Cosa succede in città- Pagina 105

Italia 61 e il capolavoro torinese di Pier Luigi Nervi

Il Palazzo del Lavoro, già Palazzo delle Nazioni, da sempre Palazzo Nervi in Corso Unità d’Italia angolo Corso Maroncelli a Torino, una straordinaria opera la cui paternità dell’ Ingegner Pier Luigi Nervi con la collaborazione del figlio Antonio e dell’architetto Gio Ponti, inaugurata il 6 Maggio 1961 alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi nella giornata in cui l’indimenticabile Italia 61 aprì le sue porte al mondo.

E’ uno dei capolavori dell’architettura del Novecento, uno di quei luoghi cui tutti, da che fu realizzato, hanno guardato con stupore per l’impegno occorso, con ammirazione per l’attuazione innovativa raggiunta. Ricordiamo infatti che fu progettato nel 1959 ed a tutt’oggi, se fosse ancora leggibile, parlerebbe di una sua carta d’identità senza tempo ed oltre il tempo, di strutture innovative per materiali e per talento creativo. Un immenso spazio progettato per durare, per farsi ammirare, per essere un esempio tutto italiano del genio costruttivo ed architettonico del Novecento, simbolo di un Paese in rinascita. Ed invece quello che sembrava a tutti essere il suo giusto e fausto destino, quello di una lunga vita all’avanguardia, contenitore felice e generoso quale era stato progettato, non si è realizzato. Chiedersi perché e per chi oggi non serve. Ciò che serve è che si comprenda urgentemente che è necessario arrivare in tempo a salvare questo testimone importante, questo gigante, fiore all’occhiello di un’Italia che stava vivendo il suo tempo d’oro, fatto di un miracolo economico quasi impensabile e di tanta voglia di mettersi continuamente in gioco, a qualunque costo e rischio.

 

Oggi appare come un eroe agonizzante ed umiliato, una grande carcassa arrugginita e drammaticamente abbandonata, rosa dal tarlo dell’incuria che la divora, testimone suo malgrado e simbolo di un degrado ambientale e non solo, lasciato a sé stesso, allo spreco più totale, mentre collassa e cede sul suo fasto di breve durata. Tutti elementi questi che dovrebbero far riflettere senza girarsi dall’altra parte per non vedere. Avvolto nel suo manto di ruggine, luogo prescelto da rovi e sterpaglie e da animali che vi scorrazzano, oggetto di incursioni vandaliche finché vi fu qualcosa da portar via, passato attraverso l’esperienza di un gravissimo incendio nel 2015, Palazzo Nervi non si stanca ancora oggi di lanciare il suo grido d’aiuto sotto gli occhi dei passanti impotenti. Una fine ingiusta la sua, non certo motivo di vanto per Torino in Italia né per l’Italia nel mondo, agonizzante monumento al genio di Pier Luigi Nervi, offerto così miseramente ridotto allo sguardo dei torinesi attoniti e di quanti ne hanno compreso il suo grandissimo, importante valore. Per chi transita in Corso Unità d’Italia in uscita o in entrata in città, per raggiungere le autostrade o arrivandovi, si trova a percorrere una vasta area verde con piante che ancora oggi ci parlano della cura con cui sono state scelte. Giardini disseminati di costruzioni particolarmente interessanti dal punto di vista architettonico che parlano di un fasto trascorso in cui sapienti mani e grandi progetti hanno contribuito a realizzare un sogno tutto italiano.

Correva l’anno 1961 e Torino era pronta a vivere un avvenimento che avrebbe segnato la storia del glorioso 900 della città. In pieno boom economico stava per concretizzarsi un evento unico ed indimenticabile. Venne ospitata infatti l’Expo 1961, la grande Esposizione Internazionale del Lavoro – Torino 1961,  per festeggiare i cento anni dell’Unità d’Italia. E’ quella che fu definita una grande occasione per mostrare al mondo quale fosse il livello di progresso raggiunto da quella che venne definita la città dell’automobile per antonomasia, la Torino industriale ma anche quella storica, quella sabauda con la sua cultura millenaria e quella ingegnosa che sa continuamente riproporsi. Un’occasione unica, raccolta con entusiasmo la cui centralità fu l’Italia ed il lavoro. Il Made in Italy ebbe modo di far parlare di sé in tutto il mondo puntando l’attenzione sui punti di forza del nostro Paese nei tanti ambiti di cui è incontestata protagonista: dalla scienza all’arte passando per la tecnica e la cultura senza dimenticare il settore dell’imprenditoria: tutti erano presenti a questo imperdibile appuntamento. Furono invitati i nomi più illustri del globo a partecipare, ognuno nel proprio settore, alla realizzazione di questo sogno italiano. Notissimi architetti dei giardini per organizzare il verde della vasta area che fu scelta, nella zona Nizza Millefonti , su una superficie di  106.500 mtq fino a lambire le acque del Po, con un suo naturale fascino indescrivibile. Ingegneri edili, architetti, progettisti, tecnici, tutti chiamati a dare il meglio di sé e con loro il grande Ingegner Pier Luigi Nervi che aveva ideato e brevettato nel 1943 il ferro cemento e che realizzò per l’occasione il suo grande capolavoro torinese, il Palazzo del Lavoro. Costruzione innovativa realizzata in tempi brevissimi, gioiello dell’architettura e dell’ingegneria civile nerviana, si tratta di un avveniristico progetto incentrato sulla suddivisione della copertura quadrata dei 47.000 mtq totali della superficie, in sedici elementi tra loro indipendenti ad ombrello costituiti da una raggiera di travi in acciaio e da un pilastro centrale, caratteristica questa della progettualità di Nervi. Un’opera all’avanguardia di grande impatto emotivo e di straordinario fascino con  l’uso dei suoi materiali preferiti.

