Abbiamo mantenuto l’impegno preso: entro il primo anno di mandato abbiamo visitato tutti gli istituti penitenziari del Piemonte. Oggi si è concluso il nostro percorso con una visita al carcere di Novara.
Partiamo dalla sanità*, sempre una delle questioni più delicate. A Novara abbiamo trovato un’area sanitaria ben strutturata: dentista una volta a settimana (con ortopantomografo), radiologo e tecnico radiologo, una macchina nuova per radiografie ed ecografie, e dermatologo presente ogni due settimane. Manca però ancora qualche specialista fondamentale come il cardiologo, l’urologo e l’oculista. Gli spazi e gli strumenti ci sono, ma mancano i professionisti sul territorio.
Ci è stato anche raccontato un lungo percorso, partito nel decennio scorso, per superare l’uso improprio del Lyrica: oggi viene prescritto solo in base alle sue reali indicazioni terapeutiche e non come calmante generico.
Molto positivo il lavoro sulla mediazione linguistica e culturale, fondamentale in un carcere dove circa il 50% delle persone detenute è straniera. I mediatori arrivano da un corso realizzato da Enaip, e la casa circondariale stessa ha richiesto specificatamente la presenza di questa figura al Ministero della Giustizia ottenendo la presenza di mediatori in lingua araba e albanese. C’è una sala di preghiera per i detenuti musulmani e un imam è presente ogni due settimane per condurre la preghiera. Presente anche una cappella curata dallo stesso cappellano dal 1975.
La garante dei detenuti ci ha raccontato del rapporto molto stretto tra carcere e città, favorito dalla posizione dell’istituto vicino al centro. Questo legame contribuisce al buon clima interno. Sono attivi diversi progetti con realtà cittadine, come la Comunità di Sant’Egidio, e c’è un tavolo di confronto dedicato alle attività svolte in carcere, coordinato dal Centro Servizi per il Territorio, che si occupa del volontariato locale.
Nonostante la detenzione resti una condizione difficile, il clima generale è apparso umano e disteso, l’ambiente molto pulito. Come già nel caso di Verbania, la dimensione ridotta dell’istituto aiuta. Restano però delle criticità strutturali, come la mancanza di spazi comuni adeguati, e forti carenze di personale: mancano circa 30 agenti, e la direzione è attualmente divisa tra Novara e Biella.
Tra le attività: corso per elettricisti (con festa finale e pizza), corso per guida del muletto (con l’intenzione di acquistare un muletto per l’impiego interno), corsi universitari, campi da calcio e pallavolo. L’edificio è vecchio, ma fresco all’interno; sono autorizzati i ventilatori in cella.
E da otto anni, da quando è arrivata l’attuale dirigente sanitaria, nessun suicidio: un dato che parla da solo.
Il quadro che emerge da tutte le visite è chiaro: la differenza la fanno le persone. Dove ci sono personale adeguato, impegno, cura e responsabilità, le cose funzionano meglio. Ma non può bastare la buona volontà di pochi. Serve un sistema strutturato, equo e giusto. Noi continueremo a lavorare per questo.
GRUPPO REGIONALE AVS