redazione il torinese

DA BRESCIA IN DONO A CASCIA LA ‘CAMPANA DELLA RINASCITA’

L’annuncio nel giorno di Santa Rita del sacro bronzo frutto della sensibilità della Parrocchia bresciana di San Bartolomeo di Castenedolo. Sarà fusa dalla rinomata ‘Pontificia Fonderia Marinelli’ di Agnone, in Molise

CASTENEDOLO (BS), Lì 22 Maggio 2019 – Il giorno tradizionalmente dedicato alla memoria liturgica di Santa Rita quest’anno porta con sé un inatteso regalo per gli abitanti di Cascia, paese natale della Santa delle cause impossibili.

‘Una campana fa un popolo’, recita un antico adagio. Un sacro bronzo pregiato e prezioso, del diametro di ben 50 cm, nota Sol Bemolle e 80 chili di peso, finemente decorato e ornato: è questo il dono appassionato e generoso della Parrocchia San Bartolomeo Apostolo di Castenedolo (BS) alla Parrocchia di Cascia, funestata dal sisma del 2016.Un’iniziativa fortemente sentita e voluta dal Parroco, Don Tino Decca, che per le campane nutre un’affezione speciale, e subito sposata con evidente entusiasmo dall’intera comunità bresciana. Quel tragico 24 Agosto, giorno del terremoto, mentre a Cascia dormiente la terra tremava, da noi erano invece in corso i gioiosi festeggiamenti di San Bartolomeo Apostolo, nostro Santo Patrono“, ricorda don Tino. Che aggiunge: “Immediatamente, appresa la notizia del disastro, il pensiero volò al dramma dei cari fratelli del Centro Italia. Così nacque l’idea della campana, come segno di ideale comunione dei cuori dei fedeli cristiani legati tra loro attraverso quei rintocchi antichi che, ogni giorno, ci ricordano di Dio“. Racconta ancora il prelato: “Contattato il Pievano don Renzo Persiani Parroco della Parrocchiale Collegiata di Santa Maria della Visitazione irrimediabilmente colpita dal sisma, lo incontrammo con alcuni giovani del nostro Oratorio ‘San Pio X’ che si prodigarono fin da subito per promuovere iniziative volte a sostenere la popolazione di Cascia, raccogliendo la generosità dei fedeli di Castenedolo. Ne è nato un sodalizio rafforzatosi di giorno in giorno, grazie anche all’interessamento in loco di don Canzio Scarabottini, Pro-Rettore del Santuario di S. Rita in Roccaporena di Cascia, e del consigliere comunale Piero Reali”.Gli fa eco Davide Anselmini, della Parrocchia donatrice e Coordinatore del progetto: “Questa campana è storia della Provvidenza. Quando, insieme al giornalista e designer Maurizio Scandurra – Testimonial della Pontificia Fonderia Marinelli cui ne abbiamo affidato la realizzazione – ci siamo trovati per studiarne il bozzetto grafico, spontaneamente abbiamo deciso di dare evidenza ai Santi Sociali: da San Luigi Guanella, che per la prima volta nella storia troverà posto su una campana, a San Giovanni Bosco, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, a San Giuseppe Cafasso”.

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Riprende poi entusiasta Anselmini: “Con in più i Santi Bresciani Paolo VI, Faustino e Giovita, in segno di riconoscenza ai protettori del nostro territorio, il nostro Patrono San Bartolomeo, San Michele Arcangelo, la Divina Provvidenza e la Madonna che scioglie i nodi, in ossequio alla devozione tanto cara al nostro amato Papa Francesco”. Conclude Maurizio Scandurra: “Con gioia mi ritrovo a collaborare nuovamente con gli amici fraterni della Parrocchia di Castenedolo, con i quali realizzammo a Dicembre 2018, grazie anche alla sensibilità del noto avvocato bresciano e benefattore Serafino Di Loreto, la ‘Campana della Nuova Vita’, splendido esemplare di bronzo a firma Fonderia Marinelli che suona per le nuove nascite e in ricordo dei tanti bambini saliti al cielo prematuramente”. Per poi continuare: “La ‘Campana della Rinascita’, così battezzata come inno alla speranza e alla ricostruzione, pensata appositamente per Cascia, si pone in ideale soluzione di continuità con la prima di Castenedolo: un documento di bronzo che ricorda come tutto è possibile all’uomo che confida soltanto nel Signore, come insegna San Paolo Apostolo. Un raffinato monumento sonoro affidato, come per tutte le importanti ricorrenze, alla comprovata e ineguagliabile esperienza della tradizione ultramillenaria della ‘Pontificia Fonderia di Campane Marinelli’ guidata dai cari e stimati Fratelli Armando e Pasquale: artigiani unici, come il resto della loro famiglia, con un cuore pulsante nel segno della fede, dell’arte e della bellezza senza tempo dei loro preziosi manufatti da sempre apprezzati in ogni angolo del mondo”. La ‘Campana della Rinascita’ verrà benedetta e consegnata, nel corso di una solenne celebrazione che sarà presieduta da sua Eccellenza il Vescovo della Diocesi di Spoleto-Norcia Monsignor Renato Boccardo, alla presenza delle autorità locali e religiose, il prossimo 15 Settembre, giorno della ricorrenza di Santa Maria della Visitazione, Patrona della cittadina umbra.

