redazione il torinese

Soffice torta di mele e albicocche

Delicatamente profumata da una nota agrumata ed arricchita dall’aggiunta di morbide albicocche

Chi resiste al profumo di una soffice torta di mele che cuoce nel forno? Le mele, particolarmente gradevoli e ricche di virtu’, sono magici ingredienti  per creare irresistibili dolci, tra questi, la regina e’ la torta di mele, il classico dolce che piace a tutta la famiglia qui riproposto in una versione insolita, delicatamente profumata da una nota agrumata ed arricchita dall’aggiunta di morbide albicocche.

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Ingredienti:

2 grosse mele Renette

10 albicocche secche

120gr. di burro

120gr. di farina 00

50gr. di fecola

100gr.di zucchero a velo

2 uova intere e 2 tuorli

1 limone

1 arancia

1 pizzico di sale

1 bicchierino di rum

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Lasciare in ammollo in acqua e rum le albicocche per almeno 12 ore. Sbucciare e tagliare le mele a dadini, grattugiare la scorza dell’arancia e del limone, strizzare e tagliate a pezzettini le albicocche, mescolare il tutto e lasciar di macerare con  il succo di mezzo limone. Nel mixer montare prima il burro con lo zucchero a velo e un pizzico di sale poi, le uova. Unire la farina e la fecola setacciate. Mescolare bene.  In un largo stampo foderato con carta forno versare il composto e sopra la frutta spolverizzata con zucchero a velo. Infornare a 180 gradi per 45 minuti poi, passare sotto il grill per altri 5/10 minuti. Lasciar raffreddare e spolverizzare con zucchero a velo.

Paperita Patty      

Molto più di una insalata di patate

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Un secondo fresco e sempre adatto

 Una preparazione semplice e sfiziosa che potete personalizzare secondo i vostri gusti per un piatto sempre diverso.
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Ingredienti:
3 grosse patate
1 scatoletta di tonno sott’olio
4 cucchiai di maionese
1 limone
1 pizzico di curcuma (facoltativo)
1 fetta spessa di prosciutto di Praga
Sale, pepe, prezzemolo o basilico
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Pelare le patate, tagliarle a bastoncini e cuocerle a vapore.
Frullare il tonno, mescolare alla maionese, aggiungere il succo del limone, il sale, il pepe, e la curcuma. Tagliare a listarelle il prosciutto privato dell’eventuale grasso, unirlo alle patate, aggiungere la salsa tonnata ed il prezzemolo. Mescolare con cura. Servire freddo guarnito con fette di limone.

Paperita Patty

Per palati raffinati l’insalata di pollo e avocado

Un abbinamento consolidato quello tra il pollo e l’avocado, semplice ma non banale, una ricetta decisamente light dal tocco esotico e sfizioso. L’insalata di pollo e’ una ricetta gustosa, una soluzione veloce e pratica, perfetta in qualsiasi occasione.

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Ingredienti

 

½ petto di pollo

1 avocado

1 lime

1 limone

Prezzemolo

Olio evo

Pepe, sale q.b.

Mandorle a lamelle

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Lessare il petto di pollo con una carota, un gambo di sedano, una foglia di alloro e poco sale. Lasciar raffreddare poi, tagliare a tocchetti. Pelare l’avocado, tagliarlo a dadi e spruzzarlo con il limone per evitare che annerisca. In una scodella emulsionare il succo del lime con 4 cucchiai di olio evo, il sale e il pepe. In una terrina, mettere il pollo, unire la polpa dell’avocado, condire con  l’emulsione di olio, mescolare bene e servire cosparso con mandorle a lamelle.

 

Paperita Patty

Verrines di pesche, golosità nel bicchiere

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Da proporre come aperitivo chic o antipasto raffinato fresco e colorato servito in piccoli bicchieri monoporzione

Le pesche, fresche, succose e profumate possono dare origine a tante gustose preparazioni sia dolci che salate. La ricetta della settimana e’ semplicissima e velocissima, gli ingredienti sono tutti crudi, un’idea sfiziosa ed originale da proporre come aperitivo chic o antipasto raffinato fresco e colorato servito in piccoli bicchieri monoporzione.

Una valida alternativa al classico prosciutto e melone.

