Torino, tensioni nella sezione femminile del carcere

Dal Sappe riceviamo e pubblichiamo
 
“Ancora tensione in carcere a Torino! Nella giornata di lunedì, intorno a mezzogiorno, una detenuta di origini dominicane di poco più di venti anni, ristretta al padiglione femminile, ha posizionato un materasso e altri effetti letterecci all’interno del bagno della propria cella per poi darvi fuoco”. Lo denuncia Vicente Santilli, segretario regionale per la Liguria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “Non paga, la detenuta ha simultaneamente incendiato un secondo materasso nella zona giorno della cella. Immediatamente il personale di Polizia Penitenziaria è intervenuto con gli estintori per domare le fiamme e, considerata la rapidità di propagazione ed i fitti fumi prodotti, è stato necessario evacuare la Sezione per evitare che le altre detenute presenti si intossicassero”. “Sebbene le operazioni di spegnimento dell’incendio e di messa in sicurezza siano state rapidissime e non abbiano portato a conseguenze ulteriori tra le detenute presenti”, conclude il sindacalista, “tuttavia, sei unità di polizia penitenziaria intervenute hanno poi dovuto ricorrere alle cure dei sanitari poiché manifestavano sintomi di intossicazione e sono quindi state trasportate in ambulanza presso il locale nosocomio.”
Il Segretario Generale del SAPPE Donato Capece stigmatizza i gravi episodi avvenuti nella Sezione femminile del carcere di Torino ed esprime solidarietà alle unità del Corpo coinvolte: “Con questi ulteriori gravi eventi critici, sale vertiginosamente il numero dei poliziotti coinvolti da detenuti senza remore in fatti gravi. Esprimiamo la massima solidarietà e vicinanza a tutte le colleghe ed i colleghi della Casa circondariale di Torino. il tempestivo intervento delle Agenti ha scongiurato una degenerazione pericolosissima. Questi ultimi episodi devono far riflettere i vertici dell’Istituto e della Regione. Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri regionali, siamo in balia di questi facinorosi. Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali: in carcere non ci sono solo detenuti, ma ci operano umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle Istituzioni”.  
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