi” dittatori. Nella sua “grandezza fotografica” lo scatto rappresenta appieno il valore e il significato del mestiere di fotografa per Tina (Tinissima, per la madre) Modotti, all’anagrafe Assunta Adelaide Luigia, nata a Udine nel 1896 e scomparsa a Città del Messico nel 1942.

Dal semplice titolo “Tina Modotti. L’opera”, questa di “CAMERA” è la più completa mostra mai proposta in Italia sull’opera della fotografa (friulana di nascita ma forse più “messicana” di spirito), arrivata a Torino, dopo il grande successo ottenuto precedentemente da quella di “Palazzo Roverella” a Rovigo. Un’esposizione che trova il suo apice nella Sala dedicata alla storica e sua unica personale, tenuta da Tina nel 1929 alla “Biblioteca Nacional de la Universidad Autonoma de Mexico” a Città del Messico, con ben 41 dei 57 scatti esposti in allora. Promossa dalla “Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo” (in collaborazione con “Cinemazero”) la mostra vuole essere un racconto per immagini della vita di quella donna – fotografa, “creatura nomade per antonomasia”. In un infinito peregrinare, Tina emigra infatti dall’ Austria all’America, a Hollywood, dove poco più che ventenne recita in alcuni film muti e inizia ad appassionarsi di fotografia. Successivamente eccola in Messico dove approda insieme al compagno, il grande fotografo americano Edwuard  Weston e dove diventa fotografa ed amica dei “Muralisti”, in primis di Diego Rivera e Frida Kahlo.

Accusata di aver partecipato a un attentato al presidente, Ortiz Rubio, ed espulsa dal Messico, la Modotti ottiene asilo politico a Berlino, per poi volare a Mosca e di qui (per la sua attività per il “Comintern”) a Parigi. Dal 1935 al 1939, con “Soccorso Rosso Internazionale” partecipa alla “Guerra Civile” in Spagna per poi definitivamente ritornare in Messico, dove scompare nel 1942. Guai a chiamarla “artista”! Le sue, diceva, sono “fotografie oneste”, immediate e libere da virtuosismi. Al centro, sempre più la figura dell’“essere umano”, accompagnata da forti rimandi politici e da un ben visibile “impegno civile” che la porterà, non a caso, ad aderire nel 1927 al “Partito Comunista Messicano”“È difficile – scrivono gli organizzatori – scindere l’arte della fotografa dalla sua vita a cavallo tra due guerre, in otto paesi, parlando cinque lingue differenti, e proprio per questo la mostra di Torino si concentra sull’intensità della sua produzione, cercando di lasciare da parte la biografia”. Mostra importante anche dal punto di vista “documentale”, perché raccoglie materiali inediti, video, riviste, ritagli di quotidiani e ritratti dell’artista, oltre ad includere un percorso di “opere visivo-tattili” accompagnate da “audio descrizioni” che approfondiscono lo stile e la storia della “grande Tinissima”.

In contemporanea a “Tina Modotti. L’opera”, la “Project Room” di “CAMERA” ospita, sempre fino al 2 febbraio“Mimmo Jodice. Oasi”, realizzata in collaborazione con la “Fondazione Zegna”. Curata da Walter Guadagnini con la collaborazione di Barbara Bergaglio, si tratta di una  mostra unica che presenta per la prima volta 40 immagini appartenenti alla più ampia serie realizzata dal fotografo napoletano (classe ’34) tra il 2007 e il 2008  per una “committenza” ricevuta da “Fondazione Zegna”. Fra i protagonisti assoluti della “fotografia d’avanguardia”, Jodice presenta a Torino uno straordinario corpus all’interno del quale è possibile ritrovare tutta la sua straordinaria capacità di trasformare il “reale” in spazi di singolare e lirica “visione metafisica”: dagli scatti riferiti alle architetture del “Lanificio” e della “Villa Zegna” fino alla grande “Oasi” innevata. Con quella neve! Soggetto intrigante per il fotografo di mare. Il percorso espositivo prosegue a Trivero (Biella), dove negli spazi del “Lanificio” e di “Casa Zegna” sarà esposta una selezione di “quattro stampe” di grandi dimensioni della stessa serie.

