


Manca poco più di un mese per partecipare alla V edizione del Premio dedicato al grande cantautore cuneese, “poeta in musica” scoperto dalla Francia
Moncalieri (Torino)
Diventato in pochi anni importante punto di riferimento per cantautori nazionali ed internazionali, ritorna, promosso dalla “Città di Moncalieri” e dal “Circolo Culturale Saturnio” (in collaborazione con “Produzioni Fuorivia”), il “Premio Gianmaria Testa – Parole e Musica”, sezione speciale dello storico “Premio Letterario Internazionale Città di Moncalieri”.
Giunto alla sua V edizione, il bando di partecipazione è aperto fino al 31 gennaio 2025 ed è rivolto a cantautori under 38 di qualsiasi nazionalità. Gli artisti potranno presentare uno o due brani originali, che siano inediti o pubblicati da non più di sei mesi. I cinque finalisti, selezionati da una giuria d’eccezione (presieduta dal cantautore Eugenio Bennato, insieme a figure di spicco della musica e della cultura e alla moglie e produttrice di Testa, Paola Farinetti) avranno l’opportunità di esibirsi dal vivo il 9 marzo 2025 presso le “Fonderie Teatrali Limone” di Moncalieri. Durante la serata, non solo interpreteranno i propri brani in gara, ma renderanno omaggio a Gianmaria Testa eseguendo una sua canzone, portando sul palco un dialogo tra passato e presente, tra tradizione e innovazione. Tra i premi in palio, il vincitore assoluto riceverà un riconoscimento economico di 1.500 euro, accompagnato da una targa e un diploma, oltre alla possibilità di esibirsi in prestigiose rassegne musicali piemontesi. Un premio speciale di 800 euro sarà assegnato alla miglior esibizione “live”. Come ulteriore riconoscimento, i brani dei finalisti verranno raccolti in un album prodotto da “Incipit Records” e “Produzioni Fuorivia”, distribuito da “Egea Music”. La serata finale del “Premio” sarà arricchita – come da tradizione – dalla presenza e dalla partecipazione di un grande artista che si esibirà sullo stesso palcoscenico dei cantautori finalisti. Per questa quinta edizione Stefano Bollani, geniale pianista e compositore, accanto a Gianmaria Testa nel mitico spettacolo “Guarda che luna!” (2002), dedicato a Fred Buscaglione (con la collaborazione di Enrico Rava), sarà in scena insieme a Valentina Cenni, attrice e performer dalla creatività poliedrica. I due artisti, uniti da una straordinaria sintonia sia personale che artistica, freschi reduci dalla trasmissione televisiva di Rai 3 “Via dei Matti n.0”, sapranno creare senza dubbio una serata magica, in cui il pianoforte di Bollani dialogherà con la voce e la presenza scenica di Valentina Cenni. Non mancheranno di certo loro personali interpretazioni di brani di Gianmaria.
Nato nel Cuneese a Cavallermaggiore nel 1958 e scomparso ad Alba il 30 marzo del 2016, Gianmaria Testa, il “poeta in musica” (come fu giustamente definito per la sua capacità di intrecciare in note musicali la piccola verità del quotidiano con l’alta magia del racconto poetico), fino al 2007 svolse (già attratto dalla musica e dallo studio della chitarra) la professione di ferroviere, per la precisione di capostazione allo scalo ferroviario principale di Cuneo. Il successo in ambito musicale arriva con la vittoria del “Premio Città di Recanati”, dedicato ai nuovi talenti della “canzone d’autore” nel 1993. La classica “botta di fortuna” arriva per lui nel ’94, quando incontra Nicole Courtois, produttrice francese, che ne comprende il talento e ne produce il suo primo disco intitolato “Montgolfières” (1995). Da allora è un continuo susseguirsi di lavori discografici e successi (del 1996 è l’esibizione, dopo una serie di concerti in Germania, all’“Olympia” di Parigi); successi che, nel 2003, registrano un nuovo balzo in tutta Europa con l’album di poesie e canzoni “Il valzer di un giorno”. Nel 2007 riceve con “Da questa parte del mare” (prodotto dalla moglie Paola Farinetti con la direzione artistica di Greg Cohen) la “Targa Tenco” come miglior album dell’anno. Andando a larghi balzi, arriviamo al 2011 e alla più che felice esperienza teatrale con il debutto al “Teatro Carignano” di Torino di “18mila giorni–il pitone”, testo di Andrea Bajani