 

Juve, tempo di saluti e tributi

Ieri sera allo Stadium è andato in scena uno spettacolo meraviglioso, dove la partita è risultata l’ultima delle comparse; invece, la prima stella è stata premiata all’inizio, ovvero Andrea Barzagli, che ha dato l’addio al calcio giocato nel suo stadio, davanti al suo pubblico

Quel pubblico che l’ha visto arrivare in punta di piedi, nel 2011, per poi vederlo trasformarsi, partita dopo partita, in uno dei difensori più forti del calcio italiano, perno insostituibile della leggendaria BBC, con Bonucci e Chiellini, nella Juve ed in Nazionale: un ragazzo eccezionale, mai una parola di troppo, serio professionista e autentico uomo-spogliatoio, si è tatuato la Juventus nel DNA e detiene, insieme a Chiellini, un record inarrivabile: 8 scudetti consecutivi. Chapeau.
Gioca un’ora, poi Allegri lo toglie per fargli ricevere il doveroso tributo, e i tifosi si spellano le mani, acclamandolo a gran voce; esce dal campo ed abbraccia il Mister, sciogliendosi in lacrime: ma sono anche le lacrime del popolo bianconero e di tutta l’Italia calcistica, perchè di fronte a campioni come lui, non ci sono colori, solo tanto rispetto.
La cronaca della partita, finita sull’1-1, non dice molto, soprattutto da parte della Juventus, mentre l’Atalanta si gioca l’accesso alla Champions e la conferma del terzo posto in classifica; dunque, dopo qualche tentativo a vuoto di CR7 (ieri sera stranamente impreciso), la prima a passare in vantaggio è proprio la squadra di Gasperini: dormita collettiva della difesa bianconera e Ilicic, indisturbato sul secondo palo, buca l’incolpevole Szczesny.
La Juve cerca di reagire con qualche buona azione nello stretto, Ronaldo si dà da fare sulla sinistra e serve i compagni, ma Pjanic e Dybala non trovano la porta.
Il secondo tempo inizia con la sostituzione di Alex Sandro per Bernardeschi, e la manovra bianconera si fa più aggressiva, anche perchè Cancelo si sposta a sinistra; l’Atalanta non molla e si rende pericolosa in varie occasioni, Ilicic sfiora addirittura il raddoppio ma Szczesny devia la sua punizione sopra la traversa.
Al 79′ giunge il pareggio della Juve con Marione Mandzukic, che raccoglie un lancio lungo di Cuadrado a sinistra e, da posizione angolatissima, riesce a toccare di esterno destro, infilando la porta sul secondo palo. A questo punto la Signora prova a vincerla, Allegri manda in campo anche Kean negli ultimi minuti, ma il risultato rimane sull’1-1.
Arriva così il tempo della festa, dei saluti e del sacrosanto tributo a Massimiliano Allegri, che lascia la Juventus dopo 5 scudetti consecutivi, 4 Coppe Italia e 2 Supercoppe Italiane; eredità pesantissima, quella che lascia il tecnico livornese, i numeri sono dalla sua parte: non li dimenticheremo.
Ora la società faccia la scelta giusta, soprattutto in chiave Champions. I tifosi vogliono quella, si sa. E nel frattempo, aspettando di conoscere il nome del nuovo tecnico, si godono lo spettacolo allo Stadium, che pare un cielo stellato, illuminato anche dai riflettori che emanano raggi di luce tricolore, dai fuochi d’artificio che s’alzano alti nel cielo di Torino: la sfilata dei giocatori verso il palco d’onore, CR7 che saluta il pubblico alla sua maniera, Capitan Chiellini che alza la Coppa dell’ottavo scudetto, poi le famiglie in campo, le foto, la felicità. Ovunqueecomunque.#finoallafine
 

Rugiada Gambaudo

 
(foto. Claudio Benedetto www.fotoegrafico.net)
 
 
 
 
 
 
 
 

Un Torino non in giornata esce sconfitto dalla “fatale” Empoli

I granata incappano in una pesante sconfitta al “Carlo Castellani”, campo sul quale in 17 confronti (tra Serie A, Serie B e Coppa Italia) sono usciti vincitori in un’unica occasione: una partita di Coppa Italia della stagione 1984-’85

