La legge elettorale nella politica italiana si cambia ormai in ogni legislatura. E questo per un semplice motivo: e cioè, non essendoci più una politica che proietta il suo orizzonte a lungo termine, tutto si riduce all’immediato.
E quindi i partiti, o quel che resta di loro, decidono sulla base dell’incrocio dei sondaggi degli ultimi mesi della legislatura. Non stupiscono, al riguardo, i repentini cambiamenti di opinione. Sotto questo versante l’iniziativa politica del Pd è persin troppo emblematica. Dopo aver tessuto le lodi per mesi e mesi del proporzionale e quindi della necessità di avere una legge elettorale che guardasse in quella direzione, improvvisamente è ritornata di moda, quasi come il dogma delle primarie, il sistema maggioritario e tutto ciò che comporta, in termini di benefici, quell’impianto regolamentare e legislativo. E questo perchè, come ricordavo poc’anzi, le leggi elettorali sono sempre e solo il frutto delle convenienze momentanee legate alle sentenze inappellabili dei sondaggi dell’ultimo mese. Adesso, almeno così pare, la convenienza ultima pare essere quella di ripuntare sul maggioritario – almeno da parte della ex maggioranza giallo/rossa con la tacita condivisione di quasi tutto il centro destra – dopo aver predicato la necessità e quasi l’obbligatorietà di procedere con il proporzionale. Ma, come ben si sa, in un contesto politico dominato dal trasformismo e dall’opportunismo, quello che si dice nel mese precedente viene puntualmente smentito e rinnegato nel mese successivo. Certo, il voto è ancora lontano – almeno così pare – e non sono ancora da escludere ulteriori capriole e cambiamenti di orientamento e di prospettiva. Dunque, tutto è ancora possibile perchè tutto è giustificabile.
Ora, però, se dovesse essere confermata sostanzialmente la pessima legge elettorale varata per disciplinare le ultime consultazioni – il cosiddetto “rosatellum” – seppure con qualche marginale correzione, dovremmo arrivare alla conclusione che il maggioritario resta l’impianto centrale della futura legge in vista della prossima consultazione elettorale, a prescindere dalla data in cui ci saranno le elezioni. E, di conseguenza, con il maggioritario occorrerà fare i conti.
E, sotto questo versante, per chi non si rassegna alla logica del bipolarismo secco e insindacabile, è indispensabile nonchè necessario, mettere in campo una iniziativa politica di centro che, come ovvio, si misuri poi con una dinamica bipolare ispirata alla nota democrazia dlel’alternanza. Ecco perchè, forse, è necessario pensare, sin d’ora, di dar vita ad una lista/ soggetto politico di centro – il più possibile inclusivo ed unitario – che sia in grado di convivere con un sistema maggioritario che inesorabilmente dovrà fare i conti con le coalizioni in campo. Certo, esiste sempre la possibilità di giocare un ruolo puramente testimoniale come, almeno così pare, faranno alcune realtà che non pensano minimamente di allearsi con chicchessia. Ma che si limiterebbe a giocare un ruolo politicamente insignificante ed elettoralmente irrilevante. Come ne abbiamo conosciuti a grappoli in questi ultimi anni, soprattutto sul versante moderato e di centro. Esperienze che continuano tuttora e che, come da copione, sono destinate a restare del tutto marginali nello scacchiere politico italiano.
La vera sfida politica, quindi, resta quella di verificare la compatibilità politica e programmatica con i due schieramenti che saranno probabilmente in campo. Quello di centro destra dove, di fatto, manca tuttora una chiara e robusta componente di centro, moderata e capace di riequilibrare la cultura leghista e quella della destra democratica. E quello di sinistra, condito ed arricchito dal populismo grillino e condizionato dal solito e ormai collaudato “culturame” di sinistra. Due offerte politiche che saranno destinate, salvo accadimenti ad oggi del tutto virtuali ed impensabili, a confrontarsi nella contesa elettorale. E il ruolo di chi cerca, seppur con difficoltà oggettive e strutturali, di declinare una “politica di centro” attraverso una offerta politica e programmatica “di centro”, sarà oltremodo importante e forse anche decisivo in vista della “vittoria finale”. E questo non per rivangare antiche esperienze o, peggio ancora, scimmiottare partiti che nel passato hanno fatto del “centro” e della “politica di centro” la loro ragion d’essere. Molto più semplicemente, si tratta di conservare uno spazio politico che sappia anche e soprattutto contenere quella radicalizzazione dello scontro politico che resta la vera causa del decadimento della politica stessa e delle sue ragioni ideali e progettuali. Ed è per questo motivo, semplice ma al tempo stesso impegnativo ed entusiasmante, che questa sfida va vissuta sino in fondo. Recuperando quella coerenza e quel coraggio che restano ingredienti fondamentali anche in questa stagione politica difficile e complessa.
Giorgio Merlo
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