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Ingredienti per 8 bicchierini:

2 pesche noce

8 fette di prosciutto crudo dolce

100gr. di formaggio Feta o Quartirolo

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Lavare le pesche, asciugarle e tagliarle in 4 spicchi. Tagliare il formaggio a cubetti. Sistemare in ogni bicchierino una fetta di prosciutto crudo, guarnire con i cubetti di formaggio e lo spicchio di pesca. Detto, fatto.

 

 

Paperita Patty

Lo spezzatino, un classico sempre apprezzato

Un secondo completo, sano, sostanzioso ed economico, questo e’ l’intramontabile spezzatino di vitello con patate. Un piatto gustoso, autunnale, tipico della tradizione casalinga. Teneri bocconcini di carne di vitello che cuociono lentamente in un cremoso sughetto aromatico.

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Ingredienti

600gr. di polpa di vitello

400gr. di salsiccia

4 patate medie

1 carota

1 sedano

1 cipolla

1 spicchio di aglio

1 bicchiere di vino rosso

2 bicchieri di brodo

1 bicchiere di passata di pomodoro

Olio evo, sale, pepe q.b.

Erbe aromatiche q.b. (rosmarino, alloro, timo ecc.)

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In una padella con poco olio, preparare il soffritto con la carota, il sedano, la cipolla e l’aglio tritati. Aggiungere i bocconcini di carne e la salsiccia tagliata a pezzi, salare, pepare e rosolare a fuoco vivace poi, sfumare con il vino rosso. Lasciar evaporare il vino e coprire con il brodo caldo, aggiungere le erbe aromatiche e la passata di pomodoro. Lasciar cuocere a fuoco lento, mescolando di tanto in tanto per almeno un’ora. Pelare e lavare le patate, tagliarle a tocchetti ed aggiungerle alla carne. Lasciar cuocere sino a quando saranno morbide, eventualmente aggiustare di sale. Servire caldo.

Paperita Patty

Piero Chiara e il cinema

“Molte volte, rivedendo uno dei film tratti dai miei libri, mi sembra di sognare. È avvenuta, nel passaggio, un’alterazione cromosomica che ha dato vita a una creatura imprevista e imprevedibile, ma non più mia”

I romanzi di Chiara sono stati fonte di ispirazione per il cinema dai primi anni ’70. Alcuni dei più famosi registi della commedia all’italiana – da Dino Risi ad Alberto Lattuada –, tra le pagine dei racconti del narratore del lago Maggiore, scavando nelle storie della “provincia”, all’ombra dei campanili e nel vociare delle osterie, sono andati a scovare i soggetti e i tipi giusti per raccontare il costume italiano. A dire il vero, Piero Chiara nutriva un atteggiamento del tutto particolare, spesso incredulo se non addirittura critico verso il cinema. Riferendosi all’adattamento dei suoi testi sul grande schermo, lo scrittore non nascondeva una vena malinconica: “Molte volte, rivedendo uno dei film tratti dai miei libri, mi sembra di sognare. È avvenuta, nel passaggio, un’alterazione cromosomica che ha dato vita a una creatura imprevista e imprevedibile, ma non più mia“. In un altra occasione, commentando la cessione dei diritti dei suoi libri per le versioni televisive o cinematografiche, appare ancora più sconsolato: “Vendere un libro al cinema è come vendere un cavallo: si può sperare che il padrone lo tratti bene, non lo sforzi, lo nutra a dovere, ma poi non si può andare a vedere come sta. Il nuovo padrone lo può anche macellare“.