che vede Gianmaria protagonista insieme a Giuseppe Battiston per la regia di Alfonso Santagata. Sempre nel 2011 esce il suo ultimo lavoro discografico di inediti, il cd “Vitamia”, una sorta di bilancio di vita personale e sociale, seguito, nel 2013, da un secondo disco live “Men at work”, frutto di una lunga tournée, con il suo quartetto, in Germania. E’ un mercoledì, il 30 marzo del 2016, quando il “poeta in musica” lascia questa vita, all’età di soli 58 anni. Il 19 aprile dello stesso anno esce postumo il suo libro “Da questa parte del mare” (ed. Einaudi), con la prefazione dell’amici Erri De Luca. E ancora a proposito del “Premio” a lui dedicato, afferma Antonella Parigi, “Assessora alla Cultura” della “Città di Moncalieri”: “Il prestigio della giuria e l’importanza dell’ospite d’onore certifica la nostra volontà di investire su questa manifestazione, che non solo è un tributo al grande artista piemontese, ma anche un importante tassello nel percorso che stiamo costruendo verso la candidatura di Moncalieri a ‘Capitale Italiana della cultura 2028”.
Per ulteriori informazioni e per accedere al bando, è possibile visitare il sito ufficiale del “Circolo Culturale Saturnio”: www.saturnio.it
g.m.
Nelle foto: Gianmaria Testa (ph. Pierre Terrasson); Stefano Bollani e Valentina Cenci
Molte sono le credenze legate al Natale tramandate nel corso dei secoli anche in Piemonte. Qualche esempio?
Leggi l’articolo:
https://www.piemonteitalia.eu/it/curiosita/le-credenze-natalizie-piemontesi
“In questo periodo il desiderio di rinnovamento e di salvezza raggiunge una più grande intensità, e la luce di un’epoca nuova per un ordine più giusto e più umano si accende come una fiamma che ci è stata consegnata e che bisogna alimentare e proteggere, perché le speranze dei nostri figli non vadano deluse”. Era la sera della vigilia di Natale, il 24 dicembre 1955, quando Adriano Olivetti concludeva così il suo discorso augurale ai lavoratori della ICO, della OMO, della Fonderia e dei Cantieri, cioè le intere maestranze della Olivetti. Era uno dei tre “Discorsi per il Natale” raccolti e pubblicati dalle Edizioni di Comunità, scritti da Adriano Olivetti per le feste di fine anno tra il 1949 e il 1957. Sono discorsi che fotografano tre dei momenti più importanti della storia della fabbrica di Ivrea offrendo, in una mirabile sintesi, il pensiero e il profilo morale di questo imprenditore che va annoverato — a tutti gli effetti — tra le figure più singolari e straordinarie del ‘900. Le idee innovative e comunitarie in campo sociale, ancora attualissime, ne testimoniano pienamente la capacità visionaria. Adriano Olivetti fu capace di portare l’azienda di famiglia a competere alla pari con i giganti del mercato mondiale della sua epoca, trasformando la città canavesana “dalle rosse torri” nella capitale dell’informatica. Il suo era un sogno industriale che logicamente mirava al successo e al profitto, ma proponeva anche un progetto sociale che implicava una relazione del tutto nuova e compartecipata tra l’impresa e gli operai, oltre a un rapporto qualitativamente alto e molto stretto tra quella che era stata la “fabbrica in mattoni rossi”, la città degli eporediesi e l’intera realtà canavesana. Tornando al libro, nel primo discorso datato 24 dicembre 1949, l’erede di Camillo racconta i primi anni del dopoguerra per condividere il sollievo e l’orgoglio della compiuta ripresa dell’azienda dopo la difficile esperienza del fascismo e del conflitto mondiale. Nel secondo, sei anni dopo, il 24 dicembre 1955, Adriano Olivetti rievoca proprio quel discorso per ripercorrere i nuovi traguardi della fabbrica, che ha assunto ormai una dimensione internazionale ma non ha mai perso di vista le proprie radici morali, memore degli insegnamenti del fondatore Camillo. E dice, tra le altre cose: “Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano anche — io lo spero — la fedeltà a un ammonimento severo che mio padre quando incominciai il mio lavoro ebbe a farmi: “Ricordati” — mi disse — “che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano a subire il tragico peso dell’ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro”. Una