redazione il torinese

Alle Molinette il Premio “John Blandy” 2018: scoperta internazionale sul tumore alla vescica

Ha vinto l’Urologia universitaria dell’ospedale torinese

 

La Clinica urologica univeristaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (diretta dal professor Paolo Gontero) ha vinto il Premio John Blandy 2018. Il British Journal of Urology International è una delle più prestigiose riviste internazionali di urologia ed ha appena selezionato una scoperta sul tumore alla vescica con Gontero primo autore quale vincitore del prestigioso Premio John Blandy (un pioniere dell’urologia). Il prestigioso riconoscimento che porta il nome dell’insigne urologo inglese è andato ad una ricerca sul tumore della vescica pubblicata sulla suddetta rivista. Lo studio è stato incentrato su una variante non infrequente di tumore della vescica che seppure sia ancora “superficiale”, possiede tuttavia un “rischio elevato” di evolvere in una forma pericolosa. Per molti anni tutti i pazienti in cui è stato diagnosticato questo tipo di tumore della vescica “ad alto rischio” hanno dovuto sottoporsi entro 1 mese ad un secondo intervento, finalizzato ad individuare coloro che erano a rischio così elevato da dover asportare la vescica. Grazie ai risultati di questa ricerca, condotta su un’ampia casistica 2500 tumori “ad alto rischio” provenienti da 25 Centri internazionali, è stato possibile individuare solo un sottogruppo di pazienti per i quali è importante ripetere l’intervento, evitando così il fardello di un secondo intervento in altri casi. Le conclusioni dello studio sono state considerate convincenti al punto da essere acquisite dalle recenti Linee Guida Europee, che hanno ridimensionato significativamente le indicazioni a ripetere l’intervento per tumore alla vescica ad alto rischio. Questa ricerca rappresenta un beneficio per i pazienti che potranno da un lato veder ridotto lo stress di un secondo intervento ed al contempo un decongestionamento delle liste d’attesa sempre più incalzanti. Il Premio, sotto forma di borsa di studio, verrà consegnato nel mese di giugno durante il Congresso annuale dell’Associazione degli Urologi britannici che si terrà a Liverpool.

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A quiet place – Un posto tranquillo – Thriller. Regia di John Krasinski, con Emily Blunt e John Krasinski. In un futuro non troppo lontano: i terrestri sono stati decimati da una popolazione aliena pronta ad attaccare qualsiasi cosa produca rumore. Un padre e una madre con i loro due figli vivono in una fattoria isolata, circondati da forze misteriose, per difendersi hanno imparato ad usare esclusivamente il linguaggio dei segni. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Bob & Marys – Criminali a domicilio – Commedia. Regia di Francesco Prisco, con Laura Morante e Rocco Papaleo. Lui lavora in un’autoscuola, lei è casalinga, una coppia senza problemi se non fosse che la loro casa, ai limiti di un quartiere di degrado, non fosse presa di mira da una banda di delinquenti che la eleggono a magazzino per nascondere certa merce che scotta. La realtà è quella di Napoli, la storia ha autentiche radici nel passato ma il regista sceglie di inquadrarla con il cuore più che leggero. Durata 110 minuti. (Ambrosio sala 1 (lunedì 16), Uci)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre ormai anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 1)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 3)

 

Contromano – Commedia. Regia di e con Antonio Albanese. Il signor Mario, milanese doc e proprietario di un negozio di maglieria, ordinatissimo come ordinata è la sua vita, vede i suoi principi e le abitudini sconvolte dall’arrivo, chiaramente davanti alla “sua” vetrina, di un giovane senegalese che si mettere a vendere calzini a prezzi stracciati alle signore di passaggio. Che fare? Aiutarli sì ma a casa loro, è la parola d’ordine. E allora ecco che il signor Mario rapisce Oba, legandolo e mettendoselo in macchina, con l’intenzione di riportarlo in Africa. Ma i bastoni in mezzo alle ruote del progetto arrivano in tempi più che brevi, uno per tutti la presenza della sorella (?) di Oba. E allora, umanità o idee di ferro? Durata 102 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Film geometrico e algido quanto perfetto, forse scontroso, eccezionale prova interpretativa per la Manville e per Day-Lewis, forse il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln”, convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Oscar per i migliori costumi. Durata 130 minuti. (Romano sala 1)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale in V.O., F.lli Marx sala Groucho e Harpo)

 

Hostiles – Ostili – Western. Regia di Scott Cooper, con Christian Bale, Rosamund Pike e Wes Studi. Nel 1892, due anni dopo il massacro di Wounded Knee, non ancora consolidata la pace tra indiani e visi pallidi, al capitano Joseph Blocker viene affidato l’incarico non facile di riportare nelle terre del Montana il vecchio capo Cheyenne Yellow Hawk, proprio il responsabile delle morti di molti soldati del capitano. Durante il lungo percorso molti fatti verranno a mutare i rapporti tra i due uomini, non ultimo la presenza di una donna cui gli indiani hanno distrutto l’intera famiglia. Paesaggi, personaggi che sanno d’antico, un genere che ha avuto vita gloriosa e che oggi, più che raramente, vede qualche debole accenno. Bale è un macigno, un trionfo di espressioni indurite, capace di conservare un’unica speranza nella scena finale, pieno di crudeltà e di piccoli affetti; il film è un vero capolavoro, nello spessore del racconto, nella cadenza che il regista sa imprimergli, nel vecchio quanto superbo impianto, nella rivisitazione di una intera Storia. Gli appassionati non se lo lascino sfuggire. Durata 127 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Insyriated – Drammatico. Regia di Philippe Van Leeuw, con Hiam Abbass. Damasco è sotto assedio. In attesa della fine del conflitto esterno, una donna, madre di tre figli, si trincera con i vicini nell’unico appartamento risparmiato dalle bombe. La tensione cresce, il pericolo incombe, la casa inesorabilmente si trasforma in prigione. Durata 85 minuti. (Classico, anche V.O.)

