ilTorinese

“Premio Lattes Grinzane” XV Edizione

Si avvicina, a lenti ma costruttivi passi, la cerimonia di premiazione ad Alba alla presenza dei cinque finalisti

Da giovedì 25 settembre, le prenotazioni per partecipare alla cerimonia

Alba (Cuneo)

Manca poco meno di un mese, ma la “macchina organizzativa” del “Premio Lattes Grinzane” (il riconoscimento internazionale intitolato all’indimenticato Mario Lattes, scrittore editore, fra i più fini intellettuali del secolo scorso, organizzato dalla “Fondazione Bottari Lattes” di Monforte d’Alba e dedicato ai migliori libri di “Narrativa” pubblicati nell’ultimo anno) è ormai da tempo accesa a pieni giri, per arrivare, con tutto (come sempre) in ordine, al fatidico sabato 11 ottobre, allorché al Teatro Sociale “G. Busca” di Alba verrà annunciato il nome del vincitore o della vincitrice della XV Edizione del “Premio”, espressamente voluto da Caterina Bottari Lattes, in memoria del grande marito. A comporre la cinquina finalista sono quest’anno tre scrittori e due scrittrici, un solo italiano. I loro nomi: Mathieu Belezi – nato a Limoges, ma oggi residente fra Roma e Parigi – con “Attaccare la terra e il sole” (“Gramma Feltrinelli”, traduzione di Maria Baiocchi), la scrittrice  e regista teatrale tedesca Jenny Erpenbeck con “Kairos” (“Sellerio”, traduzione di Ada Vigliani), lo scrittore irlandese Paul Lynch con “Il canto del profeta” (“66thand2nd”, traduzione di Riccardo Duranti), la cilena Alia Trabucco Zeràn con “Pulita” (“Sur”, traduzione di Gina Maneri) e il fiorentino Sandro Veronesi con “Settembre nero” (“La Nave di Teseo”).

Contestualmente alla cerimonia di premiazione, all’autrice etiope Maaza Mengiste verrà conferito il “Premio Speciale Lattes Grinzane”, attribuito in ogni edizione a un’autrice o a un autore internazionale di fama riconosciuta a livello mondiale e che nel corso del tempo abbia ricevuto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico. Nata ad Addis Abeba nel 1971, a soli tre anni, nel 1974 Maaza fu costretta con la famiglia a lasciare la sua terra, a seguito del colpo di Stato orchestrato da Menghistu Hailè Mariàm contro l’imperatore Hailé Selassié I, al potere dal 1930. Numerosi i suoi spostamenti da Lagos, in Nigeria, a Nairobi, in Kenya e infine a New York, dove studia “Scrittura creativa” all’ Università de “La Grande Mela” e dove a tutt’oggi vive. Fra i vari Premi conseguiti, è stata nominata “New Literary Idol” dalla Rivista “New York Magazine” e nel 2021 con il libro “Il re ombra” (dedicato alle donne che si ribellarono a Mussolini) ha vinto il Premio “Gregor von Rezzori” di Firenze ed è stata finalista all’“International Booker Prize” nel Regno Unito. Sarà quindi una grande e davvero attesa presenza, quella della scrittrice d’origine etiope alla cerimonia di premiazione al “Busca” di Alba, per la quale – attenzione! – il pubblico potrà prenotarsi a partire da giovedì 25 settembre, tramite il sito www.fondazionebottarilattes.it. L’appuntamento sarà anche trasmesso in “diretta streaming” sul sito e sui canali social della “Fondazione Bottari Lattes”.

Domenica 12 ottobre, invece, per il secondo anno si rinnova la collaborazione tra la “Fondazione” e la Rassegna “Cervo in Blu d’inchiostro”, appuntamento che dal 2012 porta i grandi protagonisti della Letteratura Contemporanea nello splendido borgo di Cervo (Imperia): al “Castello dei Clavesana” il finalista francese Mathieu Belezi sarà in dialogo con Walter Scavello, docente di Inglese del “Liceo Cassini” di Sanremo, e con Francesca Rotta Gentile, curatrice della rassegna. Gli intermezzi musicali saranno a cura della cantante e pianista Ines Aliprandi.