straordinaria lezione morale alla quale, nei fatti, accompagnò il suo agire concreto di imprenditore illuminato. In questi discorsi di Natale emerge la volontà di ringraziare tutti i lavoratori della fabbrica per la loro partecipazione a qualcosa di più grande, a una comune dimensione di riscatto del lavoro che, per usare le stesse parole di Olivetti, “non si esaurisce semplicemente nell’indice dei profitti”. Nell’ultimo discorso della breve raccolta, pronunciato in occasione del Capodanno del 1957 alla vigilia del cinquantesimo anniversario dello studio del primo modello di macchina per scrivere italiana ( l’Olivetti nascerà ufficialmente il 29 ottobre 1908) l’augurio dell’imprenditore di Ivrea, ormai all’apice del successo, è quello di non perdere mai di vista, nell’anno e negli anni a venire, quel senso di giustizia e di solidarietà umana che è alla base di ogni vero progresso e rappresenta il valore più profondo e ultimo di tutta l’esperienza olivettiana. Vi è l’orgoglio per quello che lui stesso definisce “lo spirito della fabbrica” e una potente visione di futuro. La città di Ivrea venne resa una realtà all’avanguardia da Adriano Olivetti che commissionò anche una serie di architetture uniche nel panorama di città industriali del Novecento, tanto da essere poi – nel 2018 – riconosciuta dall’Unesco come città industriale del XX secolo. Leggendo i discorsi resta però il rammarico per ciò che potevano diventare l’Olivetti, l’industria italiana e il modello sociale del paese se l’utopia di Adriano non si fosse spenta dopo la sua improvvisa e tragica morte, nel febbraio del 1960, quando non aveva ancora compiuto sessant’anni. Olivetti sosteneva che “un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande”. Peccato che quel sogno venne affossato dai tanti, troppi che avevano una concezione gretta del presente e una pressoché inesistente visione del futuro.
Marco Travaglini
Ha presso ufficialmente il via ad Alessandria il 96° Corso di Formazione regionale per allievi operatori di Polizia locale neoassunti. Il percorso, promosso dall’Assessorato alla Sicurezza e Polizia locale della Regione Piemonte e organizzato dal Corpo di Polizia locale di Alessandria, rappresenta un passaggio fondamentale per garantire competenze e professionalità ai nuovi agenti che opereranno sul territorio.
Previste 360 ore di lezione, 236 ore di materie teoriche e 124 ore di materie pratiche, tra le quali spiccano le tecniche operative, la difesa personale, il corretto utilizzo delle armi da fuoco, le nozioni di primo soccorso in situazioni di emergenza, queste ultime in collaborazione con la Croce Rossa Italiana.
“L’obiettivo è fornire agli agenti neoassunti tutte le competenze necessarie per affrontare con professionalità le sfide quotidiane del loro lavoro – ha dichiarato l’assessore regionale alla Sicurezza e Polizia locale Enrico Bussalino – La formazione continua è essenziale per garantire una Polizia locale di svolgere un ruolo cruciale per la sicurezza e l’ordine pubblico, all’altezza delle aspettative dei cittadini, agendo in stretta sinergia con le amministrazioni comunali e le forze dell’ordine statali”.
I partecipanti sono 42, provenienti da diverse province del Piemonte: 9 da Alessandria, 10 da Torino, 6 da Asti, 6 da Vercelli, 4 da Novara, 3 dal Verbano Cusio Ossola, 2 da Biella e 2 da Cuneo. Il corpo docente è composto da professionisti altamente qualificati. La formazione si concluderà con un esame finale il 4 marzo 2025, seguito il giorno successivo dalla cerimonia di consegna della placca di servizio, simbolo dell’impegno e della responsabilità che caratterizzeranno il servizio delle comunità locali.
torna a Torino, sabato 14 dicembre, la “Carovana della Prevenzione” di Komen Italia che, grazie al sostegno di Procter & Gamble con l’iniziativa “Insieme siamo più forti”, erogherà visite ed esami diagnostici gratuiti per la prevenzione dei tumori del seno e della tiroide riservati a donne svantaggiate o non incluse, per età, nei programmi di screening della Regione, oltre a servizi farmaceutici, come la misurazione della pressione e della glicemia.