Il Torino si è fermato a Empoli. Dopo il bel filotto di risultati utili, che avevano permesso ai granata d’inserirsi addirittura nella corsa per la Champions League, gli uomini di Walter Mazzarri escono sconfitti per 4-1 dal confronto con l’Empoli, risultato che, alla luce della successiva vittoria del Milan sul Frosinone, decreta la fine delle velleità europee del Toro. Un Toro che, dopo aver incassato lo 0-1 al 27′ (autore l’ex di turno Afriyie Acquah, che beffa Salvatore Sirigu con un destro debole ma preciso), sfiora il pari in tre occasioni con Andrea Belotti (che colpisce un palo al 43′), per poi trovarlo al 56′ con Iago Falque: il talentuoso numero 14 torinista (entrato da soli tre minuti in sostituzione di Ola Aina) insacca con un preciso sinistro da fuori area, con la sfera che incoccia sul montante per poi entrare in porta, beffando l’incolpevole estremo difensore locale Bartlomiej Dragowski. Quando sembra che il vantaggio piemontese sia ormai prossimo, sale in cattedra la compagine toscana (affamata di punti per la conquista di una salvezza assolutamente inimmaginabile fino a poche settimane or sono), che trova il 2-1 al 65′ con Matteo Brighi (entrato da appena un minuto, in sostituzione di Acquah), bravo nel farsi trovare pronto al centro dell’area di rigore per insaccare un tiro di Giovanni Di Lorenzo deviato da Daniele Baselli. A quel punto, sulle ali dell’entusiasmo, gli empolesi triplicano al 70′ con lo stesso Di Lorenzo (che, da pochi passi, batte l’incolpevole Sirigu dopo essersi liberato di Armano Izzo), per poi realizzare il definitivo 4-1 all’88’ col loro bomber Francesco Caputo. Il Toro, quindi, deve dire addio (per questa stagione) ai sogni europei, aritmeticamente infranti poche ore dopo a causa della vittoria (2-0) del Milan sul Frosinone, successo che lancia i rosso-neri a quota 65, rendendoli irraggiungibili dai granata (che, in linea teorica, potrebbero agganciare la Roma, ma inutilmente, in quanto in svantaggio negli scontri diretti). Empoli, quindi, si conferma “fatale” per il Torino, che su 17 confronti (nove in Serie A, sei in Serie B e due in Coppa Italia) al “Carlo Castellani” ha avuto la meglio in un’unica occasione: nella partita del primo turno di Coppa Italia 1984-’85 (primo confronto in assoluto tra le due compagini), disputatasi il 9 settembre 1984 e conclusasi col successo del Toro per 1-0, con rete di Leo Junior al 56′. Per il resto, solo pareggi (nove) e sconfitte (sette). Il prossimo e conclusivo impegno dei granata sarà domenica alle ore 15, quando al “Grande Torino” sarà ospite la Lazio, in una gara che avrebbe potuto consistere in un autentico spareggio europeo e che, invece, sarà solamente una specie di “passerella”: per i laziali (vincitori della Coppa Italia), ma anche per il Torino, che in questa stagione ha offerto molte prestazioni davvero “da Toro” (Empoli a parte, ovvio). Purtroppo, proprio nell’anno in cui i granata si sono dimostrati in grado di raggiungere il settimo posto, tale piazzamento non sarà sufficiente per conseguire la tanto agognata qualificazione europea.

Giuseppe Livraghi

La tranquilla natura di Ivo Bonino, gli acquerelli di Mario Cavazza e Mirella Gini

