IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
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La scelta del leader israeliano può oggi portare ad una vittoria militare che crea un deserto di macerie, ma rappresenterà una gravissima sconfitta politica perché il vero politico guarda al domani e agli effetti delle sue azioni. Il leader israeliano ha fallito nel punto più difficile, quello cioè di costruire la pace dopo la guerra. L’odio dei palestinesi sparsi nel mondo sarà inestinguibile e provocherà un terrorismo di dimensioni devastanti, mai vissute in precedenza. Pare comunque strano che quelli che oggi parlano di genocidio nei confronti della Palestina, dimentichino di ricordare il massacro con milioni di morti della Cambogia degli anni ‘70 del secolo scorso o quello avvenuto in Ruanda nel 1994. Laddove c’è una componente etnica, religiosa e/o ideologica, la situazione si aggrava e l’ostilità diventa odio. Anche sconfiggere per fame il nemico ha precedenti negli assedi medievali e successivi. Anche la Germania nella prima guerra mondiale fu piegata dal taglio dei rifornimenti anche alimentari. Abbiamo vissuto dal 1945 un lungo tempo di pace. Oggi solo una minoranza esiguissima di vecchi ha vissuto le tragedie della seconda guerra mondiale, delle città devastate dai bombardamenti e dei civili uccisi. E’ stato detto che la guerra moderna disumanizza l’uomo perché la tecnica rafforza a dismisura gli effetti delle violenze, in passato impensabili. Non è vero se non in parte, perché la ferocia nel perseguire sui i vinti è una costante. Vae victis disse Brenno ai Romani sconfitti. Roma rase al suolo Cartagine, ma gli esempi sono molti in ogni epoca. Il genocidio degli Ebrei avvenne attraverso l’uso delle camere a gas, i crimini di Stalin trovarono nelle deportazioni in Siberia e nel freddo il loro strumento di morte senza ricorso a tecnologie particolari. I bombardamenti che distrussero intere città non possono essere dimenticati: Dresda fu distrutta senza necessità belliche, come è facile dimostrare.
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Nacquero le organizzazioni internazionali dopo la prima e la seconda Guerra mondiale e se Ginevra fu incapace di prevenire, l’Onu si sta rivelando un carrozzone del terzo mondo che non va oltre delle riunioni rivelatesi inutili anche per i veti che paralizzano ogni decisione . L’aggressione dell ‘ Ucraina è un’altra pagina terribile che vede risorgere l’imperialismo russo più brutale e trova la NATO e l’Europa inadeguate e in parte responsabili nell ‘aver suscitato – se ce ne fosse stato bisogno – un panslavismo che rappresenta una costante della storia russa , rafforzata dal comunismo sovietico. Il pacifismo è una delle idee più nobili , ma spesso si rivela impotente e perfino controproducente. A mantenere la pace dopo la seconda guerra mondiale e’ stato l’equilibrio del terrore e la paura del nucleare . Le colombe picassiane hanno giustificato gli armamenti sovietici come i partigiani della pace hanno costituito un pericolo per l’ Occidente . Il pacifismo auspica l’abolizione della guerra ed è fuor di dubbio che esso opponga un rifiuto ai miti nazionalisti che inneggiano alla guerra. Le contese internazionali – ineliminabili nella storia umana – vanno risolte per via diplomatica e non attraverso il ricorso alle armi. C’è anche chi auspica il disarmo e l’abolizione degli eserciti, ma si tratta di proposte che si sono rivelate impraticabili nella realtà . Il disarmo non dovrebbe mai essere unilaterale, ma di tutti: un’ipotesi impossibile. Paradossalmente un certo tipo di pacifismo potrebbe favorire la guerra perché la debolezza degli Stati portano altri Stati ad approfittarsene.