La tappa torinese si svolgerà in via Vincenzo Steffenone 25, presso una palazzina della parrocchia di San Giorgio Martire, nei pressi di una delle “Lavanderie di Papa Francesco” realizzate grazie al contributo di P&G con l’Elemosineria Apostolica e gestite dalla Comunità di Sant’Egidio, dove le persone più povere possono lavare e asciugare i propri indumenti e usufruire di docce per la pulizia personale.
Le “Lavanderie di Papa Francesco” e “Insieme siamo più forti”, con cui P&G dal 2021 a oggi ha contribuito a donare oltre 5.400 esami diagnostici gratuiti in 33 città con la Carovana della Prevenzione, fanno parte di “P&G per l’Italia”, il programma di cittadinanza d’impresa con cui l’azienda sta realizzando progetti di responsabilità sociale e ambientale in tutto il Paese .
Lunedì 16 dicembre alle ore 11, presso il Polo del ‘900, si terrà la conferenza stampa e l’anteprima della mostra “Villaggio Leumann, da 150 anni passato e futuro si incontrano”. L’esposizione, aperta gratuitamente al pubblico dal 16 dicembre alle 18 fino all’11 gennaio 2025, metterà in luce la storia e il valore della borgata operaia in stile liberty industriale di Collegno.
La mostra presenta fotografie di Renzo Miglio, immagini d’epoca, documenti inediti tratti dal carteggio tra Leumann e Fenoglio, manifesti liberty e numerosi oggetti che testimoniano la vita e l’attività dell’opificio e del villaggio.
Durante la conferenza stampa, oltre a un’anteprima della mostra, sarà presentato il progetto V.O.C.A.LE – Villaggi Operai, Cultura ed Arte al Leumann, in partenza ad aprile 2025. Il progetto prevede lo sviluppo di un’App con itinerari tematici dedicati a arte, sostenibilità sociale, storia e territorio, e punta a creare una rete tra i villaggi operai europei.
Alla conferenza stampa interverranno:
Conferenza promossa da Associazione culturale plug_in e GAM Torino
Intervengono:
Elena Volpato, conservatore collezioni GAM
Eugenia Battisti, storica dell’arte
Emanuele Piccardo, critico e storico dell’architettura / plug_in
Giorgina Bertolino, curatrice e storica dell’arte
Sabato 14 dicembre 2024, ore 11:00 – 12:30
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
Sala Incontri piano terra
Ingresso libero fino a esaurimento posti
In occasione del centenario dalla nascita, l’Associazione culturale plug_in e la GAM di Torino dedicano una conferenza a Eugenio Battisti (Torino 1924 – Roma 1989) e al suo rapporto con le città dove ha realizzato alcuni dei suoi progetti più significativi: Genova, dove nel 1963 aveva fondato la rivista “Marcatrè” e il Museo d’Arte Contemporanea, Torino, dove nel 1965 quel Museo sarebbe diventato il Museo sperimentale, sezione della GAM e importante nucleo delle sue collezioni.
La conferenza Eugenio Battisti: sperimentare l’arte tra Genova e Torino ritorna sulla figura di questo straordinario intellettuale, per riconsegnare attenzione alla sua innovativa e pioneristica visione dell’arte e della cultura contemporanee e verificarne la continuità nel presente. L’incontro, introdotto da Elena Volpato, si apre con l’intervento di Eugenia Battisti che ripercorre la biografia e il profilo culturale di Battisti, per poi focalizzarsi sui suoi progetti genovesi, approfonditi da Emanuele Piccardo, e sui loro esiti torinesi, ricostruiti da Giorgina Bertolino a partire dai documenti conservati nell’Archivio dei Musei Civici della Fondazione Torino Musei.