Quello che più colpisce nella pittura di Ivo Bonino – che con il titolo L’arte tra materia e colore, a cura di Luigi Castagna e Giuliana Cusino, espone sino a domenica 26 maggio (visite dalle ore 15 alle 19 sabato 25 e domenica 26) nella chiesa di Santa Croce ad Avigliana (piazza Conte Rosso) – è l’immergersi totalmente nella natura. E totalmente solitario, cancellando del tutto ogni presenza umana o animale, restituendo ai luoghi i silenzi, i respiri soffici e immacolati, le luci di un grande palcoscenico naturale che lì sono propri. Una rarefatta tranquillità che si riappropria dei propri ritmi, delle leggi che da sempre porta con sé, una contemplazione assoluta di quanto sta pressoché immobile tutt’intorno, in ogni sguardo parcellizzato e attento, in ogni stelo riproposto con l’estrema abilità del tratto (Pian delle Betulle, credo, potrebbe essere il manifesto di un simile modo di approcciarsi alla tela, una partitura in verticale vivificata da quegli spruzzi di papaveri proposti in primo piano) o corteccia d’albero che s’affacci, in ogni diverso ambiente che si mostri all’improvviso. È come riprenderne possesso umanamente, libero da tutti e da ogni cosa, ogni angolo ripresentandosi incontaminato, restituito nella propria semplicità e allo stesso tempo nella propria grandezza, antica e accomunata nei tanti colori che la compongono. Colori che al di là della predominante di dolcezza della loro presenza autunnale (I miei boschi) o partecipi dell’occhio che s’insinua tra i ripiegati canneti giallognoli del Lago piccolo di Avigliana, aprono varchi più aperti e squillanti alle prospettive lanciate sui campi di lavanda (Altopiano Vallensole), un mondo quasi irreale, un fermo immagine sospeso nel tempo, oppure offrono allo spettatore un violaceo schermo di Glicini di suggestiva bellezza.
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Ancora a cura di Luigi Castagna e Giuliana Cusino la mostra Alberi che allinea nelle sale della Galleria “Arte per Voi” di piazza Conte Rosso 3 ad Avigliana (ultimi appuntamenti sabato 25 e domenica 26 maggio dalle 15 alle 19) gli acquerelli di Mario Cavazza (disseminati attraverso un ampio arco di anni) e Mirella Gini. Nell’immediatezza del colore posato sul foglio di carta, ritroviamo il grande palazzo del corso torinese, gli slanci all’interno della natura, gli alberi più o meno spogli o le cime innevate delle montagne che si stagliano lunghe le valli piemontesi, gli inverni che hanno imbiancato nel freddo le campagne ed i piccoli paesi arroccati su alture in altre stagioni piene di verde e di vita, i moderni tratti impressi nello scorcio che spinge chi guarda dentro il Fondovalle (bella opera della Gini). Impressioni, ricordi, desiderio di fermare un attimo più o meno recente o del tutto trascorso, in percorsi semplici ma accattivanti, indirizzati verso esperienze più classiche o verso altre più moderne e intriganti. Basterebbero, di Cavazza, i tratti attualissimi che delineano Il Clot del 1972, come, della Gini, la grande macchia nevosa rotta dai massi grigi ancora scoperti nel primo piano di Inverno sul Chisone che lascia il posto, sullo sfondo, alle sterpaglie e agli arbusti che sono in attesa della stagione migliore. E ogni impressione o ricordo è offerto allo spettatore con estrema poesia, con passione, con l’intensità autentica di chi ha scavato a lungo nel proprio mestiere.
 

Elio Rabbione

 
In sequenza, di Ivo Bonino “Autunno – I miei boschi”, 60×120 cm., “Lago piccolo di Avigliana”, 80×90 cm; di Mario Cavazza “Il Clot”, acquerello, 56×42 cm.; di Mirella Gini “Inverno sul Chisone”, acquerello, 34×50 cm.
 

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Boero: “l'unica scommessa in cui si è sicuri di vincere è quella della famiglia”

Di Romana Allegra Monti
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Il candidato Presidente del Popolo Della Famiglia, Valter Boero, e la sua ricetta per il Piemonte: famiglia al centro con il reddito di maternità e premi agli imprenditori che permettono ai giovani di costruirsi un futuro sul territorio
 
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Da candidato alla presidenza, qual è la visione per la Regione?
 
Tutto il programma è dedicato alla famiglia. Si tratta di una scelta sentimentale? No, nasce dall’inverno demografico del Piemonte di cui nessuno si accorge e nessuno parla. Ogni anno in Piemonte ci sono circa 55 mila decessi, per avere un equilibrio ci vorrebbero 55 mila bimbi, invece ne abbiamo solo 30 mila. In cinque anni siamo a meno 125 mila bimbi. In realtà non si dovrebbe stare in pari, ma la natalità dovrebbe essere superiore. Portare il tema della famiglia al centro dell’attenzione della politica pensiamo possa esser un modo per risolvere il problema. Il tema della maternità sembra essere a sé stante, invece è centrale e travolge il clima dell’intera società e la sua economia: noi parliamo molto di cambiamento climatico, ma il maggior cambiamento che stiamo avendo è proprio questo, perché determina una mancanza di motivazione e un rallentamento dell’economia. Gli economisti sanno bene che quando la natalità cresce, si muove tutto il resto.
 
Non crede che proprio la crisi economica degli ultimi anni sia un grosso freno per la natalità, specie per i più giovani?
 
No, credo sia l’effetto di questa mancanza, non la causa. Si tratta di una conseguenza. Il clima sociale è fondamentale, continuiamo a occuparci di una cornice quando il quadro, ovvero la famiglia costituita da papà e mamma che generano figli, è abbandonato. Esistono persone senza figli molto motivate, ma chiunque sia genitore lo sa: la determinazione e l’energia derivante dall’avere figli è incredibile. Serve più attenzione nei confronti delle madri che offrono il più grande investimento che si possa fare alla società: finora vi è stata una difesa solo apparente della donna, in realtà essa è strumentalizzata. Oggi le donne che in un colloquio dicono che desiderano avere una famiglia spesso vengono penalizzate e al contempo il lavoro educativo è considerato di serie B, è più apprezzato quello di pulire le scale a 800 euro al mese. Leggere la fiaba al proprio figlio la sera oggi è considerato zero! Anzi ci sono situazioni in cui i mariti dicono alle mogli “ma si ma tu stai a casa tutto il giorno”, oppure “perché non vai a lavorare?”, come se quello casalingo non fosse un lavoro. Secondo me l’educazione è fondamentale, formare i figli sopratutto nei primi anni, è essenziale: vi sono fior fiore di studi pedagogici e psicologici su questo. Crediamo che questo lavoro straordinario della donna dovrebbe essere riconosciuto, tant’è e vero che proponiamo l’introduzione del reddito di maternità.
 