Come sempre a determinare i romanzi finalisti e il “Premio Speciale”, è stata una “Giuria Tecnica”, presieduta per questa edizione dalla giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica Loredana Lipperini, cui s’affiancheranno i 400 studenti e studentesse delle “Giurie Scolastiche”, ancora oggi impegnati nella lettura delle opere finaliste per individuare l’opera vincitrice di quest’anno.

Nella mattinata di sabato 11 ottobre, i ragazzi avranno l’opportunità di incontrare i cinque finalisti in un appuntamento a loro dedicato al “Castello di Grinzane Cavour”. In totale sono 25 gli “Istituti Superiori” coinvolti, sparsi in ogni parte d’Italia e per la prima volta anche in Perù, con l’adesione del Colegio Italiano “Antonio Raimondi” di Lima. Fra i 25 prescelti, tre sono in provincia di Cuneo e due i torinesi: il Liceo Classico e Linguistico “Vincenzo Gioberti” di Torino e il Liceo Scientifico Linguistico e di Scienze Umane “Charles Darwin” di Rivoli (Torino). Sottolinea, circa la scelta della cinquina finalista, la presidente Loredana Lipperini“Le opere ammesse in finale raccontano storie che vanno in controtendenza rispetto al filone sempre più ossessivo dell’autonarrazione, opere che grazie alla letteratura riportano la memoria, la Storia (anche trasfigurata nel futuro), le questioni sociali all’attenzione di tutti. Una cinquina preziosa e importante, che dimostra come le possibilità della scrittura siano ancora infinite, e non solo limitate al rispecchiamento del sé”.

Per info: “Fondazione Bottari Lattes” via G. Marconi 16, Monforte d’Alba (Cuneo): tel. 0173/789282 o www.fondazionebottarilattes.it

Gianni Milani

Nelle foto: Cover cinquina finalista e Maaza Mengiste; Mathieu Belezi (Credits Elliott Verdier)

Quando i “muri” tornano a rianimarsi

Sei artisti negli spazi dell’Officina ADhoc

Negli spazi dell’Officina ADhoc (via Cervino 24, sino al 14 ottobre), fondata in Barriera di Milano da Enrico Fabbri sette anni fa, luogo di lavoro e di comunicazione, studio fascinoso modernamente inteso (appunti, schizzi e fogli sparsi, tavoli che raccolgono progetti, manifesti e libri, una affettuosa e laboriosa quantità di libri sparsi, spazio per formativi scambi d’idee e riflessioni), sei artisti – sotto la guida, preziosa, di Elena Radovix – che tra fotografia, pittura, collage, incisione, installazione sovvertono e annullano la convinzione antica che i muri altro non siano che il foglio di carta bianco per perdigiorno e imbecilli. Riuniti in fantasioso quanto spericolato gruppo, sono Laura Berruto, Raffaella Brusaglino, Claudio Cravero, Bahar Heiderzade, Guido Pigni e Michele Rigoni. “Muri” è la mostra che essi compongono. Muri solidi e sostanziali, muri che sono pronti a imbrigliare ricordi, che lasciano nella memoria di ciascuno e nelle loro memorie personali una ragnatela di tracce, una ricostruzione d’identità, muri che fanno intravedere vite ed esistenze di un tempo, testimonianze di oggetti e di affetti abbandonati, oggi appannate o forse del tutto distrutte; muri che sono manifesto politico e memento bellico ma pure, con sguardo ben più ampio e quasi affannosamente legati alla parola speranza, angolo di poesia, spazi di rifugio per uomini di pace e di cultura, di nuovi amplificati ambienti, di reinvenzioni, di nuove appartenenze come di rapporti con epoche lasciate in bilico. “Ogni artista, seppur con linguaggi diversi, apre una prospettiva sul rapporto tra luoghi e persone, tra segni individuali, intimi e memorie collettive condivise”, sottolinea la curatrice. Ogni proposta, ogni intento all’insegna di quei “muri”, che umanamente, tra le grandi fragilità che tocchiamo giorno dopo giorno, tra simbologia e realismo, guardando alla realtà contemporanea, richiamano alla “chiusura e apertura, separazione e incontro, allontanamento e vicinanza”.

