Una donna di 40 anni, ieri sera, è morta cadendo dalla bici mentre percorreva corso Massimo d’Azeglio, all’altezza di corso Marconi. Trasportata alle Molinette, in gravissime condizioni, è deceduta in breve tempo.La polizia municipale sta cercando testimoni per accertare se si è trattato di un malore o se la donna è stata investita da un pirata della strada.
La Segreteria Regionale FNS CISL della Polizia penitenziaria ha reso noto che ieri alle 17.30 tre detenuti maggiorenni, uno marocchino, uno italiano ed uno ucraino, hanno appiccato il fuoco alla loro cella bruciando i materassi, per futili motivi. Due di loro sono in gravissime condizioni in prognosi riservata, tutti ricoverati al CTO reparto grandi ustioni e sono dovuti intervenire i Vigili del Fuoco per spegnere il rogo. Commenta in una nota il sindacato Fns Cisl: “purtroppo l’escalation di violenza all’interno del carcere continua, ma il Dipartimento di Roma invece di risolvere le problematiche si disinteressa e non fa altro che peggiorare la situazione. Allucinante è il fatto, che qualche ora prima dell’incendio, i colleghi di Bologna abbiano portato 3 nuovi detenuti per sfollamento, su ordine del Dipartimento, al carcere del Ferrante che è anch’esso affollato e anche senza personale. Torino è stata abbandonata al suo destino ed ai suoi problemi, che crescono giorno dopo giorno. Invece di mandare un Direttore, un Comandante e nuovi Agenti, il Dipartimento Minorile pensa di poter risolvere accorpando i servizi per recuperare più risorse. Questo modus operandi sta portando il carcere al collasso ed il gravissimo episodio non fa altro che dimostrare la triste realtà”.
4^ MARATONINA DELLA FELICITA’
Rivalta da oggi è città
Mille anni di storia Il 25 ottobre scorso il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto presidenziale con cui attribuisce a Rivalta il titolo di Città. Si tratta di un riconoscimento che viene concesso ad alcuni Comuni in virtù della loro storia, del loro patrimonio artistico e culturale e per l’attuale importanza. Rivalta ha da poco compiuto i suoi primi mille anni ed è ricca di storia, di cultura e di tradizioni. Così il sindaco di Rivalta di Torino Nicola de Ruggiero: «Il primo ringraziamento sincero va al nostro Presidente per la fiducia che ha voluto accordare alla nostra comunità, al Ministro dell’Interno Marco Minniti per aver relazionato positivamente al Presidente e al Prefetto Renato Saccone per aver seguito con cura la nostra richiesta». «È una notizia che abbiamo accolto con emozione e orgoglio, in quanto si tratta di un riconoscimento che viene concesso solo ad alcuni Comuni, con caratteristiche e storie peculiari. È il giusto riconoscimento alla storia millenaria di Rivalta. Una storia ricca di cultura, di natura e di memoria. Una storia di lavoro e fatica, prima nei campi e poi nelle fabbriche». «Rivalta ha vissuto da protagonista gli anni della Liberazione e della lotta partigiana, dell’industrializzazione e della deindustrializzazione, dell’immigrazione degli anni cinquanta e di quella di oggi». Il titolo di Città non porterà più risorse nelle casse comunali, né contribuirà, da solo, a migliorare la qualità della vita dei rivaltesi. Non si tratta però neanche di un semplice cambio di nome. «Diventare Città -ha detto ancora Nicola de Ruggiero- vuol dire continuare a valorizzare le peculiarità della cultura locale che non risiedono solo negli edifici e nelle tradizioni, ma anche e soprattutto nelle persone, vecchie e nuove, che hanno scelto di abitare a Rivalta. Il compito che abbiamo adesso di fronte è non deludere la fiducia che il Presidente Mattarella ha voluto accordare alla nostra comunità». Rivalta nei prossimi mesi organizzerà incontri e appuntamenti in tutti i quartieri, per far conoscere e per far vivere questo riconoscimento nei rivaltesi. Si comincia già il 16 dicembre prossimo, giorno in cui verrà inaugurata la nuova Biblioteca nelle sale Castello.