 

Io c’è – Commedia. Regia di Alessandro Aronadio, con Edoardo Leo, Margherita Buy e Giuseppe Battiston. Ti cade tra capo e collo un palazzo nel centro di Roma, ne fai un piccolo hotel e ti accorgi pure di quanto sia pesante la mannaia delle tasse. Perché allora non seguire l’esempio delle suorine del palazzo di fronte che con l’ospitalità a poveri e bisognosi vari si sono ritagliate un bell’angolo esentasse? Leo, anche coautore della sceneggiatura, studia allora di farne un centro religioso e volendo esagerare creare una nuova religione, lo Ionismo, un egocentrismo alle stelle, una piena responsabilità slacciata da ogni cosa o Ente che sappia di celestiale: risultato, un considerevole gruppo di adepti. Potrà funzionare? Durata 100 minuti. (Reposi)

 

Io sono tempesta – Commedia. Regia di Daniele Luchetti, con Marco Giallini e Elio Germano. Numa Tempesta è un riccone di oggi, con tanti quattrini e un jet privato, gli alberghi di sua proprietà come casa, un giro di prostitute che gli dimostra piacere e affetti, se volete anche abbastanza facile da individuare, un imprenditore fatto di spregiudicatezza e di mancanza assoluta di morale, che un bel giorno è condannato per questioni fiscali a svolgere un periodo di redenzione lungo un anno ai servizi sociali. S’imbatte in una variopinta umanità, fatta di poveracci e senzatetto, quello che per lui ha più peso è un giovane padre finito sul lastrico, due figli a carico. Tra i due, e con molti altri, scatteranno sentimenti nuovi e Tempesta saprà agguantare quella presa di coscienza che gli era sempre mancata. Durata 97 minuti. (Massaua, Due Giardini sala NirvanaLux sala 2,Reposi, The Space, Uci)

 

Metti la nonna in freezer – Commedia. Regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe G. Stasi, con Fabio Di Luigi, Miriam Leone, Barbara Bouchet e Eros Pagni. Un giovane e incorruttibile finanziere e una bella restauratrice, con un paio di aiutanti al seguito, che vive grazie alla pensione della nonna visto che lo Stato tarda a riconoscerle i quattrini che le deve per tutto il lavoro che ha svolto. E se la vegliarda passa a miglior vita? Spetterà alla ragazza ingegnarsi per la sopravvivenza, l’elettrodomestico del titolo fa al caso suo, le amiche un piccolo aiuto non lo negano e la pensione della nonna si potrà continuare a percepire. Durata 100 minuti. (Uci)

 

Il mistero di Donald C. – Drammatico. Regia di James Marsh, con Colin Firth e Rachel Weisz. Nel 1968 il Sunday Times lanciò una sfida, con un premio di 5000 sterline, un viaggio in solitaria senza interruzioni attorno al mondo. Vi accorse tra gli altri anche Donald Crowhurst, velista dilettante, imprenditore pieno di debiti, senza alcuna preparazione, pronto a mettersi in mare con un trimarano quantomai imperfetto, un misterioso individuo destinato alla sconfitta, deciso a scommettere con il mondo, sempre alla ricerca di miti da esaltare e di vittime da condannare, ma prima di tutto con se stesso, capace di abbandonare moglie e figli, che messo alle strette non trovò di meglio che truccare i dati della navigazione, le posizioni. Dal regista della “Teoria del tutto”, ovvero la personalità e la battaglia e gli studi di Stephen Hawking, di recente scomparso, Oscar meritatissimo per l’interprete Eddie Redmayne. Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

 

Nella tana dei lupi – Azione. Regia di Christian Gudegast, con Gerard Butler e Pablo Schreiber. Il solido poliziotto con i suoi bravi problemi con cui convivere, l’alcol, i metodi non proprio ortodossi, una moglie che ha deciso di lasciarlo, una rapina finita male che è costata la vita di parecchi suoi uomini. Dall’altra parte una banda di delinquenti, un curriculum di tutto rispetto, dall’addestramento paramilitare alla permanenza nelle patrie galere, il progetto studiato in ogni più piccolo particolare a svuotare la Federal Reserve Bank di Los Angeles ritenuta inespugnabile. Durata 140 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un uomo che fa affari con il mondo della politica, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti raccontata senza nulla nascondere, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Una cinematografia a molti sconosciuta, che merita con questo esempio d’essere tenuta d’occhio, un ritmo sostenuto nelle indagini che combattono contro le mazzette di quattrini che circolano a mo’ di ricompensa da una e dall’altra parte. Durezza e debolezze sulla faccia del protagonista. Durata 106 minuti. (Classico)