Tra questi “luoghi che parlano” spinge allo sguardo, in primo luogo, con prepotenza, il “Muro di Memoria” realizzato site specific per la mostra dall’artista iraniana Bahar Heidarzade, che già avevamo conosciuto e apprezzato lo scorso anno in una galleria del centro. Un’artista che ha abbandonato il proprio paese a ventisei anni, quell’Iran in cui non può esprimere la propria opinione, in cui vede cancellata ogni traccia di trucco o ogni desiderio di studiare musica, come di ballare o cantare, dove le è proibito togliere l’hijab, dove più volte è arrestata per il modo in cui lo indossa. Qui e oggi, un muro di mattoni, sul lato lungo di essi differenti scritte in lingua araba, un simbolo di collettività, tanti individui allineati, uno accanto all’altro, proprio come quei mattoni; ma pure un simbolo di separazione, il ricordo di confini invalicabili, di terre e di culture. Prevale il ricordo dell’abbandono, “questo muro è come uno scudo. Tutti i dittatori usano questo tipo di scudo per proteggersi”, ripete Bahar: e all’ombra di quel muro è ancora fisso il ricordo di quanti hanno tentato di attraversarlo.

Claudio Cravero, le radici nella grafica pubblicitaria e da sempre appassionato di fotografia, instancabile viaggiatore, presenta un gruppo di immagini che appartengono alla serie “Fantasmi”, nata nel 1996 e che ancora oggi viaggia in progress, la volontà affettuosa di “documentare i luoghi svuotati dalla presenza umana ma ancora intrisi di memoria.” L’autore va alla ricerca di tracce, del tempo perduto, forse anche lui del profumo delle mdeleines, attraverso la sospensione della luce naturale (e con quella rimanda chi guarda a certi nomi della pittura antica) grazie alla quale sembra voler esplorare, più da vicino, le crepe allineate sui muri, l’ombra di un quadro che lì è stato tante volte guardato, piccoli oggetti dimenticati e testimonianze suggerite, “archivi di vite”, muri che non sono barriere ma presenze che hanno raccolto e protetto innumerevoli vite umane. Guido Pigni “è da sempre attratto dai luoghi dismessi, di cui rimangono solo tracce.” Ancora spazi che avvolgono conflitti e memorie, simbologie, squarci urbani, giocati nelle incisioni e nelle acquetinte che diventano palcoscenici per una vita quotidiana. “È per me una metafora del deterioramento sociale di questi anni, della precarietà costante che ha sostituito le certezze e le sicurezze cui eravamo abituati, del senso di comunità che è venuto a mancare”, spiega l’artista. Un lavoro che vede inizialmente l’uso di lastre di ferro dismesse, scarti di lavorazione industriale che già abbiano in sé segni rugginosi: ma è la creazione di altre vite, ancora tracce di memoria e memorie urbane, con la nascita di esempi di devozione popolare, tra una Vergine accogliente e crocefissi e quadretti con il Cristo che stanno nella cucina di casa, oppure un solitario crocevia di un paese straniero: il diritto a preservare, “prima che il tempo o le trasformazioni della città li cancellino o li sovrascrivano.”

Uno sfondo e un primo piano sono il focus delle opere di Michele Rigoni. Dapprima, un ventaglio amplissimo di cartoline, bianconero o seppia, cartoline antiche “che hanno viaggiato”, ricevute o rintracciate qua e là, nei mercatini o in qualche cassetto, cartoline che hanno raccolto sentimenti e saluti e impressioni di viaggio; poi immagini di famiglia, chiuse negli album e riportate alla luce e indietro dal tempo. L’autore accomuna entrambe, le sovrappone, le intercala, le ricama con interventi tutti personali, stralci di memorie inserite elegantemente in strutture e in panorami dove la vita trascorsa mai aveva avuto accesso. Nuove composizioni, inserimenti che non ti aspetti: “Per me il muro è una soglia: un confine tra ciò che può svanire e ciò che potrebbe diventare.”