Questa mattina si è svolto il girotondo degli alunni per chiedere al Sindaco Chiara Appendino il ripristino dei fondi tagliati, un aumento di quelli destinati all’handicap e la puntualità del Comune nei pagamenti alle scuole
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Grande partecipazione al primo flash mob fotografico dei bambini delle scuole materne paritarie convenzionate di Torino. Dalle 9:30, infatti, in concomitanza con l’incontro della Giunta nel quale si discuteva la petizione* presentata da oltre 1.800 genitori contro i pesanti tagli previsti dall’amministrazione guidata da Chiara Appendino, nelle loro aule, alunni e insegnanti hanno manifestato vicinanza all’appuntamento in corso a Palazzo Civico attraverso un colorato girotondo. Il messaggio: “Non siamo bambini di serie B!”. Le foto e i video dei girotondi dei diversi istituti sono stati raccolti sulla pagina Facebook GeniTori Noi, piazza virtuale dove da qualche mese si sono spontaneamente raccolti migliaia di genitori torinesi contrari alla decurtazione dei fondi alle scuole dei propri figli. Nel Bilancio 2018, il Comune di Torino ha previsto, infatti, un taglio di 500.000 euro al finanziamento di 3 milioni spettante alle materne paritarie convenzionate, una sforbiciata pari al 16% che mette in difficoltà le strutture, il personale e le famiglie. A Torino, le scuole materne paritarie convenzionate svolgono un servizio essenziale perché accolgono 5.500 bambini – per i quali non c’è posto nelle altre strutture, né nelle comunali paritarie né nelle statali –, hanno tariffe imposte dal Comune, non hanno scopo di lucro e non possono, come accade invece per quelle private, determinare la retta mensile di frequenza a loro piacimento. Oggi, senza i fondi su cui hanno sempre potuto contare, queste scuole sono costrette a chiedere prestiti in banca e, soprattutto, non riescono più far fronte agli stipendi dei loro dipendenti. Molte, infatti, a causa del ritardo nell’erogazione dei fondi da parte del Comune non stanno pagando gli stipendi dal mese di agosto e i 550 dipendenti rischiano così il loro posto di lavoro. Inoltre, per trovare una soluzione alla riduzione dei finanziamenti comunali, alcuni istituti stanno chiudendo o si stanno trasformando in strutture private, mentre la maggioranza si è vista costretta ad aumentare le rette, gravando sui bilanci delle famiglie che, pur essendo contribuenti al pari delle altre, si sono trovate nuovamente svantaggiate. I genitori presenti all’incontro in Comune hanno chiesto, quindi, il ripristino per le scuole materne paritarie convenzionate dei fondi comunali pari a 3 milioni di euro ante taglio operato dalla giunta Appendino nel mese di maggio 2017, con assegnazione a parte dei fondi per handicap pari a 14.000,00 euro a bambino (cioè copertura totale fuori da fondi generici), nonché il rispetto del pagamento della rateizzazione concordata con il Comune per i contributi relativi all’anno 2016 (finora, infatti, sono state pagate dal Comune di Torino solo 7 rate delle 10 previste, mentre i fondi relativi all’anno 2017 non sono stati nemmeno ancora presi in considerazione). Infine, la delegazione dei genitori ha chiesto spiegazioni sulla disparità di trattamento che vedrebbe assegnati dal Comune oltre 50 milioni di euro alle scuole materne comunali, anch’esse paritarie, che in totale ospitano circa 7.800 bambini, a fronte di soli 3 milioni (decurtati ora del 16%) alle paritarie convenzionate (per 5.500 bambini). Perché questa differenza? I genitori lamentano che a Torino ancora esistono bambini di serie A e di serie B: in tema di diritti scolastici, infatti, non a ogni bambino vengono destinati gli stessi fondi, che però tutte le famiglie pagano attraverso le tasse, ma ad alcuni viene destinato molto, e, ad altri, viene tagliato da quel poco che gli spettava. Ecco perché anche dalle scuole si è alzato il grido: “Siamo tutti uguali!”.
