Un negozio di telefonia mobile si può all’occorrenza trasformare in una sorta di “ambulatorio” o studio dello psicologo. Non c’è il lettino, d’accordo. Ma il “paziente” che entra, più o meno consapevolmente può ottenere sconti non solo sulle tariffe telefoniche e sul traffico internet: anche la psiche avrà i propri vantaggi.
Certo, molto dipende da chi sta dall’altra parte del bancone. Se si incontra Beatrice, addetta alle vendite di una nota compagnia telefonica nel centro di Torino, 30 anni, carina nei modi e nell’aspetto, l’assistenza di “para-psicologa” è garantita. “I nostri clienti sono lo specchio della società. Ci sono quelli gentili, i maleducati, gli arroganti, gli impazienti e ogni altra tipologia che si trova al di là della vetrina, nel mondo esterno”, ci spiega. “Di sicuro non sono pochi quelli che, magari con la scusa di una ricarica, in realtà hanno solo bisogno di qualcuno con cui parlare”.
E tu ti presti a questa funzione di “confessore”?
“Spesso abbiamo una lunga coda di persone e non sempre è possibile ascoltare tutti. La gentilezza, comunque, deve essere la nostra prassi. Poi, quando ti capita il cliente che, come il sudamericano passato da noi tempo fa, aveva appena perso la figlia nel paese d’origine e la settimana dopo, improvvisamente, anche la mamma, la coscienza ti dice che devi ascoltarlo e cercare nel limite del possibile di rincuorarlo”.
Chissà quante “tipologie umane” avrai conosciuto. Qualche cliente curioso?
“Beh, per esempio mi è capitata la vecchietta con disturbi senili che non ricordava chi fosse e dove fosse. Si è seduta al bancone e si è messa a leggere il giornale per un bel po’. Faceva tenerezza. Le abbiamo offerto un caffè e abbiamo dovuto rivolgerci alla polizia per farle ritrovare casa. Curioso anche un gruppo di cinesi: solo uno di loro conosceva l’italiano. Circondato da una decina di suoi conterranei, ognuno dei quali aveva qualche richiesta da fare relativamente al proprio telefono, traduceva le mie spiegazioni. Poi sono diventati tutti clienti affezionati! Ci sono anche personaggi ricorrenti, come un orientale e un argentino che si fanno chiamare rispettivamente Mario e Marco, all’italiana, chissà perché! Oppure un romano che sembra un personaggio alla Carlo Verdone, con occhiali a specchio, camicia aperta sul petto villoso, giubbotto in pelle e catena d’oro al collo. Simpatico e gentile. Una volta mi ha “difeso” da un terribile vecchietto convinto erroneamente che non gli avessimo effettuato la ricarica. Si era messo a sbraitare e il sosia di Verdone, in pesante romanesco, lo ha praticamente cacciato. E la coppia di sessantenni gay inglesi? Davvero squisiti. Uno dei due veste con naturalezza un abbigliamento stile Ottocento, con calzamaglia, pantaloni a pinocchietto e scarpe d’epoca. Mi viene in mente anche un’altra coppia maschile molto originale. Uno sui 60 e l’altro, giovanissimo, in abiti praticamente femminili.E anche tante coppie clandestine. Tipo il marito che porta prima la moglie e poi si ripresenta con la probabile amante alla quale regala il telefono, facendolo rateizzare sulla propria carta di credito. C’è pure il prototipo del benestante, classico borghese torinese, a dire il vero piuttosto spocchioso, immancabilmente accompagnato dal figlio con tanto di blazer d’ordinanza dai bottoni dorati, indossato sulla camicia immacolata. Insomma, una umanità davvero varia.”
Tipi simpatici e positivi, altri un po’ meno. Con un passaggio così affollato, mai avuto problemi di sicurezza? Furti, rapine…
“Una volta un tossico ha spaccato la vetrinetta all’interno del negozio e ha prelevato due cellulari: uno per lui, ha detto, e uno per la sua ragazza. Quando la polizia lo ha fermato mi ha chiesto se per caso non avessi qualcosa da fumare. Sono stata anche derubata della borsa che era nello stanzino. Qualcuno, approfittando del fatto che stavo seguendo i clienti si è introdotto nel retro. Mi è anche capitato di beccare due ragazzi che hanno rubato dei cellulari dalla vetrina, ma il mio titolare li ha inseguiti placcandoli letteralmente. Mi ricordo poi di due arzille signore anziane che tentavano di fregarci con il resto, proprio in stile Toto’.”
Nella società interconnessa, che offre mille opportunità per comunicare, sembrerebbe un paradosso. Ma gli episodi che Beatrice ci ha raccontato dimostrano il contrario. Anche un’addetta alla vendita di una compagnia telefonica può rappresentare un’appiglio, un sostegno, un antidoto alla solitudine. Una voce amica alla quale confidare le proprie ansie e frustrazioni. Come diceva quel vecchio spot televisivo? “Il telefono, la tua voce”. Appunto.