Gianni Milani

“Tina Modotti. L’opera” – “Mimmo Jodice. Oasi”

CAMERA-Centro Italiano per la Fotografia”, via delle Rosine 18, Torino; tel. 011/0881150 o www.camera.to

Fino al 2 febbraio

Orari:dal lun. al merc. e dal ven. alla dom. 11/19; giov. 11/21

Nelle foto: Tina Modotti “Donna con Bandiera”, Messico, 1928;Enrique Diaz (?) “Tina Modotti” durante la sua unica mostra a Città del Messico, 1929; Tina Modotti “Marcia di campesinos”, Messico, ca. 1929; Mimmo Jodice “Oasi”, 2008, Fondazione Ermenegildo Zegna

Agriflor è anche enogastronomia

Domenica 22 dicembre, dalle 9 alle 19 in Piazza Vittorio Veneto a Torino, è in programma l’ultimo appuntamento dell’anno con Agriflor, il mercatino di piante, fiori e prodotti agroalimentari artigianali organizzato da Orticola del Piemonte.

Un’edizione Natalizia che vuole celebrare il periodo delle Feste mettendo in piazza alcuni dei migliori vivaisti e produttori artigianali del territorio. Un’occasione da non perdere per idee regalo all’insegna della Natura ma anche per imbandire le proprie tavole con sapori autentici.

Per quanto riguarda le tipicità florovivaistiche si potrà scegliere tra diverse collezioni di piante aromatiche, violette,  piante verdi fiorite da interno ed esterno, ma anche tra piante ornamentali e tropicali fino alle carnivore e alle orchidee.

Ancora più ampia la proposta di tipicità gastronomiche, tutte all’insegna della genuinità. Dalle nocciole alle olive, dai taralli ai salumi e formaggi di vario tipo, ma anche prodotti alla rosa, prodotti alla tahina e prodotti a base di zafferano, miele e confetture, zenzero e frutti disidratati, crostate a base di fiori, prodotti per la cosmesi, frutta e verdura di stagione e tanto altro ancora.

Organizzato da Orticola del Piemonte, il mercatino di Agriflor tornerà nel 2025 con la sua “carovana” di profumi, colori e sapori e con tante nuove sorprese.

È ‘Torino riflessa’ la nuova guida che narra la città del commercio, della tradizione e dell’innovazione

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Da giovedì 19 dicembre Torino ha una nuova guida turistica, promossa dalla Città di Torino, in collaborazione con EDT, e si intitola “Torino riflessa. La città vista dalle vetrine”. Si tratta di un viaggio tra gli spazi del commercio locale che raccontano storie di resilienza, innovazione e tradizioni tramandate, svelando il volto autentico della città attraverso le vetrine dei suoi negozi, i mercati rionali, le botteghe artigianali.

“Abbiamo voluto mostrare la Città attraverso le vetrine dei negozi – ha dichiarato l’assessore al Commercio Paolo Chiavarino- per raccontare storie di tradizione, resilienza e innovazione, sottolineando l’importanza del commercio di prossimità come motore economico e pilastro della comunità. Non solo guida, ma un invito a guardare la Città che ha saputo coniugare memoria e modernizzazione con occhi nuovi. Un viaggio tra passato e presente che ci invita a riflettere sul valore delle nostre scelte di acquisto e sulla nostra capacità di valorizzare ciò che rende unica la nostra città “.

“Ci siamo sentiti a casa nello sviluppare questo progetto – ha dichiarato il direttore di EDT Angelo Pittro – perché EDT condivide lo spirito delle storie raccontate da questa guida. Siamo una casa editrice torinese fondata cinquanta anni fa dalla famiglia Peruccio e anche la nostra sede è frutto della riconversione di un’antica fabbrica. Con ‘Torino riflessa’, grazie alla scrittura ispirata di Alessandro Lamacchia e Stefano Cavallito e agli scatti di Michele d’Ottavio, abbiamo voluto dar voce alle storie nascoste dietro le vetrine, raccontando luoghi che custodiscono il valore del lavoro artigianale delle cose fatte con cura e passione.

Il progetto riesce a mettere in luce come, dal cuore elegante di Torino, con i suoi fasti barocchi e risorgimentali, alle periferie più vitali, Torino abbia mostrato più di una volta il suo talento nel cambiare pelle, mantenendo, però, una profonda connessione con il suo passato.

Le vetrine di Torino non sono solo spazi di esposizione, sono specchi del tempo capaci di riflettere le trasformazioni sociali e culturali della città. Ogni angolo ha qualche cosa da raccontare, dalle scaffalature in legno, così preziose, della storica Erboristeria della Consolata, che profuma ancora di timo serpillo, alla splendida boiserie della gioielleria Palmerio 1932, sita in via XX Settembre, un tempo sede dell’agenzia di viaggio Transatlantica Robotti, fino a via San Secondo dove le vetrine viola di un centro dentistico convivono con la grande devanture lignea con motivi neoclassici di inizio Novecento e parte degli arredi dell’attuale caffetteria Nobili.

