L'isola del libro

La rubrica settimanale delle novità in libreria

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Søren Sveistrup “L’uomo delle castagne” –Rizzoli- euro 20,00

E’ uno dei thriller più belli tra quelli letti di recente ed è all’inseguimento di un killer particolarmente spietato che arriva direttamente dalla Danimarca e dalla penna di Søren Sveistrup. Potremmo dire che, sul solco tracciato da Stieg Larsson (lo scrittore svedese che ci aveva catturati con la sua trilogia Millenium, morto nel 2004) oggi c’è un altro scrittore nordico abilissimo nell’imbastire trame sanguinarie che non lasciano scampo e tengono il lettore avvinghiato fino all’ultima pagina. Sveistrup è nato a Copenaghen nel 1968, adottato da piccolo, ha trascorso l’infanzia sull’ isola di Thurø, a sud della Danimarca. E’ autore della serie tv “The killing” che ha conquistato milioni di telespettatori, ed ha scritto la sceneggiatura de “L’uomo di neve” tratto dal thriller di uno scrittore cult come Jo Nesbø. Ritmo incalzante e colpi di scena che sarebbero perfetti per lo schermo li troviamo anche in questo suo primo romanzo “L’uomo delle castagne” che ha riscosso grande successo in patria ed è tradotto in 25 paesi. E’ un thriller ad alta tensione. La trafila di morte – in cui l’assassino seriale firma i suoi omicidi lasciando sulla scena del crimine degli inquietanti omini fatti di castagne e fiammiferi- si annuncia con il massacro di un’intera famiglia nella fattoria di Ørum, nell’ottobre 1989. Anni dopo -oggi- a Copenaghen vengono prima torturate e mutilate, poi brutalmente uccise, delle giovani madri. Scene dell’orrore su cui indagano Naia Thulin, poliziotta della Omicidi (prossima all’agognato trasferimento) e il nuovo arrivato Hess, agente di collegamento allontanato dall’Europol, che ancora non ha metabolizzato la tragica morte, 5 anni prima, della giovane moglie incinta di 7 mesi. I due devono lavorare fianco a fianco ma l’intesa non sarà facile da trovare: lei ferma nelle sue   posizioni e risoluta, lui uomo complesso ma di grande intuizione. Eppure finiranno per fare squadra ed avanzare come dei panzer nelle indagini. Scoprono che dietro le madri uccise ci sono vicende sottese di abusi e violenze sui minori, incuria nei confronti dei figli, denunce anonime e affidi familiari. E sullo sfondo, a complicare la già avvincente trama, c’è anche il rapimento della figlia dodicenne del ministro degli Affari Sociali Rosa Hartung, avvenuto un anno prima. Capro espiatorio della vicenda è un giovane hacker che si pensa abbia ucciso la ragazzina, l’abbia fatta a pezzi e poi nascosta chissà dove. Insomma, preparatevi a stanare il vero colpevole.

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Kurt Vonnegut “Il grande tiratore” – Feltrinelli- euro 17,00