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Nonostante questo scarso entusiasmo, sono stati otto, salvo errori ed omissioni, i film tratti da Piero Chiara trasferiti sullo schermo. Ai quali vanno aggiunti almeno quattro riduzioni televisive. Spesso le ambientazioni hanno visto, come scenari naturali, i due laghi Maggiore e d’Orta. Il primo film, diretto da Lattuada nel 1970, è “Venga a prendere il caffè da noi”, tratto da “La spartizione”, con uno straordinario Ugo Tognazzi nella parte del ragionier Emerenziano Paronzini. Il protagonista, in cerca di “sistemazione”, incontra le tre sorelle Tettamanzi, di ognuna delle quali “coglie” il meglio. Interamente girato a Luino, paese natale di Chiara, sulla sponda lombarda del lago Maggiore, ebbe tra gli estimatori il maestro Luis Buñuel che, dopo averlo visto, scritturò l’altra protagonista, Milena Vukotic, per “Il fascino discreto della borghesia”. Un anno dopo, esce “Homo eroticus”, di Marco Vicario, con Lando Buzzanca, Rossana Podestà, Luciano Salce. La commedia di costume sceneggiata da Piero Chiara, anche interprete nel ruolo del “giudice”, riscosse un grande successo di pubblico e vide tra i protagonisti anche Nanni Svampa e Lino Patruno. “Il piatto piange” di Paolo Nuzzi (1974), è il più “felliniano” dei film tratti dai racconti di Chiara. Le interminabili partite a carte, il profumo delle donne, i sotterfugi sentimentali, gli amici, i coprifuochi dei fascisti. Le avventure del Càmola (Aldo Maccione) nella Luino degli anni ’30, venne adattato da Chiara per lo schermo insieme al regista, con Macario nei panni dello scemo del paese in una delle sue ultime apparizioni e una splendida Agostina Belli. Girato a Orta, con una incursione sopra Luino per le scene finali, è un film dove quasi si sente l’odore del lago.

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Nel 1976, firmata da Francesco Massaro, esce nelle sale “La banca di Monate”, tratto dall’omonimo racconto con Walter Chiari, Magali Noël e Vincent Gardenia, ambientato sulla sponda “magra” del Verbano venne girato ad Omegna, sul lago d’Orta. E il comune ci guadagnò la tinteggiatura del municipio che, nel film, era la sede della banca. Con la regia di Dino Risi, un anno dopo, nel 1977, ecco “La stanza del vescovo”, con Ugo Tognazzi, Ornella Muti e Patrick Dewaere. Un giovane avventuriero in barca a vela, un libertino decadente e senza scrupoli, una fanciulla sposata per procura, tutti insieme sul Lago Maggiore, tra le due sponde, le isole e i castelli di Cannero. Tratto dal romanzo omonimo, il film si presenta come un gotico d’autore che gioca sulle atmosfere lacustri più inquietanti. Tre anni dopo è la volta de “Il cappotto di Astrakan”, per la regia di Marco Vicario con Johnny Dorelli, Carole Bouquet e Andréa Ferréol. Da Luino a Parigi, ospite dell’ambigua madame Lenormand (Andréa Ferréol) e innamorato di Valentine (Carole Bouquet), quella di Piero (Johnny Dorelli) è un’odissea surreale perché le due donne sono rispettivamente moglie e amante del suo sosia Maurice, temutissimo rapinatore che ama indossare un cappotto di astrakan. Il regista sfrutta in questo caso il tema del doppio così caro alla commedia italiana, sfruttando il composito cast internazionale. Con Nanni Svampa tra i protagonisti, è stato uno dei film che hanno incassato di più tra quelli tratti dai romanzi di Chiara. Devono passare quasi 35 anni per vedere nei cinema ( nell’aprile 2014 ) un film tratto da un racconto di Piero Chiara : è “Il Pretore “, diretto da Giulio Base e interpretato da Francesco Pannofino, trasposizione cinematografica di un racconto breve –Il pretore di Cuvio –pubblicato da Mondadori nel 1973, che divenne uno dei migliori successi dello scrittore luinese. Detto dei film, occorre anche menzionare gli sceneggiati per la tv, a partire da “I giovedì della signora Giulia” del 1970, diretto da Massimo Scaglione con un grande Claudio Gora, tratto dal romanzo di Chiara. Nel 1975 lo scrittore collabora alla realizzazione dello sceneggiato Rai “Un uomo curioso”, con Gabriele Ferzetti nella parte del protagonista, tratto dal suo racconto “L’uovo al cianuro” e ambientato sul lago Maggiore. Un altro film per la tv è “Il balordo”, uno sceneggiato di Pino Passalacqua del 1978, girato a Orta con un grande Tino Buazzelli e una straordinaria interpretazione ( nei panni del “ginetta”) di un giovane Teo Teocoli. Infine, la passione per il nobile veneziano Giacomo Casanova, spinge Piero Chiara a sceneggiare per Pasquale Festa Campanile il film per la Rai intitolato “ Il ritorno di Casanova” nel 1980, con Giulio Bosetti. Le storie di Piero Chiara, anche attraverso film e sceneggiati, sono arrivate così al grande pubblico. E con essere la “provincia” profonda, i laghi, i piccoli paesi. Insomma, quell’Italia “minore” che in realtà è il volto del paese vero.