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GeniTori Noi
Siamo un gruppo di genitori di bambini iscritti alle scuole materne paritarie convenzionate con il Comune di Torino. Recentemente abbiamo sentito la necessità di organizzarci e iniziare a strutturarci per far sentire la nostra voce in opposizione alla decisione del Sindaco Chiara Appendino di prevedere nel Bilancio del 2018 pesanti tagli ai fondi destinati alle nostre scuole. Crediamo fortemente nella libertà di scelta educativa sancita dalla nostra Costituzione che all’articolo 30 afferma che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”, principio che ha ispirato la legge sulla parità scolastica 62/2000 che conferma, infatti, proprio questa libertà, stabilendo che esiste un solo sistema scolastico nazionale, in cui confluiscono istituti statali e istituti non statali paritari. La nostra posizione avversa ai tagli alle scuole materne paritarie convenzionate è fortemente condivisa in Città: lo scorso 3 maggio si è svolta anche una manifestazione pacifica sulla piazza del Comune durante la quale sono state consegnate a rappresentanti della Giunta Appendino oltre 9.500 firme, raccolte in pochi giorni, di cittadini che chiedevano, come noi, la sospensione del provvedimento. La piazza sulla quale ci ritroviamo per confrontarci e informarci reciprocamente è la nostra pagina Facebook GeniTori Noi https://www.facebook.com/1genitorinoi/
di Pier Franco Quaglieni
Ma ci furono anche professori che non subirono. Giovanni Getto (grande italianista che aveva anche alcune fisse curiose) chiese l’intervento della Polizia denunciando l’interruzione di un pubblico servizio, quando gli venne impedito di tenere la sua lezione
Lunedì’ 27 novembre 1967-esattamente cinquant’anni fa- ebbe inizio a Palazzo Campana ,sede delle Facoltà umanistiche, la contestazione con l’occupazione da parte di un gruppetto di studenti nell’aula magna di via principe Amedeo. Nessuno colse l’importanza del fatto relegato in un articoletto delle cronache locali. Ricordo che nel dicembre dello stesso anno si tenne al teatro Carignano un convegno liberale importante e nessuno -parliamo di personalità come Firpo, Ricossa, Passerin d’Entrèves- fece cenno a quanto accaduto pochi giorni prima. Per altri versi, già in altre università straniere si era saggiato il clima contestativo che stava montando. Pannunzio che chiuse il suo giornale nel 1966,vedendo conclusa un’esperienza, colse perfettamente il senso di ciò che stava accadendo nelle università e ne colse il significato eversivo e profondamente illiberale. Pannunzio sentì quei giorni tra ’67 e ’68 -morì nel febbraio del 1968 e si fece seppellire, lui laico con i “Promessi sposi” di Manzoni che i contestatori avrebbero volentieri bruciato -come un’ubriacatura prodotta dalle ideologie superbe e totalizzanti del secolo breve. In effetti ciò che accadde a Torino con l’occupazione porterà ad un ’68 molto lungo che in parte è arrivato a lambire i nostri tempi. Ci fu allora la resa all’illegalità, al ribellismo, al rifiuto del rigore negli studi, all’utopia egualitaria, all’ arbitrio trasgressivo e autoreferenziale più assoluto. E’ vero che allora la scuola e l’Università in Italia erano severe e selettive, ma esse sfornavano giovani preparati, perché in prevalenza “capaci” e “meritevoli” ,come sanciva la Costituzione. La battaglia per il rinnovamento divenne subito la battaglia per la parità tra docente e discente, l’abolizione della valutazione, il superamento dei piani di studi. L’autogestione fu la parola magica che risuonò a Palazzo Campana.