Perché in relazione all’educazione dei figli si riferisce esclusivamente alla donna? Non vale lo stesso per il padre?
 
La donna porta in grembo suo figlio per nove mesi, la figura del padre interviene in un secondo momento. Un figlio ha bisogno di un padre e di una madre, ma ci son poi situazioni particolari come il caso di don Bosco, orfano di padre già dalla prima infanzia: la presenza della figura maschile è rilevante, ma non indispensabile. Dobbiamo dare una rotta diversa a questa nave da crociera che è la Regione Piemonte e che sta andando verso l’isola del Giglio. Per farlo dobbiamo cambiare comandante, perché è colui che ci ha guidato finora a non aver preso i dovuti accorgimenti per la situazione. Molti pensano che le energie lavorative necessarie al Paese possono esser prestate dagli immigrati, ma questo ha un costo, prima di tutto sociale e umano: l’immigrato è sradicato dalla sua famiglia per integrarsi altrove ed è una fatica enorme, lo so perché ci sono passato, ho vissuto in Germania. Perché non possiamo incoraggiare le coppie a metter su famiglia, dando certezze in più? Impegnarsi e creare una vita è un atto rivoluzionario in tutti i sensi e noi vogliamo sostenerlo con il reddito di maternità.
 
Avete fatto la raccolta firme, ancora in corso, per presentarlo come disegno di legge: come sta andando?
Sta riscuotendo successo sul territorio, nonostante i mezzi di comunicazione ci abbiamo volutamente oscurato o comunque non ci abbiamo dato spazio. Eppure nelle piazze e nei mercati le persone erano entusiaste, la considerano una chance in più per i propri figli/e.
 
Ci può spiegare cosa prevede questa vostra proposta?
 
Ringraziare le madri che fanno un investimento per la nostra società. Si tratta di un reddito di mille euro al mese esentasse per otto anni, per le madri che decidono di dedicarsi in via esclusiva alla cura del bimbo. Se nel frattempo arriva un altro figlio, il contatore si azzera e riparte fino al terzo figlio, dopodiché il reddito diviene un vitalizio sempre di mille euro, come quello dei parlamentari. Il vitalizio è previsto anche in caso di figlio con disabilità, perché richiede un impegno maggiore. Potremmo sperimentare questo progetto in Piemonte già dal prossimo anno, si tratterebbe poi di utilizzare solo il 2% del bilancio.
 
L’Italia occupa il penultimo posto tra i paesi UE nella classifica dei tassi di occupazione delle donne dai 15 ai 64 anni e secondo i dati, le donne con almeno un figlio registrano un tasso di occupazione inferiore del 15% rispetto a quello delle donne senza figli: al crescere del numero di figli, insomma, diminuisce proporzionalmente il tasso di occupazione femminile (2018). Non crede che il reddito di maternità possa contribuire ad allontanare le donne dal mondo del lavoro?
 
No, è una possibilità in più e una prospettiva di respiro. Inoltre nulla esclude che possa reiserirsi posteriormente. Pensi ad esempio alle studentesse: se rimanessero incinte durante gli studi, potrebbero permettersi con mille euro al mese, di continuare gli studi e tenere il bambino. Una scelta fra le due cose sarebbe drammatica, sia in caso di abbandono degli studi, sia di aborto che non voglio nemmeno considerare. La prospettiva è diversa. In caso di divorzi o fine della convivenza, il reddito resterebbe alla madre, perché è lei che ha fatto questo dono alla società.
 
Sui temi di competenza regionale come la sanità, qual è la sua linea?
 
La sanità assorbe più del 70 % del bilancio regionale e va armonizzata con le famiglie, solo così può funzionare meglio. Distribuendo il servizio medico domiciliare è possibile completare la propria degenza a casa: se si viene aituati, tutto ciò che non è nell’acuto può essere benissimo affrontato a casa con la famiglia. Dare 500 euro al mese a una famiglia per curare i propri anziani in casa, non solo fa risparmiare il nucleo familiare e libera un posto letto, ma fa star meglio anche l’anziano che resta vicino i suoi cari. Lo stesso vale per le residenze per anziani. Si spostano i medici, perché i medici li abbiamo, bisogna aprire i concorsi.
 
