ilTorinese

La cultura vince: oltre sei milioni di ingressi nei Musei piemontesi. Previsioni record per fine anno

6,17 milioni di ingressi sono stati registrati da gennaio a ottobre 2024, con un incremento del 9% rispetto allo stesso periodo del 2023 e riguardano i 144 musei e beni culturali monitorati dall’Osservatorio Culturale del Piemonte. Questo dato positivo conferma le previsioni presentate nella Relazione Annuale dell’Osservatorio, che stima di raggiungere 7,5 milioni di ingressi nei musei piemontesi entro la fine dell’anno.

A fare da locomotiva sono i 50 musei dell’area metropolitana di Torino che nei primi dieci mesi hanno attirato oltre 5,1 milioni di visitatori, registrando un incremento del 13 per cento rispetto al 2023. Il primato nell’offerta culturale piemontese è detenuto dal Museo Egizio con oltre 820 mila ingressi. Il Museo Nazionale del Cinema con 683 mila visitatori, si posiziona al secondo posto , con 420 ingressi fa seguito la Reggia di Venaria Reale, che si afferma come terza destinazione più visitata del Piemonte.

Importanti risultati sono anche registrati dal MAUTO ( Museo dell’Automobile), che ha accolto 331 mila visitatori e dai Musei Reali di Torino, consolidatesi tra le mete più gettonate. Palazzo Madama, con 210 mila ingressi, ha ottenuto numeri significativi anche grazie all’attività espositive.

I Musei Reali di Torino hanno registrato 560 mila ingressi ad ottobre e, secondo le stime, entro la fine del 2024 raggiungeranno 700 mila visitatori.

La Gam ( Galleria d’Arte Moderna) ha fatto registrare 205 mila visitatori mentre il Museo Regionale di Scienze Naturali, con 180 mila ingressi, si è distinto come uno dei più amati, considerato, secondo un’indagine di Turismo Torino, dai torinesi il “museo del cuore”.

Tra le realtà extraurbane il castello di Racconigi ha beneficiato della riapertura del parco grazie ai fondi PNRR, attirando 58 mila visitatori, con un aumento dei flussi del 71per cento .

La Palazzina di Caccia di Stupinigi, con 84 mila ingressi, e le Tombe Reali di Casa Savoia, con 118 mila visitatori, completano un panorama di grande successo per il patrimonio culturale legato alla storia e all’architettura.

Al di fuori dell’area torinese emergono esempi virtuosi come Palazzo Gromo a Biella, con quasi 30 mila ingressi, museo che ha beneficiato di eventi e mostre di grande richiamo come quelle di Bansky, Jago, TVBoy e altre controcorrente. 20 mila ingressi si sono registrati alla Castiglia di Saluzzo e 15 mila alla Fabbrica dei Suoni di Venasca. Ad Alessandria percorsi del Museo Civico a Palazzo Cuttica hanno fatto segnare un incremento, passando dai 98 ingressi nel 2023 a quasi 2900 ingressi nel 1024 e anche il Marengo Museum ha registrato ottimi risultati, attirando 1741 visitatori nel 2024, con una crescita del 109 per cento.

Ad Asti Palazzo Mazzetti ha registrato 21600 visitatori nel 2024 ( +26%), confermandosi un centro museale e culturale di grande interesse. Il Museo Paloeontologico ha attirato 18200 persone, con una crescita del 21 per cento. Una crescita straordinaria ha conosciuto Palazzo Gromo Losa a Biella che, con i suoi 28.910 visitatori rispetto ai 5481 del 2023, ha conosciuto un incremento del 427%. Una crescita del 17 % ha interessato l’oasi Zegna, che si conferma un’attrazione importante, con 14305 presenze. Il castello di Racconigi ha conosciuto una crescita del 13% rispetto allo scorso anno, attirando 48700 visitatori nel 2024. Anche il Museo della Ceramica di Mondovì ha conosciuto una crescita significativa, pari al +25%. A Novara i visitatori della cupola di San Gaudenzio hanno fatto registrare un incremento del 31%, con quasi 100 mila visitatori nel 2024. Il Museo di Storia Naturale Farragiana Ferrandi ha registrato 12500 ingressi, con una crescita del 24%. A Verbania è stato del 20% l’incremento del Museo del Paesaggio, con 14 mila e 200 visitatori, del 6% quello di Villa Taranto che, con le sue collezioni botaniche, ha superato i 90.500 ingressi.

A Vercelli si è registrato un incremento del 26% per il Museo Borgogna e altrettanto è stato quello registrato dal Museo del Tesoro del Duomo.

“I dati raccolti dall’Osservatorio Culturale del Piemonte confermano il valore e la resilienza del nostro sistema museale, che ha dimostrato la capacità di attrarre sempre più visitatori sia nei grandi sia nei piccoli centri culturali – ha sottolineato l’assessore alla Cultura della Regione Piemonte Marina Chiarelli- Questo successo dimostra l’efficacia degli investimenti strategici come quello del PNRR, e della promozione di un’offerta culturale diversificata e accessibile. Il Piemonte si conferma una regione dove la qualità dei contenuti è diventata un fattore trainante, un motore fondamentale per l’economia e il turismo. Guardiamo con ottimismo al traguardo di fine anno di 7,5 milioni di ingressi che sarebbero un risultato storico per il nostro territorio”.

