Nella scorsa settimana la società sportiva Asd Salsasio ha consegnato a don Servais Sanni Yantoukoua N’Tia sei giochi di maglie del Salsasio, ossia un centinaio di maglie, attualmente inutilizzati che verranno inviati in Benin, dove don Servais svolge il suo ministero a favore delle popolazioni ed in particolare dei bambini che ospita in un villaggio.
Durante la consegna era presente anche il Parroco di Salsasio don Iosif Patrascan.
Don Servais ha ringraziato tutta la società per questo dono.
Il Presidente del Salsasio Ivan Quattrocchio ha spiegato che: “Abbiamo pensato di donare queste maglie e pantaloncini a don Servais perché sappiamo quanto lui si impegna a favore della popolazione del Benin e sappiamo che sono utili in particolare per i bambini.
Si tratta di maglie del Salsasio praticamente nuove che però avendo cambiato alcuni partner e misure non sono più utilizzate per le nostre attività. Ci fa molto piacere poter sapere che possono servire a dei bambini e giovani che purtroppo non hanno la fortuna ed i servizi che abbiamo nel nostro Paese. Appena il materiale arriverà in Benin comunicheremo a tutti l’arrivo e la consegna. Ringrazio il Parroco di Salsasio don Iosif che si è occupato di seguire i contatti tra la nostra società e don Servais, legato a lui da una lunga amicizia e con cui ha già collaborato per la realizzazione di un mulino che porta il nome della Parrocchia di Salsasio”.
Pubblichiamo l’intervento del primo cittadino sulla chiusura della metropolitana nel mese di agosto
“Con i suoi quasi vent’anni, la nostra metropolitana si trova ad avere necessità di interventi di manutenzione costanti per permettere la circolazione in sicurezza, presupposto fondamentale e imprescindibile.
E che, purtroppo, porta con sé disagi di cui siamo consapevoli e per cui ci scusiamo, che cerchiamo di ridurre ma che non possiamo in alcun modo evitare.
Un po’ come quando si deve procedere per forza alla ristrutturazione di una casa che da tempo ha bisogno di lavori: si cerca il momento migliore per effettuare gli interventi ma, per qualche tempo, si deve comunque convivere con il disagio che ogni ristrutturazione comporta.
Il nostro obiettivo è quello di adeguare i sistemi, per compattare al massimo i cicli manutentivi e ridurre il più possibile i disagi: per questo occorre una momentanea sospensione del servizio.
La priorità è quella di garantire un trasporto sicuro alle persone: da oggi, 3 agosto, al 1 settembre, il servizio metro sarà sospeso per consentire l’esecuzione degli interventi che per ragioni di sicurezza e di tempi di esecuzione (non eseguibili nella sola sospensione notturna) non possono essere realizzati con la linea in esercizio.
Durante il periodo di svolgimento dei lavori, il servizio sarà sostituito dai bus della linea M1s.”
Qui tutte le informazioni:
https://www.gtt.to.it/cms/avvisi-e-informazioni-di-servizio/torino-e-cintura/11350-lavori-metropolitana-nel-mese-di-agosto
#stefanolorussosindaco
Maltempo, prosegue la conta dei danni
Sono proseguite per tutta la giornata di ieri e continueranno nei prossimi giorni le operazioni di verifica, messa in sicurezza e conta dei danni, in particolare a patrimonio arboreo, illuminazione pubblica, segnaletica stradale, impianti semaforici, dopo il maltempo che ha colpito venerdì pomeriggio la città.
“Un evento naturale non prevedibile nell’intensità e negli effetti al suolo che sono stati gravi e diffusi – commenta l’assessore alla Protezione Civile Francesco Tresso –. Da subito protezione civile e agenti sono intervenuti in supporto dei vigili del fuoco, a fronte delle decine di richieste”.
“Un impegno – spiega Tresso – che è proseguito nella giornata di ieri con in campo i tecnici della Divisioni Verde e della Mobilità con il personale di Amiat e continuerà nei prossimi con l’obiettivo di mettere in sicurezza le situazioni pericolose nel più breve tempo possibile, per poi ripristinare tutto. A tal proposito sarà nostra costante cura tenere aggiornata tutta la cittadinanza attraverso i nostri canali istituzionali”.