Qual è la sua posizione rispetto alla Città della Salute?
 
Lo scontro tra Salizzoni e Abbruzzese è un teatrino, dicono tutti le stesse cose. In generale lo scenario politico è quello del litigio per primeggiare e ottenere audience, la verità è che nei consigli regionali serve un clima di concordia che deve operare per il bene delle famiglie e non la propria visibilità e poltrona. Con la questione Tav si fa lo stesso. La priorità per noi è la natalità: vogliamo premiare i cittadini che si vogliono impegnare per la loro regione, tirando fuori il loro meglio, premiando le imprese familiari ad esempio.
 
In quale modo?
Incentivando l’assunzione di giovani e premiando gli imprenditori che tutelano il lavoro dei giovani che hanno o vogliono una famiglia. Quelli che lavorano da quarant’anni devono andare in pensione lasciando spazio ai giovani su cui noi e il nostro Stato abbiamo investito, permettere loro di costruirsi un futuro qui, senza dover emigrare. Molti vanno all’estero perchè ci sono più possibilità di lavoro e per quale motivo? Perché ci sono aiuti alle famiglie in tutta Europa: Francia, Germania, Danimarca. Occorre aiutare senza passivizzare. Se diventerò Presidente della Regione spingerò le aziende familiari in questa direzione, perché a causa delle condizioni che abbiamo qui avere un figlio ormai è visto come una disgrazia, ma è il contrario: una benedizione che ti cambia la vita in meglio, per sempre.
 
Un ultima domanda: in tema di trasporti e inquinamento, quali sono le sue proposte?
 
La linea dura delle Ztl ad esempio, secondo me non serve. Il trasporto pubblico deve essere potenziato, tutti lo dicono ma non ci sono i soldi. E dove sono? Sui conti correnti delle famiglie. Chi è che genera risparmio? Le famiglie. La Regione, se avesse uno sguardo più ampio e un vero progetto, potrebbe dire alle famiglie: “prestatemi dei soldi, così facciamo altre due linee della metro”. Farsi dare i soldi dal governo, magari di un altro colore politico, diventa difficile. Saresti disposta a scommettere in una città dove gli amministratori litigano continuamente e non ci son prospettive? No. Le scommesse si fanno se si sa di poter vincere e l’unica scommessa dove si vince, è quella sulla famiglia.
 
 

"Via i fascisti dal quartiere Aurora e da tutti i quartieri della città"

Martedì 21 maggio, ore 19, presidio antifascista
I fascisti non possono e non debbono continuare a godere della possibilità di organizzare scorribande nei quartieri della città. Proprio per questo chiediamo che le autorità competenti pongano un divieto alla scorribanda – la chiamano passeggiata –  indetta nel quartiere Aurora, dove tra l’altro è ubicata la  sede provinciale del Partito della Rifondazione Comunista. Una sede che è un luogo di ascolto, di servizi, di iniziative rivolte contro la situazione di insicurezza sociale, di impoverimento che colpisce fette intere di popolazione. Per parte loro I fascisti hanno come unico obbiettivo di fomentare violenza e guerra tra poveri  senza risolvere alcun problema. Anzi, essi stessi sono parte in causa della situazione di degrado dei quartieri impoveriti. Nel ribadire che ai fascisti non deve essere concessa alcuna possibilità di indire scorribande in questo come in altri quartieri Rifondazione Comunista invita a ritrovarsi alle ore 19 davanti alla propria sede provinciale, in via Brindisi 18/C per contrastare qualsiasi provocazione di marca fascista.  
                                                                La segreteria provinciale Prc-Se di Torino

La nuova sede della Guardia Costiera Ausiliaria

Si tratta di locali che sono stati messi a disposizione dal Comune in comodato d’uso
E’ stata inaugurata sabato la nuova sede del Centro operativo Lago Maggiore della Guardia Costiera Ausiliaria in via Gramsci 12 a Castelletto Sopra Ticino. Si tratta di locali che sono stati messi a disposizione dal Comune in comodato d’uso, oltre ad un posto barca in un cantiere nautico sempre a Castelletto. A fare gli onori di casa c’era il presidente del Centro di coordinamento regionale del Piemonte Vezio Fava. Complessivamente sono 24 i volontari interessati.
 