Porta Palazzo, il mercato più grande d’Europa, rappresenta il simbolo della diversità e dell’accoglienza di Torino, come ci ricordano le Luci d’artista di Michelangelo Pistoletto “Amare le differenze”, che decorano l’Antica Tettoia dell’Orologio.

Girando per questo mercato e per gli altri che si trovano più a Nord nella città, si trovano specialità uniche come il sapone di Aleppo della Drogheria Rinaldi o i taralli fragranti del tarallificio il Covo in piazza Foroni. Nella galleria Umberto I, che si imbocca dall’esedra di Porta Palazzo, la storica Casa della Tuta, nata nel 1933, continua a vendere abiti di tradizione da lavoro ormai da generazioni. Questi mercati, più che spazi commerciali, si sono trasformati in luoghi di incontro e di vita dove tradizioni e storie si intrecciano.

Gli spazi industriali dismessi di Torino, come il Lingotto, ora polo culturale e commerciale, e il birrificio Metzger di via Catania, trasformato in birreria artigianale e sede di eventi culturali, dimostrano la straordinaria capacità della città di reinventarsi e rigenerarsi. Lo stesso accade nei piccoli negozi come la Panetteria Bertino, in via Galliari, che all’epoca delle leggi razziali salvò alcuni dei suoi clienti storici nascondendoli nei sotterranei, o alla Torrefazione Samambaia di via Madama Cristina, dove un florilegio di dolciumi testimonia storie di resilienza e passione con una fragranza di altri tempi.

‘Torino Riflessa’ sottolinea l’importanza del commercio locale non solo come motore economico, ma anche come pilastro della comunità. Nella centralissima via San Tommaso negozi come la latteria delle sorelle Bera e la Drogheria fondata da Lavazza nel 1895 raccontano un passato che si rinnova ogni giorno. Non meno significative sono le attività periferiche, come la fabbrica di vernici Zoccali, che ha saputo reinventarsi per rispondere alle attuali esigenze.

‘Torino riflessa’ è molto più di una guida, è un invito a guardare la Città con occhi nuovi, a perdersi nei suoi quartieri e a scoprire la bellezza nascosta nelle sue vetrine.

Attraverso luoghi simbolici come il San Giors, una stazione di posta rinnovata alla fine dell’Ottocento e oggi bellissimo ristorante tradizionale e locanda con “camere d’artista”, o come il grande ostello Combo, ospitato nell’antica caserma dei pompieri, il progetto conferma e rivela che la città ha saputo coniugare memoria e innovazione. Seguire l’ispirazione di ‘Torino riflessa’ rappresenta un viaggio tra passato e presente, che ci invita a riflettere sulle scelte quotidiane dei torinesi e sulla loro capacità di convogliare le energie per rendere unica la loro città.

 

Mara Martellotta

“Cuori infranti tour” di Giorgieness

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In programma il 20 dicembre, presso il CAP10100, la data torinese 

 

Giorgieness prosegue con il “Cuori infranti tour”, che porta dal vivo a Torino il nuovo album “Giorgieness e i cuori infranti”, uscito il 1° novembre per SoundToBe. Special Guest, L’evento è previsto per sabato 20 dicembre presso il CAP10100.
La special guest sarà Queen of Saba.

“Credo che per comprendere il mio mondo sia fondamentale vederlo succedere, live, occhi negli occhi – spiega Giorgieness – non esiterebbe la mia musica senza quella speciale connessione che si crea con chi l’ascolta e solo i concerti riescono a rendere reale qualcosa di impalpabile come le canzoni. Ho scritto questo album immaginandomi come sarebbe stato portarlo dal vivo e finalmente ci siamo, si comincia. Cuori infranti di tutte le latitudini, vi aspetto, sarà speciale.»

Ad aprire il live di Giorgieness ci sarà Obi, giovane artista hip hop che in 12 mesi ha vinto il premio Amnesty – Voci per la Libertà 2023 nella sezione emergenti e il premio della critica con “Attimo” e il
Deejay Onstage in agosto con “Odissea sul Divano” ed è ora fuori col singolo “Roma”.

