redazione il torinese

“Essere o non essere poveri” … una serata da grosso applauso!

Al teatro Astra e prossimamente al teatro Le Serre di Grugliasco, si è tenuto uno spettacolo offerto dalla Compagnia del Caffè di Sara Bagnato

Il teatro si presenta con la consueta immagine di ristrutturazione “volontaria” con alcune buone persone che accompagnano tutti coloro che ne hanno bisogno ai posti e attori in “divisa” scenica che camminano tra le file del teatro in mezzo alla gente che sta prendendo posto. Poi, l’inizio. Mi dispiace, ma non vi dirò cosa succede, né la trama, né le scene. Ma vi dirò di più.

Esistono professionisti del teatro che di questo vivono economicamente, e ci sono persone professionali che questo mestiere lo fanno bene pur non ricevendo compensi; e poi ci sono quelli della Compagnia del Caffè: bravi, professionali, umani e divertenti, tutti insieme e tutti su un palco.

La progressione delle scene appassiona il pubblico sulle movenze dei personaggi sul palco, e la bravura di ognuno esce piano piano in progressione. Sulle prime non si comprende che siano loro a cantare, e poi cominci a capire che sanno cantare e anche bene. E anche quando cominciano a recitare, comprendi che la bravura è anche quando non sono protagonisti, quando sembra che nessuno li guardi, quando sono parte integrante di una dimensione unica di più scene e su più fronti. Sono bravi anche a ballare e a far sorridere, che talvolta è perfino più difficile che fare ridere, perché il sorriso è un regalo sopraffino di coloro che sanno donare qualcosa agli altri.

Sara Bagnato, che è coautrice di questa “opera” della Compagnia del Caffè e vera fondatrice della stessa, dovrebbe ricevere un premio per la sua abilità di creare emozioni su un palco, pur se la sua vita professionale è altrove. Ma il suo cuore e la sua fantasia la portano in alto a scrivere, comporre e creare sensazioni gioiose da trasferire su un palcoscenico e, insieme ai suoi “amici” e “amiche” le trasmette al pubblico. Però, sinceramente, la sua “mano” nello scrivere e la sua abilità nel motivare un gruppo così vasto e variegato, meriterebbe sicuramente una considerazione dei piani alti del mondo dello spettacolo.

Io oso dire che lo spettacolo offerto dalla Compagnia del Caffè non ha nulla di meno di quelli più noti e altolocati dei palcoscenici più “blasonati”, anzi. Mi sovviene e ricordo la frase di un mio amico che diceva che i cantautori più bravi suonano nei pub perché la loro arte vuole raggiungere chi se lo merita, ma credo che la performance espressa dalla Compagnia del Caffè possa avere futuro in espansione.

Infatti, se questo spettacolo venisse portato in TV nulla sarebbe da eccepire. Gli attori che recitano, ballano e cantano non sono poi così tanti, e quelli che lo sanno fare bene … ancora meno. Ed è curioso vedere come molti siano racchiusi dentro la Compagnia del Caffè di Sara e dei suoi amici.

Ma, forse, la genuinità di queste recite ha sapore di altri tempi, dove tutto è reale e dove uno sgabello portato sul palco rende ricca la storia. Ma non è l’oggetto, è l’emozione di un gruppo che si vuole bene, che gioisce in scena e che “si sorride” appena può.

E in più c’è il lato umano: il ricavato delle serate non va agli artisti ma alle Onlus che sul territorio lavorano e nel mondo operano. Un segnale forte, forse in antitesi con i tempi ma che proprio per la sua validità deve essere segnalato.

Le parole stanno a zero. Ogni ingresso permette di fare beneficenza. E i prossimi spettacoli sono sulla pagina Facebook della Compagnia del Caffè.

Non sto facendo pubblicità, però se non ci andrete, avrete perso qualcosa di bello, avrete perso la nascita o la conferma di alcune stelle dello spettacolo teatrale, che magari non andranno avanti perché il lavoro non glielo permetterà, ma che, in questo momento donano gioia al pubblico che li vede e che alla fine li abbraccia, e, ai beneficiati dalle Onlus, un futuro a tutti coloro che un pochino anche grazie alla Compagnia del Caffè, potranno intravvedere la luce della speranza.