Da sempre chi scrive ama la pittura antica di Raffaella Brusaglino, quella di personaggi rinascimentali riportati davanti a noi, i visi e le posture di Piero che si fanno nuovi affreschi. Ama anche le opere della serie “Mappa Mundi”, ancora l’immissione delle rilucenti parti dorate e dei vari strati di pittura che nella mostra vedono gli inserimenti di memorie familiari. Gesso, sabbia, ossidazioni, pigmenti a costruire stratificazioni, la foglia oro e argento che ci ridona tutta l’antichità sino alla tradizione bizantina: stratificazione e luce che abbracciano nell’occasione frammenti dei progetti tecnici realizzati dal padre, ingegnere aeronautico. Piccoli precisi tratti, sezioni e raggiere che paiono quasi antichi fossili, macchie azzurroverdi, studi di un tempo e vitalismo di oggi, arte e tecnica preziosa in un dialogo che non è più soltanto il depositarsi sulla tela ma appropriarsi di un rapporto tra figlia e padre. Appropriata anche l’installazione “Pioniera”, scultura in alluminio con inserti di piccole piante, una figura femminile intenta a osservare, credo, quanto sia potuto nascere dopo la sparizione di un muro preesistente.

Per le fotografie di Laura Berruto, la curatrice parla di “un pellegrinaggio silenzioso tra le vie urbane” alla scoperta di immagini che vanno scomparendo, che hanno raccontato vite, hanno raccolto pensieri e impressioni, inviti all’acquisto, reclamizzazione di prodotti, i più svariati. Manifesti strappati, che secondo la lezione di Mimmo Rotella assumono un futuro e se lo rivestono, in piena autonomia: una fotografia potrà suggerire una fenditura del muro pronta a evocare la forma di un busto classico, un albero ben ramificato potrà mescolarsi alle maiuscole di una pubblicità o a quelle colorate che qualcuno ha disegnato; scritte con date e orari di qualche manifestazione ridaranno nuova vita al muso di una leonessa che ha probabilmente suggerito al pubblico una visita al vecchio circo che qualche mese fa metteva le tende nel quartiere. E il muro torna a rianimarsi.

Elio Rabbione

Nelle immagini, nell’ordine, un’opera di Claudio Cravero, la stratificazione “pubblicitaria” di Laura Berruto, “Mappa Mundi” e “Pioniera” di Raffaella Brusaglino.

“Sogno, realtà, stupore”: la stagione del teatro Corcordia di Venaria

Tra commedie , spettacoli impegnati, classici, concerti e balletti

Si intitola “Sogno, realtà, stupore” la nuova stagione 2025-2026 del teatro Concordia di Venaria, che offrirà agli spettatori, dal 21 settembre prossimo fino al 10 maggio 2026, oltre sessanta tra spettacoli e concerti. Reduce dal successo della scorsa stagione, in cui si è  parlato di ben 80 mila biglietti staccati, il teatro Concordia punta sulla muldisciplinarietà, dando vita ad un cartellone capace di emozionare, far riflettere, intrecciare  nomi di rilievo e linguaggi diversi, proponendo storie al femminile, storie letterarie, teatro civile.

Il 25 ottobre salirà sul palco Alessandro Bergonzoni con la pièce” Arrivano i Dunque” ( “Avannotti, sole blu, e la storia della giovane Saracinesca”), su testo dello stesso Bergonzoni , iĺ 21 novembre andrà in scena “Storia di un cinghiale. Qualcosa su Riccardo III”, scritto e diretto da Gabriele Calderón con Francesco Montanari, il 28 novembre “ Una stanza tutta per noi” di e con Carlotta Vagnoli. Diverse saranno le protagoniste, infatti,  di storie al femminile, tra  cui Cristiana Capotondi, che affronterà il bombardamento di Firenze del ’43, Amanda Sandrelli nel ruolo di Caterina ne “La bisbetica domata” di William Shakespeare, Maria Grazia Cucinotta sarà  “ La moglie fantasma”, mentre Annagaia Marchiaro interpreterà il ruolo di ‘Fulminata’ nel monologo scritto con Teresa Mannino.

