COSA SUCCEDE(VA) IN CITTÀ
In fondo bastava veramente poco. Ci aiutava la fantasia. Niente televisione, niente video niente di niente. Magari, raramente, un cinema di quarta se non quinta serie. Eppure lo sento ancora. Il profumo della felicità. Agosto di oltre 60 anni fa: Torino si svuotata, ma io per allora non capivo non sapendo. Sapevo solo che per 30 giorni 24 ore su 24 avevo a disposizione mio padre.
Monocamera affittata a Tuberghengo frazione di Viu’ in val di Lanzo. Ci si lavava in con il catino e per i bisogni c’erano i prati.
Si arrivava in corriera Soffietti. Da Torino si partiva dalla Torino Cirié Lanzo. Poi Venaria e la direttrice della Mandria. San Germano e poi i tornanti fino a Viu’. Cambio e corriera che andava al Col del Lys. 3 fermate, la curva di Tuberghengo. Poi 500 metri a piedi.
La casa era l’ultima verso la valle. Dal lato opposto Viu’. Si raggiungeva in mulattiera.
Giù fino alla Stura. A valle, sulla sinistra la falegnameria di Giacu. Tutto fatto a mano.
La piccola picozza come la piccola Gerla per portare il fieno. Stavo ore a guardare i montanari che facevano il fieno con la falce ed una pietra levigata per affilare la lama. Si aspettava uno o due giorni per essiccare l’erba che diventava fieno. Poi il forcone per covoni. Non osservavo solo, soprattutto fantasticavo. Così i ruscelli diventavano inguardabili fiumi tropicali. Già da piccolo avevo un debole per gli scopritori dei misteri delle giungle. La piccola picozza, a seconda delle necessità, poteva essere un machete o un fucile. I miei zii mi regalarono l’Enciclopedia Conoscere. Ogni settimana una dispensa.
Era piena di figure. Storia, geografia scienze, fauna e flora. Lo scibile umano per bambini.
Poi il mitico Salgari e Verne, tra Capitano Nemo e i pirati della Malesia. Il più delle volte bastava una fervida immaginazione condivisa con una totale fantasia. Altro che telefonini o computer. Ebbene si l’ ho detto. Ci bastava così poco. Sarà l’età avanzata ma ho nostalgia di quei tempi. Sicuramente di una giovinezza che non potrà mai tornare.
Ma anche nostalgia di un tempo che per trovare una nostro tempo dovevamo muoverci. Muoverci con le gambe e muoverci con la fantasia. Oggi può sembrare impossibile che vivevamo senza auto, senza telefono portatile, senza navigatori da consultare. Persino, solo per un mese, senza servizi igienici in casa. Mangiavamo sempre in casa, al massimo pranzo al sacco nelle gite fori porta fino a Malciaussia. Con l’indimenticabile cioccolato Toblerone.
Un solo giorno era dedicato al ristorante: il giorno di Ferragosto. Ristorante per modo di dire. Un ” agriturismo ” ante litteram.
La cucina con il pavimento di terra ed il putage’ per cucinare. Il menù presto detto: antipasto di salumi. Primo la buseca e secondo o coniglio o pollo. Tutto a. Km 0.
I salmi del maiale ucciso e macellato a gennaio. La buseca: minestrone con la trippa e verdure dell’orto, si intende. Polli ruspanti e conigli allevati dall’oste. Oste che era tutto. Cucinava e serviva. Forse zoppicante il vino, rigorosamente rosso imbottigliato da damigiane. Tanto non ne capivo nulla ed andavo di Coca-cola. La giornata volava via come le ferie. Come è volata via un po’ di felicità e di fantasia di quei tempi. Siamo cresciuti superando abbondantemente i 60 anni. Che poi , in fondo non è così da poco essere arrivati a questo punto.
Ovviamente buon ferragosto a Tutti.
PATRIZIO TOSETTO
(Da bambino nella foto)
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