Caro scuola: il peso dei libri di testo e l’oligopolio editoriale che ostacola l’equità

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La tematica affrontata in questo articolo si inserisce nel più ampio dibattito che da tempo anima il mondo dell’istruzione italiana: quello dell’inclusione e integrazione scolastica.

Garantire pari opportunità di accesso alla formazione non significa solo promuovere ambienti accoglienti e rispettosi delle diversità, ma anche rimuovere gli ostacoli economici che impediscono a molte famiglie di sostenere i costi dell’educazione.

Tra questi, il caro libri rappresenta una delle barriere più insidiose e persistenti.

Un costo che pesa sulle famiglie

Ogni nuovo anno scolastico porta con sé un fardello economico sempre più gravoso per le famiglie italiane. Secondo i dati diffusi dal Codacons, nel 2024 il prezzo dei libri di testo ha registrato un aumento del 18% rispetto all’anno precedente, con un ulteriore incremento del 2,8% nel 2025. In vent’anni, il rincaro complessivo ha raggiunto il 25%, ben oltre il tasso di inflazione programmata.

La spesa media per gli studenti delle scuole superiori si aggira oggi intorno ai 500 euro annui, mentre per quelli delle medie si parla di circa 350 euro. Una cifra che, per molte famiglie, equivale a metà di uno stipendio mensile. Eppure, il numero degli studenti è in calo: dagli 8,7 milioni del 2004/05 ai 7,9 milioni attuali.

Meno studenti, ma libri sempre più costosi.

Un mercato dominato da pochi

Gli editori attribuiscono l’aumento dei prezzi al rincaro della carta da macero, che ha registrato un +52% dal 2023. Tuttavia, questa spiegazione appare parziale. Il vero nodo è l’assetto del mercato editoriale scolastico, dominato da un oligopolio: quattro gruppi editoriali – Mondadori, Zanichelli, La Scuola e Sanoma – controllano l’80% del settore, che vale circa 800 milioni di euro l’anno.

Il Gruppo Mondadori, in particolare, detiene una quota di mercato del 32% ed è controllato per oltre metà dalla Fininvest, presieduta da Marina Berlusconi.

Questo assetto monopolistico limita la concorrenza e perpetua pratiche  come le “nuove edizioni” annuali, che spesso si riducono a semplici rimpaginazioni o cambi di copertina.

Il risultato? L’impossibilità di riutilizzare i libri da un anno all’altro, aggravando ulteriormente la spesa per le famiglie.

Modelli alternativi e soluzioni possibili

A fronte di questa situazione, l’Italia si distingue negativamente tra i grandi Paesi europei per la spesa pro-capite in libri scolastici. Eppure, esistono modelli alternativi già adottati con successo all’estero. In Germania, alcuni Länder offrono gratuitamente tutto il materiale didattico, mentre a Berlino le famiglie versano una quota forfettaria di 100 euro l’anno, con esenzioni per i redditi più bassi. In Francia, le scuole forniscono direttamente dispense e libri, riducendo drasticamente i costi. In Olanda, Belgio e Svezia, le spese scolastiche per l’età dell’obbligo sono coperte dallo Stato, salvo piccoli contributi per fotocopie o danni ai materiali.

Anche in Italia esistono esperienze virtuose, come la cosiddetta “autoproduzione” didattica, in cui i docenti preparano direttamente le dispense per gli studenti. Tuttavia, queste pratiche restano marginali e non sufficientemente sostenute dalle istituzioni.

Investire in istruzione significa anche garantire un accesso equo ai materiali didattici.

Secondo Eurostat, nel 2020 l’Italia ha destinato solo lo 0,65% del PIL all’istruzione secondaria, contro l’1,31% della Germania e l’1,26% della Francia. Invece di aumentare la spesa militare – come richiesto da Usa e Nato – sarebbe più utile raddoppiare gli investimenti nell’istruzione pubblica.

Una questione di equità e inclusione

Questa battaglia non riguarda solo la scuola, ma anche il salario indiretto: quel sistema di welfare che dovrebbe garantire gratuitamente i servizi essenziali come salute, trasporti e istruzione. Ridurre il costo dei libri di testo non è solo una questione economica, ma un passo fondamentale verso una scuola più inclusiva, equa e capace di integrare davvero tutti gli studenti, indipendentemente dal loro background socioeconomico.

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