 

Tra le tante altre realizzazioni indimenticabili che composero Italia 61 l’ovovia che portava i visitatori direttamente in collina, il laghetto accanto all’ avveniristica monorotaia con le hostess ad accogliere i numerosissimi visitatori, la vita sui battelli del Po, Palazzo a Vela, in origine Palazzo delle Mostre, i bus panoramici a due piani ed altri palazzi per quei tempi modernissimi. Oggi ciò che appare di quelle storiche celebrazioni alimenta la nostalgia di un tempo d’oro, tra l’inspiegabile incuria di tanta bellezza ed il tempo che passa ma non cancella.

PATRIZIA FORESTO

A Torino una settimana di incontri e proiezioni per  i 70 anni dell’“Associazione Museo Nazionale del Cinema”

Cinema cinema … che passione!

Dal 2 all’8 luglio

Settant’anni e non sentirli! Considerata la “cinghia di trasmissione” fra il “Museo Nazionale del Cinema” e la città, l’“AMNC – Associazione Museo Nazionale del Cinema” di Torino, fu fondata sotto la Mole il 7 luglio 1953 da sette intellettuali riuniti dalla mitica novarese Maria Adriana Prolo (Romagnano Sesia, 1908 – 1991)al civico 7 di via Riberi. Fra le più prestigiose storiche del cinema, in particolare della stagione pionieristica della cosiddetta “settima arte”, la Prolo – dopo essersi laureata, nel ’31, alla torinese “Facoltà di Magistero” ed aver lavorato alla “Biblioteca Reale” allora diretta dal generale Nicola Brancaccio, occupandosi in prevalenza di ricerche storiche e letterarie nonché di poesia – comincia ad essere attratta dal “mondo della celluloide” nel ’38, quando si trova fra le mani le riviste di cinema muto custodite alla “Biblioteca Nazionale” di Torino. La passione scatta immediata e da allora, intuendo anche il ruolo di primo piano rappresentato dalla Torino dell’epoca nella nuova avventura cinematografica, dirotterà i suoi studi proprio in quella direzione. Senza risparmio e con passione da vendere. Fino alla fondazione, primi anni ‘50, del “Museo Nazionale del Cinema”, che trovò una prima congrua sistemazione in un’ala di “Palazzo Chiablese” (solo nel luglio 2000, dopo varie allocazioni, venne inaugurata l’attuale sede alla Mole) di cui la Prolo fu nominata direttrice a vita, e dell’“AMNC – Associazione Museo Nazionale del Cinema”. Come detto, era il 7 luglio del ’53sette gli intellettuali fondatori e 7 il numero civico della sede di via Riberi. Il numero 7 aveva un valore simbolico per la visionaria Maria Adriana Prolo, “fondatrice di musei”, che in una lettera del giugno ’73 scriveva “Quando nasci con il pallino dei musei, non c’è niente da fare” e che, sempre nel ’73, fondò nella sua città natale anche un prestigioso “Museo Storico-Etnografico”. Ed è proprio per sottolineare quel propiziatorio numero “7” che per una ricorrenza così importante come il suo 70° anniversario l’“AMNC” organizza 7 giorni 7 non stop per festeggiare la propria storia, da sempre attraversata da “passione e inclusione con il cinema”Da domenica 2 a sabato 8 luglio  sono così in programma numerosi appuntamenti, la maggior parte dei quali gratuiti, che ben raccontano il grande lavoro di rete condotto da anni sul territorio, ma che soprattutto tracciano, come dice Vittorio Sclaverani, presidente “AMNC” dal 2010, “la linea del nostro futuro”.