Marco Travaglini

Allegre bruschette tricolori

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Bastano davvero pochi minuti per realizzare uno sfizioso aperitivo o un antipasto estivo allegro e colorato con ingredienti freschi di stagione dal sapore mediterraneo. La bruschetta e’ la soluzione ideale, un piatto estremamente semplice e gustoso, sempre gradito, dalle infinite combinazioni, secondo il vostro gusto e fantasia, perfette anche per accompagnare una bella grigliata di carne da gustare con gli amici.

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Ingredienti

 

Fettine di pane tostato

1 pomodoro maturo

1 peperone giallo

4 champignons

1 spicchio di aglio

Prezzemolo

Caciotta fresca

Olio evo, sale

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Strofinare con l’aglio le fettine di pane tostato. Lavare le verdure. Tagliare il pomodoro, svuotarlo dei semi, lasciar scolare poi, tagliare a cubetti. Preparare una dadolata di peperone, tagliare a fettine sottili i funghetti, la caciotta, mettere tutto in una terrina e condire con olio, sale e prezzemolo. Distribuire su ogni fetta di pane e servire.

Paperita Patty

Peñarol, il Piemonte d’Uruguay. Storie di calcio e di emigrazione

Il nome deriva da Pinerolo e lo si deve a Giovan Battista Crosa che nel 1765 arrivò a Montevideo e fondò – insieme ad altri conterranei – il quartiere che , storpiando il nome del comune situato allo sbocco in pianura della Val Chisone, nel tempo, è diventato il “barrio” Peñarol

Nel 2016 a Montevideo il Club Atletico Peñarol ha festeggiato l’inaugurazione del suo nuovo stadio: 43.000 posti a sedere, attrezzato, moderno e con un area-museo dedicata alla storia  del club più prestigioso dell’Uruguay. D’ora in poi l’Estadio Campeón del Siglo celebrerà le gesta dei calciatori i maglia giallo-nera, ricordando il legame tra questa  squadra, tra le più vincenti del sudamerica, e il Piemonte.

Il nome Peñarol , infatti, deriva da Pinerolo e lo si deve a Giovan Battista Crosa che nel 1765 arrivò a Montevideo e fondò- insieme ad altri conterranei – il quartiere che , storpiando il nome del comune situato allo sbocco in pianura della Val Chisone, nel tempo, è diventato il “barrio” Peñarol. Una storia che è diventata uno spettacolo teatrale, grazie al testo curato da Renzo Sicco e Darwin Pastorin che,  grazie ad Assemblea Teatro, anima le scene con il progetto ”Peñarol, il Piemonte d’Uruguay:storie di calcio e di emigrazione”. Pinerolo, Peñarol: due nomi identici che in due lati del mondo in continenti lontani raccontano di emigrazione, povertà, lavoro, rinascita ..e calcio! Bella storia, quella del club che assume i colori sociali giallo e nero, ispirati a quelli delle barriere delle strade ferrate, essendo molti dei suoi fondatori dei “musi neri”, macchinisti delle ferrovie uruguaiane, per lo più italiani. Un legame profondo, segnato dalle storie d’emigrazione dalle terre piemontesi verso il “nuovo mondo”, dove la passione per il calcio si confonde con la storia in una città, capitale d’Uruguay, dove nelle vene della metà dei tre milioni di abitanti, scorre sangue italiano. I pinerolesi, come tanti altri abitanti delle valli e della pianura, andavano a Genova per imbarcarsi, spesso senza conoscere l’effettiva destinazione, stipati in terza classe, a rischio di finire morti affogati quando i piroscafi cedevano alla rabbia dell’oceano, per cercare fortuna nelle “meriche”.