Dopo due classici della letteratura, Amleto di Filippo Timi, e lo spettacolo liberamente ispirato alla Storia di Elsa Morante, il registro diventa più  leggero con l’esecuzione della commedia “Rumori fuori scena” di Micheal Frayn  e “ Un ponte per due” di e con Antonello Costa.
La satira e la comicità saranno affidati a Enzo Iacchetti, Federico Bassi e Giueppe Giacobazzi. Il Gran Galà di Capodanno vedrà  la partecipazione dei Lucchettino.
Non mancheranno i classici appuntamenti con la danza,  “Lo Schiaccianoci “ della International Classical Ballet of Ukraine e “Il lago dei cigni” con i danzatori del Balletto dell’Opera Nazionale di Stato rumena. Il 18 gennaio l’atteso appuntamento con la pièce “Il mare nel cassetto – la via di Franco Battiato” raccontato dalla brava giornalista di RAI Radio 2 Silvia Boschero con l’accompagnamento sonoro di Giua e Anaïs Drago. Il 6 marzo 2026 reciterà Alessio Boni in ‘Uomini si diventa. Nella mente del femminicida’.
Il programma è realizzato in collaborazione con Piemonte dal Vivo.

Mara Martellotta

Sul palco dell’entroterra Concordia salirà anche il Sunshine Gospel Choir. Vi saranno anche spettacoli rivolti alle famiglie e esempi di teatro civile come la pièce intitolata “Viaggio adAuschwitz”.

Una petizione per ripulire Torino dai graffiti

Caro direttore,

Torino è una città dal patrimonio storico, artistico e culturale unico.
Le sue strade, i palazzi, le piazze e i portici raccontano secoli di storia e di bellezza.
Oggi, però, questa bellezza è sempre più minacciata da graffiti e scritte vandaliche che, partendo dalle vie del centro, si estendono in quasi tutti i quartieri.

Questi interventi non autorizzati non sono “arte di strada” ma atti di vandalismo che rovinano il decoro urbano, svalutano gli edifici, trasmettono un senso di degrado sociale e incidono negativamente sul benessere dei cittadini e sull’immagine turistica della città.
Chi visita Torino – ma anche chi la vive ogni giorno – trova muri sporchi, serrande imbrattate e monumenti sfregiati, segno di una città che appare trascurata.

Più graffiti illegali rimangono in giro, più i vandali si sentono autorizzati a vandalizzare ulteriormente: è l’“effetto contagio” del degrado.
Invertire questa tendenza è possibile e necessario, per ridare a Torino l’antico prestigio e il rispetto che merita.

Con questa petizione https://chng.it/9KH5JxxrLK chiediamo formalmente al Comune di Torino di:

  • Avviare un piano straordinario di pulizia e rimozione dei graffiti vandalici da edifici pubblici e privati (con eventuali incentivi o contributi ai proprietari).
  • Rafforzare il controllo e la prevenzione contro i nuovi atti vandalici (sorveglianza, sanzioni, campagne educative).
  • Promuovere, parallelamente, spazi autorizzati e regolamentati per l’espressione artistica dei writers, distinguendo l’arte dalla vandalizzazione.

Ridare decoro significa migliorare la qualità della vita, attrarre turismo e investimenti, e restituire ai torinesi l’orgoglio della propria città.

Firma anche tu questa petizione per chiedere al Comune di Torino di agire subito: insieme possiamo riportare Torino alla sua bellezza originaria.

Paolo Succo 

Promotore

Raccolta delle mele, controlli dei carabinieri

Nella prima decade di settembre i militari del Comando Compagnia di Pinerolo, unitamente al personale del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Torino e a personale tecnico dell’Ispettorato d’Area Metropolitana, hanno portato avanti un’attività di controllo nel comparto agricolo, settore da sempre esposto al rischio di sfruttamento e lavoro irregolare.
Le ispezioni hanno interessato due aziende di coltivazione frutta con il personale intento nella raccolta delle mele e delle pere.
Nella prima azienda corrente in Bibiana (TO) è stato riscontrato l’impiego di un lavoratore in nero, ovvero in assenza di comunicazione obbligatoria al centro per l’impiego, oltre alla mancanza della visita medica prevista per il lavoratore con la mancata formazione dello stesso.
Nella seconda azienda corrente in Cavour (TO) è stata riscontrata la mancata formazione ed informazione di cinque lavoratori; nel complesso sono state verificate dodici posizioni lavorative. Entrambi i titolari sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria emanando provvedimenti prescrittivi al fine di sanare le situazioni riscontrate, elevando sanzioni per un totale di 7.000 euro.