Mara Martellotta

Il Partito Radicale in visita al carcere di Torino

Si è svolta la visita della delegazione del Partito Radicale nell’ambito dell’iniziativa “Anche Natale in carcere” promossa nei penitenziari di tutta Italia.
La delegazione era composta da Mario Barbaro (componente della Segreteria del Partito Radicale), Roberto Capra (Presidente della Camera Penale del Piemonte e della Valle d’Aosta), Claudio Desirò (segretario di Italia Liberale e Popolare) e on. Alberto Nigra (già parlamentare). Alla visita ha preso parte anche il garante regionale dei detenuti, Bruno Mellano.
Persistono le condizioni difficili del penitenziario gravato dal sovraffollamento (1421 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di circa mille). Tale problematica ne genera altre di carattere gestionale e di assistenza sanitaria (e non soltanto) all’interno del penitenziario. Resta la carenza di educatori
(non saturati i 18 previsti da pianta organica) che contribuisce a rendere molto più difficile il reinserimento del detenuto nella collettività. In generale risulta molto critica la gestione dei detenuti con patologie psichiatriche, specie alla sezione femminile dove non è prevista una sezione apposita per le detenute affette da tali disturbi.
Tutto il peso delle mancanze del sistema grava sugli operatori di polizia Penitenziaria (personale pesantemente sotto organico, circa 700 unità sulle 900 previste) e su chi nel carcere presta il proprio servizio a vario titolo.

Papà dona parte del suo fegato e salva la figlia di 11 mesi alle Molinette di Torino

Il più grande regalo di Natale di un papà alla figlia. Nei giorni scorsi è stato eseguito il primo trapianto di fegato pediatrico in Piemonte, presso l’ospedale Molinette della Città della Città della Salute di Torino, nell’ambito di una specifica collaborazione attiva tra Italia e Grecia, sotto l’egida del Centro Nazionale Trapianti (CNT) di Roma.
Si è trattato di un trapianto di fegato da vivente, nel quale il papà 31enne di una bimba di 11 mesi ha donato alla figlia la parte sinistra del suo fegato.
La bimba era affetta da una grave cirrosi epatica scompensata, esito del fallimento di due precedenti interventi chirurgici eseguiti in Grecia nel tentativo di riparare la malformazione da cui era affetta, l’atresia delle vie biliari.
In questi casi, l’Hellenic Transplant Organization di Atene invia richiesta al CNT di Roma (diretto dal dottor Giuseppe Feltrin) di attivazione dell’accordo vigente tra Italia e Grecia, valido per lo scambio di pazienti con necessità di trapianto e di organi idonei per trapianto. Il Centro Regionale Trapianti del Piemonte-Valle d’Aosta (diretto dal dottor Federico Genzano), interpellato dal CNT, ha inoltrato la richiesta al professor Renato Romagnoli (Direttore del Dipartimento Trapianti della Città della Salute e del programma trapianto fegato adulto e pediatrico della Regione Piemonte), il quale ha dato subito parere favorevole alla presa in carico ed al trasferimento della bambina e dei suoi familiari a Torino.
La bimba è quindi giunta presso l’ospedale Infantile Regina Margherita nel mese di agosto scorso, dove è stata presa in cura dal dottor Pierluigi Calvo (Direttore della Gastroenterologia pediatrica mdell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino).
Una volta completate le necessarie pratiche burocratiche e le valutazioni mediche di bilancio per trapianto, la bimba è stata inserita nella lista d’attesa nazionale italiana per trapianto di fegato pediatrico.
Dopo una ventina di giorni senza aver ricevuto valide offerte di donazione di fegato da soggetto deceduto, il papà della bimba ha fermamente deciso di donare la parte di fegato necessaria per salvare la vita della sua bimba. Grazie al supporto della Direzione sanitaria dell’ospedale Molinette (diretta dal dottor Antonio Scarmozzino), le pratiche di autorizzazione del trapianto con donazione da vivente sono state espletate in tempi record.
Entrambi gli interventi (di prelievo di fegato sinistro dal papà e di trapianto nella bimba) si sono svolti in contemporanea presso il blocco operatorio della Chirurgia Trapianto Fegato dell’ospedale Molinette (diretto dal professor Renato Romagnoli).
Le procedure chirurgiche sono durate circa 16 ore e sono state eseguite dal professor Romagnoli insieme con la sua équipe, in strettissima collaborazione con gli anestesisti dell’Anestesia e Rianimazione 2 (diretta dal dottor Roberto Balagna).
In particolare è stato molto complesso l’impianto del fegato nella piccola paziente (di meno di 8 kg di peso), in quanto la severa ipoplasia della sua vena porta ha richiesto la sostituzione con prelievo ed autotrapianto di vena giugulare della bambina stessa.
Dopo una degenza della bimba di 5 giorni in terapia intensiva presso la Rianimazione Centrale delle Molinette (diretta dal dottor Balagna), attualmente entrambi i pazienti operati stanno bene. Il papà è stato dimesso. La bimba è degente presso l’Area Semintensiva Chirurgica del professor Romagnoli.
“La Sanità piemontese si conferma un punto di riferimento di eccellenza per la sanità italiana ed anche internazionale, soprattutto nel campo dei trapianti. Un grande applauso ai nostri professionisti ed al papà che, con un grande gesto, ha salvato la vita della piccola figlia come miglior dono di Natale” dichiara Federico Riboldi (Assessore alla Sanità della Regione Piemonte).
“Ancora una volta una grande Azienda ospedaliero-universitaria italiana come la Città della Salute di Torino è riuscita in tempi rapidi a dare una risposta efficace ad un così grave problema di salute di una bambina proveniente da un altro Paese dell’Unione Europea” dichiara Giovanni La Valle (Direttore generale della Città della Salute di Torino).