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Alcuni contestatori come Luigi Bobbio che provenivano da famiglie colte, non subirono danni dal blocco delle lezioni. Vittorio Rieser e Anna Bravo erano già laureati e potevano anche permettersi il lusso di occupare. Il danno, di fatto la perdita di un anno accademico, colpì invece la grande maggioranza degli studenti. Soprattutto i meno abbienti e gli studenti itineranti furono molto danneggiati perché le lezioni ripresero quasi regolarmente solo nel 1969. Se posso citare il mio esempio personale, l’anno perso tra il ’67 e il ’68 non riuscii più a recuperarlo , malgrado abbia poi dato dodici esami in sei mesi per rimettermi in pari. Devo dire, onestamente, che quei dodici esami in pochissimo tempo furono possibili perché le maglie della valutazione in tante discipline erano state allargate in seguito alla contestazione e alla paura indotta in tanti docenti che si arresero senza combattere. Ma ci furono anche professori che non subirono. Giovanni Getto (grande italianista che aveva anche alcune fisse curiose) chiese l’intervento della Polizia, denunciando l’interruzione di un pubblico servizio, quando gli venne impedito di tenere la sua lezione. Gli scrissi un bigliettino di solidarietà a cui il maestro rispose con una letterina molto gentile. Con ogni probabilità fui l’unico a scrivergli. L’allora Sindaco di Torino Giuseppe Grosso ,giurista di altissimo livello, non cedette al facilismo preteso a gran voce dai contestatori. Il rettore Mario Allara combattè a viso aperto la battaglia per difendere l’Università. Venne sbeffeggiato e insultato: Viale lo definì un imbecille e un tormentatore di studenti. Allara era un uomo straordinario che imponeva agli altri la stessa severità che imponeva a sé stesso. Avevo il senso di un dovere kantiano che pochi ebbero la capacità di comprendere. Gli storici Aldo Garosci e Franco Venturi non si arresero. Alcuni forse erano baroni un po’ troppo severi, ma una parte dei contestatori divennero dei baronetti destinati a loro volta di diventare baroni. La maggioranza dei professori preferì apparire progressista e democratico, calando le brache. Non solo nell’Università ,ma anche nelle scuole superiori dove il preside del “Cavour” Luigi Vigliani venne definito fascista solo perché voleva ripristinare l’ordine nel suo istituto.
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Un esempio negativo per eccellenza fu quello di Guido Quazza che sostenne che nella contestazione c’era la continuazione della Resistenza tradita. Una affermazione che uno storico come lui non avrebbe potuto sostenere perché falsificava la verità storica. Così finì di legittimare anche la violenza, assumendosi una gravissima responsabilità. Non sarebbe giusto vedere nei contestatori di 50 anni fa degli scansafatiche che produssero solo guasti senza pagare prezzi,anzi costruendo molte carriere di successo. Ha ragione Giovanni De Luna nel difendere le ragioni di chi come lui scelse la via della contestazione.
Ma, se è vero che in quelle giornate di novembre del 1967 si posero tanti problemi ,è altrettanto vero che non arrivarono proposte e soluzioni praticabili. Prevalse la provocazione fine a sè stessa e quindi sterile.