 

Il prigioniero coreano – Drammatico. Regia di Kim Ki-Duk. Un pescatore di nome Nam abita in un villaggio della Corea del Nord e ogni giorno raggiunge per il suo lavoro la linea d’acqua di confine. Un giorno la rete appena buttata si aggroviglia all’elica dell’imbarcazione, il motore resta bloccato e l’uomo viene trascinato all’interno del territorio della Corea meridionale. Catturato, dovrà affrontare sevizie e interrogatori, resistendo ad una confessione strappata con la forza o alla spinta a diventare una spia; tornato finalmente in patria, dovrà sostenere le medesime violenze. Durata 114 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Quanto basta – Commedia. Regia di Francesco Falaschi, con Vinicio Marchioni, Valeria Solarino e Luigi Fedele. La vicenda di Arturo, chef pieno di talento ma pronto a mettersi nei guai, una esistenza (finora) messa ai margini da molti. È anche finito dentro per rissa e   deve scontare una pena ai servizi sociali tenendo un corso di cucina presso un centro di ragazzi autistici. Incontrerà Anna, che lavora nella struttura, e il giovane Guido, affetto dalla sindrome di Asperger, innamorato della cucina. La vita di tutti i giorni, la collaborazione e la frequentazione di un talent da parte del ragazzo sapranno avvicinarli e stabilire una vera amicizia. Durata 92 minuti. (Ideal, Uci)

 

Rampage – Furia animale – Fantasy. Regia di Brad Peyton, con Dwaune Johnson e Naomie Harris. Il primatologo Davis Okoye ha instaurato un forte rapporto con un intelligente gorilla albino di nome George che, per un esperimento genetico, si tramuta in un pericoloso e feroce animale, impossibile a governare. Con lui hanno subito la stessa mutazione un lupo e un coccodrillo, seminando vittime e distruzione in tutto il nord America: spetterà a Davis e a un ingegnere genetico trovare un antidoto. Durata 107 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Ready Player One – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Tye Sheridan, Olivia Cooke, Simon Pegg e Mark Rylance. Tratto dal romanzo omonimo di Ernest Cline, uscito sette anni fa. Nel 2045 la terra è un luogo di guerre e povertà, l’unica felice evasione è il mondo virtuale di Oasis, legato ai fantasiosi anni Ottanta e ricco di scenari iperrealistici in cui è facile accedere. Lo scomparso James Halliday ha deciso di lasciare a chi lo ritroverà il prezioso Easter Egg: sarà il giovane Wade, da sempre alla ricerca di notizie sulla vita e l’attività del miliardario, si metterà attraverso l’avatar Parzival alla ricerca dell’oggetto e lo ritroverà, dovendo pure fare i conti con i potenti nemici di una multinazionale, concorrenti senza alcuno scrupolo. Durata 140 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

 

I segreti di Wind River – Thriller. Regia di Taylor Sheridan, con Jeremy Renner, Elizabeth Olsen e Julia Jones. Tra le distese di neve del Wyoming viene inviata una giovane agente federale, non certo preparata a quelle temperature e soprattutto alla violenza che circola più o meno silenziosa in quei luoghi, per investigare sul ritrovamento del corpo martoriato di una ragazza scomparsa. Le dà sostegno e aiuto Cory, un navigato cacciatore impiegato a difendere il bestiame dagli attacchi dei predatori sempre in agguato, un animo tormentato, abbandonato dalla moglie dopo la scomparsa della figlia maggiore. Entrambi alla ricerca del colpevole, in un territorio dove ogni cosa sembra essere abbandonato alla violenza, in cui forse è necessario agire e rispondere esclusivamente con le sue stesse leggi. Dallo sceneggiatore di “Sicario” e “Hell or High Water”, terzo capitolo di una trilogia che ha affrontato il tema della frontiera americana oggi. Miglior regia a Un certain regard a Cannes lo scorso anno, grande successo al TFF. Durata 107 minuti. (Eliseo Grande, Ideal, Massimo sala 2 anche in V.O., Uci)

 

Succede – Commedia. Regia di Francesca Mazzoleni, con Margherita Morchio, Matteo Oscar Giuggioli, Brando Pacitto, Francesca Inaudi e Matilde Passera. Il mondo (stra)aperto di Internet, il mondo dei consigli suggerimenti confidenze gusti che circola senza limiti, il romanzo bestseller della diciannovenne Sofia Viscardi, maître à penser dell’etere, tutto quel che sentimenti ed emozioni della giovane protagonista Margherita, la città di Milano con i suoi nuovi grattacieli ha fare da contenitore, la musica e i primi baci, le cuffie perennemente appiccicate alle orecchie. La regista classe 1989, l’autrice classe 1998, il mondo dei giovani e giovanissimi: sarà (tutta) vera gloria? Durata 94 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