Oltre il grigio sabaudo: eleganza e libertà di colore a Torino

/

Quando ci si avvicina a Torino, al ritorno da un periodo altrove, si vede una città grigia. E’ stato, per decenni, il grigio-fabbrica; ora la fabbrica non c’è più, ma il grigio è rimasto.

Molte signore torinesi si adattano al grigiore: anche in virtù dell’understatement sabaudo, scelgono grigio, blu e nero, un po’ di beige, e bianco nelle stagioni più calde. All’arrivo a Torino, si tende a conformarsi a questa tendenza: gli altri colori ci sembrano fuori posto. Continuiamo così, a ignorare (pressoché) gli altri colori, o prendiamo atto che qualche altro colore ci piace e ci sta pure bene?

Io credo che uscire dalla monotonia e dall’uniformarsi sia sempre un bene.

Nero, grigio, blu, sabbia sono senza dubbio eleganti e raffinati. Essi rientrano tra i cosiddetti “Crossovers”, cioè i colori che stanno bene a tutti e si abbinano con tutti gli altri colori. Diversamente, il bianco è un colore, che esiste in tonalità diverse ciascuna delle quali è consigliata a seconda delle caratteristiche di ciascuno. Un capo o accessorio bianco non è particolarmente facile da abbinare, se non con i colori Crossovers. Dipende, poi, dal tipo di capo: una camicia bianca – capo base del guardaroba – sarà più semplice da abbinare di un blazer bianco. Certamente i commercianti hanno facilità a trattare i colori Crossovers:  come le taglie uniche e i capi base, quale la citata camicia bianca, possono essere proposti a tutti i clienti indistintamente. Proporre questo gusto come simbolo di unica, o preferibile, eleganza mi pare invece una forzatura, che non tiene conto dei possibili gusti del cliente. I colori citati lo sono sicuramente, ma escludere gli altri tout court è limitativo.

Che cosa pensiamo del cammello, colore non certo stravagante, che ha fatto la fortuna di tanti capi spalla e resta uno dei colori preferiti per il cappotto? Certo, non si può proporre a qualsiasi cliente, occorre avere nozioni di armocromia, alla base degli studi, e del successo planetario di Pantone.  Che cosa vogliamo dire del bordeaux, o del melanzana, colori di grande eleganza, specie in autunno-inverno? Anche qui, occorre sapere individuare la giusta tonalità di questo colore per il singolo cliente. Altrettanto diciamo per il verde, altro colore che può essere indossato nella stagione alle porte. Ancora, il marrone: uno dei colori fantastici per l’autunno. Potrei continuare, per affermare che non soltanto i colori Crossovers come nero, blu, grigio sono eleganti e raffinati: sono semplicemente più facili da proporre.

Possiamo osare e indossare nella “città grigia” un tocco di colore? Se risponde al nostro gusto, perché no? E’ un’ottima occasione per distinguerci dalla massa, anche di livello elevato. Certo, indossare i colori è più difficile. I colori vanno scelti con armonia, in modo adatto a noi: oltre che secondo il nostro gusto, anche secondo le nostre caratteristiche. La scelta di una tonalità piuttosto di un’altra può avere effetti favolosi o devastanti. Eventualmente, l’occhio dell’esperto saprà aiutare e guidare negli abbinamenti dei colori, altro aspetto importante e non sempre facile.

Alla domanda: a Torino l’armocromia può esistere, chi la sa applicare risponde: perché no?

Chiara Prele

 

Nuova vita per il gazebo dei Giardini Sambuy

 

Taglio del nastro ieri per la riapertura del gazebo dei Giardini Sambuy di piazza Carlo Felice.

Dopo dieci anni, grazie ai lavori di riqualificazione dell’associazione Giardino forbito che ne avrà la gestione e la cura, riprende vita quello che si propone di rappresentare uno spazio di cultura e partecipazione all’interno di una oasi verde, biglietto da visita della città per chi arriva dalla stazione di Porta Nuova.

