CRONACA- Pagina 1638

Trent’anni dopo il disastro nucleare di Černobyl'

Il trentesimo anniversario rappresenta una data particolarmente significativa per tante ragioni. Per la capacità evocativa che ha in sé e perché rammenta i problemi ancora non risolti che il nucleare si porta appresso

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Il 25 aprile 1986 a Pryp’jat’ , in Ucraina, faceva caldo. E in molti, giunta ormai la sera, si godettero finalmente dalle terrazze il primo tepore primaverile,pensando ai preparativi per la festa del primo maggio e alle gite sul fiume che scorreva lì vicino. Nessuno immaginava  che da lì a poche ore la vita di tutti sarebbe stata sconvolta dal più grave incidente nucleare civile di tutti i tempi. Pryp’jat’, era la città più vicina alla centrale di Černobyl’, ad una quincidina di chilometri a sud del confine con la Bielorussia. All’epoca vi abitavano circa 50 mila persone mentre nell’agglomerato che dava il nome alla centrale i residenti erano più o meno 12 mila. Nel resto della regione c’erano solo boschi e fattorie. I quattro reattori della centrale nucleare “  Vladimir Il’ič Lenin Černobyl’ ,progettati e costruiti tra gli anni ’70 e ’80, erano del tipo  “RBMK-1000”, già allora oggetto di critiche e preoccupazioni, sospettati di essere imperfetti e quindi insicuri. Quel tipo di  reattori usavano combustibile a uranio arricchito U – 235 per riscaldare l’acqua, creando il vapore necessario ad azionare i generatori di energia elettrica. Per l’accumulo dell’acqua, utilizzata come refrigerante e NUCLEARE5regolatore della reattività del nocciolo nucleare, era stato costruito un enorme serbatoio artificiale di circa 22 chilometri quadrati, alimentato dal fiume Pryp’jat’. Proprio quel giorno i gestori degli impianti stavano preparando un arresto per eseguire la manutenzione ordinaria sul reattore numero quattro. Violando le norme di sicurezza, secondo quanto s’apprese in seguito,.  vennero disabilitati anche i meccanismi automatici di spegnimento. Il disastro avvenne all’una e mezza del mattino del 26 aprile, quando un brusco e incontrollato aumento della temperatura del nocciolo innescò una tremenda esplosione fece saltare la piastra di tonnellate che copriva il “cuore” del reattore, rilasciando radiazioni nell’atmosfera e interrompendo il flusso del liquido di raffreddamento dello stesso. Alcuni secondi dopo, una seconda esplosione di maggiore potenza distrusse l’intero edificio del reattore, provocando incendi attorno al reattore danneggiato e a quello numero 3, che era ancora in funzione al momento delle esplosioni. Quelle esplosioni NUCLEARE3generarono un fall-out radioattivo che interessò  oltre 200.000 chilometri quadrati di territorio, coinvolgendo più di sei milioni di persone. La maggior parte di quelle radiazioni erano di iodio -131 , cesio -134 e cesio -137. Questi ultimi, in particolare, sono isotopi con tempi di dimezzamento lunghi (il cesio -137 ha una emivita di trent’ anni) e rappresentano tutt’oggi una fonte di  preoccupazione e di inquinamento ambientale. Tornando a quei giorni, gli abitanti di Pryp’jat’ vennero evacuati circa 36 ore dopo l’incidente. Sulla bacheca di classe di un asilo della città, una mano anonima scrisse: “ Non ritorneremo.Addio, Pryp’jat’, 28 aprile 1986”. Molti già lamentavano vomito, mal di testa e altri sintomi da esposizione a radiazioni.Venne isolata una zona di trenta chilometri intorno alla centrale, assicurando i residenti che sarebbero tornati dopo qualche giorno, tanto che la maggior parte delle persone lasciò la maggior parte degli effetti personali e degli oggetti di valore nelle case. Al momento dell’incidente i venti soffiavano da sud e da est, così che la