The Happy Prince – Drammatico. Regia di Rupert Everett, con Rupert Everett, Colin Morgan, Colin Firth e Tom Wilkinson. Oscar Wilde al centro della società londinese di fine Ottocento, pieno di successo, tutti corrono a vedere le sue commedie a teatro e leggono i suoi libri: poi, improvviso, il tracollo, il processo per ammissione di omosessualità e la condanna a due anni di lavori forzati, l’esilio parigino, il tentativo di recuperare il rapporto con la moglie, la volontà di avvicinarsi nuovamente al giovane Douglas, la morte. Everett racconta nella sua opera prima l’ultimo periodo della vita dello scrittore, lasciando libero sfogo ai ricordi. Durata 105 minuti. (Centrale V.O., Greenwich sala 2, Reposi)

 

The silent man – Drammatico. Regia di Peter Landesman, con Liam Neeson e Diane Lane. La storia dell’informatore del caso Watergate, della Gola Profonda che trasmise le notizie ai giornalisti di “Tutti gli uomini del Presidente”, una storia che è stata taciuta per oltre trent’anni e che nel 2005 è venuta alla luce per definitiva ammissione dell’interessato, Mark Felt, all’epoca dei fatti vice direttore dell’FBI. Un film che vuole rinfrescare la memoria di molti e magari cercare qualche legame con il mondo politico di oggi. Durata 103 minuti. (Eliseo Rosso, Romano sala 2The Space, Uci)

 

Tonya – Drammatico. Regia di Craig Gillespie, con Margot Robbie, Sebastian Stan e Allison Janney. La storia della campionessa di pattinaggio artistico Tonya Harding, cresciuta tra i soprusi di una madre anaffettiva come quella disegnata dalla Janney, Oscar come migliore attrice non protagonista, sposata ad un uomo senza quattrini e parecchia violenza in corpo, lei gran temperamento focoso, grande carriera e grandi scandali. Come quello che la colpiì a metà degli anni Novanta, allorché la sua antagonistaNancy Kerrigan, alla vigilia dei campionati nazionali Usa, venne colpita alle gambe da un uomo, poi identificato, pronto a confessare di aver agito perché istruito e istigato dal marito della Harding. La creazione di un mito, la difficoltà a considerarla una donna e una campionessa in cui il pubblico non soltanto femminile si potesse riconoscere, il ritratto di un’America dove ognuno vuole emergere, in qualsiasi modo. Durata 121 minuti. (Eliseo Blu, F.lli Marx sala Chico, Lux sala 1, Uci)

 

L’ultimo viaggio – Drammatico. Regia di Nick Baker-Monteys, con Jürgen Prochnow e Petra Schmidt-Schaller. Ultranovantenne, da poco vedovo, Eduard, di origini tedesche, rimette in ordine i propri ricordi e rivisita il proprio passato, mettendosi su un treno per Kiev e andare là a ricercare la donna che fu il suo primo amore, quello più grande e mai confessato, mai dimenticato. Alle calcagna la nipote Adele, una ragazza abituata a vivere alla giornata e certo non interessata alle storie del passato. Non si tratta soltanto della storia personale, anche la Storia reclama una rivisitazione: vi sono delle radici, vive, che vanno comprese e conservate, c’è una tragedia chiusa nel passato e ancora ben viva nel tempo presente. Sarà per la ragazza una lezione difficilmente dimenticabile, di sentimenti e di memoria. Durata 107 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

 

 

Primo Daspo Urbano: la polizia allontana da Porta Nuova il molestatore che chiedeva denaro

La questura di Torino ha ordinato il divieto di accesso per sei mesi, alla stazione ferroviaria di Porta Nuova a un italiano di 44 anni. L’uomo nei giorni scorsi chiedeva spesso denaro ai viaggiatori con atteggiamento molesto, disturbando con fare aggressivo le persone nell’atrio arrivi-partenze, insultandoli e ostacolandoli alle biglietterie automatiche. Gli è stato ordinato anche l’allontanamento per 48 ore, dal luogo dei fatti illeciti commessi. Il  Daspo Urbano è stato emesso dal questore Messina che ha ritenuto le condotte dell’uomo pericolose per la sicurezza pubblica.

 

(foto: il Torinese)

“Via da scuola. La discriminazione e la persecuzione razziale dell’infanzia nell’Italia fascista”

Giovedì 12 aprile, alle 17.00, al Polo del ‘900 di Torino nella sala conferenze di Palazzo San Celso (in corso Valdocco,4) si terrà l’incontro conclusivo del  progetto didattico gratuito per le scuole intitolato “Via da scuola. La discriminazione e la persecuzione razziale dell’infanzia nell’Italia fascista”. Nell’occasione verranno presentati i lavori svolti nelle classi. Ileana Orsini dell’IC di Verolengo (To) presenterà il volume “Tullio e i giusti del Canavese”, classi 5° A,B,C,D. Elisabetta Zanini dell’IC “Gozzano” di Rivoli (To) illustrerà il progetto “Avrò cura della tua memoria:cuori che ricordano”, classe 5° A. Donatella Tuberga dell’ICC di Druento (To) parlerà della mostra didattica “Con gli occhi dei bambini.. immagini, parole, emozioni dai racconti di Susanne Raweh”. I primi due lavori sono stati individuati per la prima fase della selezione regionale del concorso nazionale “I giovani ricordano la Shoah” 2017-2018. Seguiranno gli interventi di Bruno Maida, dell’Università degli studi di Torino; Tullio Levi, della Comunità ebraica di Torino; Claudio Vercelli, dell’Istituto Salvemini; Federica Tabbò, del Museo Diffuso della Resistenza. Modererà lo storico Enrico Manera dell’Istoreto. L’iniziativa è promossa dall’Istituto Salvemini, dall’Istoreto e dal Museo Diffuso della Resistenza con il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte. Il progetto formativo, rivolto a docenti e classi della scuola primaria,  ha intenso approfondire la storia dell’esclusione e della violazione dei diritti,in particolare dei più piccoli, durante gli anni del regime fascista, fornendo strumenti adeguati agli insegnanti per condurre i giovanissimi studenti a individuare percorsi attuali di inclusione e rispetto dei diritti.