Tra le zone maggiormente colpite il parco del Valentino e le aree limitrofe, poi corso Ferrucci, corso Belgio e la zona nord della città, Barca e Bertolla, dove la precipitazione di forte intensità con grandine di grossa dimensione unita forti raffiche di vento hanno causato i danni maggiori.
In un’ora, le stazioni dei Giardini Reali e quella di Reiss Romoli – dove sono stati misurati picchi di vento di 72 km/h – hanno registrato rispettivamente 47,6 e 57,9 mm di pioggia.
Il Comune sta anche verificando la presenza di danni ai propri edifici, come scuole e impianti sportivi.
Si è svolto al Grattacielo Piemonte l’incontro tra l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi e i direttori sanitari di presidio degli ospedali del Piemonte: una novità assoluta che si aggiunge al settimanale appuntamento con i direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere.
Al centro dell’incontro, oltre ad una ricognizione generale e una presentazione delle linee strategiche dell’Assessorato per i prossimi anni, la manutenzione e lo stato delle strutture. «I direttori di presidio – ha sostenuto Riboldi – devono essere centrali per la cura dei locali e degli ospedali in generale: chi meglio di loro ha contezza degli interventi necessari affinché non si sia costretti ad assistere a muri scrostati, giardini incolti, monitor fuori uso o impianti di condizionamento rotti? Per questo motivo ho chiesto che entro il 15 settembre siano predisposti dei dettagliati piani di manutenzione affinché si possa valutare quali siano i lavori necessari e le risorse conseguenti. La gestione degli ospedali deve essere a 360 gradi e riguardare tutti gli aspetti».
I direttori presenti hanno apprezzato di essere stati convocati e ascoltati su questi aspetti e hanno giudicato positivamente quanto prospettato dall’assessore.
Durante l’incontro è stata anche anticipata la volontà di superare l’attuale accorpamento di alcune direzioni sanitarie di presidio: «È doveroso – ha detto Riboldi – che ogni ospedale abbia un proprio direttore sanitario di presidio che vigili, come detto, non solo sugli aspetti prettamente sanitari, ma che si prenda carico anche di quei particolari che rendono migliore l’accoglienza e la permanenza dei pazienti».
E dopo il primo incontro con i direttori sanitari di presidio seguirà poi anche quello con i direttori di distretto: «È solo con il confronto e l’ascolto del territorio che si possono superare le criticità e condividere le strategie per migliorare la sanità piemontese», ha concluso l’assessore Riboldi.
Sul tavolo dell’incontro con i direttori generali delle aziende sanitarie e ospedaliere, invece, il piano per il taglio delle liste d’attesa. L’assessore Riboldi ha indicato di ritrovarsi nella prima decade di settembre per un incontro operativo: «È un obiettivo urgente su cui dobbiamo lavorare insieme per predisporre un piano condiviso che porti risultati concreti. Per questo ho chiesto per l’appuntamento di settembre di portare i dati aggiornati, l’elenco delle criticità e le possibili soluzioni, in modo che si possano confrontare i vari piani per partire il prima possibile».
STARE BENE CON NOI STESSI
Molto spesso non ci rendiamo conto di essere manipolati. Le emozioni e sensazioni che proviamo dovrebbero però metterci in guardia dal rischio che corriamo, ma non sempre siamo in grado di “tradurle” e di darci le corrette spiegazioni a livello razionale.
A seconda delle modalità e dei comportamenti adottati dalle persone manipolatrici esse possono essere la paura, nel caso di atteggiamenti più o meno aggressivi di chi ci vuole manipolare o il senso di colpa nel caso si atteggiamenti vittimistici.
Nel primo caso il manipolatore tende a svalutare le sue vittime, utilizzando critiche e insinuazioni talvolta sarcastiche e in certi casi pesanti, attraverso le parole, i toni e gli atteggiamenti, mentre nella versione “vittimistica” lamenta di subire torti.
O di essere una persona sfortunata, maltrattata, offesa, ferita, non rispettata, ecc. In ogni caso le migliori vittime dei manipolatori sono le persone con un basso livello di autostima, più facilmente agganciabili e condizionabili.