Al taglio del nastro, che si è svolto in concomitanza del Mercato della biodiversità Googreen nell’edizione speciale Aspettando Cheese, era presente il sindaco Stefano Lo Russo insieme con la presidente dell’associazione Giardino Forbito Antonella Giani, il presidente della Camera di commercio Massimiliano Cipolletta e la presidente della Circoscrizione Uno Cristina Savio. Presenti in giornata per una visita al Giardino rinnovato anche gli assessori Purchia, Porcedda, Foglietta e Tresso

“Siamo davvero molto contenti di scrivere oggi una nuova pagina della storia di questo luogo, nato grazie ad una grande intuizione dell’allora assessore alla Cultura Fiorenzo Alfieri – ha detto il sindaco Stefano Lo Russo-. Un luogo di socialità, cultura, aggregazione e di presidio positivo del territorio, che si trova all’interno di uno dei giardini storici che ogni giorno danno il benvenuto a tutti coloro che vanno e vengono dalla città o che vi arrivano per la prima volta per visitarla. Valorizzare gli spazi della città significa anche prendersene cura, con impegno condiviso tra realtà pubbliche, private e associazioni”.

Da domani il gazebo Sambuy tornerà ad essere nella disponibilità dei cittadini per eventi, workshop e laboratori, lezioni e convegni, spettacoli e concerti, incontri letterari, feste, momenti di condivisione e divulgazione attorno ai temi della sostenibilità e dell’innovazione.

Ottobre sarà il mese dedicato alla vendemmia e alla lettura, novembre il mese dell’arte in tutte le sue forme, dicembre sarà dedicato agli appuntamenti natalizi.

TORINO CLICK

Dodecarun, a Rivarolo quarto record italiano per Carla Primo

Francesco Carrera senza rivali, vince e prende il largo in classifica

Rivarolo, 14 settembre 2025

Ancora un primato italiano over 55 per Carla Primo, che arriva a quota quattro record di categoria in questa prima stagione di Dodecarun. Sulla
nuova pista di Rivarolo l’atleta del Borgaretto ’75 ha corso i 3000 metri in 10’31”8, migliorando di oltre 3 secondi il tempo da lei stessa raggiunto
a giugno nella tappa di Cuneo del circuito. Il poker di Carla Primo si completa con i primati sui 1500 (5’00”2 il 2 luglio a Vercelli) e 5000 metri
(18’01”9 il 2 giugno ad Alessandria).

La prova è stata segnata dalla partenza coraggiosa della 23enne Federica Pagliassotto (32 anni più giovane della Primo), in testa per più di tre
quarti di gara «Mi ha aiutato molto – ha detto Primo – Mi ha fatto da punto di riferimento, specie nel finale, quando ho capito che il record era alla
mia portata». Dietro a Pagliassotto, che ha pagato nell’ultimo tratto l’avvio veloce, terzo posto per la junior del Cus Torino Lucia Porello.
Con la prestazione di sabato, Carla Primo avvicina Sofia Cafasso al vertice della classifica del circuito. In campo maschile, invece, prende il largo
Francesco Carrera. Dopo aver vinto la sera prima una corsa su strada a Ghemme, l’atleta della Casone Noceto ha dominato fin dal primo metro
la prova di Rivarolo, chiudendo in 8’39”7. «L’obiettivo era scendere sotto gli 8’40” per raccogliere qualche punto Dodecarun in più. A questo
punto della stagione bisogna essere anche un po’ ragionieri…». Carrera ha preceduto sul traguardo Matteo Baffoni e Niccolò Salustri,
giovanissima coppia dell’Atletica Canavesana.

Domenica prossima la dodicesima tappa di Dodecarun si svolgerà a Cameri (Novara), con la seconda edizione di Corri in Aeroporto organizzata
dall’Atletica Trecate: 10,1 km all’interno dell’aeroporto militare. Iscrizioni aperte sul sito www.irunning.it fino alle ore 20 di giovedì 18 settembre.
Il circuito Dodecarun prevede venti gare tra pista, strada e cross: la graduatoria sarà stilata calcolando i dodici migliori punteggi. I primi 10 delle
classifiche assolute maschili e femminili saranno premiati con una stella Dodecarun (in oro 18k e diamanti con valore a scalare da 6.350 a 1.100
euro). Il montepremi si completa con buoni dal valore complessivo di 15.000 euro per le venti categorie in gara. Complessivamente, Dodecarun
mette in palio premi per circa 70.000 euro.