Anche le statue muoiono (?)

Anche le statue muoiono, senza punto interrogativo, è una delle mostre che la stagione culturale primaverile offre ai torinesi, divisa in tre parti, al Museo Egizio (fino al 9 settembre), ai Musei Reali (fino al 3 giugno) e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (fino al 29 maggio).

Il segno di interpunzione lo aggiunge la mostra stessa, che interroga il visitatore sui temi del passato, della memoria e della conservazione. La sezione dell’iniziativa ospitata al Museo Egizio, nelle sale del terzo piano dedicate a Khaled Al Assad, il direttore del museo di Palmira ucciso dai militanti dell’Isis due anni fa, non è una esposizione di oggetti antichi, bensì di installazioni d’arte contemporanea nelle quali gli oggetti antichi sono spesso decontestualizzati, presentati sotto una luce fredda, in un alternarsi di stanze bianche e nere.

Non è una mostra in cui la bellezza faccia da padrone, tutt’altro: gli oggetti non si fanno ammirare, ma cercano di parlare con il loro fardello di storia, di secoli che si accumulano, di scorie del tempo di cui si fanno ricettacolo e vittima, come le fotografie di statue palmirene in stile greco romano che ci accolgono, una Medusa urlante di dolore e una divinità con uno strano sfregio che pare una lacrima.Però, attenzione, non si tratta di una mostra che voglia esprimere solo e soltanto un monito e una lamentazione su quell’antico concetto, all’improvviso e prepotentemente tornato a fior di labbra, l’iconoclastia: le statue, dice la mostra, non muoiono soltanto per colpa di fanatismi e ignoranza. Se, infatti, le città di quel Vicino Oriente fratello in Mare Nostrum della nostra Europa cadono sotto i colpi di mazze, bombe e dinamite guadagnandosi le prime pagine dei giornali e la nostra costernazione, tante altre opere d’arte sono andate perdute nei secoli per una quantità di altri motivi: per furto, per rivolte, perché simbolo di un potere odiato – sorte che accomuna gli antichi funzionari egizi alle statue gotiche delle cattedrali francesi sfregiate durante la Rivoluzione, fino alle statue dei dittatori che, ogni tanto, cadono negli schermi delle nostre televisioni tra le ali di folla festante – altre volte per incuria, per dimenticanza.

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O ancora, perché all’elenco delle colpe non manchi quello che si crede il civile Occidente, c’è lo sfregio operato dal viaggiatore che incide il proprio nome, entrando prepotentemente nella storia di un’opera, quello del mercante d’arte che modifica una poco appetibile statua -di per sé già antica – per darle un altro volto, onde renderla più appetibile al mercato, quella del piccolo commercio di contrabbando che smembra i corredi o le grandi campagne coloniali che fanno diventare l’archeologia una corsa all’oro tra nazioni concorrenti, senza esclusioni di colpi. E a volte, anche laddove l’etica è strettamente praticata, dove l’amore per gli oggetti indubbio e le cure le più meticolose, i fenomeni chimici o climatici sfuggono alla perizia del più scrupoloso dei curatori, e i reperti possono improvvisamente mutare, come succede ad alcuni oggetti che, imballati a Parigi, si mostrano in un modo e all’apertura delle casse negli Emirati Arabi hanno cambiato per sempre il loro volto, offrendo ad uno degli artisti autori delle installazioni l’estro di tentare una ricostruzione impossibile e straniante sovrapponendo tra loro fotografie di oggetti diversi. E poi, c’è la beffa più grande, quella del tempo che passa, che ci ricorda che ogni restauro può solamente prolungare la vita e conservare nello stato su cui si è agito un’opera d’arte, non impedire il degrado, né tanto meno portare all’indietro, all’ideale integrità, lucentezza, originalità, un oggetto: in questo senso sì, cento volte sì, anche le statue muoiono. Muoiono al punto che, in una delle installazioni filmate più inquietanti, Ali Cherri pone una domanda ancor più paradossale: ” quello che l’uomo da sempre fa è interrare e seppellire”, questo è il destino di ogni oggetto o corpo, ” che senso ha prendersi cura di una rovina, mettendola in museo in cui più rovina non sarà?”.