Se la manipolazione avviene all’interno di una qualsiasi relazione affettiva, si deve capire se accettiamo pesanti condizionamenti pur di mantenere la relazione e di non perdere quel legame che magari ci sembra indispensabile, unico e meraviglioso.
La manipolazione pubblicitaria si manifesta invece nel sollecitare un bisogno, reale o più spesso semplicemente provocato, in chi la riceve, spingendolo in modo sottile e talvolta subliminale all’acquisto del prodotto o del servizio oggetto della réclame.
Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
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Vi proponiamo i suggestivi scatti di Maria Teresa Lo Gioco.
La pizzeria e locale glamour L’Aforisma, in via Tepice, 8 a Torino ha ospitato una serata eccezionale denominata “Serata a 4 Mani”, che ha visto la collaborazione tra il proprietario Claudio Fusco e il noto pizzaiolo e ideatore de “La Pizza Croccante”.
Questo evento, supportato da Molino Casillo, ha messo in risalto le farine con germi di grano, ingrediente chiave per la realizzazione delle specialità della serata.
Il menù di quattro portate ha conquistato i palati dei partecipanti, registrando il tutto esaurito e lasciando un’impronta indelebile nei ricordi culinari dei presenti.
Il menù della serata a Quattro Mani
Gran Lievitato Emiliano di Claudio Fusco
La serata ha preso il via con il “Gran Lievitato Emiliano” di Claudio Fusco, una creazione unica che ha reinterpretato il tradizionale panettone in versione salata.
Questo lievitato, preparato con lievito madre, è stato tostato e farcito con canditi di Parmigiano Reggiano 24 mesi e prosciutto crudo San Giacomo 20 mesi.
La combinazione di sapori intensi e la qualità degli ingredienti hanno reso questo antipasto un inizio memorabile per la serata.
Fiore dal Medio Oriente di Alessandro Lo Stocco
Alessandro Lo Stocco ha portato un tocco di esotismo con la sua pizza “Fiore dal Medio Oriente”. Questa pizza “SuperCrust” è stata preparata con farina di tipo 1 con germe di grano e arricchita con una varietà di ingredienti ispirati alla cucina mediorientale: fior di Latte d’Agerola, cavolfiore brulée, hummus di Cicerchie di Campodimele (PAT Lazio), tahina di sesamo bianco, polpa di peperoni verdi freschi, cumino e paprika dolce.
I sapori ricchi e aromatici di questa pizza hanno trasportato i commensali in un viaggio sensoriale attraverso il Medio Oriente.
L’Evoluzione di una Norma (Claudio Fusco)
Claudio Fusco ha proseguito la serata con “L’Evoluzione di una Norma“, una pizza contemporanea che ha reinterpretato la classica Norma siciliana.
Utilizzando farina con germe di grano, il piatto è stato arricchito con passata di melanzana bruciata, stracciatella del caseificio Montrone, capocollo croccante De Pasquale e Parmigiano Reggiano stagionato 24 mesi. Questo piatto combina tradizione e innovazione, offrendo una versione sofisticata e deliziosa di un classico intramontabile.
Saku Saku di Coppa (Alessandro Lo Stocco)
La seconda creazione di Alessandro Lo Stocco, “Saku Saku di Coppa“, ha portato gli ospiti in Giappone. Utilizzando una base di pizza “Crustica” con cerealapizza, Lo Stocco ha arricchito questa portata con coppa di testa, provola affumicata, fiori di zucca, polvere di olive di Gaeta, shichimi togarashi e polvere di capperi di Pantelleria. Questo piatto ha celebrato le spezie e i sapori tipici della cucina giapponese, con il togarashi che ha aggiunto un tocco piccante e aromatico.
Soffice Conclusione (Claudio Fusco)
La serata si è conclusa con un dessert che ha lasciato tutti i partecipanti pienamente soddisfatti. Claudio Fusco ha presentato un pan brioche con gelato al mirtillo fatto in casa e zabaione al Vermouth di Torino.
L’evento “Serata a Quattro Mani” è stato un successo straordinario, gli ospiti hanno apprezzato ogni singolo piatto servito.
