Referendum: Manzi, 5 Si’ nel nome di Tortora

Gianfranco Spadaccia, storico leader radicale, nel suo recente libro intitolato “Il Partito Radicale” (Sellerio editore) parlando della storica battaglia sulla giustizia conseguente allo scandalo del caso Tortora così scrive: “il caso Tortora aveva portato insieme le posizioni socialiste (in particolare con Claudio Martelli) e quelle liberali (con Altissimo, Zanone e Patuelli) e quelle garantiste dei Radicali, di cui allora era segretario Giovanni Negri. Insieme concordammo di tradurre questo avvicinamento in una iniziativa riformatrice della giustizia da realizzare per via referendaria, rivolgendoci direttamente al potere abrogativo di leggi, o parte di esse, che l’art. 75 della Costituzione riconosce direttamente al popolo”. Erano tre referendum, sul sistema di voto del CSM contro la partitocratizzazione della magistratura, sulla responsabilità civile dei magistrati, contro la commissione inquirente che salvava i Ministri che erano accusati di aver commesso reati. Era il 1987, 35 anni fa. Una valanga di sì non bastò e il Parlamento legifero’ contro il volere degli italiani.

Oggi, con i 5 referendum sulla giustizia che voteremo il 12 giugno, abbiamo una nuova occasione di riforma, di spinta in avanti. Per la riforma del CSM, per la separazione delle carriere dei magistrati, contro la legge Severino antigarantista, per ridurre gli abusi della custodia cautelare e per un controllo equo dell’operato dei magistrati.
Temi che questo Parlamento non ha e non avrà la forza di affrontare. Il rischio di non raggiungere il quorum è concreto dato che solo il 30% degli italiani conosce i temi referendari. Come sempre noi giochiamo il possibile contro il probabile e lottiamo.

Silvia Manzi già segretario radicali italiani

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