Anzi, dalla contestazione studentesca si passò ben preso all’idea della rivoluzione e dell’operaismo, trascurando i problemi della scuola. In quel momento venne anche fuori uno degli aspetti positivi della contestazione che portò ad una liberalizzazione del sesso che portò ad un superamento di una visione stantia e superata del rapporto tra uomini e donne, anche se le contestatrici furono più addette al ciclostile che alla discussione politica nelle assemblee. Forse, però, il superamento del bigottismo sessuale ci sarebbe stato anche senza il ’68,magari in tempi più lenti, perché certe arretratezze italiane si stavano superando. Io ricordo che le stesse ragazze che nell’estate del ’67 non erano disponibili a rapporti sessuali completi, come si diceva allora, nell’estate dell’anno successivo si resero pienamente disponibili, per non apparire “retrograde”, al sesso. Lo Stato italiano cedette alla contestazione ,i ministri della Repubblica furono vili e Fiorentino Sullo agli esami di Maturità del ’69 fece una riforma ,destinata a restare in vigore per decine d’anni, che rese una burletta un esame che segnava il passaggio da un’età all’altra delle vita dei giovani. Solo Giorgio Amendola ebbe il coraggio di difendere l’esame di Maturità selettivo, passaggio da superare per prepararsi alle ben più dure prove che la vita avrebbe riservato. Il Pci cavalcò la contestazione finché pensò che gli fosse utile, salvo poi essere a sua volta contestato. Io passai le domeniche in tutta la primavera -estate precedente alla Maturità a studiare la “Divina Commedia” , servendomi di più commenti. E non ero certo un “secchione”, né un allievo modello, ma lo sforzo finale diventava una scelta obbligata.
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Anche docenti considerati progressisti come il latinista Vincenzo Ciaffi vennero svillaneggiati.
Con un qualche stupore ho letto che Luigi Rossi di Montelera che non vidi mai in prima fila nel fronteggiare la contestazione,oggi si vanta di aver capeggiato gli studenti che volevano la ripresa delle lezioni.Ad onor del vero, a combattere quella battaglia che coniugava il rinnovamento del studi con la loro serietà fu solo “Riforma democratica universitaria” che già nel nome indicava la strada non della negazione di per sé ,ma della proposta. E non posso dimenticare di aver trovato nel rettore Allara, ancora oggi definito “odiato”, un interlocutore che mi ricevette nel suo studio di via Po e mi intrattenne oltre un’ora a parlare.Se si vuole ricostruire la storia di quelle giornate “formidabili”, per usare un aggettivo caro a Mario Capanna ( che fu leader della contestazione milanese ed oggi rivendica il vitalizio parlamentare ) bisogna andare oltre le celebrazioni ed i miti , oltre, ovviamente le demonizzazioni aprioristiche. Chi continua ad autocelebrarsi dopo 50 anni non contribuisce a storicizzare quel periodo che, non dimentichiamolo mai, fu il brodo di coltura in cui nacquero i movimenti estremisti di “Lotta continua” e di “Potere operaio”. Da quei movimenti a cui parteciparono i contestatori torinesi di 50 anni fa ,nacque l’omicidio del commissario Luigi Calabresi e il terrorismo che insanguinò Torino. Proprio negli stessi giorni di novembre di dieci anni dopo Carlo Casalegno ,colpito a morte sotto casa, era agonizzante all’Ospedale Molinette e si spense il 29 novembre 1977. Tra le date dell’inizio della contestazione e la data della uccisione di Casalegno ci sono dieci anni in cui l’Italia venne sconvolta, ma non rinnovata.
All’eskimo e ai jeans della contestazione io continuo a preferire ,senza incertezze, le grisaglie doppio petto di Pannunzio che-riconobbe Alberto Arbasino-erano il simbolo di una civiltà fondata sulla democrazia, sulla libertà e sulla tolleranza che la contestazione cancellò, sbandierando slogan ad effetto, vedendo in Che Guevara e in Mao i nuovi “idola fori” a cui inneggiare. Giustamente Bacone li considerava dei pregiudizi della mente e in effetti lo furono. Gran parte degli intellettuali si unì al coro della contestazione. Solo pochi isolati come Ceronetti,
Da domenica, a Torino è scattato il divieto di circolazione per i veicoli diesel fino a Euro 5, oltre che per per quelli a benzina, gpl e metano Euro 0. L’aumento del tasso di pm10 ha fatto decidere alla giunta comunale di inasprire le misure anti-smog. Il blocco del traffico è in vigore dalle 8 alle 19 per i veicoli adibiti al trasporto persone. Invece dalle 8:30 alle 15 e dalle 17 alle 19 non potranno circolare quelli adibiti al trasporto merci (gpl/metano possono circolare). Ieri nella zona centrale Ztl, per la domenica ecologica, il blocca ha riguardato tutti i mezzi di trasporto privati dalle 10 alle 18. Poiché il livello delle Pm10, nei giorni scorsi, ha doppiato i limiti di legge, anche se secondo l’Arpa, è probabile che i valori tornino nella norma, al momento l’amministrazione comunale conferma il blocco delle auto diesel fino all’Euro 5 anche per la giornata di lunedì 27 novembre.