Primo appuntamento, domenica 2 luglio (ore 21) con la proiezione ai “MagazziniOz” (via Giolitti 19/A) del pluripremiato film d’animazione “Mary & Max” di Adam Elliot, grande classico della rassegna “cinemAutismo”, preceduto da “Tapum”, primo cortometraggio firmato da Bruno Bozzetto, fra i più importanti uomini di cinema che negli anni abbiano ricevuto il “Premio Maria Adriana Prolo”. Si prosegue lunedì 3 luglio presso l’“Arena Monterosa” (via Brandizzo 65, ore 21,30) con la proiezione de “Il legionario” di Hleb Papou, film premiato al “Festival di Locarno” nel 2021. Il giorno successivo il regista italo-bielorusso Hleb Papou terrà un workshop di regia gratuito al “Centro Interculturale” di corso Taranto 160 (dalle 14,30 alle 18,30). La sera di martedì 4 luglio il palinsesto del 70° sarà ospitato dal Centro giovanile “Comala” (corso Ferrucci 65/a, ore 21) con un appuntamento speciale del progetto “Parole&Cinema” attraverso la presentazione del libro “Werner Herzog. L’anacronismo delle immagini” di Daniele Dottorini; a seguire la proiezione del leggendario film entrato con forza nella storia del cinema, “Fitzcarraldo” di Werner Herzog, “Palma d’Oro” per la Miglior Regia a Cannes nel 1982, nella recente versione restaurata in “4K”. L’eredità del nuovo cinema tedesco sarà protagonista anche mercoledì 5 luglio con una serata presso la sede dell’housing sociale “Luoghi Comuni Porta Palazzo” (via Priocca 3, ore 21) con la proiezione del visionario “Lisbon Story” di Wim WendersGiovedì 6 luglio la “Piazza Commerciale Botticelli” (via Botticelli 85, ore 21,30) ospiterà la proiezione dei film prodotti dalla “Cooperativa Arcobaleno”, una delle realtà sociali più vivaci che da anni si occupa di reinserimenti lavorativi di persone in difficoltà. Venerdì 7 luglio si tornerà all’“Arena Monterosa” (via Brandizzo 65, ore 21,30) con il film muto torinese “Maciste in vacanza”, conservato dalla “Cineteca del Museo Nazionale del Cinema”. La settimana si chiude sabato 8 luglio con un doppio appuntamento: alle 18 Simona Galassi presenterà presso lo “Spazio B” della “Libreria Bodoni” (via Carlo Alberto, 41) il libro “Anna Karina. La musa inquieta della Nouvelle Vague”, mentre dalle 20 i festeggiamenti si concluderanno in forma conviviale presso il “Community Hub” di Via Baltea 6, che dalle 21 accoglierà le proiezioni di “LEGOVIDEOinBVU” di Alberto Ruffino e di “Anna Karina. Il volto della Nouvelle Vague” di Armando Ceste, autore di cui l’“AMNC” conserva e promuove l’intero archivio. Per info e programmawww.amnc.it

g.m.

Nelle foto:

–       Maria Adriana Prolo, Ph. Elena Bosio

–       “Mary & Max” di Adam Elliot

–       “Fitzcarraldo” di Wermer Herzog, nella foto Klaus Kinski e Claudia Cardinale

–       “Maciste va in vacanza” di Luigi Romano

Il Politecnico di Torino entra nel TOP 17% al mondo, vicino alle prime 250 posizioni

QS WORLD UNIVERSITY RANKINGS

In QS World University Rankings, una tra le più importanti classifiche universitarie al mondo, nell’edizione 2024 il Politecnico di Torino si posiziona tra i TOP 17% tra gli Atenei Internazionali, migliorando nettamente il risultato dell’edizione precedente in cui si collocava al TOP 23%. Il Politecnico di Torino si avvicina al TOP 250, scalando ben 73 posizioni dal precedente 325° posto e collocandosi al 252° posto a livello internazionale: un risultato che assume maggiore rilevanza, alla luce delle 97 nuove università entrate nel ranking che portano a oltre 1500 gli Atenei presenti in classifica.

Guardando il risultato raggiunto nei singoli indicatori, il 222° posto e le 14 posizioni scalate rafforzano la crescita dell’Ateneo in Citations per Facultyl’indicatore che esprime la valorizzazione delle citazioni ricevute dalle pubblicazioni scientifiche prodotte dalle ricercatrici e dai ricercatori del Politecnico.

Fondamento di QS World University Rankings è Academic Reputation, l’indicatore che valuta le università sulla base della reputazione che essi hanno in ambito accademico internazionale: il Politecnico di Torino migliora la 232 posizione della scorsa edizione, portandosi al 225° posto a livello mondiale, risultando 8° tra le Università italiane. L’Employer Reputation, che misura l’opinione dei datori di lavoro sulla preparazione di Laureati del Politecnico, vede il nostro Ateneo mantenere il TOP 200 con la 194° posizione mondiale, che corrisponde al 2° posto a livello nazionale.

Il Politecnico, inoltre, migliora lo score in International Students, con cui si valuta la capacità di attrarre di studenti internazionali, che consente di migliorare di 18 posti il risultato ottenuto in QS 2023 e portarsi al 313° posto al mondo e al secondo in Italia La qualità della produzione scientifica, già trattata prima, viene sottolineata anche dal nuovo indicatore International Research Network – IRN, che misura il tasso di citazioni ottenuto da pubblicazioni con coautori internazionali, e in cui il Politecnico entra al 313° posto a livello mondiale, 16° in Italia.

