La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: Quartieri che scoppiano – Gli studi classici – Lettere

Quartieri che scoppiano
Il quartiere periferico  “Il Corvetto” di Milano con l’episodio del ragazzo immigrato ucciso in seguito ad un inseguimento dei carabinieri, dopo che detto giovane si è dato alla fuga senza fermarsi all’alt delle forze dell’ordine, rivela solo in minima parte gli errori gravi commessi dal sindaco Sala che ha pensato di declinare l’inclusione, l’integrazione e la sicurezza senza filtri e azioni volte ad impedire l’invivibilità delle periferie attraverso  la tutela dell’ordine pubblico, un’espressione considerata reazionaria a priori. Non è solo Sala ad aver commesso questi gravi errori che hanno fatto esplodere il disagio visto come un elemento giustificativo  della illegalità. Questa idea secondo la quale la colpa non è mai individuale ma sempre della società ci fa riandare al tardo positivismo ottocentesco, a Zola. E infatti le Banlieues francesi hanno origine dalla metà dell’800, ma la loro invivibilità è diventata totale da quando esse sono  monopolio degli immigrati stranieri e anche francesizzati. La situazione è peggiorata man mano che sono cresciute  nuove generazioni che non vogliono integrarsi neppure sul piano minimo del rispetto delle leggi vigenti. E’ quanto si sta delineando in modo sempre più chiaro anche  a Milano e in altre città meridionali. Il governo in questi due anni si è rivelato inerte o incapace anche se lo sciopero generale di Landini tradisce un atteggiamento catastrofista. La stupidaggine del portare immigrati in Albania è talmente incredibile da rivelare la presenza ai vertici di  politiche velleitarie. Noi cittadini siamo in  mezzo a sindaci demagoghi, governanti incapaci, opinionisti che sparano continue provocazioni mai costruttive, anche se gli ululati sul pericolo fascista appaiono infondati. La situazione economica e produttiva appare invece assi critica e non è infondata la sensazione di vivere sopra una polveriera che può esplodere da un momento all’altro. Destra e sinistra hanno responsabilità diverse, ma in realtà simili. Viviamo il dramma di una democrazia malata in mano a mediocri eletti da un sistema elettorale che consente agli incapaci di cooptare altri ancora più impreparati: quello che accade nella Lega, ad esempio, è vistoso quanto intollerabile.  La torinese Barriera di Milano sta avvicinandosi a tappe forzate ai quartieri milanesi che rivelano tutta l’incapacità di Sala . Torino guarda a Milano anche nel peggio. Un Mi.To inedito davvero terribile. L’estremismo violento a Torino nella giornata di sciopero generale rivela un infantilismo politico davvero fuori dalla realtà che vorrebbe essere una “rivolta sociale”. Non torniamo a Sorel, ma al ribellismo sessantottardo o al clima, Dio non voglia, del Biennio rosso che, questo sì, che scatenò il fascismo.
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Gli studi classici

Ho letto il libro di Marco Testa “Apologia degli studi classici”, ed. Giubilei. Testa è uno studioso serio che non segue le mode ed affronta il tema della cultura classica e del liceo classico. Oggi sono argomenti considerati in disuso se constatiamo che sono in mano al Circolo dei lettori, al paleo filologo e vetero stalinista   Luciano   Canfora. La cultura classica dei Perelli,  Garbarino, dei Ciaffi,  dei Pennacini, dei Lana, non c’è più. Per non parlare dei Rostagni e  dei Marchesi e sul versante degli studi greci del grande Manara Valgimigli e di Antonio Maddalena. Oggi gli studi umanistici sono visti come perdite di tempo inutili. I cervelli atrofizzati di oggi non sono neppure più in grado di muoversi nella sintassi antica. Aveva ben ragione un mio docente nel dire che quegli studi non sono per tutti. Il libro di Testa merita di essere letto.
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Lettere  scrivere a quaglieni@gmail.com
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Donne di Torino
Ho letto un libro che pubblica in abbinamento con “La stampa” testimonianze di una ventina di donne torinesi, alcune delle quali scelte con un criterio che potrei definire da Museo  E g i z i o:  sempre le stesse donne che si credono protagoniste della vita di Torino e pestano acqua nei mortai del conformismo. Quel libro in realtà spiega perché Torino ha una minoranza  di donne in carriera ipercelebrate. Ci sono donne che occupano posti di potere a ripetizione da decenni. Sono sempre le stesse. Lei cosa ne pensa?     L. Ferri
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Non ho letto il libro, ma lo leggerò  volentieri perché conosco ed apprezzo la curatrice Maria La Barbera; la sociologa che ha raccolto i testi  ha dovuto far necessariamente  fuoco con la legna a sua  disposizione anche perché Torino è egemonizzata da molte di quelle donne che non piacciono  alla dottoressa Ferri. Hic Rhodus, hic salta. Il sociologo riflette la realtà, diceva Franco Ferrarotti  e La Barbera la  fotografa. Ma c’è  anche un  altro tipo di donne a cui andrebbe  data voce. E’ un invito che mi permetto di rivolgere all’autrice  del libro. Anzi mi permetto di citare  qualche nome di gente importante: Anna Chiusano, Bianca Vetrino, Donatella d’Angelo, Maria Grazia Grippo, Elda Casetta, Stella Bolaffi, Marina Rota, Giovanna Galante Garrone, Anna Antolisei, Anna Rossomando, Patrizia Valpiani, Anna Maria Poggi, Cristina Tabacco, Anna Ricotti Platter, Maria Grazia Imarisio, Elisabetta Cocito, Simonetta Pagano, Rossana Cavallo, Giovanna Pacchiana Parravicini, Cristina Caccia. Ma anche  le donne “qualunque”  andrebbero  ascoltate. Impiegate, operaie, disoccupate, studentesse, soldatesse, immigrate di II  generazione ecc. Certo vippume – la lettrice ha ragione –  ha già mille posti dove esibirsi. E le “madamazze”, di cui parlava Montanelli,  in verità hanno un po’ stancato e hanno anche  fatto litigare  persino due ministri dello stesso partito.
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Il Generale Amoretti ultimo “bugia nen”
Illustre professore, ho letto il Suo articolo sul Generale Amoretti a cui tardivamente è stata dedicata una via torinese. Il generale è stato un grande torinese che ha creato il Museo Pietro Micca. Ricordo che venne anche osteggiato come sempre accade a Torino. Le sue parole più di ogni altre hanno reso giustizia al generale che era anche uno studioso molto serio.     Gian Luigi Ferro
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La ringrazio, ma la figura del  Generale va oltre il Museo perché lui, come fece Francesco Cognasso con la sua storia di Torino, ha consentito ai torinesi di riappropriarsi della storia del Piemonte sabaudo settecentesco, delle pagine legato al re  Vittorio Amedeo ll e al principe Eugenio.  Oltre al Risorgimento c’era quella storia sepolta attorno alla Cittadella che Amoretti ha riportato alla luce anche di fronte al conformismo dei negatori della dinastia sabauda. Non fu facile per un militare in servizio. Il coriaceo Generale fu a suo modo un soldato agli ordini di Cacherano di Bricherasio che capeggiò i piemontesi all’Asietta: l’ultimo dei “bugia nen”.
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