La collaborazione tra Claudio Fusco e Alessandro Lo Stocco ha dimostrato come la passione per la cucina e l’innovazione possono creare esperienze culinarie indimenticabili.
La pizzeria L’Aforisma si conferma così un luogo d’ eccellenza gastronomica a Torino, capace di sorprendere e deliziare con creatività e qualità.
L’evento ha lasciato tutti con la speranza di future collaborazioni e nuove serate all’insegna del buon cibo e della convivialità.
CRISTINA TAVERNITI
Torino sul podio: primati e particolarità del capoluogo pedemontano
Malinconica e borghese, Torino è una cartolina d’altri tempi che non accetta di piegarsi all’estetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre l’arancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano all’irruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo “a misura d’uomo”, con tutti i “pro e i contro” che tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma l’antica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri “sudaticci” ma ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito – e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.
1. Torino capitale… anche del cinema!
2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo
3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici
4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio
5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente
6. Chi ce l’ha la piazza più grande d’Europa? Piazza Vittorio sotto accusa
7. Torino policulturale: Portapalazzo
8.Torino, la città più magica
9. Il Turet: quando i simboli dissetano
10. Liberty torinese: quando l’eleganza si fa ferro
3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici
Le persone che s’intravedono al di là delle vetrine, intente nelle loro faccende mangerecce, paiono “Tableaux vivants” improvvisati, quadri incorniciati dal legno o dalla ferraglia dei locali, soggetti colpiti furtivamente dalla luce che s’intrufola sotto i portici. Gioco spesso a sbirciare, non vista, i film muti che si svolgono dentro bar e ristoranti, provo a soffermarmi sui tipi più eccentrici o sui solitari, è un buon esercizio creativo, fantasticare sulle vite degli altri, pensare agli individui come personaggi di libri e storie poliziesche, chissà se tra quei divoratori di coppe di gelato non via sia qualche fuggiasco, oppure se dietro occhiali da sole e tazze schiumate di caffè non vi si nascondino degli amanti segreti.
Ecco la Torino ghiotta e stuzzicante, ecco l’atmosfera che resta tutta gozzaniana!
La moda cambia, le donne non alzano più la veletta per mangiare i dolcetti, né si preoccupano dei guanti mentre la panna cola vulcanica dal foro del cannolo, eppure la bellezza della scena rimane intonsa: giovani fanciulle passeggiano con i loro coni gelato Ganduja e crema uscite da Fiorio, signore altezzose sorseggiano caffè shakerato al Caffè Torino, mentre i facoltosi ridono fragorosamente tra i tavoli di Baratti e Milano, certamente meno “charmants” dei loro antenati e un po’ più “yuppie”, ma non meno adocchiati da chi sogna un facile “cambio di categoria”, e nel frattempo gli intellettuali della precollina sconfinano oltre il Po, non di certo per amalgamarsi alla folla, ma in cerca di leccornie e prelibatezze non sempre da condividere con le amiche di pelliccia.
Torino ha un lato “snob”, lo si sa, così come è noto che all’interno del suo perimetro ogni quartiere tiene alla propria identità, giudicando goliardicamente i vicini di casa, prendendoli in giro su usi e costumi che variano notevolmente da zona a zona – come giustamente ci fa notare il comico Davide D’Urso-.
Eppure una cosa fa cedere ogni barriera: la golosità.
Infatti il capoluogo pedemontano non vanta solo primati culturali ed artistici, ma anche diverse vittorie culinarie che rendono tutt’oggi la nostra bella città un punto di riferimento anche per quel che riguarda il turismo dei golosi.
Numerosi sono i “Food Festival” che si svolgono a Torino, così come sono diversi gli eventi che si incentrano sul “wine tasting”, sui“cocktail contest”, o le “food experiences” e via discorrendo, tra questi avvenimenti spicca di certo la celebre “kermesse” del cioccolato artigianale che ogni anno, dal 2003, si svolge nel centro della città, “CioccolaTò”.
L’antica Augusta Taurinorum è sempre stata attenta ai palati dei suoi cittadini, tant’è che proprio qui, nel 1780, presso il Caffè Fiorio, luogo di ritrovo di intellettuali e politici, soprattutto durante il Risorgimento, pare sia nato il cono gelato “da passeggio” –anche se il brevetto sarà poi conseguito da altri-.