In QS World University Rankings 2024 viene introdotto anche un nuovo indicatore che misura l’impatto sociale e ambientale, dove l’Ateneo si posiziona tra i TOP 10 Atenei italiani, 263° al mondo.

 

“L’eccellente performance raggiunta in QS World University Rankings 2024 premia gli sforzi finalizzati a  garantire l’elevata qualità della didattica, della ricerca e della terza missione del Politecnico – afferma il Rettore del Politecnico di Torino, Guido Saracco – Il risultato di oggi ci spinge a proseguire con le politiche e le strategie di crescita poste in essere in questi anni, al fine di continuare a rendere il nostro Ateneo attrattivo verso studenti, ricercatori e stakeholders che gravitano attorno al mondo accademico, e sempre attento all’impatto sul sistema socio-economico e ambientale, tema centrale del Piano Strategico dell’Ateneo”

The Hot Dogs. Giocando tra il soul, lo swing, il rock’n’roll

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 28 giugno, ore 21.30

The Hot Dogs

Giocando tra il soul, lo swing, il rock’n’roll e il funk di mostri sacri della musica nera come Ray Charles, James Brown, Etta James e Wilson Pickett, gli Hot Dogs saltano tra le colonne sonore di American Graffiti e Blues Brothers e rivisitazioni di brani pop di oggi in chiave rhythm & blues.

The Hot Dogs è un progetto che nasce a Torino nel 2014 ispirato alle band che facevano sudare nelle piste da ballo degli anni ’40, ’50 e ’60. Professionisti nel settore musicale, i membri della formazione arrivano da molteplici esperienze e realtà: Bluebeaters, Africa Unite, Statuto, Bandakadabra, The Chicless, The Fonz e Soulful Orchestra.

Mercoledì 28 giugno

The Hot Dogs

Sugar Nanny, voce

Fiorella Coppola, voce e tamburello

Tiziano Di Sansa, sassofono tenore

Gianluca Cato Senatore, basso

Paolo Tondat, chitarra

Matteo Tommaso Pagliardi, batteria

Ora di inizio: 21.30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

Ragazzi in città. Il percorso formativo tra centro e periferia

TERZA EDIZIONE

 

con la restituzione finale attraverso PROIEZIONI aperte a tuttə

27, 28, e 29 giugno – Torino

Centro Studi Sereno Regis, Arena Monterosa, Cascina Roccafranca

Ingresso gratuito

Due scuole medie, una a Mirafiori e una in Barriera di Milano, una scuola superiore nel centro della città, tre realtà culturali, due formatori d’eccezione e tante proiezioni diffuse che hanno coinvolto centinaia di studenti e decine di docenti generando molteplici idee e storie da raccontare.

È questo il punto di partenza della terza edizione del progetto Ragazzi in città – la cui restituzione pubblica avrà luogo il 27, il 28 e il 29 giugno a Torino – che ha coinvolto, nella primavera 2023, giovani studenti delle scuole medie Alvaro-Gobetti di Mirafiori e G.B. Viotti di Barriera di Milano e le scuole superiori del Convitto Nazionale Umberto I e del Liceo Scientifico Einstein. I ragazzi e i professori hanno seguito un percorso di educazione all’immagine che è stato arricchito dagli interventi del regista Giovanni Piperno(tra i suoi film principali L’esplosione del 2003, Il pezzo mancante del 2010 sulla famiglia Agnelli e il pluripremiato Le cose belle co-diretto con Agostino Ferrente nel 2013) e dello sceneggiatore Pier Paolo Piciarelli (autore tra gli altri di Zoran del 2014 e della fortunata serie tv Imma Tataranni – Sostituto procuratore) che hanno mostrato i loro lavori tra fiction e documentari girati con gli adolescenti di Roma, Sassari e Napoli. Nel dialogo con i giovani studenti sono emerse e sono state affrontate tematiche importanti come i sogni e bisogni delle nuove generazioni, l’identità, la memoria del territorio, la nonviolenza, l’immigrazione e l’ambiente.

Tematiche che ritornano nel punto di arrivo di Ragazzi in città, la restituzione pubblica dei risultati del percorso di formazione in programma il 27, 28 e 29 giugno al Centro Studi Sereno Regis con Manodopera di Alain Ughetto, all’Arena Monterosa con Trash di Luca della Grotta e Francesco Dafano e a Cascina Roccafranca con la proiezione conclusiva di Tomboy di Céline Sciamma.

“Non capita tutti i giorni di lavorare con dei ragazzi di dodici anni e con dei professori così speciali; – afferma il regista Giovanni Piperno – insieme a Pier Paolo Piciarelli abbiamo lavorato per renderli protagonisti dell’esperienza di scrivere e realizzare un piccolo film fantasy reso possibile anche dall’incontro con l’artista Alessandro Quaranta. Non c’è dubbio che lo meritassero: infatti si sono messi in gioco con impegno per portare a casa il miglior risultato possibile. Non vedo l’ora di guardare La triste storia del maranzainsieme a loro sotto le stelle e sul grande schermo”.