Rissa davanti al pub, un giovane finisce in ospedale

Lunedì sera davanti a un pub di Chieri due giovani hanno iniziato a litigare. Nella colluttazione che i loro amici hanno tentato di sedare, uno dei due ha riportato alcune ferite. I soccorritori del 118 lo hanno portato in ospedale. Sul posto sono giunti anche i carabinieri.

Investe una donna e fugge senza prestarle soccorso: identificato

Un automobilista ha investito una donna di 73 anni in via Pietro Micca a Biella. L’uomo è fuggito senza prestare i soccorsi ma è stato identificato grazie alla targa della sua vettura ripresa dalle telecamere di sorveglianza. La polizia municipale lo ha quindi rintracciato. La donna è stata portata in ospedale ma non è ferita gravemente.
NOTIZIE DAL PIEMONTE

La gazza e il Natale a cucù

/

L’inverno non era ancora neve ma nell’aria si avvertiva da giorni la sua presenza. Da nord soffiava vigoroso un vento freddo e le nuvole, nel cielo ingrigito, si rincorrevano veloci. I boschi del Mottarone erano silenziosi. Solo qualche passero infreddolito cinguettava senza molta convinzione. Solo Mirella svolazzava tra i rami del vecchio albero sul piazzale della stazione ferroviaria. Saltellava sulle zampe come un’anima in pena.

Mirella era una gazza bella e furba. Bella, poiché possedeva un piumaggio iridescente che la rendeva del tutto particolare, come solo gli uccelli eleganti sanno di poter essere. A prima vista appariva bianconera ma, a seconda della luce, s’intravedevano nel piumaggio riflessi color verde metallico e grigio perla. Ne era consapevole e lo faceva pesare agli altri uccelli durante il volo, quando alternava veloci battiti d’ala a lunghe planate, inarcando il becco con aria altezzosa.

Anche quand’era a terra camminava e saltellava impettita, tenendo la coda sollevata. Si credeva molto furba e scaltra, abituata com’era a turlupinare il prossimo. In quanto gazza si distingueva dagli altri uccelli per un piccolo particolare: subiva il fascino degli oggetti luccicanti, era attratta da quelli particolarmente colorati che adorava rubare e nascondere. “Comunque”, teneva a precisare con gli altri pennuti, “andiamoci piano con le offese: io non sono una ladra. Diciamo che ho la tendenza ad appropriarmi delle cose belle anche se non sono mie. Ma non è un difetto, semmai una qualità. Mi piace il bello e di fronte al bello non resisto. Suvvia, e che sarà mai?“. Mirella andava presa così com’era. Si riteneva, nonostante il difettuccio, una gazza senza aggettivo. E pretendeva di esser chiamata esclusivamente con il nome proprio. Visto e considerato che, pur negandone l’evidenza, un po ladra lo era nei fatti, aveva accumulato un bel bottino nel nido che si era ricavata tra le travi del solaio della signora Brigida, l’anziana proprietaria della locanda del Lago. Lì, nel fitto intreccio di ramoscelli, brillavano gli oggetti racimolati durante le sue scorribande. Un bottone dorato, una spilla di latta, una fibbia argentata, alcuni tappi di metallo a corona, una moneta da cinquecento lire di quelle vecchie, con incise le tre Caravelle, il cappuccio di una stilografica. Tutte cose luccicanti e quindi di valore. Ma da un po’ di tempo Mirella aveva messo gli occhi sull’orologio del capostazione. Amleto Ballanzoni era un omone sulla sessantina, con il volto incorniciato da una folta barba bianca. I bambini, per questo, l’avevano ribattezzato Babbo Natale. D’indole buona, sorridente e pacioso, non se l’era mai presa. Anzi: la somiglianza con il caro e simpatico vecchietto gli garbava, strappandogli un sorriso. Da una trentina d’anni dirigeva con fischietto e paletta la stazione ferroviaria di Baveno, sulla linea Milano-Domodossola. Un tempo era una fermata importante, ora un po meno, ma il signor Amleto, con in testa il suo berretto da capostazione di prima classe in panno rosso e galloni dorati, non si scomponeva.