 

L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Camilla Läckberg “La gabbia dorata” -Marsilio Farfalle- euro 19,00
 
Cambia decisamente registro la regina del thriller svedese Camilla Läckberg, autrice dal successo planetario, tradotta in 42 lingue e pubblicata in 66 paesi. Bellissima come una top model, arriva dai fiordi con un noir dai connotati femministi in cui racconta un inferno coniugale, ma anche la capacità di riscatto e vendetta delle donne. Questa volta non ci narra le avventure della sua coppia vincente -la scrittrice Erica Falk ed il marito ispettore Patrick Hedström- ambientate a Fjällabacka, l’(apparentemente) idilliaco borgo di pescatori in cui l’autrice è nata. Però state tranquilli perché questo libro non delude le aspettative. Protagonista de “La gabbia dorata” è Faye che ha messo al primo posto il suo affascinante marito Jack. Ha interrotto gli studi per lavorare e mantenerlo, l’ha aiutato a costruirsi un patrimonio. Poi si è adagiata nell’idillio di una famiglia perfetta, una figlia splendida, casa lussuosa e stile di vita glamour, un marito di successo e lei che si è lasciata dietro talento e ambizioni. Peccato che il castello di carte venga improvvisamente spazzato via dal tradimento di Jack. Ed ecco venire a galla la sua vera natura di traditore seriale. Peggio ancora: si rivela uomo spietato che ama sottomettere e sminuire le sue donne, sottoponendole a violenze verbali e a perversioni che sono costrette a subire, sempre alla ricerca di quello che non ha, arrogante e abilissimo nel girare a suo favore gli eventi. Non solo tradisce Faye con una sua versione più giovane e più magra, ma la lascia senza nulla: la butta fuori di casa, la umilia e la tratta come se la colpevole del disastro fosse lei. Dapprima annientata e depressa, Faye, si rivela poi piena di risorse. Ha un passato oscuro e turbolento di violenza domestica che l’ha temprata, due amiche che tutte vorremmo avere, e una figlia da proteggere. Soprattutto è intelligente e machiavellica. Il suo è un piano geniale per risollevarsi; è stata lei la vera artefice del successo della società miliardaria di Jack e certo non ha dimenticato come si costruisce un impero dal nulla. Di più non va svelato, vi basti sapere che Faye ha ormai un solo obiettivo: la vendetta. Che va consumata con calma e pazienza, inducendo Jack ad abbassare la guardia per meglio intrappolarlo in una ragnatela di mosse che non gli lascino scampo. E preparatevi alle sorprese…
 
 
 
Lidia Ravera   “L’amore che dura” -Bompiani-   euro 18,00
 
La scrittrice torinese che aveva raggiunto uno strepitoso successo nel 1976 con “Porci con le ali”, (storia diventata manifesto della ribellione di un’intera generazione) da allora ha lavorato per cinema, televisione e teatro, e scritto una 30ina di romanzi. Cosa tiene legati due giovani innamorati che il tempo e le scelte hanno geograficamente diviso? Qual è e cos’è l’amore che dura tutta una vita? Per rispondere anche ad altre domande difficili sui massimi sistemi dell’esistenza, l’amore in primis, l’autrice usa come strumento d’indagine la scrittura e lo fa con un magnifico montaggio cinematografico. Imbastisce la storia di Emma e Carlo (ricordano un po’ i protagonisti di “Porci con le ali”, Rocco e Antonia) che s’innamorano giovanissimi, a 16 anni, quando sono ancora in quell’età terra di nessuno in cui si è informi fisicamente e ancor più interiormente. Sono attratti l’uno dall’altra come ferro e calamita, però le loro vite prendono tangenti diverse man mano che caratteri e ambizioni si delineano meglio. Lei è nata per aiutare i più deboli, diventa insegnante di borgata, e vorrebbe risolvere tutte le vite disgraziate in cui s’imbatte. Carlo invece sogna in grande: cinema, gloria e carriera lo attendono oltreoceano, a New York. Si amano fin dall’adolescenza, si sposano, ma nessuno dei due è disposto ad accantonare il suo progetto di vita per quello dell’altro. Finiranno per divorziare e rifarsi ognuno una nuova vita. Lei, che non ha voluto annullarsi per lui, resta in Italia; avrà una figlia e un nuovo compagno che di lavoro fa il sindacalista. Ormai Carlo è newyorkese da 20 anni, ha avuto un certo successo ed ha un’altra compagna. Viene invitato al Festival del cinema di Roma per presentare il suo ultimo film ispirato proprio alla love story adolescenziale tra lui ed Emma. Peccato che lei l’abbia stroncato su una rivista online. Si crea così l’occasione per un loro incontro anche chiarificatore, in cui lei progetta di rivelargli un segreto che lo riguarda e che si è tenuta dentro in tutti quegli anni. Ma quando stanno per rivedersi, il destino spariglia le carte ed Emma viene coinvolta in un incidente che la farà scivolare tra la vita e la morte. E’ la scheggia impazzita con cui Carlo, il nuovo compagno di Emma e la figlia Franny dovranno fare i conti, ricomponendo le tessere del passato e affrontando la portata dei loro sentimenti.
 