“Ragazzi in città coniuga due elementi che riteniamo nodali per il lavoro culturale del nostro presente, – dichiara Valentina Noya coordinatrice del progetto e Vice presidente dell’Associazione Museo Nazionale del Cinema (AMNC) – da una parte agire in territori periferici e dall’altra offrire possibilità formative per le nuove generazioni. Il progetto si è concentrato principalmente su tre istituti, ma durante il percorso abbiamo intercettato nuove scuole e centinaia di studenti che hanno potuto incontrate e farsi i selfie insieme al regista svizzero, candidato al Premio Oscar, Markus Imhoof (Eldorado), conoscere l’amico e collaboratore di Pier Pasolini David Grieco (La macchinazione), il regista operaio Pietro Perotti(Senzachiederepermesso), le complessità del dialogo interculturale (A bitter story di Francesca Bono), la vitalità del movimento Black Lives Matter (Stonebreakers di Valerio Ciriaci) per concludere con la magia del cinema di Guillermo del Toro che riesce a costruire nuovi immaginari (Pinocchio). Rispetto alle precedenti edizioni siamo molto contenti di essere riusciti a coinvolgere molti insegnanti, in particolare grazie al corso Fare la pace al cinema condotto dal nostro coordinatore scientifico Dario Cambiano”.

Il progetto Ragazzi in città è curato dall’Associazione Museo Nazionale del Cinema, Centro Studi Sereno Regis e Unione culturale Franco Antonicelli ed è realizzato grazie al sostegno del Ministero dell’Istruzione e del Merito, Ministero della Cultura nell’ambito del piano nazionale Cinema e Immagini per la Scuola.

Festival del Digitale Popolare: Recchioni firma il Manifesto della seconda edizione

L’evento è atteso a Torino il 7 e l’8 ottobre a Torino
Torino, 26 giugno 2023 – Rivelato il titolo Futura, a misura d’umanità, filo conduttore della due giorni a Torino il 7 e 8 ottobre 2023, il Festival del Digitale Popolare presenta il manifesto che anche per questa seconda edizione è stato realizzato da un grande disegnatore italiano, sempre grazie alla collaborazione con Etna Comics. A firmarlo è infatti Roberto Recchioni, artista poliedrico che lega il suo nome, tra gli altri, alla famiglia di collane dedicata a Dylan Dog – che Recchioni ha traghettato in una nuova era – e a personaggi iconici come Tex, Diabolik e Topolino.
Il manifesto firmato da Roberto Recchioni – commenta Francesco Nicodemo, direttore editoriale della Fondazione Italia Digitale – rappresenta perfettamente il tema di quest’anno. È la persona al centro della trasformazione digitale e del futuro, anzi di Futura, perché noi crediamo che l’innovazione vada declinata al femminile. Digitale popolare è più di uno slogan, è il manifesto della Fondazione Italia Digitale. E il fumetto e la graphic novel hanno la capacità di parlare e raccontare cose molto complesse in una espressione di arte visiva ‘pop’, ma mai banale. L’anno scorso il manifesto è stato firmato da Fumettibrutti Jole Signorelli, quest’anno abbiamo il maestro Recchioni e siamo davvero onorati“.
Come nasce il manifesto? “Per interpretare il concetto di ‘Futura’ – spiega Recchioni – sono partito dalle parole di Lucio Dalla «sarà diversa, bella come una stella» cercando di declinarle su un tessuto urbano come quello di Torino, una città che amo e che conosco molto bene. Quello che mi stava a cuore era riuscire a veicolare l’idea di una rivoluzione digitale ancorata all’umanità e al servizio dell’umanità, capace di guardare avanti senza cancellare o sovrascrivere il passato“.
Antonio ManninoDirettore di Etna Comics aggiunge: “L’evoluzione della cultura pop è legata a doppio nodo al progresso digital e social. La comunicazione per immagini ritorna ad avere un ruolo centrale e, in questo senso, il fumetto riacquista la funzione di veicolo comunicativo crossmediale che aveva perduto. Siamo onorati che la Fondazione Italia Digitale abbia scelto Etna Comics come interfaccia per la creatività del Festival“.
Per l’evento nazionale di ottobre – che nella scorsa edizione ha collezionato oltre duemila presenze e duecento ospiti – torneranno a confrontarsi personaggi della cultura, dello sport, dell’innovazione e delle istituzioni nella fitta agenda di incontri, seminari e dibattiti.
Il festival è organizzato da Fondazione Italia Digitale con il patrocinio della Città di Torino.

A San Salvario chiude il Festival Panafricano

 

Si è concluso ieri 25 Giugno sul terrazzo del Circolo Lombroso la 7 edizione del Festival che raccoglie culture provenienti da tutto il continente africano.