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Il pacifismo non sempre è il mezzo per realizzare il fine della pace. In ogni caso il pacifismo che ricorre alla violenza appare senza il minimo dubbio una vera e propria assurdità. Se ci fosse più cultura, pagine immortali come quelle di Kant sulla pace perpetua, sarebbero più conosciute. Esse eviterebbero errori evidenti dovuti alla semplificazione manichea della storia. Kant non si avventura nei temi giuridici, ma resta nell’ambito filosofico. Kant è ben consapevole della distinzione tra politica e morale, un discorso non sempre chiaro, mentre da Machiavelli in poi il pensiero filosofico ancorato alla storia capisce che l’essere e il dover essere non coincidono quasi mai. Gli utopisti che fanno coincidere la politica con la morale provocano danni e generano confusione senza apportare contributi utili. C’è infine il tema della non -violenza che non va confuso con il pacifismo, come avviene oggi. La non- violenza è un metodo di lotta politica formulato da Gandhi. Non violento fu anche Martin Luther King e in Italia Aldo Capitini e Marco Pannella. La non-violenza appare oggi anch’essa una forma di utopia perché la violenza e l’irrazionalismo stanno travolgendo le basi stessa della convivenza civile. Lo storico Luigi Salvatorelli sosteneva l’esigenza di essere razionalisti in un mondo preda dell’irrazionalismo novecentesco. Oggi torna questa esigenza. Almeno quella della banale razionalità.
Nacquero le organizzazioni internazionali dopo la prima e la seconda Guerra mondiale e se Ginevra fu incapace di prevenire, l’Onu si sta rivelando un carrozzone del terzo mondo che non va oltre delle riunioni rivelatesi inutili anche per i veti che paralizzano ogni decisione . L’aggressione dell ‘ Ucraina è un’altra pagina terribile che vede risorgere l’imperialismo russo più brutale e trova la NATO e l’Europa inadeguate e in parte responsabili nell ‘aver suscitato – se ce ne fosse stato bisogno – un panslavismo che rappresenta una costante della storia russa , rafforzata dal comunismo sovietico. Il pacifismo è una delle idee più nobili , ma spesso si rivela impotente e perfino controproducente. A mantenere la pace dopo la seconda guerra mondiale e’ stato l’equilibrio del terrore e la paura del nucleare . Le colombe picassiane hanno giustificato gli armamenti sovietici come i partigiani della pace hanno costituito un pericolo per l’ Occidente . Il pacifismo auspica l’abolizione della guerra ed è fuor di dubbio che esso opponga un rifiuto ai miti nazionalisti che inneggiano alla guerra. Le contese internazionali – ineliminabili nella storia umana – vanno risolte per via diplomatica e non attraverso il ricorso alle armi. C’è anche chi auspica il disarmo e l’abolizione degli eserciti, ma si tratta di proposte che si sono rivelate impraticabili nella realtà . Il disarmo non dovrebbe mai essere unilaterale, ma di tutti: un’ipotesi impossibile. Paradossalmente un certo tipo di pacifismo potrebbe favorire la guerra perché la debolezza degli Stati portano altri Stati ad approfittarsene.
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Il pacifismo non sempre è il mezzo per realizzare il fine della pace. In ogni caso il pacifismo che ricorre alla violenza appare senza il minimo dubbio una vera e propria assurdità. Se ci fosse più cultura, pagine immortali come quelle di Kant sulla pace perpetua, sarebbero più conosciute. Esse eviterebbero errori evidenti dovuti alla semplificazione manichea della storia. Kant non si avventura nei temi giuridici, ma resta nell’ambito filosofico. Kant è ben consapevole della distinzione tra politica e morale, un discorso non sempre chiaro, mentre da Machiavelli in poi il pensiero filosofico ancorato alla storia capisce che l’essere e il dover essere non coincidono quasi mai. Gli utopisti che fanno coincidere la politica con la morale provocano danni e generano confusione senza apportare contributi utili. C’è infine il tema della non -violenza che non va confuso con il pacifismo, come avviene oggi. La non- violenza è un metodo di lotta politica formulato da Gandhi. Non violento fu anche Martin Luther King e in Italia Aldo Capitini e Marco Pannella. La non-violenza appare oggi anch’essa una forma di utopia perché la violenza e l’irrazionalismo stanno travolgendo le basi stessa della convivenza civile. Lo storico Luigi Salvatorelli sosteneva l’esigenza di essere razionalisti in un mondo preda dell’irrazionalismo novecentesco. Oggi torna questa esigenza. Almeno quella della banale razionalità.