Il dovere era sempre il dovere. “I treni devono viaggiare in orario”, affermava compito scrutando orgoglioso il suo Perseo meccanico, a carica manuale, con la lucida locomotiva turca disegnata sulla cassa. Quest’orologio da tasca, fissato al panciotto con una catena d’argento, era il tratto distintivo del ferroviere, quasi un segno del comando. L’orologio assumeva un’importanza vitale e serviva a garantire l’assoluta precisione nel calcolo per regolare il traffico su rotaia. Tutto dipendeva dal tempo: tabelle, orari, coincidenze, scambi. E la sincronizzazione degli orologi era indispensabile. Quello in possesso di Amleto non è un orologio comune ma un modello costruito appositamente per le Ferrovie dello Stato e quindi era “l’Orologio”, quello con la “o” maiuscola. Preciso, infallibile, perfettamente funzionante. “L’orologio per noi è un po’ come l’Arma dei Carabinieri: nei secoli fedele”, sentenziava al bancone del Circolo Operaio il Ballanzoni, lisciandosi la barba. Magari non durava proprio dei secoli ma qualche decennio sì. E il suo Perseo era lì, testimone muto ma preciso, a confermarlo. Il destino del ferroviere e quello del suo orologio erano talmente indissolubili che, di norma, andavano in pensione insieme. Deposto il berretto e riconsegnati fischietto e paletta, l’orologio rimaneva di proprietà, quasi fosse una medaglia, un distintivo, un segno di riconoscimento per chi aveva fatto parte della grande famiglia dei ferrovieri. Proprio a quell’orologio mirava la gazza ladra. Per Mirella rappresentava l’oggetto del desiderio. Un lucente e ticchettante trofeo da aggiungere alla sua collezione, il pezzo più pregiato, la “chicca” della quale potersi vantare a destra e manca. Iniziò a svolazzare con aria indolente attorno alla stazione. Un battito d’ali così svagato non avrebbe destato i sospetti del capostazione che, tra l’altro, non pareva avere (così almeno pensava Mirella) grandi conoscenze in fatto di uccelli e quindi particolare timore nell’avvistare nei dintorni il volteggiare di una gazza. Così, in quei giorni che anticipavano l’avvio delle feste di fine anno, proprio mentre iniziò a nevicare, accadde il fatto più inatteso e terribile che l’Amleto Ballanzoni si sarebbe mai immaginato di vivere: il furto dell’orologio.

La cappa grigia del cielo si era rotta e la neve precipitava lieve, a larghe falde. Si rinnovava la magia che nasceva in ogni persona, bambini e adulti; una magia speciale, antica. I più piccoli giravano su se stessi con  le facce rivolte al cielo e le bocche aperte; ogni fiocco che si depositava  sulle lingue aveva un sapore particolare, emettendo una specie di lieve crepitio. Era uno dei suoni dell’infanzia, uno dei ricordi di attesa felice che non avrebbero mai dimenticato. Il capostazione era uscito a guardare il cielo e bastò un attimo di disattenzione, uno sguardo appena distolto dal prezioso oggetto che aveva momentaneamente appoggiato sulla scrivania dell’ufficio, dopo averlo staccato dalla catenella per lucidarlo. L’orologio sparì come d’incanto. Il disperato capostazione, non trovandolo al rientro in ufficio, frugò dappertutto in un crescendo di agitazione e sconforto. Niente. Il suo Perseo non c’era più. Era pur vero che aveva lasciato la porta aperta ma, Buon Dio, era  successo tutto così in fretta che non riusciva a farsene una ragione. Chi poteva essere stato? Il perché lo intuiva: era un signor orologio che poteva senz’altro far gola a qualche malintenzionato. Ma, nonostante si sforzasse di pensare chi potesse essere il colpevole, l’identità del ladro rimaneva un mistero. Si trattava di un furto con destrezza, senz’ombra di dubbio. Come se l’orologio si fosse volatilizzato. Non immaginava il pover’uomo di aver fatto centro con quella definizione. Sì, perché proprio su di un volatile andava concentrata l’attenzione e la conseguente ricerca della refurtiva. Amleto Ballanzoni, però, non s’intendeva per nulla d’uccelli. Sapeva distinguere un passero da un’aquila solo per le dimensioni. Era a conoscenza di tutto quanto concerneva il mondo delle rotaie ma di ornitologia capiva poco o nulla. Non sapendo distinguere un tordo da un merlo, una beccaccia da una poiana, immaginarsi cosa può sapere delle gazze e di quel loro vizietto. Così Mirella impreziosì la sua collezione e per un paio di giorni se ne stette buona a rimirare i suoi trofei senza sentire l’impellente bisogno di dedicarsi al furto, alla rapina, all’altrui alleggerimento. Al capostazione, con il morale a terra, non restò che arrangiarsi in qualche modo. Nell’attesa di comprarsi un orologio nuovo, pur con la consapevolezza che come il suo Perseo non ce ne sarebbe stato più di eguale, recuperò dalla soffitta il vecchio pendolo a cucù.Era un ricordo della zia Ermelinda che, a  sua volta, l’aveva ereditato dal signor Giustinetti, un impiegato alle poste svizzere di Martigny che d’estate e per molto tempo soggiornò in una camera d’affitto sul lago Maggiore.