maggior parte delle nubi radioattive viaggiò in direzione nord-ovest, verso la Bielorussia. le autorità sovietiche, lentissime e riottose a rilasciare informazioni sulla gravità del disastro al resto del mondo, furono costrette a rivelare la reale portata della crisi quando l’allarme radiazioni raggiunse una centrale nucleare in Svezia. Ormai, mezza Europa era stata lambita e contaminata dalla nube tossica. Più di trenta lavoratori di Černobyl’ morirono nei primi mesi successivi l’incidente, secondo la US Nuclear Regulatory Commission (NRC), tra i quali alcuni di quegli eroici operai che si esposero consapevolmente a livelli mortali pur di evitare ulteriori perdite di radiazioni. Migliaia di casi di cancro alla tiroide sono stati collegati all’esposizione alle radiazioni in Ucraina, Bielorussia e Russia, anche se il numero preciso di casi direttamente causati dall’incidente è difficile (se non impossibile) da accertare. BastiNUCLEARE2 pensare che  gli alberi dei boschi circostanti l’impianto morirono a causa degli alti livelli di radiazioni, tant’è che quella regione è nota oggi come la “foresta rossa”, per il loro colore bruno-rossastro. Il reattore danneggiato venne frettolosamente sigillato in un sarcofago di cemento destinato a contenere la radiazione residua. Quanto sia stata efficace questa soluzione e quanto continuerà ad esserlo nel futuro è un argomento di intenso dibattito scientifico. Nonostante la contaminazione del sito e dei rischi inerenti il ​​funzionamento di un reattore con gravi difetti di progettazione, la centrale nucleare di Černobyl’ è restata in funzione per molti anni, fino a quando , nel dicembre del 2000, il suo ultimo reattore è stato spento. L’impianto, le città fantasma di Pryp’jat’ e Černobyl’, oltre ad una vasta area che circonda la centrale conosciuta come “zona di alienazione”, sono in gran parte off-limits per gli esseri umani. Vi sono, tuttavia, delle eccezioni. A poche centinaia di ex-residenti della zona è stato concesso di tornare alle loro case, nonostante i rischi di esposizione alle radiazioni. Gli scienziati, i funzionari governativi e altro personale sono ammessi sul sito per le ispezioni. Da qualche anno,incredibile ma vero, l’Ucraina ha aperto l’area ai turisti che vogliono vedere in prima persona le conseguenze del disastro. Così , con circa 150 dollari, è possibile visitare la centrale nucleare, arrivare fino a poche centinaia di  metri dal reattore numero quattro, quello dell’incidente, e vagare per qualche ora fra rovine di cittadine abbandonate. L’esplosione ha rilasciato una ricaduta 400 volte più radioattiva della bomba di Hiroshima, contaminando quei 200.000 km quadrati d’Europa. Circa 600.000 persone sono state esposte a dosi elevate di radiazioni, e più di 350.000 persone hanno dovuto essere evacuate dalle zone contaminate. Anche dopo molti anni di ricerca scientifica e di indagine del governo, ci sono ancora molte domande senza risposta sull’incidente di Černobyl’: a distanza di anni restano ancora alcuni misteri legati al peggior disastro nucleare della storia dell’umanità. A trent’anni dal più grave incidente tecnologico del XX° secolo, la prova drammatica che la sicurezza, quando si parla di nucleare, è una mera illusione e che può essere sufficiente anche un solo, banale errore tecnico per innescare conseguenze tragiche come quelle verificatesi quel 26 aprile 1986. Trecentosessanta mesi ci separano da quei giorni  ma gli effetti di quel disastro continuano a pesare sull’esistenza di milioni di persone che vivono, loro malgrado, nei  territori più colpiti dal fall-out radioattivo, contaminati da livelli di radiazioni a volte difficilmente compatibili con la stessa sopravvivenza.

