Tutto l’astratto degli americani Monique Rollins e David Row
Fino al 25 ottobre
Monique Rollins, americana di Wilmington – Delaware, classe ‘80 (oggi residente fra States e Italia, in Toscana) e David Row, (americano di Portland, dove nasce nel 1949 e che lascia per vivere oggi a New York e nel Maine). Artisti “di casa”, o per lo meno già in più occasioni proposti da Marco Sassone, negli spazi della sua Galleria “metroquadro” di corso San Maurizio, a Torino. In comune, i due, hanno le origini natali e uno sviscerato amore, frutto di attenti studi e assidui contatti con i “grandi” del settore, per quell’arte genericamente definita “astratta”, ma vissuta dai due (e a incidere qui è forse anche una differenza d’età non da poco e di frequentazioni amicali e professionali assai diverse) su piani artistici ed emozionali apparentemente assai lontani fra loro. Già, perché si fa presto a dire “arte astratta”. Ma c’è “astrattismo” e “astrattismo”! Ci sono, solo per citare i grandi “iniziatori”, i Kandinsky, ma anche i Mondrian.
La libera fantasia e il gesto spontaneo a fronte dell’uso, per contro, di forme geometriche pure e di un approccio assolutamente razionale e strutturato al linguaggio di segno e colore. Nel primo caso, eccoci per mano a Monique Rollins, nell’altro a David Row. E allora perché quel titolo dato alla rassegna: “Equilibri”? A ben vedere e a volerlo proprio cercare un perché c’é. Condividiamo infatti quanto scritto nella presentazione delle opere dei due: “Accostati, i due linguaggi – leggiamo – non si annullano ma si amplificano: la forza gestuale di Rollins trova un contrappunto nella precisione di Row, l’urgenza del colore incontra la calma della forma. In questo incontro, l’astrazione rivela la sua natura plurale, capace di contenere tanto la vertigine del sentimento quanto la chiarezza della costruzione”. Dunque: “equilibrio” come salvifica “differenza” (e non è un “paradosso”) necessaria, in un ben calibrato accostamento, ad “amplificare” le intuizioni e i messaggi segnici e cromatici dell’arte astratta. Dell’arte di Monique e di quella di David.
“Incontrare le opere di Monique Rollins – scriveva il critico Roberto Mastroianni in una mostra del novembre 2024 tenuta dall’artista sempre alla ‘metroquadro’ – fa lo stesso effetto che sentire una canzone di Jimi Hendrix: ci si trova davanti a immagini che sono un’alchimia di colori e forme, di suggestioni ed emozioni, ricche di una profonda musicalità”. Vero! Tant’è che a quella personale venne proprio dato il titolo di “Welcome to Electric Ladyland”, in memoria di quell’“Eletric Ladyland”, doppio vinile del ’68 firmato dal più grande chitarrista nella storia d’ogni tempo della musica rock. Le opere oggi esposte dalla Rollins si articolano in modo quanto mai vario aggirandosi all’interno di una produzione eterogenea incentrata su dipinti a olio, acrilici, disegni a carboncino e collage di carta su tela, utilizzando differenti medium, tra cui matita, acrilico, acquerello, penna e inchiostro e, nell’ultima produzione, anche materiale tessile. Ad affascinare nelle sue opere è quell’imperterrito inseguirsi (alla De Kooning, in primis) di “linee caotiche e violente” tese alla ricerca o al contrario al voluto smarrimento di ogni definizione della struttura, senza mai dimenticare, però, la delicata magia del colore, ispirata ai toni del “Rinascimento italiano” (veneziano in particolare, sua specializzazione presso il “Pratt Institute” di New York) e da quel “rosa Tiepolo” mirabilmente capace di addolcire e ammorbidire gli indefiniti labirinti cromatici delle sue tele. Accanto, altra cosa.
Le pagine di “investigazione segnica e cromatica” (si intitolava proprio “Investigations” l’ultima sua mostra alla “metroquadro”) portata avanti da Row “attraverso forme, spazi, poligoni irregolari ed ellissi carichi – si è scritto – di grande energia ma bilanciati da un equilibrio e da una precisione formale, a loro volta fratturati e frammentati da sottili linee in vividi colori fosforescenti”. Allievo alla “Yale University” di Al Held (particolarmente noto per i suoi dipinti “Hard-edge” su larga scala, cui molto devono gli “spazi geometrico-luminosi” o “scivolosi”, come li definisce lo stesso Row), l’artista di Portland espone a Torino una contenuta serie di lavori a olio su carta “Arches”, ideati per la realizzazione di tele e tavole di dimensioni maggiori, ma assolutamente opere in tutto e per tutto perfettamente compiute (come le “Ellissi” e le grandi “X”) e vive di una loro ben specifica e lirica realtà. Grande architetto, Row, di universi rigorosi, come di “bislacche” geometrie nella fuga oltre i confini di un “narrato” pur sempre imbrigliato nella rigorosità del segno. Capita anche questo (ma sempre nella pacatezza dei toni) all’interno di “un perimetro irregolare che richiama il limitato campo visivo dell’uomo”.
Gianni Milani
“Equilibri. Monique Rollins e David Row”
Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino; tel. 328/4820897 o www.metroquadroarte.com
Fino al 25 ottobre. Orari: dal giov. al sab. 16/19
Nelle foto: Monique Rollins “Ring My Bell” e “Spring Scape”, oil on canavas, 2018 e 2012; David Row “Study for Dept Grammar” e “Heartburn”, oil on Arches paper, 2017
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