La tappa torinese, con i ragazzi delle scuole piemontesi, si svolgerà al Teatro Nuovo di Torino(C.so Massimo D’Azeglio 17), dalle 10.30 alle 12.00. L’evento è promosso da Con i Bambini,Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Fondazione CRC, in collaborazione con l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte.
Un evento che metterà al centro gli adolescenti attraverso il racconto e la condivisione di esperienze, mostrando come i limiti imposti da condizioni svantaggiate possano, talvolta, trasformarsi in opportunità.
L’obiettivo è infatti quello di condividere idee e buone pratiche, far emergere le criticità e i bisogni di quella generazione talmente liquida da sembrare invisibile. Si parte dall’utilizzo di tre parole chiave (povertà educativa minorile, periferie e comunità educante) che potrebbero cambiare il presente e il futuro di molti bambini e ragazzi, costretti a vivere in situazioni di marginalità, mancanza di opportunità e accesso, in contesti di povertà dove la comunità educante, adeguatamente sostenuta, può offrire risposte concrete per il futuro dei giovani e del Paese.
A raccontare le proprie storie saranno Alessandro (Laureando in Scienze Motorie, Università degli Studi di Torino), Maria (studentessa del Politecnico di Torino), Ivana (Studentessa di Diritti Umani ed Internazionali, Università degli Studi di Torino), Esa (Direttore dell’Orchestra Pequenas Huellas di Torino).
Con loro: Oney Tapia (Campione Paraolimpico Rio 2016); Loredana Errore (cantante); Luigi Mastrangelo (Campione di pallavolo); Gianpaolo Anastasi (Educatore parkour – Tor Bella Monaca – Roma).
Sui temi della campagna interverranno: Carlo Borgomeo (Presidente di Con i Bambini);Giovanni Quaglia (Presidente Fondazione CRT e Presidente dell’Associazione delle Fondazioni di Origine bancaria del Piemonte); Francesco Profumo (Presidente Compagnia di San Paolo);Giandomenico Genta (Presidente Fondazione CRC). A condurre l’evento l’incontro sarà Celeste Savino (Rai Gulp).
La campagna rientra nelle iniziative di comunicazione sociale del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, ed è promossa da Con i Bambini, soggetto attuatore del Fondo: attraverserà il paese da Nord a Sud, incontrando i ragazzi e le comunità educanti dei territori (scuola, famiglia, terzo settore, fondazioni, enti locali, università, ecc.), per ascoltarli e condividere con loro idee e buone pratiche di alleanze educative e di contrasto alla povertà educativa minorile.
Nei prossimi mesi la manifestazione farà tappa a Reggio Emilia, Milano, Napoli, Brindisi, Catania e si concluderà nella prossima primavera a Roma, data in cui le storie raccolte durante la campagna verranno simbolicamente consegnati alle istituzioni
Il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile nasce da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Terzo Settore e il Governo. Sostiene interventi finalizzati a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Per attuare i programmi del Fondo – la cui dotazione è di 360 milioni di euro per tre anni – a giugno 2016 è nata l’impresa sociale Con i Bambini, organizzazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione CON IL SUD. In poco più di un anno sono stati pubblicati tre bandi e approvati i primi 80 progetti relativi alla fascia di età 0-6 anni.