Storico dell’arte e dell’architettura, Eugenio Battisti si era laureato in filosofia a Torino nel 1947, aveva studiato Storia dell’arte con Anna Maria Brizio, conseguendo la specializzazione con Lionello Venturi a Roma nel 1953. Docente di Storia dell’arte all’Università di Genova, alla Pennsylvania State University e alla North Carolina University, a partire dagli anni ’70 insegna Storia dell’architettura nelle Università di Firenze, Reggio Calabria, al Politecnico di Milano e alla Facoltà di ingegneria dell’Università di Tor Vergata a Roma. Presidente, dal 1988, dell’Associazione internazionale per gli studi sulle utopie, Eugenio Battisti ha individuato proprio nell’utopia un’area di ricerca e un campo di azione: dall’“utopia storiografica” del suo volume più noto, L’antirinascimento (c.vo) pubblicato nel 1962, all’“utopia didattica” proposta nel 1963 al suo gruppo di studenti universitari con l’istituzione del Museo d’Arte Contemporanea a Genova, fino all’“utopia realizzabile” con il Museo sperimentale della Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino.
A Genova, dove risiede dal 1962 al 1964, Eugenio Battisti insegna Storia dell’arte all’Università, fonda la rivista “Marcatrè. Notiziario di cultura contemporanea” e il 23 dicembre 1963 costituisce il Museo d’Arte Contemporanea. Nato con uno scopo didattico e concepito come un vero e proprio museo universitario, promuove conferenze, mostre, incontri con gli artisti (tra i primi, Carmi, Fontana, Castellani), e lancia un appello per la donazione di opere contemporanee. Nasce così una collezione pensata a sostegno della formazione specialistica e della promozione della contemporaneità. Aperto alla città, con le prime opere donate allestite nei foyer di due teatri genovesi, il progetto del Museo si infrange per la mancata assegnazione di una sede istituzionale permanente e migra a Torino.
Il 6 dicembre 1965, mentre è negli Stati Uniti, dove insegna alla Pennsylvania State University, Battisti firma l’atto di donazione alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino delle opere raccolte per il Museo d’Arte Contemporanea di Genova, di cui è legalmente titolare. Tra il centinaio di opere che entrano nelle collezioni della Galleria, ci sono Blurosso (1961) di Carla Accardi, Bianco, Superficie bianca (1963) di Enrico Castellani, Attese (1961) di Lucio Fontana, Cemento armato n. 29 (1961) di Giuseppe Uncini. Quando Battisti riprende la parola, in un saggio sul catalogo della mostra Museo sperimentale d’arte contemporanea, nelle sale della Galleria nell’aprile 1967, il Museo sperimentale si è arricchito di nuove opere donate ed è diventato Un’utopia realizzabile.
Immagine:
Una sala della mostra Museo sperimentale d’arte contemporanea, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea 1967. Archivio Fotografico della Fondazione Torino Musei
Il taglio del nastro il 12 dicembre con il Vescovo Ausiliare
Mons. Giraudo e il Sindaco Stefano Lo Russo
Nel pomeriggio di giovedì 12 dicembre 2024 al Cottolengo di Torino è stato inaugurato il nuovo Percorso storico alle origini della Piccola Casa della Divina Provvidenza, che porta il titolo «L’Amore si fa Casa».
Alla presentazione e al taglio del nastro, accanto ai Superiori Generali della Piccola Casa Padre Carmine Arice, Madre Elda Pezzuto e Fratel Giuseppe Visconti, insieme alla Famiglia Cottolenghina, sono intervenuti il Vescovo Ausiliare di Torino Mons. Alessandro Giraudo e il Sindaco della Città di Torino Stefano Lo Russo.
Si tratta di un itinerario di visita, aperto a tutti, nel primo nucleo della Piccola Casa in Borgo Dora che San Giuseppe Benedetto Cottolengo avviò il 27 aprile 1832, dopo che fu costretto a chiudere «l’Ospedaletto della Volta Rossa» in via Palazzo di Città a causa del colera che dilagava a Torino. Aprì dunque la Piccola Casa della Divina Provvidenza per ricoverare le persone malate che non trovavano accoglienza negli ospedali cittadini.