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E mentre queste parole, scandite in un mesto arabo sottotitolato, scorrono, appaiono immagini di tombe nelle quali le mani degli archeologi scavano, turbano sonni eterni, dissotterrano sepolture per destinarle alle teche dei musei, dove il defunto, l’uomo, fastidioso memento della nostra natura effimera, passa in secondo piano e tutti gli occhi si concentrano sul tesoro che lo accompagna. La domanda su che senso abbia fare archeologia, che senso abbia strappare alla terra che accoglie tante testimonianze di secoli e vite ormai perdute, che forse vorrebbero soltanto l’oblio. La risposta arriva nelle sale successive, di fronte alle foto dei bassorilievi di Nimrud scomparsi per sempre e immortalati com’erano nel 2001, negli oggetti in materiale povero, ricostruiti a forma di vaso greco ed etichettati come il loro modello, e nella ricostruzione in stampa 3d di alcune delle statue distrutte dall’Isis nelle ultime sale: nessuna di queste opere può sostituire l’originale, può solo suggerirci la forma, l’aspetto, alimentare la nostalgia e il senso di vuoto per quel testimone andato perduto. Ed è nostro dovere indagare la Storia, non lasciare allora che le sabbie coprano la nostra memoria, perché un’umanità smemorata non va lontano o si ripiega nei propri errori: l’importante è ricordare che anche le statue sono fragili, più longeve certo, ma pari a noi, e che non basta esporle, occorre farle parlare.

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Perchè, se c’è una cosa che forse resiste più delle statue e dei monumenti, questa è proprio la parola, scritta e detta, che attraversa i tempi facendosi, come si gloriava Orazio, aere perennius, più durevole del bronzo; e, se anche la lingua, una volta dimenticata, può darsi che taccia a lungo, c’è sempre la speranza che nasca un abile Champollion a rifarci udire voci perdute.

Quando una statua, in un’opera letteraria, parlava, i Greci dicevano che si realizzava la figura retorica della prosopopea e non è un caso che il direttore del Museo Egizio, Christian Greco, abbia più volte ribadito di voler fare del proprio museo (e della mostra che ospita, anche da lui curata) una narrazione continua, una prosopopea: solo in questo modo i poveri resti umani possono stare in esposizione senza morbosità o mancanza di rispetto, solo in questo modo le opere d’arte possono davvero raccontarci una storia.

Altrimenti tutto quello che ci resta è una vuota bellezza, come la statua del dignitario Upuautemḥat, completa e maestosa, alla fine della visita: completa e maestosa, sì, ma dagli occhi strappati, com’era la prassi dei tombaroli antichi, in questo modo privata della vita che le antiche magie egizie avevano voluto insufflarle.

 

Andrea Rubiola

 

 

Il ritorno di Freud

Sabato 14 aprile, alle ore 17.00, presso la Sala Espositiva Comunale, ex Biblioteca Civica in Via Mensa n. 34 – Venaria Reale, la Scuola di Psicanalisi Freudiana, con il patrocinio del Comune di Venaria Reale, presenta il secondo incontro de “Il Ritorno di Freud”. L’intento di queste conferenze, gratuite e aperte a tutti, è mettere in luce come un reale ritorno di Freud nella psicanalisi contemporanea sia un evento necessario per ridare dignità scientifica a una disciplina che lo ha spesso mistificato o frainteso, facendo credere di averlo superato. Il secondo incontro sarà condotto dal dott. Luca Salvador, psicanalista della Scuola di Psicanalisi Freudiana. Sabato 14 aprile alle ore 17.00 “Il padre rimosso” Partendo da una riflessione sull’importanza del padre nel complesso edipico, si cercherà di presentare quanto di nuovo e significativo ha portato il pensiero freudiano per la comprensione dello sviluppo culturale dell’umanità. Le domande che Freud ha posto non hanno smesso di essere cruciali per capire chi siamo.

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Per ulteriori informazioni: Donatella Triberti  donatellatriberti1@gmail.com www.scuoladipsicanalisifreudiana.it http://www.facebook.com/scuoladipsicanalisifreudiana

Pioggia in pianura e nevicate fino a un metro in montagna. La Primavera si farà attendere

Tempo incerto fino all’inizio della prossima settimana con nevicate in montagna. La sacca di maltempo ormai presente da alcuni giorni proseguirà con piogge forti o molto forti anche a Torino, temporali  e nevicate fino ai 1300 metri. Si misurano 20 / 30 cm di neve fresca in quota e si prevede fino a un metro di nuova neve oltre i 2000 metri, sul Monte Rosa e nelle valli di Lanzo. Resta elevato il pericolo valanghe, a causa delle abbondanti nevicate accompagnate in quota  da fortissime raffiche di vento. Il bel tempo dovrebbe tornare nei primi giorni della prossima settimana.