Diversa invece è la storia del Giandujotto, prodotto inventato dalla Caffarel: quando Napoleone – nel 1806- bandisce tutti i prodotti provenienti dalla Gran Bretagna e dalle sue colonie, i cioccolatai torinesi devono trovare un’alternativa al cacao, sempre più difficile da reperire, e finiscono per scegliere la nocciola delle Langhe, oggi prodotto IGP. La prima azienda a passare dalla crema al cioccolatino è stata proprio la Caffarel, che presenta il suo nuovo prodotto durante il Carnevale del 1865, motivo per cui il nome della squisitezza deriva dalla tipica maschera torinese, che, in quell’evento particolare, lo distribuiva alla folla: il Signor Gianduja.
Rimanendo in tema dolci, pare che Ferdinando Baratti ed Edoardo Milano siano i genitori del succulento cremino, mentre per i sostenitori “del salato” è bene ricordare alcuni piatti tipici della tradizione, come il vitello tonnato, i tajarin, gli agnolotti del plin, il gran bollito misto, il fritto misto alla piemontese, nonché la temutissima Bagna Caoda, letteralmente traducibile con “salsa calda”, che però è composta da aglio, acciughe e olio. Com’è altrettanto caratteristico, le dispute non mancano quando si tratta di tradizioni e ricette, il gusto per il bon-ton contemporaneo vuole che l’aglio possa anche essere eliminato dalla preparazione, ma, dall’altra parte, i puristi s’infervorano, precisando che sia necessaria una fiasca maleodorante per ogni partecipante al banchetto.
Il mio consiglio è di tentare con l’originale, almeno una volta nella vita, basta tenere sott’occhio il calendario e organizzare una mini clausura di sicurezza, per salvaguardare le amicizie ed i rapporti sociali.
Ma c’è tempo per organizzarsi in tal senso, la Bagna Caoda resta comunque un piatto invernale, nel frattempo concentriamoci sulla ghiottoneria estiva per eccellenza, il gelato.
Ancora una volta gli Stati Uniti tentano di sottrarci il primo premio, additando all’invenzione dell’Eskimo Pie, brevettato nel 1922, prodotto che tuttavia si scontra con il noto “Pinguino”, lo stecco che permette di mangiare il gelato senza sporcarsi le mani, ideato e brevettato dalla Gelateria Pepino, fondata da Domenico Pepino, maestro gelataio napoletano immigrato a Torino, che, nel 1916, aveva ceduto l’attività al commendatore Giuseppe Cavagnino e al suocero, Giuseppe Feletti (già affermato imprenditore dolciario).
Il Pinguino è un’innovazione senza precedenti, porta con sé una nuova modalità di consumo e una piccola rivoluzione tra gli intenditori di gelato: ora si tratta di un “prodotto da passeggio”.
Già una svolta di notevole impatto era stata data dall’introduzione dell’uso del ghiaccio secco per trasportare i prodotti freddi e conservarli, scoperta che contribuisce ad aumentare la notorietà della gelateria preferita di Cavour, anche se la vera svolta avviene proprio nel 1938, con il lancio sul mercato del cremoso gelato alla vaniglia ricoperto di cioccolato e messo su stecco. L’originale è costituito da uno stecco in legno con sopra un fior di latte alla vaniglia e una sottile copertura di cacao che, oltre a rendere croccante e appetitoso il gelato, è anche funzionale a mantenere intatto il prodotto, evitando che si sciolga troppo velocemente. È un successo indiscusso, che porta l’azienda a ottenere il brevetto numero 58033, ossia il primo gelato su stecco al mondo. Il passare del tempo vede la realizzazione di diverse varianti, ripiene di menta o gianduja, senza contare poi le collaborazioni con altre case produttrici, come la Leone (Pinguino alla violetta), la Costadoro (Pinguino al caffè), o le tanto modaiole “edizioni limiatate” con tanto di “packaging” creativi predisposti all’occorrenza, come quello con la squadra di calcio del Torino o per il compleanno dei 60 anni della Mini Cooper.