Info su www.conibambini.org
Conferenza governativa sul problema amianto
Venticinque anni fa il Parlamento votava e l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, promulgava una legge la numero 257 che era l’inizio di una concreta presa di coscienza del dramma amianto. Il cammino, però, era iniziato più avanti nel tempo, sin dagli anni Ottanta, con le lotte sindacali, le diagnosi che puntavano il dito sull’Eternit, la coraggiosa ordinanza del sindaco di Casale Monferrato Riccardo Coppo che metteva al bando l’amianto. Oggi, nel 2017, la città di Sant’Evasio ha ospitato la terza Conferenza governativa sull’amianto e le patologie correlate. Due giorni, venerdì e sabato in cui si è fatto il punto al Teatro Municipale, con i partecipanti suddivisi in tre grandi aree tematiche di lavoro: “Ambiente”, “Salute” ed “Aspetti sociali e del lavoro”, sviluppato nel corso della prima giornata e ad inizio della mattinata della seconda e poi esposti e tramutati in osservazioni utili al Governo per la definizione del Piano nazionale amianto. La conferenza segue quelle di Roma e di Venezia e ha avuto, come era giusto, in quella che è la “Città martire dell’amianto”, vocazione che i casalesi ed i monferrini non hanno certo cercato. Nella sostanza è stato l’intervento di Titti Palazzetti, primo cittadino casalese, in veste di coordinatore della sottoarea “Gestione economica – finanziaria”, che ha girato al ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti, la richiesta di Oristano di diventare sin – Sito di interesse nazionale, come Casale, la corresponsione di incentivi per la discariche da amianto, la necessità di un’idonea formazione per i tecnici comunali anche nei comuni di fuori dai Sin, di mantenere i fondi per le bonifiche al di fuori del patto di stabilità e la loro erogazione direttamente ai comuni senza il tramite delle regioni per evitare lungaggini. E proprio sulle Regioni, Palazzetti ha che “la loro autonomia deve servire a cercare di trovare il modo migliore per risolvere una criticità, non per non fare niente” cogliendo su questo passaggio parecchi applausi. Il ministro Galletti, dal canto suo ha evidenziato che “qui si è portato il lavoro svolto in questi anni, anche a Casale Monferrato. Abbiamo utilizzato l’esperienza acquisita qui anche a livello nazionale, mettendo in campo diversi strumenti, dall’ecobonus per chi bonifica la propria abitazione dal’amianto, al credito d’imposta per le aziende, rifinanziato il Fondo per le vittime, siamo andati avanti sul monitoraggio, con circa 90mila siti in Italia dove è presente amianto, si è lavorato molto sulle bonifiche, che erano poco più di 2600 ed oggi ne sono state effettuate più di 10mila, poi è stata introdotta la norma sugli ecoreati, che è una norma di civiltà, raddoppiandone il periodo di prescrizione”.
Massimo Iaretti
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Istigazione al suicidio e lesioni gravissime, per queste ragioni la polizia di Ivrea ha denunciato la creatrice di un blog su internet, una 19enne marchigiana di Porto Recanati. Attraverso il sito ragazze, anche minori, erano a quanto sembra istigate al disturbo alimentare, poiché sarebbero state indotte a seguire diete o effettuare terapie che conducono all’anoressia.La denuncia presentata dalla mamma di una ragazza di 15 anni residente a Ivrea che seguiva assiduamente il blog ha fatto esplodere il caso La giovane aveva avuto gravi disturbi alimentari ed era dimagrita tanto da essere costretta ad affidarsi alle cure di uno psicologo. L’indagine è iniziata quasi un anno fa. I poliziotti si sono finti adolescenti verificando così i suggerimenti della blogger pro-anoressia. Il blog è stato chiuso.