Carlo Alberto archeologo in Sardegna

FINO AL 4 NOVEMBRE

Non tutti lo sanno. Ma Carlo Aberto di Savoia – Carignano, re di Sardegna dal 1831 al 1849 (conosciuto principalmente per aver concesso nel 1848 lo Statuto che porta il suo nome e che sarebbe diventato la prima carta costituzionale italiana) nutriva un’enorme passione per l’archeologia; passione documentata dagli oltre 150 reperti raccolti in mostra, fino al prossimo 4 novembre sotto il titolo “Carlo Alberto archeologo in Sardegna”, presso il Museo di Antichità dei Musei Reali di Torino. E passione così sfrenata da renderlo perfino vulnerabile e potenziale vittima di neppur tanto improbabili sòle che anche allora fiorivano alla grande, senza guardare in faccia nessuno. Neanche un re. Fu così infatti che Carlo Alberto, allorché decise di partecipare personalmente fra il 1829 e il 1843 ad attività di scavo in Sardegna, restò invischiato nella “più grande truffa ottocentesca di reperti archeologici”, per dirla con Raimondo Zucca, docente all’Università di Sassari, che insieme a Gabriella Pantò, direttore del Museo di Antichità, ha collaborato alla realizzazione della mostra subalpina. Era il 20 aprile del 1841. Il re, armato di pala ed entusiasmo alle stelle, si porta, con il suo seguito e il figlio Vittorio Emanuele, nell’area archeologica di Nora. Al suo fianco c’è Gaetano Cara, abile ma famigerato direttore del Regio Museo di Cagliari; sarà proprio lui ad indicare all’ignaro sovrano il punto esatto dove scavare. E la trappola scatta come da copione; in un presumibile plauso generale, Carlo Alberto porta infatti immediatamente alla luce un bronzetto raffigurante un idolo fenicio nuragico dell’VIII secolo a. C. Clamoroso ritrovamento! Carlo Alberto (cui il grande amore per l’archeologia sarda era stato trasmesso dal generale, archeologo dilettante, Alberto Ferrero della Marmora), è al settimo cielo tanto da acquistarne, di quegli idoli, una settantina di esemplari per il suo “Medagliere” di Palazzo Reale, spendendo qualcosa come 85mila euro di oggi. Peccato però trattarsi di “falsi”, abilmente riprodotti da esperti falsari (il “migliore” nell’isola pare fosse, a quei tempi, un fabbro cagliaritano tal Raimondo Mongia) in combutta con lo stesso Cara; “idoli falsi e bugiardi” saranno definiti nel 1883 da Ettore Pais, l’allora direttore del Regio Museo cagliaritano, che ne vieterà l’esposizione. Nello stesso anno, anche a Torino, i bronzetti furono velocemente fatti sparire (ma Carlo Alberto era morto nel 1849, credendoli autentici) e riposti nei depositi di Palazzo Reale. Fino a un paio d’anni fa, quando Gabriella Pantò li ritrova e li fa restaurare per farne elemento di indubbia curiosità della mostra attualmente in corso nel Museo di Piazzetta Reale a Torino. Rassegna di grande valore storico-culturale, frutto di una passione frenetica che spinse il “re tentenna” o l’ “Italo Amleto” (come lo definì Carducci) a finanziare ricerche, oltreché in Sardegna, anche in Piemonte – nelle città romane di Industria e Pollenzo – e di cui resta traccia nella documentazione archivistica e bibliografica presente in mostra: un diario autografo e, soprattutto, le lettere scambiate con l’amata Contessa Maria Antonia Truchsess von Waldburg di Robilant. Riportati in luce dai Musei Reali e oggetto di attenti restauri e nuovi studi, nel Museo di Antichità si possono quindi ammirare oggi importanti reperti – autentici! – provenienti dalla Sardegna: dal preziosissimo e di raffinata cesellatura scudo greco di bronzo da oplita del VI secolo a. C. ritrovato a Tharros, al mosaico romano del III secolo d. C. (scoperto in realtà già nel 1763, scavando nel quartiere Stampace di Cagliari) raffigurante Orfeo che incanta gli animali feroci con le note della sua cetra, fino alle stele puniche già esposte nel 1764 al Regio Museo torinese o alla base di colonna con iscrizione in latino greco e punico da San Nicolò Gerrei (1861) e al nucleo di fibbie bizantine parte delle collezioni di Bartolomeo Gastaldi (prima del 1895). A chiudere l’esposizione bronzetti nuragici (raffiguranti persone, animali, navicelle e oggetti quotidiani) armi come asce e pugnali datati fra il X e il VII secolo a. C, e ancora vasi e ceramiche presenti a Tharros fra il VII secolo a. C. e il II d. C. fino al gruppo di busti in terracotta cosiddetti di “Sarda Ceres” (I-II secolo d. C.) testimoni della diffusione del culto di Cerere in Sardegna e ad una statuetta di figura femminile seduta (VI – V secolo a. C.) da tempo esposti nel “Medagliere Reale”.

Gianni Milani

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“Carlo Alberto archeologo in Sardegna”

Museo di Antichità – Musei Reali di Torino, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106 – www.museireali.beniculturali.it

Fino al 4 novembre – Orari: mart. – dom. 8,30/19,30

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Nelle foto

– “Bronzetto falso”
– “Mosaico con Orfeo”, seconda metà III secolo d. C.
– “Scudo greco da oplita”, VI secolo a. C.