Per ringraziare la zia delle gentilezze e di un certo qual affetto che la gentildonna aveva in qualche misura corrisposto, lasciò come pegno d’amicizia il simbolo più indicativo del tempo per uno svizzero: un orologio. Nella fattispecie, quell’orologio a cucù. L’oggetto, seppur impolverato e con la superficie tormentata da qualche scalfittura, manteneva un invidiabile funzionamento. Il meccanismo era in buono stato ma il merito del suo pieno recupero fu di Amleto che, con passione e curiosità, si dilettava a smontare e rimontare tutti i meccanismi che gli capitavano tra le mani. Si trattava di un pezzo veramente raro della produzione tedesca di orologi a cucù di fine ‘800 e doveva avere anche un discreto valore economico. Il frontale riproduceva, stilizzandola, una tipica stazione ferroviaria dell’epoca, in foggia neogotica. “Quasi un segno del destino”, commentò l’omone, piacevolmente sorpreso dalla scoperta. Il cucù se lo ricordava vagamente e vederlo ora come riproduzione del suo ambiente di lavoro e di vita gli fece momentaneamente passare  il magone per il furto subito. Il movimento, revisionato e sincronizzato, consentiva allo scoccare delle ore l’apertura di uno sportello dal quale usciva un uccellino che eseguiva un intonato canto del cuculo. Il piccolo volatile canterino sembra quasi vero. “Non è la mia cipolla”, borbottò Amleto, “ma non è neanche poi male e, in fondo, tiene bene il tempo che poi è giusto il mestiere che deve fare”. Così, in quei giorni che precedevano il Natale il pendolo a cucù prese servizio. La cosa non passò inosservata nemmeno a Mirella che, terminata la fase contemplativa, aveva ripreso i suoi giri. Al canto del cuculo si era precipitata a curiosare dalla finestra dell’ufficio della stazione. Ciò che vide la lasciò interdetta, con il becco spalancato. “Mamma mia, che fusto! Che melodia, che ugola intonata”, disse tra se, incantata davanti alla visione dell’uccelletto di legno che faceva capolino dal pendolo al battere dell’ora. Mirella ebbe un tuffo al cuore. Avvertì il fascino irresistibile del maschio canterino e, turbata, guardandolo con occhio languido, se ne innamorò così, su due zampe. Il classico colpo di fulmine, “le coupe de foudre”, come dicono gli svizzeri tra Losanna e Ginevra. Roba da rimarci stecchita, dimenticando d’essere ladra e immaginandosi stretta in un abbraccio a cinguettare appassionatamente con quell’esempio superbo di germanico volatile. Come fare ad attirarne l’attenzione? Come farsi vedere e trasmettere il piacevolissimo brivido che le intirizziva le piume? Aspettò rapita per ore, alternandosi in volo tra il davanzale della finestra e l’albero del piazzale della stazione. Ogni tanto il cuculo faceva la sua comparsa, cantava e poi si ritirava dietro l’anta di legno. Non pareva interessato alla presenza di Mirella. Quasi non l’avvertisse. La gazza era incredula.

Ma come? Non avverte, quel pennuto, il mio fascino? Non incrocia mai il mio sguardo. Anzi, mi pare che tenga sempre gli occhi fissi davanti a se… E quel suo rimanere lì, impettito come uno stoccafisso? E’ una mia idea o quello se la tira un po? “. Mirella, come tutte le gazze, era caratteriale, piuttosto scontrosa, scorbutica. Ma il fascino esercitato da quell’uccelletto del cucù era troppo forte e lei, nonostante tutto l’orgoglio, non poteva (e non voleva) resistergli. “Che sia sensibile ai regali?”, pensò Mirella. Forse subiva anche lui l’attrazione degli oggetti lucenti. Chissà che quell’uccello, forse per timidezza, non avendo il coraggio di volar via da quella strana casetta, non avesse bisogno di qualche incoraggiamento? Mirella volò al suo nido e, preso un bottone dorato, lo posò sulla mensola a fianco del pendolo a cucù. Allo scoccare dell’ora, puntualmente, l’uccelletto fece capolino cantando e, senza rivolgere lo sguardo né a destra né a sinistra, ritornò dietro l’uscio. Forse il bottone era poca e misera cosa, pensò la gazza, e poco per volta si privò di tutto il suo patrimonio, accumulato di furto in furto. Cedette anche il pezzo più pregiato: l’orologio sottratto al capostazione mettendo a segno il colpo più bello della sua vita. Era innamorata persa, la povera Mirella. Innamorata senza speranza, ignara del fatto che l’uccello di legno dell’orologio a cucù non poteva  corrisponderle l’affetto essendo un finto volatile, tutto legno e senza cuore. Così, dopo tutto quel gran darsi da fare senza ottenere in cambio nemmeno uno sguardo, con il cuore gonfio di amarezza, la gazza fece per riprendersi le sue cose ma, colmo della disperazione, oltre al bottone, ai tappi e alla spilla non trovò più l’orologio. Amleto Ballanzoni l’aveva visto sulla mensola e, incredulo, si era dato una gran manata in fronte: “Eccolo lì, il mio Perseo! Vecchio balordo, cominci a perdere i colpi! L’avevo davanti agli occhi e non riuscivo a vederlo da tanto ch’ero agitato. Meno male, va… D’ora in poi starò più attento a dove metto le cose”. Il capostazione, recuperato il prezioso orologio, decise di lasciare al suo posto anche il pendolo a cucù. Ormai faceva parte dell’arredamento. Funzionava bene e, per di più, era perfettamente in integrato con l’ambiente della stazione ferroviaria. L’unica modifica che Amleto decise di introdurre riguardava quel fastidioso cuculo che cantava, monotono, ogni ora. L’eliminazione avvenne senza troppe storie. Bastò spegnere il meccanismo della suoneria con l’apposita levetta e l’uccello restò, segregato e silenzioso, dentro la sua casetta trasformatasi in prigione. Mirella, ormai disperata, vedendo quella porticina sempre chiusa, decise di andarsene via, il più lontano possibile da quell’odioso uccello pieno di boria che chissà poi chi si credeva di essere. Volò via verso Loita dove conobbe, proprio la vigilia di Natale, una gazza maschio. Tra i due scoccò l’amore e di comune intesa, rastrellando oggetti in quattro e quattr’otto, abbellirono la loro dimora nel bosco che saliva verso Campino. Amleto Ballanzoni, intanto, fischiando e agitando la paletta all’arrivo e alla partenza dei treni nella sua stazione, con il berretto rosso in testa e l’orologio ben saldo alla catenella del panciotto, salutava i bambini che si sporgevano dai finestrini dei convogli gridando “E’ Babbo Natale! E’ Babbo Natale!”. L’uccelletto di legno riposò nella penombra della sua dimora in attesa di tornare a cantare allo scoccare di ogni ora. Può darsi che accadrà presto ma noi non lo sappiamo. Forse è anche già accaduto ma questa è un’altra storia.