RISULTATI
Rivarolo (Torino), 13 settembre 2025, 3000 metri. Uomini. 1. Carrera (SM35, Casone Noceto) 8’39”7; 2. Baffoni (allievo. Atletica Canavesana) 9’01”4; 3. Salustri
(allievo, Atletica Canavesana) 9’02”3; 4. Giaquinta (Atletica Venaria) 9’15”7; 5. Sovera (SM35, Atletica Saluzzo) 9’49”0; 6. Daponte (SM45, Atletica Novese)
9’58”9. Altra serie: 1. Busato (SM35, Atletica Canavesana) 9’20”7; 2. Monteforte (Team Peretti) 9’51”4; 3. Ibnoucheikh (Atletica Canavesana) 9’51”7; 4. Tonso
(allievo, Atletica Canavesana) 9’57”3. Donne. 1. Carla Primo (Borgaretto ’75) 10’31”8 (record italiano over 55, precedente stessa atleta 10’35”15, Cuneo 22 giugno
2025); 2. Pagliassotto (Milano Atletica) 10’36”4; 3. Porello (Battaglio Cus Torino) 10’58”0; 4. Cavalieri (Sisport) 11’00”7; 5. Laino (SF45, Brancaleone Asti)
11’41”2; 6. Gioia (SF55, Giannonerunning) 11’48”4; 7. Mancin (allieva, Running Team ’99) 11’55”6; 8. Conoscenti (SF50, Borgaretto ’75) 12’00”9; 9. Cammaleri
(SF55, Borgaretto ’75) 12’06”6; 10. Bombaci (SF55, Borgaretto ’75) 12’37”3.

Martedì 16 settembre MITO SettembreMusica raddoppia

La giornata di martedì 16 settembre sarà molto intensa per il programma di MITO SettembreMusica con due appuntamenti,  alle 17, al teatro Vittoria,  all’interno del percorso intitolato “Berio e le avanguardie”, e alle ore 20, alle Officine Caos, con un concerto che fa parte della sezione ” Rivoluzioni – Tempi di gierra- tempi di pace”.

Il primo dei due concerti vedrà protagonisti i vincitori del Premio Internazionale Antonio Mormone, al violino  Hawijch Elders, vincitore del Premio Mormone 2025 e al pianoforte Ying Li, vincitrice del Premio Antonio Mormone 2021.
Di Fritz Kreisler verrà eseguito il Recitativo e Scherzo Capriccio op 6, di Luciano Berio la Sequenza VIII per violino, di Fritz Kreisler Liebersfreud, trascrizione per pianoforte di Sergej Rachmaninov, di Luciano Berio la Sequenza IV per pianoforte e di Franz Schubert la Sonata in la maggiore op. 162 D 574 “ Gran Duo”.
Il secondo Concerto, serale, avrà inizio alle 20 alle Officine Caos e prevede l’esecuzione di “Without Blood There Is No Cause”, The Body of Julius Eastman.
Regia e spazio scenico sono di Fabio Cherstich, la drammaturgia musicale di Oscar Pizzo, il video di Vincenzo Sileo.
Al gruppo Vocale Sei Ottavi si aggiunge il Quincy Blue Choir di Ivrea, diretto da Lorenzo Vacca, con Afra Kane al pianoforte,  Caroline Parmantier, Moustapa  Dembélé e Noah Weber al pianoforte.

Musica, video e parole servono per presentare la figura poliedrica di Julius Eastman (1940-1990). La serata è strutturata come un Oratorio laico  e celebra la personalità del musicista, cantante e compositore afroamericano, il cui contributo alla musica d’avanguardia viene esplorato in un programma biografico. Partendo da Turtle Dream di Meredith Monk, prima opera in cui Eastman partecipò come vocalist, viene presentato un collage di composizioni e immagini  che esplorano i temi cari all’autore, la condizione delle minoranze nere e queer nell’America conservatrice, il canto popolare afroamericano come risposta alla musica colta bianca, l’improvvisazione come strumento di liberazione e catarsi.

Mara Martellotta