Nato nel 2014 su iniziativa di associazioni africane presenti nel nostro territorio il festival Panafricano comprende un programma fatto di concerti, dibattiti, mostre e presentazioni di libri. “Nel 2016 si inserisce l’Eritrea e quello che era un progetto esclusivo per le comunità africane diventa un festival aperto a tutti i cittadini per abbattere le barriere culturali. Si cerca così, con tradizioni che spaziano dal cibo all’arte, all’artigianato di assestare una spallata a sentimenti razzisti” ci ha raccontato Liuba Forte di madre Eritrea e papà italiano e direttrice del festival.

Il Festival generalmente cade intorno al 25 maggio, in concomitanza con l’anniversario dell’Unione Africana. Quest’anno è stato posticipato per sottolineare la giornata mondiale del rifugiato.

Il Festival, quest’anno , è stato inaugurato alla Gam e ha portato a Torino artisti come Afranart, scultore camerunese, Ba Banga Nieck, inventore del balafon, evoluzione dello xilofono. Nieck è arrivato da Strasburgo e dopo Torino ha proseguito per Parigi dove si è esibito all’Opera.
Venerdi si è esibito Esa Abrate, che ha partecipato ad Amici e sabato c’è stato Nathan Kiboba, volto noto della Tv grazie alla sua collaborazione con Le Iene.


Tutti gli artisti si sono esibiti con un semplice rimborso spese proprio perché riconoscono nel festival Panafricano un importante mezzo di unione.

Chi vi scrive ha partecipato alla serata conclusiva con presentazione di libri, e una cena a base di cous cous. E quale miglior modo di unire se non attraverso il cibo?

LORI BAROZZINO

Rock Jazz e dintorni a Torino. Gli Interpol e il duo Mannoia-Rea

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. Al Mulino di Piossasco suona il duo Fresu- Di Bonaventura. Alle OGR anteprima di “Sonic Park” con gli Interpol affiancati ai Petrol.

Martedì. All’Anfiteatro dell’Anima di Cervere arrivano i Modà.

Giovedì. A Palazzo Piozzo a Rivoli si esibisce Lastanzadigreta. Inizia l’”Alba Jazz Festival” con il quintetto Sisters In Jazz. Esordio a Collegno di “Flowers”con gli Ska-P e i Dubioza Kolektiv. Alla Tesoriera per “Evergreen Fest”, Federico Sirianni rende un tributo a Giorgio Gaber. Al Comala jazz con Jason Marsalis. Vernissage del “Kappa Futur Festival” a Villa della Regina con il duo Il Quadro di Troisi.

Venerdì. Per “Flowers” si esibiscono i Zen Circus e Giancane. A El Paso suonano i Wretched From The Earth. Alla Tesoriera sono di scena i Sud Sound System. Al Parco Dora per il “Kappa Future Festival” si esibiscono Swedish House Mafia, Major Lazer e Derrick Carter. Inaugurazione allo Spazio 211 di “T!LT” con Kurt Vile.

Sabato. Al forte di Bard si esibisce il duo Fiorella Mannoia & Danilo Rea. A Collegno è di scena Rosa Chemical con Olly. Al Parco Dora per il “Kappa Future Festival” in consolle si esibiscono Ricardo Villalobos, Carl Craig, Peggy Gou, Fatboy Slim e Diplo. Carmen Consoli è di scena a Susa. Per l’”Alba Jazz Festival” suona il quartetto della sassofonista Tia Fuller.

Domenica. Alla Tesoriera si esibisce Giorgieness. Termina il “Kappa Future Festival”  con Danny Tenaglia, Carl Cox e Tale Of Us. Allo Spazio 211 suonano gli Africa United. Ad Alba si esibiscono Rita Marcotulli, Furio Di Castri e Roberto Gatto. A “Flowers” rap con Silent Bob & Sick Budd e Onemic. A Bruino suona lo Spiritual Trio di Fabrizio Bosso.

Pier Luigi Fuggetta

Vincenzo. Lui… fra i “sommersi”/ “Facce da scuola” 6

COSA SUCCEDE(VA) IN CITTA’

Quarant’anni fa, a Vallette … I “migliori” anni della mia scuola

 