Marco Travaglini

Pompeo (Pd): “Chiusura OMI Group  Moncalieri: appello alla Regione”

 Laura Pompeo, Consigliera regionale del Partito Democratico, esprime forte preoccupazione per la recente notizia della chiusura dello stabilimento OMI Group di Moncalieri, un evento che avrà ripercussioni significative non solo sugli 11 lavoratori direttamente colpiti, ma anche sull’indotto e sull’intero tessuto economico e sociale del territorio.

“L’OMI Group, specializzato nella produzione di componenti meccanici di precisione per il settore automobilistico, si trova al centro della crisi globale dell’auto, causata anche dalla transizione verso la mobilità elettrica, che ha già ridotto la competitività di un’industria storicamente vitale per la nostra Regione. La chiusura dello stabilimento non rappresenta solo una perdita di posti di lavoro, ma anche una minaccia per la stabilità economica delle famiglie coinvolte e per la coesione sociale della comunità di Moncalieri. È fondamentale che la Regione Piemonte intervenga tempestivamente per affrontare questa emergenza e per evitare la dispersione delle competenze professionali, come richiesto anche dalle organizzazioni sindacali che hanno sollecitato l’apertura di un tavolo di crisi regionale. Per fare chiarezza su quali impegni la Giunta intenda prendere ho presentato un’interrogazione all’Assessore Chiorino” afferma Laura Pompeo.

“La crisi del settore automobilistico richiede una risposta coordinata e tempestiva, con l’attivazione di politiche di riconversione industriale che promuovano innovazione e sostenibilità. Voglio sapere dalla Regione se fosse a conoscenza della situazione dello stabilimento OMI Group prima dell’annuncio di chiusura e, in caso di risposta affermativa, quali azioni siano state intraprese per prevenirla, se sia stato attivato un tavolo di crisi regionale e quali interlocuzioni siano state avviate con l’azienda, i sindacati e gli enti locali, quali strumenti di sostegno, come incentivi per la riconversione, siano stati messi in campo per garantire la continuità produttiva o la reindustrializzazione del sito. Inoltre, chiedo all’Assessore se siano previste azioni concrete per la ricollocazione dei lavoratori licenziati, attraverso politiche attive del lavoro e percorsi di riqualificazione professionale e quali interventi strategici la Regione intende adottare per affrontare la crisi strutturale del settore automobilistico, promuovendo innovazione e sostenendo le imprese della filiera” precisa la Consigliera regionale Pd.

“Non possiamo permettere che la chiusura di OMI Group segni un ulteriore passo verso la deindustrializzazione della nostra regione. È tempo di agire con determinazione e responsabilità per garantire un futuro sostenibile e competitivo all’industria piemontese” conclude Laura Pompeo.

cs

Defibrillatori nei rifugi montani

La Regione mette a disposizione dei rifugi montani piemontesi un milione di euro per dotarli di defibrillatori.

La delibera predisposta dall’assessorato allo Sviluppo della montagna in collaborazione con quello alla Sanità prevede la selezione delle candidature attraverso un bando che coinvolge le 54 Unioni montane piemontesi, che dovranno raccogliere entro 90 giorni dalla pubblicazione le segnalazioni dei proprietari e gestori di rifugi alpinistici ed escursionistici disponibili a installare defibrillatori semiautomatici e automatici esterni per garantire soccorsi tempestivi nel caso di infarti.

«Siamo convinti che sia un’iniziativa utile sia per chi vive in montagna sia per chi la frequenta per sport o per svago – affermano gli assessori Marco Gallo e Federico Riboldi – Soprattutto gli infarti sono in costante, sensibile aumento e il defibrillatore può contribuire a rendere le escursioni più sicure, perché rappresenta davvero uno strumento salvavita tempestivo considerate anche le difficoltà logistiche per i soccorritori di raggiungere in tempi rapidi il luogo dell’intervento».

Una volta che l’Assessorato alla Montagna avrà individuato i rifugi dove installare i dispositivi sarà l’Assessorato alla Sanità a curare l’acquisto degli strumenti e la formazione di chi poi dovrà garantirne il funzionamento in caso di emergenza.

L’importanza di questi strumenti salvavita deriva dal fatto che un decesso su dieci in Italia avviene per morte cardiaca improvvisa. È un evento imprevedibile e nel 70 per cento dei casi è causato da aritmia ventricolare che può essere interrotta con uno shock elettrico. Ecco perché l’impiego tempestivo di un defibrillatore può arrivare a triplicare la sopravvivenza e il fattore tempo dunque è determinante.

Al momento sono quasi 3.000 dispositivi installati in tutto il Piemonte (guarda la mappa) e un certo numero di essi sono presenti anche in rifugi (nel Biellese è stato promosso un progetto per garantire un defibrillatore in tutti i rifugi, il Cai di Torino ne ha installati una dozzina), ma è importante e decisivo ampliare la mappa.

La Regione investe sul territorio: un progetto di sviluppo per tutti i Comuni del Piemonte

Ogni Comune del Piemonte sta ricevendo dalla Regione almeno un finanziamento per la realizzazione di progetti capaci di aumentare la qualità della vita dei rispettivi abitanti.