 
Shifra Horn    “Quattro madri”    -Fazi Editore- euro17,50
 
E’ un affresco tutto al femminile quello tratteggiato dalla scrittrice israeliana Shifra Horn nel romanzo “Quattro madri”, storia di 4 generazioni di donne nel corso dell’ultimo secolo a Gerusalemme. La scrittrice 68enne, nata a Tel Aviv nel 1951, da madre sefardita e padre russo, infanzia trascorsa a Gerusalemme, Laureata in Studi biblici e Archeologia, è stata anche corrispondente dal Giappone per 5 anni. Ma il suo cuore e i suoi libri sono per lo più ambientati in Israele, terra travagliata e divisa, di cui lei narra e assembla vicende storiche e drammi privati. Il romanzo è una saga in cui le donne sono protagoniste sullo sfondo delle vicende storico-politiche del paese. Un affresco epico e appassionante che s’intreccia con la tormentata storia della Palestina e dello Stato di Israele. E si percepiscono un affascinante realismo magico da fiaba, la forza delle tradizioni e dei riti che si perpetuano da tempi antichi; ma anche una buona dose di mistero e fantastico. E’ la storia di 4 madri sulle quali pesa una maledizione: crescere le figlie senza l’aiuto di un marito. Le loro vite sono ricostruite da Amal (5° generazione), che viene al mondo nel 1948, nella morbidezza del letto di ottone della bisnonna Sarah. E’ l’ultima delle madri, quella che dando alla luce un figlio maschio spezza la catena maledetta che aveva pesato sulle antenate. Anche suo marito si dilegua dopo il parto, ma a diluire la disperazione c’è la gioia delle anziane di casa perché finalmente non ci sarà un’altra femmina ad ereditare la sventura. La prima della stirpe di cui si racconta la vita è Mazal, poi c’è sua figlia Sarah dalla travolgente bellezza che incantava tutta Gerusalemme. Lunghi capelli biondi e tempra da guerriera; da sola, senza il suo grande amore, ha cresciuto i suoi figli tra mille difficoltà. E’ lei la bisnonna di Amal, ed è un’ anziana longeva, pilastro della famiglia, che lascia col sorriso sulle labbra questa vita, dopo aver visto il neonato. Figlia di Sarah è Pnina Mazal, il cui marito David è morto in guerra; a sua volta dà alla luce Gheula, che non si sposerà mai, cova un odio profondo per gli uomini e non vuol sentirsi chiedere notizie dell’uomo con cui ha concepito Amal. Una carrellata di donne molto diverse tra loro, ognuna con il suo personalissimo modo di affrontare la vita e le sfide durissime che impone, soprattutto a certe latitudini del mondo.
 

Apprendistato, accordo tra Regione e Confindustria

La sperimentazione dello scorso anno ha permesso a 200 studenti di fare apprendistato nelle aziende piemontesi durante la scuola superiore, e ad altri 400  nell’alta formazione. Ora la Regione Piemonte sigla un’intesa con Confindustria, Unione industriale di Torino, Ufficio scolastico regionale e Anpal per potenziare l’iniziativa nell’ambito dell’industria 4.0, per  incidere “nell’intreccio inestricabile – commenta  il presidente Sergio Chiamparino – di capitale umano e innovazione su cui si basa lo sviluppo del futuro”. L’intento è quello di  favorire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Secondo il presidente dell’Unione Industriale Dario Gallina, il sistema imprenditoriale vede la  “carenza di figure professionali nel campo tecnico, e i giovani avendo studiato in altri settori non trovano lavoro”.

La Regione Piemonte dichiara guerra alle zanzare

La Giunta regionale ha approvato il programma delle attività di lotta alle zanzare per il 2019, la cui attuazione sarà ancora affidata ad Ipla S.p.A

Lo stanziamento massimo previsto è di 2.5 milioni di euro: uno servirà per coprire la metà del costo dei progetti urbani presentati da 234 Comuni piemontesi, il resto sarà utilizzato per incrementare le attività di informazione, monitoraggio e contrasto alla diffusione dei vettori di patologie umane ed animali veicolate da zanzare, per anticipazioni contabili ai Comuni stessi. Negli ultimi anni il ruolo vettoriale assunto dalle zanzare nella diffusione di patologie umane ed animali è infatti notevolmente aumentato a causa dell’introduzione di specie in grado di diffondere malattie virali come ChikungunyaDengue, Zika West Nile. Le linee di azione per il contrasto a queste malattie virali, in accordo con il Piano nazionale integrato di prevenzione, sorveglianza e risposta ai virus West Nile e Usutu del Ministero della Salute, comprendono attività di sorveglianza generale (entomologica, virologica, dei vettori), il prelievo di campioni entomologici ed una rete di monitoraggio basata sull’utilizzo di 1200 ovitrappole. Previsti anche interventi di sorveglianza, indagine e lotta in particolare nelle aree sensibili, attività tecniche in ambiti urbani e rurali non risicoli, formazione, informazione, ricerca e sviluppo.

cs – www.regione.piemonte.it