Gianni Milani

Già, o “sommersi” o “salvati”. Lo so bene. Il paragone è certamente azzardato. Ma quando penso ai miei ex-ragazzi (oggi donne e uomini) di Vallette, il pensiero mi vola, per molti di loro, a “I sommersi e i salvati”, celebre saggio scritto nell’86, un anno prima della tragica scomparsa, da Primo Levi. Un po’ azzardato il parallelismo, me ne rendo ben conto. Vero è anche, però, che per le ragazze e i ragazzi di Vallette fine anni ’70, il margine che separava le due “possibilità” (seguire la strada giusta e salvarsi o sviare in quella sbagliata senza regole né legge, per esserne totalmente “sommersi”) era davvero molto molto sottile. Già a 12 o a 13 o a 14 anni, un buon gruppo dei miei alunni (e alunne) rischiavano infatti, un giorno sì e l’altro pure, di intrappolarsi in dolorosi e tragici “buchi neri” che ne avrebbero segnato l’intera esistenza. A salvarli, solo la libertà e la forza delle scelte. Con chi andare, dove andare, cosa fare, chi ascoltare. Ma spesso la scelta si rivelava sbagliata. Condizionata dal caso. Dalla famiglia. Dagli amici. Dalla scuola. Dal destino? E allora si tramutava in tragico salto all’ingiù verso abissi senza fine e con scarse possibilità di ritorno. Bastava un nulla a imboccare la strada infernale, tutta a curve. E da lì non se ne usciva che a gran fatica e con le ossa rotte. E doloranti, fino all’anima. In pochi, comunque. Volete vedere che in un attimo apro quella macchina e vado a farmi un bel giro per il quartiere? Ululo degli amici Uuuhh, ma non dire cazzate! Replica Scommettiamo? Gli amici Scommettiamo! In questa “scommessa” si riassume tutta la breve storia e le ultime ore di Vincenzo, fra i miei ragazzi della “Carlo Levi”, della succursale all’incrocio fra corso Molise e via Parenzo (oggi succursale del Professionale “Beccari”), primi anni ’80. Vincenzo ha chiuso gli occhi al mondo che forse non aveva ancora quattordici anni. Ripeteva la seconda media. A distanza di anni, il ricordo che ho di lui è ancora oggi più che mai nitido e doloroso. Vincé volò via una notte, alla guida di un’auto che si trovò fra le mani in un baleno (ci metto un attimo ad aprirla!) e in qualche strana via delle “nuove” Vallette, di quelle che allora si incrociavano facendo “paese” all’interno delle cosiddette “case gialle”, più “marroni” che “gialle”, in verità.

Con quell’auto non so bene cosa diavolo sia successo. Quel ch’é certo è che dietro una  curva, lo aspettava – mi par di ricordare – il pancione di un autocarro parcheggiato proprio lì all’angolo. La fine arrivò immediata. Ricordo la tragicità della notizia, arrivata a scuola la mattina seguente. Erano passati pochi mesi dall’inizio dell’anno scolastico e non ero ancora riuscito a stabilire un vero rapporto di “complicità”, didattica e a pelle, con lui. Ma di simpatia ed empatia, certamente sì. Più volte gli spiegai che aveva imboccato una bruta strada. Che non era la sua. Professò, voi avete ragione – mi rispondeva – ma io alla sera esco … andiamo a Torino (come dire, andiamo in centro… e devo fare quello che fanno gli altri. In sintesi: forse già allora fumare (roba varia), fare i bulli, fare a cazzotti con i fighetti e, per finire in bellezza la serata, inventarsi qualcosina, anche “di forte”, che potesse farti bello agli occhi del gruppo. Ad esempio metterti alla guida di una Cinquecento, che sembrava aspettarti lì a bella posta. Proprio lì. Tutta e solo per te. Richiamo irresistibile. Facile preda che ti avrebbe portato ai livelli più alti fra i fighi del quartiere. Ricordo il giorno del funerale … Non ho fatto in tempo a conoscerti abbastanza, Vincé, sussurrai dentro di me, quando la bara mi passò davanti.

Fuori, al passaggio del feretro, si alzò un grande applauso. Quell’applauso – mi sono poi detto- era quasi un segno di “indennizzo” per quanto, tutti quelli che stavano lì, sottoscritto compreso, non erano riusciti a fare per lui, negli anni della sua breve vita … Non seguii la lenta processione che lo accompagnò alla vicina Chiesa parrocchiale. Me ne tornai a scuola, un nodo profondo alla gola. Entrai in classe, Ragazzi dobbiamo subito parlare. Sul suo banco vuoto qualcuno aveva posato un fiore rosso. Mi voltai alla lavagna e scrissi Ciao Vincé, ti abbiamo voluto bene, ci mancherai! Fu allora che  tutta la classe si alzò e, in silenzio, fece cerchio fitto attorno alla cattedra. Ragazzi, Vincenzo non lo dimenticheremo mai. Quel banco vuoto, con quel fiore rosso messo lì a gridargli ‘amore’ sarà per sempre il suo. Ma attenzione! Vincenzo, ne sono sicuro, ha voluto lasciarci un messaggio e guai a non ascoltarlo. Un messaggio che vi dovrà accompagnare per sempre. Siate fortemente consapevoli della vostra libertà di scegliere. E, soprattutto, non dimenticate mai che ogni vostra scelta avrà sempre le sue conseguenze. Positive. Ma anche negative. Per voi e per quanti vi stanno attorno e si preoccupano per voi. Riflettete bene su questo. Vincenzo ne sarebbe felice!”. Il silenzio inondava l’aula. E qualcuno, ritornando al proprio banco, sfiorò e accarezzò quel fiore rosso.