La passione per i “fotbaleur” , nel caso, ha fatto il resto.  Così, quello che nel 1891 era stato fondato a Montevideo come “Central Uruguay Railway Cricket Club” (CURCC), squadra di fùtbol della capitale uruguaiana,  nel 1913, cambia nome in “Club Atletico Peñarol”. In breve, questa “instituciòn deportiva” diventò presto la miglior squadra del Sudamerica, complice il ciclo del grande Uruguay che tra il 1930 ed il 1950 vinse due edizioni dei Mondiali. Quando la finale della Coppa del mondo venne giocata in Brasile, nella storica data del 16 luglio 1950, quando la “Celeste” nazionale uruguagia  sconfisse 2 a 1 la Seleção dei padroni di casa, sprofondando nella disperazione il Maracanà, il Peñarol aveva già conquistato 17 campionati d’Uruguay e forniva alla nazionale giocatori del calibro di Obdulio Varela e Juan Alberto Schiaffino, che poi venne a giocare in Italia, nel Milan. Nel biennio 1960-61 il Peñarol salì in vetta al mondo del pallone, vincendo due Coppe Libertadores (la Champions sudamericana) e una Coppa Intercontinentale. Così i “carboneros” entrarono nella storia del calcio. Nel 1966 arrivò la doppietta: Libertadores e Intercontinentale. Doppietta replicata sedici anni dopo, nel 1982. Nel frattempo arrivano altri 32 titoli nazionali, l’ultimo nel 2012-13.

Un palmares di successi impressionante, al punto da far sì che la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio (IFFHS) nominasse il Peñarol “Club del XX° secolo del Sud America”. Ma non tutto si può ridurre ai dati numerici. La passione, la voglia di riscatto sociale, l’incrollabile fede nei colori del “Pinerolo d’Uruguay” , nel tempo, ha rappresentato un fenomeno davvero importante, legatoa  doppio filo con l’Italia. Nei primi grandi calciatori aurinegros ( gialloneri , per via del colore delle maglie) erano evidenti le tracce di italianità: le più grandi leggende del club erano figli o nipoti di italiani. Basta pensare alle prime due stelle, Lorenzo Mazzucco e Josè Piendibene Ferrari, entrambi avevano i genitori italiani. E poi Juan Alberto Schiaffino ( così scrisse di lui Eduardo Galeano: “con le sue giocate magistrali, organizzava il gioco della squadra come se stesse osservando tutto il campo dalla più alta torre dello stadio”),il centrocampista Rafael Sansone, il difensore Ernesto Mascheroni , l’istriano di nascita Ernesto Vidal, centrocampista che aveva “tre patrie ma solo una gli regalò il tetto del mondo”, il portiere Roque Maspoli e tanti altri. Una storia di scatti, rincorse e calci al pallone che continua, sull’asse della memoria che unisce i due lati del mondo, da Pinerolo al “barrio” Peñarol.

Marco Travaglini

Maglione, dove i muri “narrano” di arte e pittura

Maglione è un piccolo borgo rurale sulle colline moreniche del basso Canavese, a meno di venti chilometri da  Ivrea e distante  poco più del doppio da Torino

 

 Il nome, si dice, deriverebbe da “malhones” , il cui significato richiama i vigneti che producono le uve del bianco Erbaluce. Le poche centinaia di abitanti di Maglione vivono praticamente sul confine con il vercellese, a pochi passi da Moncrivello e nelle vicinanze di Borgo d’Ale e Cigliano.

