Tassiamo gli extraprofitti bancari!

Ho fatto una breve indagine fra gli amici sul tema della tassazione dei cosiddetti extraprofitti bancari, chiedendo se fossero d’accordo o no sull’ipotesi di imporre il pagamento di un’imposta sui guadagni derivanti dall’enorme ampliamento della forbice dei tassi ed il risultato è stato chiarissimo ed indiscutibile.

Su venti persone (campione certamente esiguo, ma comunque da non sottovalutare) 18 hanno risposto senza esitazioni SI e solo 2 hanno risposto NO.

Tenendo presente che quei due sono dirigenti di banca (anch’io ho qualche amicizia “pericolosa”…) ne ho concluso che la totalità del campione è favorevole al progetto.

Populismo? Risentimento contro la casta dei bancari? Voglia di rivalsa dopo anni di angherie subite?

Le motivazioni possono essere tante, non tutte magari condivisibili, ma il responso mi pare indiscutibile; ed invito gli scettici a provare a fare lo stesso test fra i loro amici.

Il fratto è che nel corso degli ultimi anni gli istituti di credito hanno approfittato della situazione anomala del mercato: è vero che hanno ridotto (ma con ritardo, e non sempre in misura adeguata) i tassi a carico dei clienti finanziati, ma hanno azzerato senza pietà il rendimento dei conti correnti e dei libretti di risparmio. E nel momnento in cui, un anno fa, l’inflazione (spinta dalla forte ripresa economica dopo il tracollo del PIL durante gli anni del COVID) ha ripreso a correre in misura veloce, passando da zero al 10%, i tassi applicati sui prestiti sono schizzati alle stelle mentre quelli sui depositi sono rimasti a zero.

Una situazione anomala e moralmente inaccettabile: se il tasso di riferimento delle banche centrali indica il “costo base” del denaro, è logico ed etico che la traslazione degli aumenti avvenga sia nel campo dei tassi attivi che in quello dei tassi passivi. Magari non con la stessa entità numerica, ma comunque con lo stesso trend.

Invece cosa è successo?

La tabella lo indica chiaramente.

Forbice tassi

ANNI​ ATTIVI ​​ PASSIVI​​  FORBICE

2019​ 1,54% ​​0,29% ​​1,25%

2020​ 1,39% ​​0,23%​​ 1,16%

2021 ​1,35%​​ 0,23%​​ 1,12%

2022 ​3,45%​​ 0,40% ​​3,05%

 

Utili bancari alle stelle a tutto vantaggio di due categorie: gli azionisti (che quest’anno beneficeranno di corposi dividendi) ed i dipendenti (che si spartiranno i premi previsti dai budget).

Insomma, l’anomalo andamento dei tassi attivi per le banche (triplicati) e dei tassi passivi (praticamente invariati) ha generato i cosiddetti “extraprofitti”, cioè un incremento improvviso degli utili legati ad eventi eccezionali non riconducibili a strategie aziendali o capacità imprenditoriali.

Il governo ha ritenuto quindi opportuno intervenire, introducendo la tassazione sugli extraprofitti attraverso il cosiddetto “decreto Omnibus” del 10 agosto 2023, che prevede l’imposizione con l’aliquota del 40% sul maggior valore del margine d’interesse dell’anno 2022 (purché superi di almeno il 5% il margine del 2021), e sul margine dell’anno 2023 (purché superi di almeno il 10% il margine del 2021). Per evitare un eccesso di tassazione che avrebbe potuto pregiudicare gli equilibri di bilancio, è stato fissato un tetto massimo della tassa pari allo 0,1% del totale dell’attivo delle istituzioni di credito.

Dopo accese discussioni (anche all’interno della maggioranza) si è elaborato un emendamento che modifica in parte il meccanismo di calcolo.

Il tetto massimo dell’imposta straordinaria sarà elevato dallo 0,1% allo 0,26%, ma su una base imponibile più esigua, escludendo il margine d’interesse sui titoli di Stato.

Inoltre (importante novità) in luogo del versamento le banche potranno destinare «a una riserva non distribuibile un importo pari a due volte e mezzo l’imposta», riserva computata «tra gli elementi del capitale», rafforzando il patrimonio delle banche. La tassa dovrà essere versata all’Erario «solo nel momento in cui quel patrimonio dovesse essere distribuito agli azionisti».

Infine è stabilito (norma importante ai fini della tutela del risparmio) il divieto alle banche di traslare gli oneri derivanti dalla tassa «sui costi dei servizi erogati nei confronti di imprese e clienti finali».

Finché non sarà definitivamente approvata la norma, non si potràesprimere alcun giudizio.

Ma un’osservazione è d’obbligo: il principio della tassazione di extraprofitti è eticamente corretto, trattandosi di una rendita di posizione derivante da posizione oligopolistica tipica del sistema bancario.

Ed a questo punto mi permetto di avanzare una proposta sicuramente provocatoria ma altrettanto sicuramente non del tutto fuori luogo.

Signori banchieri, se siete così contrari a farvi tassare gli extraprofitti, perché non provvedete a ridurli applicando sui depositi interessi adeguati ed in linea con il trend di mercato? Non volete pagare 2 miliardi di imposte supplementari? Basta pagare 2 miliardi di interessisui conti correnti riducendo la forbice a livelli “naturali” ed “equi”.

Otterrete due importanti risultati: un risparmio sulle odiate imposte e la riconoscenza dei milioni di clienti che vi hanno affidato i loro sudati risparmi (sono oltre 1.100 miliardi di euro) fiduciosi di trarne un rendimento che li compensi dei loro sacrifici.

Parlate tanto di fidelizzazione della clientela in convegni, riunioni, meeting, cercate di passare dalle parole ai fatti, fidelizzandoli veramente attraverso l’unico strumento che può legarli alla vostra banca: l’interesse!

Grazie.

 

Gianluigi De Marchi

Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articolo Precedente

A Brandizzo i funerali dell’operaio Sorvillo morto sui binari

Articolo Successivo

Formazione, Accossato (LUV): “realtà a scopo di lucro la Giunta tira dritto”

Recenti:

IL METEO E' OFFERTO DA

Auto Crocetta