Se ci fosse una giustizia delle Muse, “Essere o non essere poveri” avrebbe diritto ad un posto in luoghi più ampi e confortevoli dei teatri cosiddetti minori, e i loro autori, attori e tutti coloro che non si vedono ma che lavorano nell’ombra, meriterebbero onori più abbondanti. Vederli recitare, cantare e ballare però non ha luogo, ha solo emozione che cresce dentro e che a fine spettacolo ti segue a casa con lo spirito più allegro e con qualche speranza in più.

Grazie Sara e grazie Compagnia del Caffè. Un grosso applauso!

Paolo Michieletto

 

I libri più letti e commentati del mese

Rassegna mensile di lettura proposta dai membri del gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri, che organizza per il 13 giorno il consueto Raduno Ufficiale al quale siete tutti invitatati: tutte le informazioni nel nostro sito o seguendo il seguente Link.

Primo posto nelle discussioni per Le nebbie di Avalon, capolavoro fantasy di Marion Zimmer Bradley, oggetto di una recente revisione editoriale che ha lasciato i vecchi lettori piuttosto perplessi: il romanzo si conferma una lettura molto amata nonostante i suoi anni e molto citata nel gruppo; secondo posto per Il cerchio, complesso romanzo di Dave Eggers che viene regolarmente proposto e suscita sempre ampi dibattiti; infine, terzo posto per un classico della fantascienza, il celebre Gravità Zero di Lois McMaster Bujold che in molti hanno scoperto proprio grazie a una delle nostre recensioni.

Approfondiamo l’argomento letteratura per l’infanzia, tema molto sentito dai nostri iscritti, per suggerire la lettura di Piccolo Uovo, scritto e illustrato da Altan per i piccoli lettori, tenera storia che affronta il delicato tema della famiglia in tutte le sue declinazioni, Il giardino segreto di Frances H. Burnett, classico per i ragazzi dagli otto anni in su e Il figlio del cimitero di Neil Gaiman, lettura perfetta per lettori dall’età delle scuole medie.

Iniziamo questo mese a proporre la lettura dei romanzi inseriti nella celebre lista del Times che nel 2005 compilò un elenco dei più significativi romanzi in lingua inglese usciti nel XX secolo: viene sovente tirata in ballo nelle nostre discussioni e quindi merita dare un’occhiata ad alcuni dei titoli che propone, che oggi sono entrati di diritto nel novero dei classici. Iniziamo con Il crollo, di Chinua Achebe, primo di un ciclo che racconta la nascita della Nigeria contemporanea e che è considerato uno dei riferimenti della narrativa africana degli ultimi cinquanta anni; seconda segnalazione per Gridalo forte, romanzo di James Baldwin che affronta il tema del razzismo negli Stati Uniti ma che offre molti spunti di dibattito anche ai nostri giorni; piacerà agli amanti delle storie di ambientazione Western, oltre che ai cultori di letteratura, La morte vien per l’arcivescovo, di Willa Ctaher, toccante elogio dell’amicizia e profonda analisi dei sentimenti umani in uno scenario magistralmente descritto. Per questo mese è tutto, ci rileggeremo il mese prossimo!

Podio del mese

Le nebbie di Avalon, di M: Zimmer Bradley (TEA) – Il cerchio, di D. Eggers (Mondadori) – Gravità Zero, di L. McMatser Bujold (Nord)

Per i giovani lettori: Piccolo Uovo , di Altan (Lo Stampatello) –  Il giardino segreto, di F. Hodgson Burnett (Feltrinelli) – Il figlio del cimitero di Neil Gaiman (Mondadori)

Time’s List of the 100 Best Novels  : Il crollo, di C. Achebe (Edizioni e/o) –  Gridalo forte, di J. Baldwin (Amos Edizioni) –  La morte vien per l’arcivescovo, di W. Cather (Neri Pozza)

.

Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it 

Alla Rampignado è il giorno di Bonetto

Dimenticate le difficoltà climatiche di maggio, il circuito Nord Ovest Mtb è ripartito alla grande con una splendida 26esima edizione della Rampignado, la classica di Bernezzo (CN) assistita dal sole che, a ben guardare, non ha propriamente addolcito la fatica degli oltre 400 partecipanti, anzi. Il tracciato di 48 km per 1.600 metri è stato sì esaltato dalle condizioni meteorologiche, ma i tanti km di salita non hanno mancato di fare selezione mandando in crisi anche i bikers meno preparati. A fare festa sul traguardo di Piazza dei Martiri è stato Francesco Bonetto (Vittoria Srsontour), uno dei migliori prospetti delle Granfondo italiane che con la Rampignado ha evidentemente un rapporto speciale. Già quinto lo scorso anno, ma vincitore della categoria Under 23, questa volta Bonetto ha fatto bottino pieno staccando i rivali in discesa e chiudendo in 2h17’05″, precedendo di 31″ i suoi iniziali compagni di fuga Giuseppe Lamastra (Silmax) e Adriano Caratide (Sixs), anche quest’ultimo miglioratosi rispetto all’ottava piazza del 2018. Pronostici confermati nella gara femminile dove Maria Cristina Nisi (New Bike 2008), toscana che da anni abita in zona, ha fatto il bis della vittoria dello scorso anno in 2h47’09″, davanti alla relativa sorpresa Claudia Peretti (Vittoria Srsontour) a 4’12″ e a Costanza Fasolis (Giant-Liv Polimedical), vincitrice nel 2017, a 4’16″. A fine gara molto frequentato il pasta party, nel corso del quale si sono svolte le premiazioni protrattesi fino al pomeriggio, mantenendo in città un clima di festa che è ormai la peculiarità di una delle classiche più longeve del calendario italiano. Clima di festa che si era respirato anche alla vigilia, durante la Rampifamily dedicata agli oltre 300 bambini partecipanti con incasso devoluto alle scuole del territorio per l’acquisto di materiale didattico. Anche quest’anno, oltre alle svariate decine di volontari presenti sul percorso e in costante collegamento con l’organizzazione centrale, un fondamentale contributo alla riuscita della Granfondo è arrivato dalla Pro Loco di Bernezzo, dalla Protezione Civile di Caraglio, dalla Protezione Civile Ana di Caraglio, dalla Protezione Antincendi Boschivi AIB di Bernezzo, dalla Croce Rossa di Caraglio e da tutti coloro, sponsor in primis, che si sono prodigati a favore di un evento irrinunciabile per tutto il territorio.
 
 

Controlli di polizia negli esercizi commerciali in zona Porta Nuova

Nel pomeriggio di giovedì gli agenti del Commissariato San Secondo, congiuntamente a personale del Reparto Prevenzione Crimine, all’unità Cinofila e agli Agenti della Polizia Municipale, hanno effettuato un controllo straordinario del territorio del quartiere e nell’area adiacente la stazione ferroviaria di Porta Nuova.  Gli operatori hanno controllato 3 esercizi commerciali. All’interno di un bar in via Gorizia gli Agenti della Polizia Municipale hanno sottoposto a sequestro amministrativo 4 apparecchi per il gioco. Invece, all’interno di un locale commerciale di corso Sommeiller, sono state riscontrate diverse infrazioni in merito alla somministrazione di cibi e bevande e in riferimento alla scarsa igiene dei locali. Per questi motivi sono state irrogate sanzioni per oltre 10 mila euro. Complessivamente  sono state identificate 59 persone, di cui diverse con precedenti di Polizia
 

La sindaca: "2 giugno è festa di tutti"

“E’ una festa che non appartiene a una parte o a una forza politica. Il messaggio del presidente Mattarella ricorda che si deve  lavorare insieme”. L’Ansa ha raccolto le parole della sindaca Chiara Appendino alla cerimonia della Festa della Repubblica, tenutasi questa mattina a Torino, in piazza Castello. “Ogni volta che c’è una festa costituzionale, – ha aggiunto la prima cittadina – la Città partecipa con entusiasmo ed emozione. Siamo in un momento difficile in cui il mantenimento della coesione sociale ed economica dipende dalla collaborazione, che  è l’ingrediente da cui dobbiamo partire”.
 