Un paese tranquillo, silenzioso dove – da più di trent’anni – si può visitare il  M.A.C.A.M, acronimo che sta per Museo d’arte contemporanea all’aperto di Maglione. Dalla mappa si ricava un percorso di visita “en plein air”, ammirando ben 167 opere di importanti artisti  che, dalla piazza XX° settembre – davanti alla chiesa parrocchiale, dove campeggia una scultura di Giò Pomodoro – accompagnano i visitatori lungo le vie del paese. In questo straordinario museo a cielo aperto s’incontra una proposta di opere d’arte contemporanea di diverse tendenze e di indubbio livello culturale. E tutto senza pagare un biglietto d’ingresso per la visita e senza l’assillo dell’orario di apertura o chiusura, considerato il fatto che le opere sono esposte sui muri delle case e negli spazi pubblici del centro abitato. Ideato nel 1985 dall’ingegno eclettico e talentuoso di Maurizio Corgnati, regista e uomo di grande cultura – noto anche per essere stato l’ex-marito della rossa “pantera di Goro”, la cantante Milva – il Macam è un museo del tutto singolare. Corgnati, ritiratosi nella sua casa di Maglione, dov’era nato il primo agosto del 1917, invitò, anno dopo anno, molti artisti italiani e stranieri affinché dipingessero le loro opere sulle pareti esterne delle case messe disposizione dai proprietari o installassero sculture nelle piazze di Maglione. Nel corso degli anni prese forma una straordinaria mescolanza tra stili e scuole diverse, affiancando la tradizione pittorica alle avanguardie più innovative. Si disegnò un percorso di grande fascino, accostando artisti come Mauro Chessa, Giò Pomodoro, Ugo Nespolo , Armando Testa,  Eugenio Comencini e Francesco Tabusso con altri meno noti, ma non meno interessanti. Tra le sculture spicca anche il monumento al contadino “vittima ignorata di tutte le guerre e di tutte le paci”, costruito da Pietro Gilardi con l’aiuto degli anziani coltivatori di Maglione, utilizzando vecchi  aratri e attrezzi della civiltà rurale. Maurizio Corgnati, che amava definirsi “un buon giocatore di scopa e un grande cuoco” , oltre ad essere amico di Calvino, Fruttero e Lucentini e tanti altri protagonisti del mondo della cultura, riuscì nel suo intento di  far crescere quest’ associazione “senza fine di lucro con operatività indirizzata alla diffusione e promozione dell’arte contemporanea”. Gli artisti accettarono di buon grado la proposta di creare gratuitamente le opere murali ,trovandosi a Maglione sul finire di settembre, nel periodo dei festeggiamenti del patrono, San Maurizio. Un evento battezzato “Paese vecchio, pittura nuova” che , fino a quando Corgnati era in vita, veniva concluso con una grande cena, preparata dallo stesso regista per  “ripagare i pittori e trascorrere qualche ora in buona compagnia”. Del resto, frequentando il piccolo borgo cavanesano, gli artisti compresero fin dall’inizio lo spirito di questa iniziativa,”priva di risvolti commerciali e basata esclusivamente sull’amore per l’arte, ritrovando l’autentico piacere di stare insieme e “produrre” cultura per tutti. Questa tradizione dura ancora oggi, mantenendo vivo il ricordo e la volontà di Maurizio Corgnati che, in conclusione, definiva così la sua “creatura”: “Ecco il perché di questo museo a Maglione: i bambini di un tempo sono cresciuti in mezzo a immagini piene di mucche, pecore, ruscelli, nani, conigli e fate; i bambini futuri di Maglione avranno occhi pieni di queste immagini che stanno sui muri delle loro case“.

Marco Travaglini

 

(foto: emozionincanavese.it)

Una golosa crostata di mandorle e cioccolato

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La proposta di oggi e’ tutta da gustare, una frolla friabile un goloso ripieno avvolgente, cioccolatoso, dal sapore ineguagliabile

La crostata e’ un dolce tradizionale capace di reinventarsi in mille modi. La proposta della settimana e’ tutta da gustare, una frolla friabile un goloso ripieno avvolgente, cioccolatoso, dal sapore ineguagliabile.

Una tentazione deliziosa.

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Ingredienti per la frolla:

200gr.di farina

100gr. di burro

70gr. di zucchero

2 tuorli

1 pizzico di sale

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Ingredienti per la farcia:

1 grossa mela

100gr. di mandorle ridotte a farina

100gr. di cioccolato fondente 70%

15 amaretti pestati

2 uova intere

50gr.di burro fuso

60gr.di zucchero

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Preparare la frolla impastando velocemente la farina con il burro freddo a pezzetti, lo zucchero, il sale e i due tuorli. Avvolgere in pelliccola e riporre in frigo per 30 minuti. Affettare sottilmente la mela, frullare le mandorle a farina, pestare gli amaretti. Stendere la frolla in uno stampo per crostate ricoperto con carta forno, bucherellare il fondo, cospargere la pasta con meta’ degli amaretti e sistemare le fettine di mele. Sciogliere il burro con il cioccolato. Nel mixer frullare a velocita’ bassa le uova con lo zucchero, la farina di mandorle e il cioccolato fuso. Versare la crema sulle mele e infornare a 180 gradi per circa 50 minuti. Lasciar raffreddare e decorare con gli amaretti rimasti.

 

Paperita Patty