IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni
Vent’anni ci separano dalla morte di Giovanni Agnelli e difficilmente dimenticherò il clima straordinario che si creò nel Duomo di Torino per i suoi funerali in cui si mescolavano autorità importanti e semplici cittadini. Fuori dal tempio migliaia di operai Fiat che accolsero con un applauso il feretro di Agnelli e con i fischi il presidente del consiglio Berlusconi.
Cosa resta dell’avvocato dopo vent’anni?
Già nel centenario della nascita non ci fu a Torino nessuna iniziativa degna per ricordare un torinese cosmopolita fuori ordinanza, davvero unico nella storia della città.
Finora forse quasi nessuno ha colto la necessità di storicizzarlo, andando oltre i miti e oltre le facilidemonizzazioni.
Ad esempio, al Liceo “d’Azeglio”, dove lo commemorai vent’anni fa, il giovane Agnelli venne rimandato in tutte le materie per un 7 in condotta, ma, appena ottenuta la Maturità, Agnelli, ufficiale di Cavalleria, partecipò alla campagna di Russia e a quella in Africa settentrionale durante la seconda guerra mondiale.
Due aspetti contrastanti che rivelano una personalità poliedrica.
L’avvocato nel 1966 subentrò a Valletta nella presidenza della Fiat. Sentì la necessità di fare della Fiat un’impresa davvero internazionale, ma con la mente e il cuore saldamente a Torino. Oggi non è più così.
Va ricordato che Agnelli trovò un sindacato troppo ideologico che non ebbe solo l’intenzione di difendere i dipendenti, ma di mettere in crisi l’azienda. Gli anni terribili successivi all’autunno caldo videro in fabbrica anche dei fiancheggiatori del terrorismo e un clima di scontro frontale che solo la marcia dei Quarantamila riuscì ad arginare. La politica non seppe fare la sua parte ed Agnelli cedette alla seduzione dell’assistenzialismo statale indotto dalla politica dell’ad Romiti.
La Fiat non seppe prevedere neppure la concorrenza straniera che stava minacciando il mercato italiano fino ad allora egemonizzato daisuoi marchi. Essa incominciò a perdere capacità produttiva e competitività. Il prestigio internazionale del suo Presidente servì a portare i giochi olimpici invernali a Torino, ma non fu sufficiente a preservare un marchio in crisi.
Credo si possa parlare di un autunno della Fiat che divenne un gelido inverno con la morte del suo presidente.
Piero Bairati fu lo storico rigoroso e imparziale di Valletta, Agnelli meriterebbe un lavoro simile a quello che pubblicò la Utet in una collana ormai estinta.
Ebbi modo di conoscerlo, di parlare e di cenare anche con lui e con donna Marella. L’amicizia con Mario Soldati, con Jas Gawronski e con Giorgio Forattini mi ha consentito di conoscere bene l’avvocato.
Era uno uomo sofisticato, ma anche semplice. Jas Gawronski ha da poco pubblicato da Aragno un libro in cui c’è anche un ritratto dell’amico che merita grande attenzione.
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