«Il percorso che inauguriamo oggi» – ha sottolineato Padre Arice nell’introdurre la presentazione – «parla del “carisma di fondazione” e del “carisma del fondatore”. Il carisma di fondazione è quello avuto dal Cottolengo, uomo straordinario, che ha dato vita alla Piccola Casa: un’opera fatta di Dio con molteplici dimensioni tra le quali c’è anche una Casa in cui ha concretizzato la sua ispirazione. Il “carisma del fondatore” è invece quello stile di vita evangelico che il Cottolengo ha vissuto e che ha trasmesso a chi lo ha seguito e che oggi noi condividiamo. Il percorso storico vuole dunque aiutarci a conoscere in modo più approfondito il Cottolengo nel suo “carisma di fondazione” per apprezzarlo, accoglierlo e costudirlo per una rinnovata fedeltà al carisma. Oggi non siamo chiamati a fare le stesse cose che ha fatto il santo Cottolengo ma ad avere lo stesso spirito nel fare le cose che la Provvidenza chi chiede».
La Superiora Generale delle Suore del Cottolengo Madre Elda Pezzuto ha auspicato che questo «luogo di memoria possa diventare il senso del nostro camminare oggi con speranza, facendo memoria dei gesti di cura, di lavoro, di casa e di famiglia che il santo qui ha messo in atto per chi ne aveva bisogno».
Il Superiore generale dei Fratelli Cottolenghini Fratel Giuseppe Visconti ha evidenziato come «il percorso storico trovi la sua ragion d’essere nella necessità di tutelare luoghi e oggetti che hanno un immediato e diretto rimando al carisma e al Santo Cottolengo. Per sapere dove andiamo è necessario conoscere da dove veniamo. Questo itinerario storico rappresenta anche un elemento valido per intendere lo stile e lo spirito con i quali il Santo viveva il carisma ricevuto».
Il Vescovo Ausiliare Mons. Giraudo ha portato il saluto della Chiesa torinese e del Cardinale Arcivescovo Roberto Repole: «Per me questa occasione significa sottolineare e vivere quel legame che in modo speciale unisce il Santo Cottolengo con la Chiesa di Torino; il Cottolengo è stato sacerdote di questa Diocesi e ha saputo accogliere la sfida del suo tempo spendendo la vita e il ministero in una nuova e speciale forma di carità. Lo sguardo rivolto al passato, che ritroviamo nel percorso storico, rimanda alla missione ricevuta di mettersi al servizio degli ultimi; da qui arriva l’invito a protendere al futuro accettando le sfide di questo nostro tempo nei luoghi e nelle forme in cui ancora oggi ci sono povertà e disuguaglianza».
Il Sindaco Stefano Lo Russo ha espresso la gratitudine della Città per il carisma donato dal Cottolengo, insieme al ringraziamento alle tante torinesi e ai tanti torinesi che prestano il loro servizio come volontari nell’opera cottolenghina: «Torino è sempre stata una città aperta, senza porte, allora come oggi c’è chi è pronto ad accogliere le persone che arrivano da lontano o che si trovano in difficoltà: la Piccola Casa continua a farlo tutti i giorni, da duecento anni. Sono onorato di essere il Sindaco di una città così piena di santità».
Padre Arice ha poi presentato il percorso di visita nelle sei stanze dove viene documentato lo sviluppo della Piccola Casa nei primi dieci anni di vita, dal 1832 al 1842, fino alla morte del fondatore (30 aprile 1842). Viene mostrata anche la crescita e la diffusione delle famiglie religiose fondate dal santo – Sacerdoti, Suore e Fratelli – e vengono ricordate alcune famiglie di Ospiti a cui l’opera cottolenghina offriva cure sanitarie, assistenza, istruzione e percorsi educativi. Nella «Porziuncola» della Piccola Casa in particolare si trovano i documenti originali con cui il Regno sabaudo, con il re Carlo Alberto, nel 1833 riconobbe ufficialmente la Piccola Casa, oltre alla croce da Cavaliere del Cottolengo e il quadro del santo realizzato dal fratello pittore.
Il percorso mostra anche la Piccola Casa come laboratorio di vita, di lavoro e di servizi con diverse foto e oggetti utilizzati nei luoghi di lavoro (lavanderia, forno, cucine, laboratorio di cucito…)
Infine, si trova la farmacia storica avviata dal santo per produrre in autonomia i medicinali di cui c’era bisogno nella Casa.
Il percorso storico viene ora inserito nel ricco itinerario di visita che la Piccola Casa riserva da tempo ai diversi gruppi di pellegrini e alle scuole che intendono conoscere l’opera cottolenghina.
Per prenotare le visite: e-mail veniteevedetecottolengo@gmail.com