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Questa è la condizione quotidiana di donne,uomini e bambini delle regioni di Gomel e di Brest in Bielorussia, e di coloro che sono tornati ad abitare nelle loro case in mezzo al deserto radioattivo di Černobyl’. In Italia, sull’onda di quel distrastro, venne indetto un referendum nel 1987 che chiuse definitivamente la pagina del nucleare nel nostro Paese. Il trentesimo anniversario rappresenta una data particolarmente significativa per tante ragioni. Per la capacità evocativa che ha in sé e perché rammenta i problemi ancora non risolti che il nucleare si porta appresso ( l’insicurezza intrinseca delle centrali, il problema dello smaltimento delle scorie e dello stoccaggio delle barre esauste , ecc). “Ricordare” Černobyl’, o meglio non dimenticare mai ciò che lì accadde, è tanto più importante in questo caso perché le “tracce” lasciate da quel giorno maledetto rimarranno per molte centinaia di anni.  Non dobbiamo permettere che si dimentichi, perché il nocciolo del quarto reattore della centrale ucraina, esploso quella lontana notte di trent’anni fa,  arde ancora sotto quel sarcofago di cemento armato.

Marco Travaglini

Banda del buco entra nel caveau e svuota cassette di sicurezza

BANCA SANPAOLOHanno scavato un tunnel e si sono introdotti in una filiale di Intesa Sanpaolo

Il colpo sembra ispirato al film ‘Ocean’s Eleven’ , manca solo il cast stellare, ma si tratta comunque di bravi “professionisti”. Hanno scavato un tunnel e si sono introdotti in una filiale di Intesa Sanpaolo a Torino, in corso Peschiera, grazie alla chiusura della banca per il ponte del 25 Aprile. I  ladri si sono introdotti, tra venerdì sera e stamane, nel caveau e hanno svuotato numerose cassette di sicurezza per un ammontare ancora da accertare. La banda del buco, dopo aver forzato un cancello dietro la  filiale, hanno superato varie porte e sono giunti fino all’anticamera del caveau facendo poi un buco nel muro. La porta d’accesso è stata aperta  con uno strumento da scasso e le telecamere  sono state oscurate con la vernice spray.

(foto: archivio il Torinese)

Mamme no tav sul palco del Jazz festival

no tav Il concerto è iniziato regolarmente, anche se un po’ in ritardo
 

Le mamme No Tav e i militanti delle sezioni Anpi contrari al treno ad alta velocità,  ieri sera hanno cercato di bloccare il concerto del Torino Jazz Festival in piazza Castello. “Fateci parlare, fate parlare le mamme”, hanno urlato sventolando bandiere. Alla fine Max Casacci, leader dei Subsonica che stavano per esibirsi, ha deciso di far salire sul palcoscenico una delle mamme “No Tav” a leggere l’appello. Il concerto è iniziato regolarmente, anche se un po’ in ritardo.

Sgominata la banda della clonazione delle chiavi di casa

ladriSono un uomo di 35 anni e  una donna di 27, sorpresi nell’appartamento della gang

I carabinieri di Torino hanno eseguito altri due arresti nel corso dell’inchiesta che ha visto sgominare in questi giorni una banda di malviventi georgiani specializzata nei furti in appartamento, con il sistema della clonazione delle chiavi. Sono un uomo di 35 anni e  una donna di 27, sorpresi nell’appartamento della gang, a Villar Perosa. Erano specializzati nella tecnica cosiddetta del ‘key bumping’, cioè aprivano le serrature con un kit elettronico che permette di clonare le chiavi.

Dopo Torresin muore altro alpinista in montagna

Elicottero-118 E’ intervenuto l’elisoccorso, ma ha solo potuto  constatarne il decesso

Per un malore un alpinista è morto ai piedi della parete Est del Monviso. Arrivato in vetta, a oltre 3 mila metri di quota, si è sentito male. E’ intervenuto l’elisoccorso, ma ha solo potuto  constatarne il decesso. La salma è stata portata a Paesana, a disposizione dell’autorità giudiziaria. Si tratta de secondo incidente mortale delle ultime 48 ore sulle montagne piemontesi. Nella valle di Ceresole, ieri, è morto dopo essere precipitato in un torrente Bruno Torresin, presidente di Trm, ex assessore comunale di Torino.

Detenuto evade dal carcere delle Vallette

valletteIeri sera non ha fatto ritorno in cella e da stamane è formalmente ricercato

E’ evaso dal carcere delle Vallette un detenuto in regime di semilibertà che doveva finire di scontare una condanna per rapina e resistenza. Ieri sera non ha fatto ritorno in cella e da stamane è formalmente ricercato. La notizia giunge dall’Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria.  “E’ un aspetto preoccupante – dice Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp –  che sempre più spesso, come avviene nel carcere di Torino, alle segnalazioni del personale di polizia penitenziaria su comportamenti impropri o sospetti dei detenuti, compreso quello evaso, non segua mai alcun tipo di provvedimento di carattere preventivo e/o disciplinare”.

