Dc e Pd, correnti di ieri e di oggi

In un partito autenticamente e sinceramente democratico le correnti esistono. Da sempre. Che poi
siano correnti di pensiero, correnti di potere o bande organizzate per la conquista del potere come
capita oggi poco importa. Sempre di correnti si tratta

L’esatto contrario dei partiti cosiddetti
“personali” o del “capo”. Detto questo, che non è affatto un elemento secondario ai fini della qualità
della democrazia nel nostro paese e della stessa concezione democratica dei partiti, e’ indubbio
che la situazione della prima repubblica non è lontanamente paragonabile alla fase politica
contemporanea. Al netto delle profonde diversita’ politiche, culturali, sociali e di sistema tra i due
periodi storici.
Ma, per fermarsi al capitolo delle correnti e del loro ruolo all’interno dei partiti, non si può non
registrare che anche la democrazia interna ha un senso solo se la politica è protagonista e non un
semplice accessorio. Perché delle due l’una. E cioè, o le correnti sprigionano un forte e qualificato
dibattito politico e allora non solo vanno mantenute ed incentivate ma addirittura regolamentate e
garantite, oppure sono puri strumenti di potere nelle mani di qualche ras che hanno come unico
obiettivo quello di interdire e di condizionare la linea del segretario nazionale da un lato, e di
perseguire un uso spregiudicato del potere nella scelta delle candidature e nella spartizione del
sottogoverno dall’altro. Locale e nazionale. Ed è proprio qui che emerge la profonda diversità tra
un partito della prima repubblica e quelli dell’attuale stagione politica – la Dc e il Pd, nello specifico
– che coltivano al proprio interno una infinita’ di articolazioni di sfumature. Con una differenza di
fondo, però. Nella Democrazia Cristiana esisteva certamente la degenerazione correntizia ma, per
citare Donat-Cattin, le “correnti di pensiero” rappresentavano una specificità e una qualità non
indifferente che contribuivano a guidare un grande partito popolare, di massa, interclassista e di
governo. Una presenza che ancora oggi viene ricordata, e citata, per la sua elaborazione politica e
culturale e per la sua organizzazione profondamente democratica. Accanto, ovviamente, a gruppi
vari di potere legati a mere cordate clientelari e di tessere. Nel Pd, oggi, facendo un doppio salto
temporale, la molteplicità e la continua proliferazione delle correnti assomiglia più ad una gamma
di gruppi organizzati alla ricerca del potere che non a movimenti e correnti dediti al progetto politico
e alla costruzione di un dibattito tra i diversi filoni ideali presenti in quel partito. E’ appena il caso di
ricordare che le svariate dispute locali all’interno dl Pd – in qualsiasi parte d’Italia da Torino Palermo
– assomiglia più ad uno scontro tra persone, ognuna con la propria banda o corrente organizzata
che non ad un confronto politico e culturale tra i vari filoni ideali. Al punto che la notizia che da
sempre domina incontrastata in qualsiasi città o paese quando si parla del Pd e’ la conta delle
correnti interne in quella o in quell’altro luogo. Altroché la barzelletta dello scioglimento delle
correnti o dei gruppi organizzati all’interno del Partito democratico. Quelle, con le primarie, restano
i due capisaldi essenziali della natura del Pd. Almeno sino ad oggi. Certo, la fase decadente della
Democrazia Cristiana con la molteplicità delle correnti prive ormai di qualsiasi respiro politico
ricorda molto l’attuale organizzazione del Pd dove la politica e’ drasticamente secondaria rispetto
allo scontro tra le varie cordate interne per la distribuzione del potere. Ma, per non fare di tutta
l’erba un fascio, non posso dimenticare che proprio la Dc e’ stata per molti anni un modello
esemplare di come in un grande partito possa esistere un forte e qualificato dibattito senza per
questo lacerare il tessuto e l’unità profonda dello stesso partito. E anche oggi nel Pd, per citare un
altro grande partito democratico e popolare dopo la stagione renziana del “partito personale “,
l’ormai famoso “Pdr”, e’ possibile recuperare un fecondo dibattito politico, purché sia un confronto
dettato dalla politica e non da uno scontro del tutto artificiale e virtuale tra singoli detentori di
tessere, di potere clientelare interno che prescinde, come ovvio, da qualsiasi valutazione politica,
culturale o sociale.
Comunque sia, ieri la Dc e oggi il Pd, partiti diversi ma comunque attraversati da una qualificata e
robusta democrazia interna. Con molti limiti e molte imperfezioni. Ma sempre meglio di quei partiti
o movimenti politici, soprattutto contemporanei, che si caratterizzano solo e soltanto per la
strategia del capo, con tanti saluti alla democrazia, alla partecipazione interna e al rispetto delle
minoranze. Perché alla fine, meglio un partito un po’ balcanizzato e confuso che un partito guidato
da una sola persona. Perché la conservazione della democrazia, sino a prova contraria, resta la
strada maestra rispetto alle intuizioni di una modernità che ha come effetto, tra gli altri, quello di
incrementare la deriva autoritaria e illiberale delle stesse istituzioni.

Giorgio Merlo

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