Ma se sugli “stecchini” si può giocare a cavillare, resta però impossibile battibeccare sulle “Cri-cri”, le tonde caramelle composte di cacao, nocciole e zucchero, ma unite in un modo decisamente diverso, con la nocciola tostata avvolta nel cacao e poi la copertura di minuscole praline di zucchero. Non si conosce il nome dell’inventore del dolciume, tuttavia ad esso è legata una leggenda altrettanto zuccherina: il fidanzato della bella Cristina era solito comprare dolcetti come pegno d’amore, quest’ultimo una volta era entrato con l’amata in pasticceria e l’aveva chiamata “Cri”, alla commessa era piaciuto quel vezzeggiativo e lo ripropose al ragazzo “Cri?”, il quale controrispose “Cri!”. Da quel frivolo scambio di battute, il doppio “Cri” diviene una sorta di consuetudine tra il ragazzo e la pasticcera, che decide di battezzare in quel modo la pralina.
Infine perché non citare una bevanda, altrettanto nota tra turisti e “torinesi d’oc”, il Bicerìn. Si tratta di un liquore già in voga nell’Ottocento, soprattutto tra intellettuali e politici, servito all’epoca principalmente nel bar della Consolata, poiché lì, un giorno, qualcuno pensò di cambiare la “bavareisa” – il solito elisir messo in tavola per i consumatori- servendo cioccolato, latte e caffè in tre contenitori distinti, gli ingredienti venivano poi mescolati con uno sciroppo segreto e versati in un piccolo bicchiere con supporto e manico di metallo, “et voilà”, ecco il nuovo “trend” del Bicerìn.
Bene, cari lettori, non so a voi, ma a me è venuta una certa “acquolina in bocca” e direi di chiuderla qui, per questa volta.
Mi accingerei, se non vi spiace, “a ritornare bambina”, intanto che mi appresto a gustare la mia pasta nella confetteria che più mi aggrada: “Bon appétit!” a tutti!
Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Torino, bellezza, magia e mistero Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.
Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Nelle alte valli delle Alpi era usanza liberare una mucca prima di fondare una borgata; l’animale andava al pascolo tutto il giorno per poi trovare il punto in cui distendersi a terra e riposarsi. Quello sarebbe stato il luogo in cui i montanari avrebbero iniziato ad edificare il borgo: «la mucca può “sentire” cose che all’uomo sfuggono, se il posto è sicuro o meno e se di lì si irradiano energie benefiche o maligne».
Anche la fondazione di Torino potrebbe rientrare in una di tali credenze. Ma a questa versione, tutto sommato verosimile e riconducibile a qualche usanza rurale, fanno da controparte altre ipotesi, decisamente più complesse e letteralmente “divine”, poiché hanno come protagonisti proprio degli dei, Fetonte ed Eridano. Avviciniamoci allora a queste due figure. Secondo il mito greco, Fetonte, figlio del Sole, era stato allevato dalla madre Climene senza sapere chi fosse suo padre. Quando, divenuto adolescente, ella gli rivelò di chi era figlio, il giovane volle una prova della sua nascita. Chiese al padre di lasciargli guidare il suo carro e, dopo molte esitazioni, il Sole acconsentì. Fetonte partì e incominciò a seguire la rotta tracciata sulla volta celeste. Ma ben presto fu spaventato dall’altezza alla quale si trovava. La vista degli animali raffiguranti i segni dello zodiaco gli fece paura e per la sua inesperienza abbandonò la rotta. I cavalli si imbizzarrirono e corsero all’impazzata: prima salirono troppo in alto, bruciando un tratto del cielo che divenne la Via Lattea, quindi scesero troppo vicino alla terra, devastando la Libia che si trasformò in deserto. Gli uomini chiesero aiuto a Zeus che intervenne e, adirato, scagliò un fulmine contro Fetonte, che cadde nelle acque del fiume Eridano, identificato con il Po. Le sorelle di Fetonte,, le Eliadi, piansero afflitte e vennero trasformate dagli dei in pioppi biancheggianti. Le loro lacrime divennero ambra. Ma precisamente, dove cadde Fetonte? In Corso Massimo d’Azeglio, proprio al Parco del Valentino dove ora sorge la Fontana dei Dodici Mesi. In un altro mito, Eridano, fratello di Osiride, divinità egizia, era un valente principe e semidio. Costretto a fuggire dall’Egitto, percorse un lungo viaggio costeggiando la Grecia e dirigendosi verso l’Italia. Dopo aver attraversato il mar Tirreno sbarcò sulle coste e conquistò l’attuale regione della Liguria, che egli chiamò così in onore del figlio Ligurio. Attraversò poi l’Appennino e si imbatté in una pianura attraversata da un fiume che gli fece tornare alla mente il Nilo. Qui fondò una città, che dedicò al dio Api, venerato sotto forma di Toro.
