E’ inutile negare che la confusione e il disorientamento regnano sovrani nella cittadella politica
italiana. Non passa giorno che non regali qualche novità politica sino a qualche ora prima esclusa
quasi scientificamente e con solenni dichiarazioni. E’ il trasformismo bellezza, direbbe qualcuno. E,
del resto, in una stagione dominata dal trasformismo non può che essere così.
Ora, seppur all’interno di un contesto come quello che caratterizza la situazione politica italiana,
qualche barlume di chiarezza può essere utile per orientare e condizionare lo stesso dibattito
pubblico. Pur dovendo fare i conti con una cornice politica, appunto, destinata a mutare in
continuazione e senza più potersi appellare alla coerenza e alla trasparenza dei comportamenti
come bussola per orientarsi e tracciare una linea.
Ma, se c’è un aspetto – tra i tanti – su cui adesso molti osservatori e militanti pollici, compreso chi
scrive, si esercitano quotidianamente e non solo da un mese, è quello di creare tutte le condizioni
affinché riparta quel progetto politico che comunemente viene definito come un “centro che guarda
a sinistra”. Recuperando uno dei pochi slogan degasperiani che però ha segnato, in contesti
diversi e in fasi storiche altrettanto diverse fra di loro, l’intero cammino politico e culturale del
cattolicesimo democratico, popolare e sociale nel nostro paese. Un progetto che, però, continua
ad essere straordinariamente moderno a prescindere dal vento trasformistico e dai tatticismi
esasperati che attraversano orizzontalmente la politica italiana. Perché un “centro che guarda a
sinistra” resta l’impegno prioritario per chi non si rassegna al triste epilogo del centro sinistra. E,
soprattutto, resta un impegno decisivo per quella tradizione politica, culturale, etica e
programmatica che va sotto il nome del cattolicesimo democratico, popolare e sociale. Non c’è
progetto più credibile e coerente per chi vuol costruire, senza trasformismi e tatticismi indigeribili,
una alternativa ad un centro destra altrettanto credibile, coerente e affidabile sotto il profilo
democratico e costituzionale.
Sotto questo versante, e’ stata una notizia forte e dirompente quella annunciata dal Presidente del
Consiglio Conte alla Festa di Articolo 1 a Roma di essere un esponente politico che riconduce la
sua “formazione alla sinistra” con una cultura ispirata al “cattolicesimo democratico e al
cattolicesimo sociale”. Ora, noi sappiamo chi sono stati, nella storia, i grandi punti di riferimento
politico e culturale di questa tradizione. Per fermarsi al cattolicesimo sociale non riconducibile alla
storia e alla esperienza della sinistra comunista e socialista, il pensiero corre immediatamente alla
sinistra sociale di Forze Nuove della Democrazia Cristiana interpetata e rappresentata con
autorevolezza e prestigio per molti anni da uomini come Carlo Donat -Cattin e Guido Bodrato. Una
tradizione che conserva, tuttora, una bruciante attualità e una forte contemporaneità. Del resto,
cresce la domanda in molte aree sociali e culturali del paese, e non solo nell’arcipelago cattolico,
di dare una rappresentanza, seppur non più autonoma e solitaria, a queste istanze politiche e
culturali.
Ma, per restare all’oggi, credo che anche alla luce delle considerazioni svolte dal Presidente Conte
alla festa di Articolo 1, non si possa non prendere in seria considerazione la proposta, maturata nel
movimento cattolico democratico e popolare Rete Bianca, di avanzare la candidatura dello stesso
Conte alle prossime suppletive Roma per sostituire il deputato uscente Gentiloni. E questo per
due motivi sostanziali.
Innanzitutto smentire, nei fatti, che il primo ministro continua a non essere un eletto. Un elemento,
questo, che non viene imposto da nessuna legge o regolamento ma che contribuirebbe, semmai, a
rafforzare anche politicamente la figura del Presidente del Consiglio. E, in secondo luogo, una sua
candidatura contribuirebbe anche a qualificare quel “centro che guarda a sinistra” concretamente,
senza ulteriori cambiamenti politici mensili o piroette improvvise.
Per questi semplici motivi la candidatura a Roma del Premier potrebbe rivestire un grande
significato politico e culturale e potrebbe anche ipotecare un progetto politico che deve ancora
essere costruito, definito e perfezionato anche se e’ fortemente richiesto e gettonato.
Giorgio Merlo
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