Kurt Vonnegut, morto nel 2007, è stato un grande scrittore e saggista americano: considerato uno dei massimi autori di fantascienza che poi ha virato su un mix di elementi fantastici, satira politica, sociale e di costume. E aveva pubblicato questo romanzo nel 1982. “Il grande tiratore” è Rudy (voce narrante) che a 50 anni si guarda indietro e racconta le strampalate vicende della sua famiglia. Una storia di destini che iniziano e finiscono con l’apertura e la chiusura di (quelli che l’autore definisce) spiragli della vita.. un modo bellissimo di circoscrivere le avventure terrene comprese tra nascita e morte. Nell’incipit Rudy esordisce «…Ero anch’io un batuffolo di indifferenziata nientità, poi, piff, s’è aperto all’improvviso uno spiraglio, uno spioncino. Luce e rumore si sono riversati dentro il nulla …». Ed ecco la venuta al mondo. Rudy racconta di suo padre Otto Walz, erede di una ricca famiglia di Midland City, nell’Ohio, il cui patrimonio era stato accumulato vendendo un intruglio al limite del ciarlatano. Il suo spiraglio si era aperto nel 1892, e la sua vita era stata degna di un romanzo. Convinto di avere talento artistico aveva ottenuto dai genitori di iscriversi all’Accademia di Belle Arti a Vienna, dove aveva incontrato un giovane poverissimo che di nome faceva Adolf Hitler. I lavori di entrambi non avevano convinto gli insegnanti ma Otto aveva simpatizzato con l’austriaco e comprato un suo acquerello. Una pessima idea perché –come scrive Vonnegut – forse se non l’avesse fatto Hitler sarebbe morto di stenti già nel 1910. Dopo la parentesi viennese, Otto torna a Midland City e costruisce una casa grandiosa e bizzarra in cui custodisce una preziosa collezione di armi da fuoco. Ancora non può saperlo, ma questo, anni dopo, segnerà il destino di suo figlio Rudy. Intanto Otto gongola quando in Germania il suo amico Adolf diventa Primo Ministro e per celebrarne il successo espone una bandiera con svastica. Ma la 2° Guerra Mondiale sta per deflagrare e il vanto diventa pura vergogna. A complicare la vicenda sarà il giovane rampollo Rudy che si mette a sparare a vanvera e colpisce a morte una casalinga incinta. La disgrazia è solo l’inizio della catastrofe che finirà per travolgere tutta la famiglia.

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Margherita Belgiojoso “Là dove s’inventano i sogni” –Guanda- euro 19,00

Il libro ripercorre le vite di 16 donne russe, raccontate in altrettanti capitoli collegati tra loro da una sorta di staffetta ideale in cui si passano il testimone. Risultato: un grande affresco al femminile della storia degli ultimi due secoli dell’ex Unione Sovietica. L’autrice, che ha studiato storia dell’arte ed economia, ha vissuto più di 10 anni in Russia, l’ha attraversata in lungo e in largo scrivendone per le maggiori testate italiane. Ora ritrae scrittrici, attrici, poetesse, ballerine, rivoluzionarie e dissidenti le cui vite si sono intersecate in alcuni casi, facendole incontrare, convivere e lottare per ideali comuni. Tutte donne e vite straordinarie. Ci sono nomi altisonanti, come quello di Svetlana, figlia prediletta di Stalin, che dopo anni in adorazione del padre, dovrà fare i conti con la sua crudeltà, finirà per allontanarsene e lasciarsi alle spalle la Russia. Aleksandra Kollontaj, prima ministro donna della storia russa -unica tra i 15 ministri del governo di Lenin- che adottò misure draconiane per l’emancipazione femminile, compresa una dura battaglia per la legalizzazione dell’aborto. C’è la poetessa Anna Achmatova inorridita per gli orrori perpetrati da Stalin – in un mese aveva fatto   fucilare 6500 persone- disperata quando furono arrestati il suo compagno e suo figlio. E c’è la scrittrice Nina Berberova che riesce a scappare in America e sbarca il lunario passando da un lavoro a un altro, fino ad insegnare letteratura a Yale e Princeton, abilissima nell’osservare l’atteggiamento dei russi emigrati negli States. Ci sono le rivoluzionarie come Marija Volkonskaya e molta Siberia; ma anche danzatrici ed attrici come Ljubov’ Orlova, il sorriso del cinema sovietico. Il libro si chiude con la coraggiosa dissidente Elena Bonner che nel 1975 andò ad Oslo a ritirare il Premio Nobel per la Pace assegnato al marito Andrej Sacharov. Lui lo condivise con le centinaia di prigionieri rinchiusi nelle carceri di Brežnev; ma il segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica non perdonò questo smacco e nel 1980 fece prelevare Sacharov e lo mandò al confino. L’epilogo invece è dedicato ad Anna Politkovskaja che l’autrice conobbe personalmente negli anni in cui lavorava come giornalista a Mosca…Queste sono solo brevi anticipazioni, il libro racchiude molto di più e si legge piacevolmente come un grande romanzo corale.

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