Un giorno Eridano partecipò ad una corsa di quadrighe, purtroppo però, quando già si trovava vicino alla meta, il principe perse il controllo dei cavalli che, fuori da ogni dominio, si avviarono verso il fiume, ed egli vi cadde, annegando. In sua memoria il fiume venne chiamato come il principe, “Eridano”, che è, come abbiamo detto, anche l’antico nome del fiume Po, in greco Ἠριδανός (“Eridanos”), e in latino “Eridanus”. Questa vicenda ci riporta alla nostra Torino, simboleggiata dall’immagine del Toro, come testimoniano, semplicemente, e giocosamente, i numerosissimi toret disseminati per la città. Storicamente il simbolo è riconducibile alla presenza sul territorio della tribù dei Taurini, che probabilmente avevano il loro insediamento o nella Valle di Susa, o nei pressi della confluenza tra il Po e la Dora. L’etimologia del loro nome è incerta anche se in aramaico taur assume il valore di “monte”, quindi “abitanti dei monti”. I Taurini si scontrarono prima con Annibale e poi con i Romani, infine il popolo scomparve dalle cronache storiche ma il loro nome sopravvisse, assumendo un’altra sfumatura di significato, risalente a “taurus”, che in latino significa “toro”. È indubbio che anche oggi l’animale sia caro ai Torinesi, sia a coloro che per gioco o per scaramanzia schiacciano con il tallone il bovino dorato che si trova sotto i portici di piazza San Carlo, sia a quelli vestiti color granata che incessantemente lo seguono in TV. C’è ancora un’altra spiegazione del perché Torino sorga proprio in questo preciso luogo geografico, si tratta della teoria delle “Linee Sincroniche”, sviluppata da Oberto Airaudi, che fonda, nel 1975, a Torino, il Centro Horus, il nucleo da cui poi si sviluppa la comunità Damanhur. Le Linee Sincroniche sono un sistema di comunicazione che collega tutti i corpi celesti più importanti. Sulla Terra vi sono diciotto Linee principali, connesse fra loro attraverso Linee minori; le diciotto Linee principali si riuniscono ai poli geografici in un’unica Linea, che si proietta verso l’universo. Attraverso le Linee Sincroniche viaggia tutto ciò che non ha un corpo fisico: pensieri, energie, emozioni, persino le anime. Il Sistema Sincronico si potrebbe definire, in un certo senso, il sistema nervoso dell’universo e di ogni singolo pianeta. Inoltre, grazie alle Linee Sincroniche è possibile veicolare pensieri e idee ovunque nel mondo. Esse possono essere utilizzate come riferimenti per erigere templi e chiese, come dimostra il nodo centrale in Valchiusella, detto “nodo splendente”, dove sorge, appunto, la sede principale della comunità Damanhur. Secondo gli studi di tale teoria Torino nasce sull’incrocio della Linea Sincronica verticale A (Piemonte-Baltico) e la Linea Sincronica orizzontale B (Caucaso).Vi sono poi gli storici, con una loro versione decisamente meno macchinosa, che riferiscono di insediamenti romani istituiti da Giulio Cesare, intorno al 58 a.C., su resti di villaggi preesistenti, forse proprio dei Taurini. Il presidio militare lì costituitosi prese il nome prima di “Iulia Taurinorum”, poi, nel 28 a.C, divenuto un vero e proprio “castrum”, venne chiamato, dal “princeps” romano Augusto, “Julia Augusta Taurinorum”. Il resto, come si suol dire, è storia.
Queste le spiegazioni, scegliete voi quella che più vi aggrada.
Alessia Cagnotto