Come comunicano i cani (parte III)

La comunicazione tattile, che è quella che insieme alla comunicazione chimica viene utilizzata per prima dai cuccioli, avviene attraverso il cuscinetto nasale, le vibrisse (che compensano la vista a distanze molto ravvicinate e che sono composte da baffi, ciuffi sopraciliari, guanciali e labiali), oltre a diversi recettori tattili dislocati lungo il corpo, recettori del caldo e del freddo e nocicettori (recettori per il dolore). Questo tipo di comunicazione inizia nei primi giorni di vita con la madre che lecca i neonati per liberarli dalla placenta e nelle successive settimane per pulirli. Un altro contatto molto rassicurante per loro, ancora incapaci di regolare la temperatura corporea, è lo stare addosso gli uni sugli altri. Tra conspecifici questo tipo di comunicazione può essere utilizzata a scopo sociale o gerarchico: appoggiare una zampa, il muso o l’intero corpo su quello di un altro cane indica dominanza, leccare le labbra e il muso è un segnale associato alla deferenza. Questa comunicazione inoltre può essere utilizzata a scopo sessuale, nel corteggiamento, con naso e lingua nell’area genitale. 

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Il nostro modo di toccare il cane è un chiaro segno di comunicazione e in base a quello capisce se siamo pacifici o meno e si relazionerò con noi di conseguenza. Accarezzarlo lungo la guancia, sotto il mento, sul petto e sul fianco è un segno di grande attenzione e rispetto che mantiene il cane sereno e tranquillo; toccarlo sulla testa, fra le orecchie, sul collo e sulla groppa comunica, invece, autorevolezza che non tutti i cani sono disposti ad accettare. Tocchi brevi e veloci tendono ad attivare il cane mentre tocchi lenti e prolungati hanno un effetto calmante. Il contatto fisico con il cane è fondamentale ma deve essere equilibrato, né scarso né eccessivo. E’ necessario porre molta attenzione ai nostri gesti, anche se involontari, perché anche la parte tattile fa parte della comunicazione i e il cane risponderà a seconda del segno ricevuto. Soprattutto con cani che non si conoscono, evitate di toccarli sulla testa: questo atteggiamento può provocare reazioni di paura e/o aggressività in quanto per loro è chiaro segno di minaccia. Se ci fate caso, ogni volta che lo fate, anche con il vostro cane, lui abbasserà un po’ la testa e socchiuderà gli occhi, perché non gli piace, anche se impara ad accettarlo, tanto più da persone che non conosce. Se volete interagire con un cane che non conoscete, prima di tutto cercate di capire se è disposto o meno a farlo con voi (ricordatevi della comunicazione visiva e olfattiva): se la sua risposta (verbale e/o non verbale) è equivalente a un “sì”, avvicinatevi con una traiettoria leggermente curva, oppure abbassatevi e aspettate che sia lui ad avvicinarsi ed eventualmente accarezzatelo sotto il muso. Anche l’abbraccio è un segnale che può portare a fraintendimenti: nel nostro linguaggio indica affetto, ma per loro ha un significato di sfida e di dominanza. Essendo degli ottimi “psicologi”, molti cani hanno imparato a capire che questo nostro modo di relazionarci è in realtà un segnale di affetto, ma soprattutto da persone sconosciute può non essere accettato e diventare molto, molto pericoloso. Molti incidenti, soprattutto con bambini, sono dovuti alla scarsa conoscenza di queste informazioni. Si tende ad attribuire la colpa al cane, anche con titoli giornalistici sensazionalistici, quando con tutta probabilità, aveva già fornito chiare indicazioni di non gradire quella situazione. Non essendo capito, per dileguarsi da una condizione evidentemente troppo stressante, può arrivare al morso. L’unico modo che abbiamo per prevenire incidenti è osservare attentamente i cani, imparando a riconoscere cosa comunicano, per assicurarci che non sia infastidito dai nostri atteggiamenti.

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Sarebbe opportuno manipolare correttamente i cani fin da cuccioli, comprese le orecchie, le zampe, la coda, il muso, la bocca per evitare che, nel caso in cui si dovesse rendere necessario, quando lo porterete ad esempio dal veterinario o dal toelettatore, sarà abituato a essere toccato in certe zone e non risponderà in modo pauroso o aggressivo.

 

Ogni cane, quindi, è diverso per genetica ed esperienze e ogni situazione deve essere valutata nel complesso della sua vita, dalla sua storia, dalle caratteristiche di razza e di carattere.

 

I cani sono comunicatori eccezionali, in grado di sviluppare segnali per ogni situazione; se il nostro obiettivo è quello di avere una relazione appagante, armiamoci di un po’ di impegno e buona volontà e impariamo il “canese”!

 

Francesca Mezzapesa

Educatrice cinofila – Istruttrice Rally Obedience

 

La piramide dei bisogni del cane

La comunicazione con il cane

Come comunicano i cani (parte I) – La comunicazione chimica e visiva

Come comunicano i cani (parte II) – La comunicazione olfattiva

 

 

Juventus eliminata, Buffon espulso

Juventus  eliminata ai quarti di finale di Champions League dal Real Madrid, nonostante la vittoria per 3-1. La squadra spagnola si qualifica in semifinale con il  rigore di Cristiano Ronaldo, al 96′.  Il Real Madrid aveva vinto 3-0 all’Allianz Stadium all’andata. Alla Juve è toccato un calcio di rigore al 93′ dopo il dubbio fallo di Benatia su Vazquez. Buffon è stato espulso per le proteste. Alla fine Ronaldo ha segnato consegnando la qualifica al Real Madrid.

 

(foto Claudio Benedetto www.fotoegrafico.net)