Quando gli artisti interpretano “la mossa del cavallo”

La mostra sino al 29 agosto, nella Chiesa di Santa Croce ad Avigliana

“La mossa del cavallo” – anche titolo caro ai molti lettori di Andrea Camilleri – è la mostra che racchiude per l’intera estate (fino al 29 agosto, presso la Chiesa di Santa Croce, in piazza Conte Rosso ad Avigliana, orario d’apertura sabato e domenica dalle 16 alle 20) le opere – una sessantina – di ceramisti, scultori, pittori e artisti del vetro – trentasette in tutto – che hanno a tema il quadrupede già al centro, sin dall’Età della Pietra, delle tante decorazioni rinvenute sulle pareti delle caverne in Europa e non soltanto. Luigi Castagna e Giuliana Cusino, che l’hanno curata nel panorama della galleria “Arte per Voi”, sempre più interessata a riprendersi il tempo perduto a causa della pandemia, in un proliferare incessante di appuntamenti artistici, hanno dato incarico di illustrare il tema, piccolo se vogliamo, ristretto e contenuto, ma pronto a dilatarsi senza ostacoli, ai tanti artisti convocati secondo le tecniche, le preziosità, i materiali, gli influssi, gli umori, le occasioni. Al centro la scultura di Piero Della Betta, termine di riferimento di una ideale scacchiera.

Nel presentare la mostra, Donatella Avanzo parla, a proposito del soggetto, di “eleganza, fierezza, libertà”, termini che riportano alla mente un lungo percorso pittorico e scultoreo che ha attraversato i secoli. Termini della memoria, appropriati; ma la mostra non è soltanto classicismo, il continuare a percorrere strade più o meno antiche. Certo le opere di Alfredo Ciocca (“Chiare e fresche acque”, un olio datato 2016), di Elena Monaco (“Spezzare la frusta”, 2010, con la sempre riconosciuta perfezione del disegno dell’artista, radici nel cuneese e cresciuta con personali slanci alla scuola di invidiabili maestri, da Saroni a Calandri, da Menzio a Gatti), di Ines Daniela Bertolino (“Caval ‘d brôns”), di Sergio Unia (il gesto tragico della “Caduta”) virano verso i canoni classici, nobilitandoli; forse, nel lungo elenco dei partecipanti, sono questa volta lo humour sparso dagli artisti qua e là e il gioco delle sperimentazioni con nuovi materiali quasi a imporsi, guardando al cavallo con occhio moderno, bizzarro, disincantato, fatto di allegria contagiosa.

Gli esempi della ceramica raku allineano le opere di Nadia Brunori e di Giuliana Cusino (i recenti “Nato dal sangue di Medusa” e “Creatura di purezza, libertà e tenerezza”), Francesco Di Martino usa terracotte e smalti, Giancarlo Laurenti anche per questo sghembo quanto emozionante “Ronzino” continua ad affidarsi ai legni e alle resine, Guglielmo Marthyn rivisita spiritosamente l’inganno dei Greci a Troia o estrae da qualche fumetto il suo “Cavaliere bellicoso” (entrambi grès decorati con ossidi e smalti). Lo sberleffo maggiore, il messaggio contro ogni regola, la risata più sonora e allo stesso tempo amara appartengono a Massimo Voghera che si è ricordato di Enzo Jannacci e del suo “Ho visto un re”, costruito con argilla, ossidi, smalti e ottone ci riporta al successo (ricordate? “pianger fa male al re fa male al ricco e al cardinale diventan tristi se noi piangiam”) di una canzone e al graffio di un’epoca.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini:

Ines Daniela Bertolino, “Caval ‘d bröns”, 2021, tecnica mista su tela, cm 200 x 98;

Giuliana Cusino, “Creatura di purezza libertà e tenerezza”, 2021, ceramica raku su tavola, cm 90 x 38;

Giancarlo Laurenti, “Il ronzino”, 2021, legno assemblato con resine, cm 40 x 30 x 20;

Massimo Voghera, “Ho visto un re”, 2019, Argilla semirefrattaria, ossidi, smalti e ottone, cm 39 x 35 x 14

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