Quattro i documenti di pianificazione che consentiranno di ottenere questo risultato:

– le Aree territoriali omogenee

– gli Accordi di programma

– le Strategie urbane d’area

– le Aree interne

“Si tratta di interventi strategici attesi da tempo che danno risposte concrete ed efficaci alle richieste dei cittadini e che saranno capaci di produrre sviluppo diffuso e partecipato – puntualizza il presidente Alberto Cirio – Tutto il Piemonte avrà così ricadute positive in termini di sostegno alle grandi sfide riguardanti la sostenibilità, l’innovazione e il welfare. Oltre a rappresentare una significativa fonte di finanziamento, questi programmi costituiscono anche un’opportunità concreta di lavorare in sinergia come aggregazioni territoriali a beneficio di aree vaste del nostro territorio”.

“Per la prima volta ogni Comune piemontese può concretizzare un progetto nel cassetto e si potrà garantire una ricaduta economica, sociale, culturale e turistica in ogni singola area” aggiunge l’assessore Gian Luca Vignale, assicurando che  “saremo al fianco dei territori e dei Comuni per seguire ogni passaggio fino alla piena conclusione degli interventi. Come detto più volte: nessuno indietro, avanti tutti”.

Nel complesso, l’obiettivo è ambizioso: attenuare i divari di sviluppo delle diverse aree, valorizzarne specificità e diversità e quindi far diventare il Piemonte un territorio innovativo, più coeso e più sostenibile per affrontare nel modo migliore le sfide che ci attendono nei prossimi anni.

Le Aree territoriali omogenee

La programmazione di questa misura, per la quale la Regione ha stanziato 105 milioni di euro a favore di 805 Comuni suddivisi in 24 Aree territoriali omogenee, sta entrando nel vivo: è infatti giunta al termine la serie di incontri con le amministrazioni locali interessate, con le quali sono state condivisi gli interventi da realizzare.

Gli FSC potranno essere utilizzati per interventi in ambiti come la digitalizzazione, l’energia, l’ambiente e le risorse naturali, la cultura, i trasporti e la mobilità, la riqualificazione urbana, il welfare, la salute, l’istruzione e formazione, le infrastrutture a supporto del turismo.
Tutte le opere dovranno essere realizzate e rendicontate entro il giugno 2028. Inoltre l’ente che inizia e finisce i lavori o acquista beni nel 2025 riceverà il contributo per finanziare il progetto subito a fronte della presentazione della rendicontazione delle spese.

Ogni Area ha proposto un piano che coinvolge tutti i Comuni che ne fanno parte, si basa sulle principali vocazioni del territorio e prevede interventi per un valore di contributo non inferiore a 50.000 euro e non superiore a 500.000.

Questa la ripartizione delle risorse, calcolata seguendo il criterio del 30% sulla superficie complessiva e del 70% sul totale della popolazione (si tenga conto che alcune Aree comprendono Comuni di altre province):

Area Alta Valle Tanaro e Cebano 2.186.435 €
Area Alto Monferrato 5.550.063 €
Area Appennino Alessandrino 3.114.067 €
Area Bacino del Tanaro 4.727.647 €
Area Biellese 5.673.151 €
Area Borghi delle Vie d’Acqua 6.836.100 €
Area Canavese 8.591.192 €
Area della Pianura Torinese 3.791.122 €
Area Laghi 5.907.138 €
Area Monferrato Casalese e Terre di Po 7.427.746 €
Area Monferrato Heritage 4.347.749 €
Area Monregalese 4.098.608 €
Area Novarese 4.678.868 €
Area Orco e Soana 3.899.517 €
Area Ossola 2.571.080 €
Area Pianura Cuneese 3.548.202 €
Area Roero 2.622.654 €
Area Terre di Langa e Monferrato 4.972.738 €
Area Terre del Monviso 2.773.436 €
Area Terra di Langa 2.633.375 €
Area Val di Susa 2.650.745 €
Area Valle Stura 2.719.743 €
Area Valli Chisone e Germanasca 1.937.860 €
Area Baraggia 2.740.764 €

Totale 100.000.000 €

Gli altri 5 milioni sono destinati a premiare i progetti più rilevanti con ricadute sovracomunali.

Per maggiori informazioni cliccare qui

Gli accordi di programma

Nello scorso mese di ottobre 44 sindaci di altrettanti Comuni piemontesi hanno siglato nel Grattacielo della Regione sei accordi di programma finanziati grazie a 26.377.000 euro (24 milioni di risorse FSC e 2.377.000 euro di fondi regionali che hanno permesso lo scorrimento della graduatoria.

Nelle valli del Cuneese e in quelli di Lanzo, nelle Langhe, nel Canavese, nell’area sud-ovest della Città metropolitana e nel quadrante nord-est si potranno realizzare interventi di vario genere: dalle mense scolastiche agli impianti sportivi, dalla ristrutturazione di dimore storiche alla valorizzazione di parchi naturali, dall’abbattimento di barriere architettoniche alla riqualificazione energetica di edifici comunali.

L’elenco completo delle opere finanziate

Le Strategie urbane d’area

Nell’ambito del Fondo europeo di sviluppo regionale 2021-2027 le Strategie Urbane d’Area rappresentano un complesso di interventi ed azioni concepiti in modo organico e coordinato, con l’obiettivo di promuovere la competitività del sistema regionale e lo sviluppo delle aree identificate sotto il profilo economico, ambientale, culturale e sociale.