(foto: il Torinese)
 

La sindaca: “2 giugno è festa di tutti”

“E’ una festa che non appartiene a una parte o a una forza politica. Il messaggio del presidente Mattarella ricorda che si deve  lavorare insieme”. L’Ansa ha raccolto le parole della sindaca Chiara Appendino alla cerimonia della Festa della Repubblica, tenutasi questa mattina a Torino, in piazza Castello. “Ogni volta che c’è una festa costituzionale, – ha aggiunto la prima cittadina – la Città partecipa con entusiasmo ed emozione. Siamo in un momento difficile in cui il mantenimento della coesione sociale ed economica dipende dalla collaborazione, che  è l’ingrediente da cui dobbiamo partire”.

 

(foto: il Torinese)

 

Donna sorprende ladro nel camper

La Polizia arresta 45enne italiano per furto aggravato

In seguito alla segnalazione della Centrale Operativa di un furto in atto, gli agenti del Commissariato di Rivoli, nel primo pomeriggio di venerdì, si sono portati immediatamente in via Genova, dove una donna aveva segnalato la presenza di un uomo all’interno del suo camper. Stava rientrando quando ha notato la porta socchiusa ed entrando ha avuto un faccia a faccia con quest’uomo, che si è immediatamente coperto il volto, utilizzando come scudo una porta recuperata sul mezzo, e si è fatto strada verso l’uscita minacciando la donna prima di allontanarsi a piedi.Poco dopo, grazie alle descrizioni fornite i poliziotti sono riusciti ad intercettare il ladro, un italiano di 45 anni, in via Ughetto, dove lo hanno fermato e tratto in arresto per tentato furto aggravato. L’uomo, con precedenti di Polizia, è stato anche denunciato all’Autorità Giudiziaria per i reati di minacce e possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli in quanto celava sotto la giacca 1 palanchino in ferro, 1 pinza a pappagallo e 2 chiavi per serratura.