Giorgieness presenta il nuovo album in studio, “Giorgieness e i cuori infranti”, uscito il 1° novembre 2024. Il disco è stato anticipato dai singoli “Cuori Infranti” e “Cazzate”, e include anche “Eclissi”, uscito nel 2023. L’album è stato realizzato con il sostegno del MIC e di SIAE nell’ambito del progetto del programma “Per Chi Crea”.
Giorgieness e i Cuori Infranti ha due anime che si muovono parallelamente: da una parte è un break-up album in pieno stile e dall’altra è un disco sul diventare “grandi” e iniziare a volersi
un po’ più bene. Oltre ai contenuti, che abbracciano e raccontano i piccoli grandi drammi della vita di ognuno, esteticamente Giorgia ha voluto che il disco e tutto ciò che lo circonda riprendessero
l’immaginario dell’adolescente degli anni 2000: collage, diari, glitter, telefonini, tv, stickers, e tanto tantissimo rosa.

“Mi piace l’idea di costruire un racconto attraverso le canzoni – continua Giorgieness – sono affezionata al concetto di “album” vecchio stile, così do molta importanza alla tracklist perchè permette anche a me di capire cosa è successo mentre scrivevo quei brani e come uno dopo l’altro stanno cercando di dirmi qualcosa”.

“Volevo partire da uno statement – conclude Giorgieness – un manifesto che riguardasse le persone a cui sto parlando, per poi introdurre subito l’altro tema portante dell’album. Nella parte centrale c’è tutto un esorcismo delle mie paure profonde, di tutto quello che mi ha bloccata, c’è il rapporto con mia madre e pure il mio compleanno. Mi piaceva l’idea di finire con due canzoni in profondo contrasto, proprio come sono spesso le mie emozioni. Con questo album voglio dimostrare che la gentilezza e l’amore non sono mai ridicoli, ma potenti. Le relazioni, anche le più complicate, meritano di essere vissute con coraggio. I riferimenti visivi agli anni 2000 all’adolescenza riflettono proprio questo, un periodo in cui spesso si è più vulnerabili e confusi, ma anche più veri”.

 

Mara Martellotta

Un Centro Medico al Sermig

Il Sermig festeggia 60 anni di solidarietà e apre un Centro Medico. Era il 1964 quando il ventiquattrenne Ernesto Olivero fondò a Torino il Sermig in Borgo Dora, il Servizio Missionario Giovani, per aiutare i più poveri a Torino, combattere la fame nel mondo con opere di giustizia e praticare la solidarietà verso i più bisognosi. Oggi il Sermig li aiuta in tutto il mondo. Nell’estate del 1983 un gruppo di giovani cattolici varcò la soglia del vecchio arsenale militare della città dove da oltre un secolo si fabbricavano le armi. Migliaia di persone, tutte giovani, si misero al lavoro e con un impegno enorme, gratuito, di giorno e di notte, per interi mesi, trasformarono la fabbrica di armi nell’ “Arsenale della Pace” che diventò il cuore delle attività del Sermig di Olivero. Oggi l’Arsenale della Pace è una delle realtà sociali più importanti del mondo. È presente con i suoi progetti di solidarietà in Italia e in molti altri Stati, dal Libano al Brasile, dall’Iraq al Bangladesh. Viene visitato e ammirato da capi di governo e di Stato provenienti da vari continenti.
Continua a svolgere la sua opera di assistenza nei suoi tre Arsenali, oltre a quello torinese in Borgo Dora, nell’Arsenale della Speranza in Brasile e nell’Arsenale dell’Incontro in Giordania a favore di anziani, poveri, donne e bambini. Offre un tetto per la notte, pasti, cure mediche e sostegno psicologico. Nel corso degli anni i volontari del Sermig hanno attivato oltre 3000 progetti e svolto 70 missioni in teatri di guerra. “Un sogno lungo sessanta anni, ricorda l’84enne Ernesto Olivero, ma siamo solo all’inizio. Dobbiamo fare i conti con l’eternità e con l’umanità tutta intera perché ogni uomo e donna abbia le stesse possibilità. Non è demagogia ma un semplice sogno di giustizia, ieri come oggi”. Ora il sogno del Sermig continua con la prossima apertura, grazie ad alcune donazioni, di un grande Centro Medico che sorgerà nel “Cortile dei Ciliegi” in via Andreis, sempre nelle strutture dell’ex Arsenale militare. Sarà pronto tra un anno, raddoppierà i servizi dell’attuale poliambulatorio, attivo dal 1989 e sarà a disposizione di persone e famiglie, italiane e straniere, che non possono beneficiare delle cure sanitarie di base e di visite specialistiche.                   Filippo Re

