“Alcune realtà non dispongono di una sede stabile, come per i muridi senegalesi, che affittano una ex-palestra oppure i locali della Galleria d’arte moderna. E c’è persino chi, come i Giovani Musulmani d’Italia, utilizza per i propri incontri la sede della sezione di un partito politico”. Uno studio del Centro Interculturale – Città di Torino
Sul sito ufficiale della Città, www.comune.torino.it, ampie sezioni sono dedicate alle culture e alle fedi che popolano Torino. Particolarmente documentati e interessanti gli interventi di Javier Gonzàlez Dìez, antropologo e ricercatore presso il Centro Interculturale di Corso Taranto 160, incentrati sulle religioni presenti in città. A proposito del mondo islamico torinese lo studioso cita due importanti ricerche sociologiche (Garelli 2001, Negri e Scaranari Introvigne 2005), dalle quali emerge la consistenza dell’islam a Torino: “ci sono almeno nove luoghi di preghiera – scrive Gonzàlez Dìez – la maggior parte dei quali con relativi annessi (scuole coraniche, spazi per incontri). Sono poi ormai innumerevoli i tipi di locali che girano intorno a quest’ambito, come per esempio le macellerie islamiche. Gli studi condotti a Torino fanno luce anche su un altro aspetto del mondo islamico che molto spesso viene sottovalutato o disconosciuto: la sua forte eterogeneità interna. L’islam, infatti, è ben lontano dall’essere una realtà uniforme e presenta al proprio interno tratti molto diversi. Proprio per questo molti autori tendono a parlare di un “islam plurale” più che di un unico islam”.
Lo studio del Centro Interculturale prende poi in esame le sale di preghiera esistenti in città, spesso collegate con associazioni transnazionali islamiche: Fratelli Musulmani nelle varie correnti, salafiti e wahhabiti. La composizione etnica è diversificata ma i marocchini sono il gruppo predominante. L’ islam senegalese è probabilmente l’unico ad avere una forte base etnica ed è presente con le tradizionali confraternite, in primis quella muride.
“Le comunità islamiche di Torino non dispongono di vere e proprie moschee nel senso tradizionale del termine – spiega ancora Gonzàlez Dìez ma spazi di culto allestiti nei locali più vari, da scantinati a capannoni ad altro tipo di edifici. Alcune comunità non dispongono ancora di una sede stabile, come è il caso dei muridi senegalesi, che affittano ad ore il locale di una ex-palestra oppure, nelle occasioni più importanti, i locali della Galleria d’arte moderna e contemporanea. E c’è persino il caso di chi, come l’associazione dei Giovani Musulmani d’Italia, utilizza per i propri incontri, anche di preghiera, la sede della sezione di un partito politico. I luoghi di culto delle comunità islamiche sunnite sono prevalentemente concentrati in due quartieri, San Salvario e Porta Palazzo, che sono anche i quartieri che, secondo i dati dell’Osservatorio Interistituzionale sugli Stranieri in Provincia di Torino, registrano una più alta concentrazione di immigrati maghrebini. Un dato interessante emerge dalle ultime ricerche: è che soltanto una piccola parte dei potenziali “islamici” residenti a Torino frequenta le sale di preghiera, percentuale che lo studio di Negri e Scaranari Introvigne (2005) colloca intorno al 4% nei periodi normali e intorno al 7% durante il periodo di ramadan. Questa cifra, pur tenendo in conto la mancanza delle donne, che raramente frequentano le sale di preghiera e il fatto che le preghiere si celebrano di venerdì, giorno lavorativo, appare comunque molto bassa e ci illustra la differenza cui accennavamo prima fra una presenza religiosa “potenziale” e una “reale”.
Il modo di porsi a livello locale dell’islam a Torino è – secondo lo studio – condizionato dal trovarsi in un contesto sociale diverso da quello di origine. Si evidenziano, inoltre, spinte verso l’esterno che puntano a meglio codificare la presenza islamica nella nostra società. “Questo è per esempio ciò che viene esemplificato dal caso dell’associazione dei Giovani Musulmani d’Italia – si legge ancora nel lavoro del Centro Interculturale – che è stato oggetto di una delle nostre ricerche, all’interno della quale è molto presente il tema della costruzione di ciò che viene definito un “Islam italiano”. Questo dovrebbe essere una realtà che adegui i propri contenuti alla società italiana. Ci sembra importante segnalare in questa ricerca come la presenza islamica sia oggetto di maggiori dibattiti, interni ed esterni, di quanto non lo siano le altre comunità religiose di immigrati in Piemonte e come ci sia una tendenza a voler semplificare la questione senza considerare proprio la natura “plurale” ed eterogenea del mondo islamico a Torino”.
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