Quando i turchi terrorizzavano il Friuli

FOCUS INTERNAZIONALE / STORIA  Di Filippo Re
Hanno sofferto talmente tanto le invasioni e le scorrerie dei turchi che i friulani le ricordano ancora oggi, a distanza di 500 anni, con libri, convegni e rievocazioni storiche. “I turcs tal Friul”, dramma scritto in friulano da Pier Paolo Pasolini nel 1944 e pubblicato solo nel 1976, un anno dopo la morte dello scrittore e poeta, trae spunto dall’invasione dei turchi in Friuli che nel 1499 devastarono gran parte del territorio sfiorando anche Casarsa della Delizia, il paese di sua madre, in provincia di Pordenone e a poca distanza dal Tagliamento. Nel 1944, nel Friuli invaso dalle truppe tedesche e bombardato dall’aviazione anglo-americana, il giovane Pier Paolo Pasolini scrisse un dramma che ricorda l’improvvisa e sanguinosa irruzione dei turchi in Friuli, testimoniata da una lapide che lo scrittore vide in una chiesa di Casarsa. In questi giorni la Chiesa di Santa Croce di Casarsa ha fatto da cornice alla presentazione della nuova edizione del dramma teatrale “I Turcs tal Friul” (I turchi in Friuli), nel quale un Pasolini appena ventiduenne descrive il Friuli devastato dalla guerra rievocando le terribili invasioni del 1499. L’editore Quodlibet lo ha pubblicato come opera di una nuova collana dedicata alla poesia in dialetto. Pasolini scrisse i “Turcs” nel 1944 a Casarsa, dove abitava la madre, sotto le bombe che cadevano anche sul Friuli, ispirandosi a un fatto storico che aveva sconvolto questa terra alcuni secoli prima, ovvero la tragica invasione della cavalleria musulmana proveniente dai Balcani. All’interno della chiesa di Santa Croce si trova una lapide votiva realizzata nel 1529 dagli abitanti di Casarsa in segno di gratitudine per aver evitato il saccheggio dei turchi trent’anni prima. A questa iscrizione votiva è ispirato il dramma teatrale “I Turcs tal Friul”, un atto unico in dialetto friulano scritto da Pasolini negli ultimi anni della guerra. Il testo spazia dagli eventi di fine Quattrocento storicamente documentati, con Casarsa risparmiata dalla furia degli invasori forse, come recita una leggenda, per l’improvviso alzarsi di un polverone che ha impedito ai turchi il passaggio in questo paese, fino ai fatti della seconda guerra mondiale che vide anche Casarsa invasa dai tedeschi, attaccati dai partigiani e bombardati dagli alleati anglo-americani che miravano ai ponti e alla ferrovia sul Tagliamento. È la storia di una piccola comunità agricola costretta a fare i conti con la violenza degli aggressori, la tragedia della guerra, i lutti e le sofferenze. L’incursione turca in Friuli nell’autunno del 1499 si è profondamente saldata nella memoria dei friulani, all’epoca sotto il dominio di Venezia. Camarcio, Cervignano, Strassoldo, San Giovanni, Cusano, Fiume Veneto, San Floriano, Pordenone, Cordenons, Roveredo, Aviano, Spinazzedo….è lungo l’elenco delle devastazioni e delle crudeltà compiute dai turchi che giunsero perfino a poche decine di chilometri da Treviso e Mestre dove gran parte della popolazione fuggì in preda al panico. È utile per conoscere queste vicende storiche il libro di Roberto Gargiulo “Mamma li turchi, la grande scorreria in Friuli” (edizioni Biblioteca dell’Immagine) in cui l’autore, friulano, ricostruisce quel drammatico periodo sul finire del XV secolo. L’impero dei sultani stava attraversando un periodo di grande espansione dopo la conquista di Costantinopoli bizantina nel 1453 e l’occupazione, seppure temporanea, di Otranto nel 1480 con le armate inviate da Maometto II con l’obiettivo di risalire la penisola e prendere la capitale della Cristianità. In realtà i turchi erano già penetrati in Friuli nel 1472 e nel 1477 con distruzioni sistematiche e incendi di villaggi per poi ritirarsi con molti prigionieri. Comandati dal pascià bosniaco Iskender Beg (nulla a che vedere con Giorgio Castriota Skanderbeg) oltre 15.000 akingy, spietati incursori a cavallo, giunsero sull’Isonzo e invasero la pianura arrivando a Udine. Nel 1479 la Repubblica di Venezia stipulò un trattato di pace ventennale con i turchi. Vent’anni di tregua, poi ci fu l’invasione più terribile, nel 1499. Un flagello, con oltre 130 paesi distrutti, rasi al suolo e dati alle fiamme, chiese profanate e incendiate e migliaia di friulani uccisi o fatti prigionieri. Tra le macerie di paesi e cittadine mucchi di cadaveri maleodoranti, bambini lasciati vivi o morti per le strade, pochi i superstiti. Felice per il risultato della campagna militare, Iskender inviò al sultano 300 friulani prigionieri come regalo personale mentre la regione si presentava come sfigurata da una furiosa grandinata.

La finestra dell’angelo. I luoghi dove nasce l’arte

Alla Fondazione Giorgio Amendola, gli ateliers di 26 artisti piemontesi raccontati negli scatti di Marco Corongi e Stefano Greco
 
