In vista delle elezioni comunali del 2027, a Torino il Partito Democratico si ritrova di nuovo a navigare in acque torbide, stretto tra l’esigenza di costruire un’alleanza larga e la crescente difficoltà nel gestire il rapporto con il Movimento 5 Stelle. L’esperienza dell’ultimo mandato, segnata da una convivenza spesso tesa in Consiglio comunale e da compromessi poco comprensibili agli occhi dei cittadini, sembra aver lasciato più ombre che luci.
Il problema non è solo politico, ma identitario. A Torino, storica roccaforte del centrosinistra, il PD ha progressivamente perso centralità, incapace di proporre una visione riconoscibile della città. Invece di rilanciare il proprio profilo, ha inseguito logiche di alleanza spesso percepite come meri accordi di vertice, poco radicati nel territorio e ancor meno nel tessuto civico torinese. Il risultato? Un elettorato disorientato, una base militante demotivata e un crescente spazio per liste civiche alternative.
Il Movimento 5 Stelle, da parte sua, continua a muoversi in modo ambivalente: partecipa al gioco delle alleanze ma mantiene un atteggiamento da opposizione interna, criticando le scelte dell’amministrazione quando non ne è protagonista, alimentando confusione tra gli elettori.
Nel frattempo, sul territorio iniziano a emergere nuove realtà civiche, spesso guidate da figure radicate nel tessuto sociale, che parlano con maggiore chiarezza di temi concreti: mobilità sostenibile, casa, inclusione, tutela degli animali, politiche giovanili. Realtà che intercettano il malcontento di una cittadinanza stanca delle solite logiche di partito e desiderosa di partecipazione autentica.
La vera sfida per il PD torinese, dunque, non è solo quella di vincere le elezioni, ma di decidere chi vuole essere: un partito che si appiattisce su alleanze tattiche, o un soggetto politico capace di ricostruire una visione di città e aggregare forze civiche vere, non solo cartelli elettorali. Continuare a restare nelle sabbie mobili dell’ambiguità rischia di costare caro, non solo in termini elettorali, ma di credibilità.
ENZO GRASSANO
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