Gli interventi riguarderanno in totale 120 Comuni, sono finanziati con 112 milioni di euro e saranno prioritariamente focalizzati sulle seguenti tematiche:
– valorizzazione del territorio in chiave di sviluppo sostenibile con particolare attenzione agli aspetti ambientali e climatici;

– rigenerazione urbana nella diverse accezioni di inclusione sociale, miglioramento della qualità della vita e centralità ai cittadini anche attraverso la restituzione alla collettività di spazi e beni pubblici riqualificati;

– valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, incrementando le potenzialità della filiera turistico-ricettiva del territorio;

– potenziamento della digitalizzazione e promozione della mobilità sostenibile.

Le aree individuate sono 14: Alto Novarese e Bassa Val Sesia, Area Metropolitana Nord, Area Metropolitana Ovest, Area Metropolitana Sud, Braidese, Canavese ed Eporediese, Ciriacese, Collina e Pianura Torinese, Comuni Alessandrini, Langhe, Monregalese e Basso Cuneese, Pinerolese, Saluzzese, Valli di Susa e Sangone.

Ogni Strategia deve contenere un numero limitato di progetti, preferibilmente non superiore a 10, al fine di favorire la concentrazione tematica e territoriale.

Per maggiori informazioni cliccare qui

Le Aree interne

Questo pacchetto di finanziamenti, che ammontano a 23 milioni di euro, interessa 65 Comuni delle Valli Bormida, Lanzo, Ossola, Sesia, Maira e Grana e delle Terre di Giarolo.

Le Aree interne rappresentano un riconoscimento di un’organizzazione fondata su “centri minori”, spesso di piccole dimensioni, distanti dalle principali offerte di servizi essenziali (istruzione, salute e mobilità) e che in molti casi sono in grado di garantire ai residenti soltanto una limitata accessibilità proprio a questo genere di servizi, con ripercussioni sull’andamento demografico.
Per queste considerazioni si intende promuovere lo sviluppo sociale, economico, ambientale integrato e inclusivo a livello locale, la cultura, il patrimonio naturale, il turismo sostenibile e la sicurezza, ma anche migliorare l’accesso paritario e tempestivo a servizi di qualità e a prezzi accessibili, compresi l’accesso agli alloggi e l’assistenza incentrata sulla persona, anche in ambito sanitario. Inoltre, si vuole modernizzare i sistemi di protezione sociale, anche promuovendone l’accesso e prestando particolare attenzione ai minori e ai gruppi svantaggiati, e migliorare l’accessibilità l’efficacia e la resilienza dei sistemi sanitari e di assistenza di lunga durata, anche per le persone con disabilità.

 

Natale… che passione!

/

IL TORINESE… CON LA CODA

Avete onorato la tradizione e fatto l’albero di Natale? Avete addobbato casa con ghirlande, lucine e festoni? 

Bene! Avete fatto la felicità del vostro gatto! 

Su Instagram si vedono migliaia di video di gatti che distruggono alberi di Natale. Gatti che si lanciano su abeti addobbati e staccano palline e decorazioni varie. Gatti che pianificano la distruzione del simbolo natalizio. Gatti che scappano con le ghirlande in testa, facendo impazzire i proprietari. E’ molto divertente, ma a volte anche pericoloso.

Non vogliamo rovinarvi le feste, ma se avete a casa un gatto, soprattutto se cucciolo, il rischio che possa ingerire piccole decorazioni c’è e non è così remoto.

Se vedete il gatto ingerire qualcosa, chiamate il vostro veterinario. Se, infatti, l’ingestione è avvenuta da poco, è possibile indurre il vomito. 

Non tutti i materiali sono radiopachi, cioè visibili con una radiografia, quindi non sempre si ha la sicurezza che ci sia il corpo estraneo, dove sia e soprattutto se sia in grado di essere espulso. 

Se il vostro gattino smettesse di alimentarsi, cominciasse  a vomitare e ad essere mogio, l’ingestione di corpo estraneo è una possibilità da valutare attentamente, soprattutto se in casa sono presenti elementi che richiamano la sua attenzione, come appunto le decorazioni natalizie.

Uno dei corpi estranei più pericolosi è quello lineare, ovvero il filo, che sia di spago, di lana o elastico. Il filo può avere un capo in un punto dell’intestino e l’altro molto più avanti o indietro, incastrandosi può creare il cosiddetto “intestino a fisarmonica”.

La valutazione di cosa fare è molto delicata, a volte si riesce, lavorando con i giusti farmaci, la fluidoterapia e un attento monitoraggio, a non intervenire chirurgicamente. Altre volte, purtroppo, si esegue una chirurgia o, se la struttura veterinaria ne è in possesso e se la situazione lo consente, si può provare a rimuovere il corpo estraneo con l’endoscopio.

Ovviamente l’albero di Natale è una scusa per parlare dell’argomento, un corpo estraneo può essere ingerito in varie situazioni e vale anche per i cani. I cuccioli sono i soggetti più a rischio, perché più propensi a masticare per gioco e più tontoloni. Anche gli adulti possono ingerire corpi estranei, ma è una condizione da tenere sotto controllo perché può essere indicativo di stress o malessere.

Altra pratica che può essere messa in atto per noia, malessere o gioco è quella di masticare cavi elettrici  e i cavi delle lucine di Natale sono una tentazione. 

Quindi se non volete far saltare l’impianto prima del cenone, o peggio trascorrerlo al pronto soccorso veterinario, fate particolare attenzione ai vostri pet!

 

Dott.ssa Federica Ferro
Dott. Stefano Bo