L'ex assessore Torresin muore cadendo in montagna

torresinMentre stava salendo verso il Colle del Carro, nella Valle di Ceresole Reale, è caduto ed è precipitato in un torrente

È morto Bruno Torresin, 64 anni,  presidente della Trm, la società di gestione dell’inceneritore di Torino, ed ex assessore comunale nonché segretario regionale della Uil piemontese.  Stava facendo scialpinismo con un gruppo di amici. Mentre stava salendo verso il Colle del Carro, nella Valle di Ceresole Reale, è caduto ed è precipitato in un torrente. Il corpo è stato recuperato dall’elicottero del 118.

Arresto europeo per un cameriere accusato di omicidio

L’accusa è pesante in quanto la magistratura teutonica lo cercava per l’omicidio volontario di un cittadino tedesco di origine russacarabinieri auto

Un casalese di 33 anni, residente a Morano sul Po, si è costituito venerdì alla caserma dei Carabinieri di Balzola. L’uomo, cameriere che lavorava in Germania, si è presentato dalla stazione dell’Arma perché colpito da un mandato d’arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria tedesca. L’accusa è pesante in quanto la magistratura teutonica lo cercava per l’omicidio volontario di un cittadino tedesco di origine russa. Il tutto sarebbe avvenuto (ovviamente il condizionale in questi casi è strettamente l’obbligo) all’interno di un locale pubblico nel Nord della Germania. Tra i due uomini sarebbe nata una lite per futili motivi terminata tragicamente. Le autorità tedesche ritengono che il monferrino abbia colpito l’uomo con un coltello. Dopo aver lasciato la Germania, il giovane è giunto a Morano sul Po dove vivono i suoi familiari e si è costituito ai carabinieri accompagnato dal suo avvocato, il tutto per meglio chiarire la propria posizione. Poi è stato rinchiuso nel carcere di VercelLi, intanto l’autorità tedesca che il 19 aprile aveva emesso il mandato di arresto europeo ha richiesto la sua estradizione.

 Massimo Iaretti

 
 

(Forse) cornuta e (sicuramente) mazziata

Una donna, in un comune del Monferrato, ha cercato un investigatore su internet perché facesse indagini sul conto del marito. Ma la storia ha avuto un epilogo imprevisto: l’uomo, un pregiudicato romano, che si era qualificato come investigatore privato e già appartenente delle forze di polizia, in realtà non aveva nessun titolo

carabinieri-case

(Forse) cornuta e (sicuramente) mazziata. E’ quanto accaduto ad una donna che, in un comune del Monferrato, ha cercato un investigatore su internet perché facesse indagini sul conto del marito. Ma la storia ha avuto un epilogo imprevisto: l’uomo, un pregiudicato romano, che si era qualificato come investigatore privato e già appartenente delle forze di polizia, in realtà non aveva nessun titolo. Si è però fatto accreditare quattrocento euro per portare avanti mandato che la donna gli intendeva conferire. Ma nulla, ovviamente, è stato fatto, a partire proprio dalle investigazioni sul coniuge. L’uomo, attualmente detenuto nella Capitale, è stato denunciato dai carabinieri per truffa e sostituzione di persona.

Massimo Iaretti

 

Bimba di due mesi muore dopo malore in casa

regina_margheritaPapà e mamma le stavano facendo il bagno

La bambina di due mesi colta da un malore mentre la mamma 35 enne e il papà 50enne le stavano facendo il bagnetto nella  casa di Giaveno, non ce l’ha fatta ed è morta. La bimba è andata in arresto cardiaco  ed è stata rianimata dal personale sanitario del 118 intervenuto nella casa in borgata Bella Vita. Trasportata con l’elisoccorso al Regina Margherita di Torino, la morte è avvenuta poco dopo il suo arrivo in ospedale.