Sono sempre – o quasi – spazi di fortissima suggestione. Carichi di emozioni, di memorie, di segni e tracce, anche profonde, di mille vite trascorse e passate al loro interno, così come di profumi, di odori intensi e inconfondibili, che arrivano dall’aria, dai colori trattati e combinati fra loro, dalle vernici e dai materiali più strani che paiono essersi introdotti fra quelle pareti per opera di magia, non meno che da singolari e personalissimi intrugli di “pratiche alchemiche” (ognuno ha le sue), attraverso cui dare forma ai molteplici linguaggi dell’arte. Parliamo degli studi o –per essere più fini – degli ateliers d’artista. Luoghi sacrali, che in quanto tali riflettono idee, pensieri e segreti – del mestiere e dell’anima – dei loro legittimi inquilini. Spesso “tane” inviolabili, se non con parole d’ordine da spendere con assoluta parsimonia. Molte volte, spazi metafisici e improbabili, combinati o scombinati fra pennelli, vernici, tavolozze imbrattate dai colori, cavalletti, tele, disegni, bozzetti e una miriade d’objets trouvés in alcuni casi tanto strani da rendere perfino inutile un’indagine sulla loro provenienza e sul perché del loro trovarsi da quelle parti. Ebbene, una ventina di questi “luoghi dove nasce l’arte” li ritroviamo esposti, fino al prossimo 15 giugno, in una curiosa mostra fotografica ospitata nelle sale della Fondazione Giorgio Amendola di Torino e firmata da Marco Corongi e Stefano Greco, due fotografi (ma anche architetti) torinesi, amici fin dall’epoca del liceo e che insieme hanno già prodotto importanti progetti fotografici e partecipato, entrambi, a numerose mostre in Italia e all’estero. Iniziato nel 2009, il loro progetto teso, con garbo, a “violare” le sacre mura in cui erano, o sono ancor oggi, soliti operare artisti non sempre di buon carattere e comunque di levatura internazionale, arriva a contare nel tempo una corposa lista di ben 40 ateliers, fra i quali i 26 esposti oggi alla Fondazione di via Tollegno,   presieduta da Prospero Cerabona. Compito non facile, quello di Carongi e Greco, che hanno osato, e con successo, addentrarsi “in un campo già sperimentato da molti altri – sottolinea Mauro Raffinirestituendo nelle immagini…il momento topico dell’incontro con l’artista, quello più carico di sincera umanità e di una non forzata reciproca simpatia”. Ecco allora Nino Aimone nell’ordinato disordine del suo studio, sorridente all’obiettivo con pennello e sigaretta in mano, in primo piano un grande nudo femminile riflesso allo specchio, che a oltre mezzo secolo di distanza ancora gode dei felici dettami casoratiani; a seguire le “stanze” di alcuni Maestri che hanno fatto la storia della contemporanea scena artistica torinese, da Ermanno Barovero a Enrica Borghi a Gianni Busso e a Romano Campagnoli. Un clima di rarefatto senso d’attesa nell’ordine pacato e tristemente ineluttabile delle cose, di oggetti del mestiere appesi a parete e di incompiuti gesti d’Autore, traspare negli scatti dedicati agli studi di Francesco Casorati e di Giacomo Soffiantino, entrambi scomparsi nel 2013; il primo solito a lavorare nell’ atelier di via Mazzini che fu anche prolifico laboratorio (di opere e di allievi-pittori) del celebre padre Felice e il secondo nei visionari spazi di via Lanfranchi, poco sopra la Chiesa della Gran Madre, inseriti dal FAI nel 2016 fra i “Luoghi del Cuore” in Torino. E ancora i famosi “cieli” di Antonio Carena, appoggiati in cortile accanto a un emblematico minaccioso segnale di “lavori in corso”; a seguire i “luoghi della creatività” di Clotilde Ceriana Mayneri, Mauro Chessa, Riccardo Cordero, Loris Dadam (l’eccentrico urbanista con baffoni, già direttore scientifico della Fondazione Amendola), Marco Gastini e Massimo Ghiotti. E il percorso continua con lo “studio-feticcio”, fantastica Wunderkammer costruita ai piedi della collina torinese, del novantenne Ezio Gribaudo, di Giorgio Griffa, degli scultori Luigi Mainolfi (alle prese con la fatica delle sue opere post-concettuali), Marina Sasso e Gilberto Zorio. Per concludersi con l’eclettico maitre-à-penser dell’arte torinese Pino Mantovani, con l’architetto – discepolo di Alvar Aalto – Leonardo Mosso, Michela Pachner, Francesco Preverino, Giorgio Ramella, Mario Surbone e il cuneese Fabio Viale. Inserita nell’ambito della kermesse “Fo-To. Fotografi a Torino”, promossa dal MEF-Museo Ettore Fico di via Cigna, la mostra prende il titolo “La finestra dell’angelo” da un’opera letteraria (“L’angelo della finestra d’Occidente”) realizzata nel 1927 dallo scrittore austriaco Gustav Meyrink, fra gli esponenti di spicco della letteratura esoterica   mitteleuropea, e vuole essere un viaggio per immagini “teso a svelare i segreti – affermano gli stessi autori – di luoghi avvolti da un irresistibile fascino misterico, non di rado inaccessibili e inviolabili come l’antro di un alchimista”.
 

Gianni Milani

 
“La finestra dell’angelo. I luoghi dove nasce l’arte”
Fondazione Giorgio Amendola, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970 o www.fondazioneamendola.it
Fino al 15 giugno
Orari: dal lun. al ven. 10/12,30 e 15,30/19; sab. 10/12,30