Al “FolkClub” si fa musica con “L’Usignolo”

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In avvicinamento alle Feste del Natale, al “Club” di via Perrone a Torino, si chiude la XXV Stagione con “Il Trio dell’Appennino”

Venerdì 20 dicembre, ore 21,30

Non è banale né un semplice luogo comune dire che al torinese “FolkClub” ( fra i migliori Club d’Europa di musica dal vivo, fondato sotto la Mole nel 1988 da Franco Lucà e dal 2008 passato in gestione al figlio Paolo) la XXV Stagione, ormai in zona Cesarini, abbassa le serrande in tutta bellezza. Non è banale no, dal momento che a chiudere il 2024, al “Club” di via Perrone, sarà una serata musicale, titolata “L’Usignolo”, che vedrà protagonista sul palco, venerdì 20 dicembre (dalle 21,30) la musica incantata e incantevole de “Il Trio dell’Appennino”.

Nel “menù” della serata, mazurche, valzer, ballate e alessandrine (danze di cerchio con schema fisso) dalle “Terre dell’Appennino”, territorio crocevia delle valli appenniniche comprese fra il corso dei fiumi Trebbia, Scrivia, Borbera e Staffora, (noto come “Quattro Province”) e raccontato in musica da tre artisti, “Il Trio dell’Appennino” per l’appunto, tra i più importanti nell’ambito della “musica popolare” italiana. I loro nomi: Stefano Valla suonatore di piffero, Daniele Scurati alla fisarmonica e Fabio Rinaudo, da oltre trent’anni attento studioso ed interprete della cornamusa.

Nello specifico:

Per Stefano Valla e Daniele Scurati, il piffero è accompagnato dalla fisarmonica cromatica, che nella prima parte del secolo scorso ha soppiantato la musa, la “cornamusa appenninica”. La lunga pratica di coppia ha fatto sì che i due strumenti abbiano raggiunto una straordinaria comunione, più che unica in termini sia di tecnica sia di spirito interpretativo. Da notevoli musicisti quali sono, Stefano e Daniele si pongono in continuità con il linguaggio popolare, ma fondono magistralmente la loro sensibilità contemporanea, che si traduce nella capacità di aggiungere sfumature ritmiche e armoniche ai due  strumenti tradizionali nonché di dialogare con il “jazz”, la “classica”, la “canzone d’autore”. Hanno inciso svariati “cd” e tenuto concerti nei più importanti Festival di “musica tradizionale” in Italia, in tutta Europa e in Cina.

Fabio Rinaudo, prestigioso conoscitore e studioso della cornamusa, è uno dei più rinomati interpreti italiani dello strumento. Specializzato nelle cornamuse Nord Italiane, del centro Francia e d’Irlanda, nella sua carriera ha tenuto più di 3mila concerti in Italia, Germania, Spagna, Austria, Francia, Svizzera, Belgio, Olanda, Repubblica Ceca, Scozia, Galles, Inghilterra, Irlanda, Portogallo e Canada. È il fondatore della band “Birkin Tree”, con la quale si è esibito in migliaia di concerti in Italia, Irlanda, Europa e Canada incidendo 6 cd. Ha all’attivo più di 90 lavori discografici e numerose incisioni per importanti emittenti Nazionali. Collabora attivamente e a livello mondiale con importanti musicisti di “musica antica” come Vittorio GhielmiRodney PradaCristiano Contadin e la rinomata flautista tedesca Dorothee Oberlinger. Con loro ha inciso 2 dischi e tenuto decine di concerti in prestigiosi Festival in Germania, Austria e Italia.

Ottimo finale di stagione, dunque. La prossima (incentrata sull’incontro fra tradizione ed innovazione) avrà inizio la sera (ore 21,30) di venerdì 10 gennaio con l’attesissimo concerto di Jesper Lindell, talento emergente della scena folk-rock svedese, e Scarlet Rivera, violinista leggendaria del tour “Rolling Thunder Revue” di Bob Dylan.

Per info: “FolkClub”, via Perrone 3bis, Torino; tel. 011/19215162 o www.folkclub.it

g.m.

Nelle foto: “Il Trio dell’Appennino” in esibizione

“La signora delle camelie” di Giovanni Ortoleva debutta al Teatro Astra

“La signora delle camelie” di Giovanni Ortoleva debutta il 17 dicembre al Teatro Astra, dove rimarrà in scena fino al 22 dicembre prossimo. È liberamente tratto dal romanzo di Alexander Dumas figlio. Regia e drammaturgia sono di Giovanni Ortoleva, le scene di Federico Biancalani, i costumi di Daniela De Blasio.