Gianni Milani

Ultimo giorno: a Villa della Regina i cani “teatral-cinematografici” di Pergolesi

“Divas – Dog Portraits”, le immagini del fotografo veneziano 

Fino al 25 giugno a Torino

Un po’ buffi, ma seriosi. Padroni assoluti dell’ambiente casalingo. Attori indisturbati in alloggi reali “rivisitati e messi in scena come fossero teatri privati”, dive e incontrastate primedonne, assenti (ma ben presenti nel più vario e originale arredo degli interni) i proprietari di casa. E di cane, ovviamente. Un magnifico “pastore tedesco” è seduto, immobile, bava alla bocca (si presume) davanti a un frigo malauguratamente – appositamente (e dunque sadicamente) aperto; all’interno tutto il meglio che si possa immaginare da mettere sotto i possenti “canini”. Un altro s’è impadronito della “stanza dei giochi” e se ne sta bello bello, comodo comodo e senza nessuna intenzione di farsi da parte fra pupazzi, marionette e teatrino di cui pare sentirsi attore protagonista e indisturbato. Sono solo due dei molti cani “fermati”, negli oltre quaranta “ritratti d’autore”, dal fotografo di origini veneziane Franco Pergolesi ed esposti – fino a domenica 25 giugno – in quella che è la prima mostra ospitata nella suggestiva cornice della “Residenza Sabauda” (patrimonio UNESCO) di “Villa della Regina” a Torino.

La mostra, “Divas – Dog Portraits”, curata da Carla Testore e promossa dall’Associazione “The Others”, si inserisce nel solco di una millenaria tradizione artistica che vede proprio il “migliore amico dell’uomo” al centro dello sguardo di moltissimi artisti: dalle primitive rappresentazioni rupestri agli Egizi del “dio Anubi” (uomo con testa di cane), dai vasi greci alla pittura romana, via via correndo nei secoli a lunghi passi (e solo attraverso scarne citazioni) fino al “Ritratto di Carlo V con cane” di Tiziano e ad opere iconiche novecentesche come l’“Autoritratto con cane” di Ligabue o i “Due acrobati con cane”gouache di Picasso del 1905 o i “cani a palloncino” dell’icona neo – pop Jeff Koons o ancora, per restare in ambito fotografico, i cani padroni dello scatto di Elliott Erwitt e i “brocchi di Weimar” in vari costumi e pose di William Wegmann. Cani e cani. Immagini esemplari. Che ben conosce il nostro Pergolesi, agendo però in modo assolutamente originale. Attraverso la pratica cosiddetta della staged photography (fotografia allestita, messa in scena) Pergolesi ritrae, infatti, i soggetti all’interno delle case, diventando pittore, scenografo, regista, posizionando soggetti e cose a sua totale discrezionalità e formando composizioni con lo scopo di creare un evento, ambienti, emozioni e ritrarre una vera e propria performance. Gli ambienti domestici si trasformano in intimi (e perfino poetici, si veda l’onirico “Eden”set fotografici, attraverso cui raccontare l’affettuosa totalizzante (e tale ha da essere) relazione fra il “padrone” e il “cane”, sempre più oggi componente centrale del nucleo famigliare. In occasione della mostra di Pergolesi, la splendida “Villa” collinare – che si affaccia sulla città con giardini, belvedere, grotte, viali alberati e anche attraverso l’unico vigneto urbano in Italia – vede aprirsi anche alcuni dei suoi luoghi normalmente chiusi al pubblico, fra cui alcune stanze al secondo piano e il “Padiglione dei Solinghi”, capolavoro barocco sull’elegante “Rotonda Sud – Ovest” del giardino della “Villa”, fatta costruire (sul modello delle ville romane) ad inizio Seicento dal principe cardinale Maurizio di Savoia, figlio del duca Carlo Emanuele I. Suggestiva l’ambientazione, non meno di quei “cani veri – scrive Carla Testore – che si guardano in set felliniani in onirico disordine, con vasi e fiori”“Ogni opera – sottolinea dal canto suo Francesco Pergolesi – è il frutto di un’accurata ricerca semantica ed iconografica da un lato e composizione scenica dall’altro. Dietro ogni scatto si celano una serie di riferimenti e citazioni artistiche, cinematografiche o letterarie. Proprio per questo motivo, spesso il punto di partenza scaturisce da interessi, passioni, collezioni esistenti come i trenini, le borsette firmate, gli spartiti dei proprietari dei cani, così da creare un’interpretazione legata anche all’altro attore (il proprietario), assente nell’immagine ma presente nella narrazione”.

Gianni Milani

“Divas – Dog Portraits”

“Villa della Regina”, Strada Comunale Santa Margherita 79, Torino; tel. 011/8195035 o www.divas-dogportraits.it

Fino al 25 giugno

Orari: giov. e ven. 10/18, prefestivi e festivi 10/19

Nelle foto:

–       Francesco Pergolesi: “Lupus in fabula”

–       Francesco Pergolesi: Ph. Giorgio Violino