Prosegue la terza stagione del triennio 2022-2024 dedicato al rapporto dell’uomo con la verità, indagata attraverso la lente speciale del teatro. Dopo ‘Buchi Neri’, incentrata sul nostro rapporto con la verità scientifica e Cecità, dedicata alle verità che stanno davantinai nostri occhi ma che ci rifiutiamo di vedere, la Stagione teatrale 2024-2025 del TPE Teatro Astra si intitola Fantasmi, un invito a confrontarsi con quelle verità che ci sfuggono o che si manifestano soltanto per qualche breve istante per poi sottrarsi definitivamente alla nostra vista. Fantasmi interiori che spesso si nascondono dentro di noi, come accade con quelle verità che ci sfuggono e che ci ostiniamo a voler cercare, ma che rischiano di trasformarsi in fissazioni che ci limitano e ossessionano. Fantasmi che spesso appaiono fuori di noi, fenomeni che ci spaventano e che continuiamo a fissare con la paura e il segreto timore che non riusciremo mai a farli sparire del tutto, quali le guerre, la violenza, le crisi climatiche.

I fantasmi sono i veri personaggi della letteratura e del teatro, che permangono quali spettri nell’immaginario culturale collettivo.

Se Marguerite Gautier è effettivamente il fantasma al centro del racconto si Armand Duval, nel lavoro di Ortoleva si manifesta una forte riflessione sul fantasma di una società patriarcale, che sfoga le sue tensioni sul corpo femminile.

“La signora delle camelie” di Alexander Dumas figlio è un testo di sorprendente violenza sociale, che ha dato origine ad uno degli stereotipi femminili più intensi dell’Ottocento, diventando modello di moltissimi prodotti artistici di grande successo quali balletti, opere liriche, test teatrali e film.

Nel corso dei secoli l’amore impossibile tra Marguerite Gautier e Armand Duval ha continuato a ripetersi diventando forse il più grande mito romantico moderno, ma il romanzo di Dumas figlio è basato su un fatto vero, che ha mantenuto intatta tutta la sua brutalità, nonostante le intenzioni reazionarie e moralizzanti del suo autore. E così mentre il mito, ripetizione dopo ripetizione, si fa più stucchevole e sentimentale, “La Signora delle camelie” diventa la cronaca impietosa di un omicidio sociale, in cui la violenza classista smaschera il Romanticismo che l’ha coperta.

“Ho scelto un testo – spiega il regista e drammaturgo Giovanni Ortoleva – che mi ha sempre sconvolto per la sua ferocia cortese. La signora delle camelie non fa sconti nel raccontare la sua epoca, muovendosi tra misoginia, classicismo, privilegio, patriarcato. È una parabola che, se non si fosse travestita da storia d’amore, avrebbe potuto accendere le piazze. Roland Barthes scrive in “Miti d’oggi” che a Margherita Gautier, alienata ma servire, mancherebbe pochissimo per diventare una fonte di critica della società in cui è immersa. Era un invito troppo allettante per lasciarselo sfuggire, soprattutto “La signora delle camelie” è un testo sulla visione, sul bisogno di vedere tutto sempre di più. Penso ai prototipi di uomini del futuro creati da un’azienda americana pochi anni fa, dotati di occhi enormi per meglio consumare la miriade di immagini che abbiamo di fronte nell’ultimo secolo, in crescita esponenziale. Penso a come il bisogno spasmodico da cui Dumas è attraversato ci abbia colonizzato: vedere e avere, possedere con gli occhi. Anche la morte di Margherita è una merce da consumare. Con “La signora delle camelie”, Alexandre Dumas figlio si denuda, racconta con una sorta di incoscienza, con una limpidezza di cui evidentemente si pentirà. Il suo rapporto con le donne, l’amore e il possesso, non si fa sconti. Racconta le sue ossessioni, la sua piccolezza, si ridicolizza. L’unico desiderio che ho avuto affrontandolo è stato di non farmi sconti a mia volta, partendo dal classico e dal sapore ottocentesco e scivolando sempre più avanti a me e a noi per guardarci”.

TPE Teatro Astra – 17-22 dicembre 2024

Orari: mercoledì ore 19/giovedì ore 20/venerdì ore 21/sabato ore 19/domenica ore 17

Mara Martellotta