La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: I morti buoni e quelli cattivi – Il caos – L’ incomunicabilità – Lettere

I morti buoni e quelli cattivi
Il prof. Odifreddi è un personaggio molto considerato da certi ambienti per le sue battute fulminanti che rivelano una vis polemica davvero eccezionale in un matematico e uomo di scienza come egli si considera ed è considerato. Con lui ebbi un animato dibattito sulla laicità e il laicismo in relazione a Giordano Bruno. Le sue posizioni rozzamente anticlericali impedirono di proseguire nel confronto di idee che stava finendo  nel battutismo da osteria. In questi giorni è  tornato alla ribalta, parlando dell’uccisione di Charlie Kirk, attivista del partito di Trump.
Infatti ha di fatto giustificato l’uccisione in base alle idee politiche del morto, dicendo cinicamente che “chi semina vento raccoglie tempesta“. Per Odifreddi forse esistono i morti buoni e quelli cattivi e la violenza contro la destra è cosa diversa di quella contro la sinistra. Ecco un modo illiberale di concepire la lotta  politica, giustificando la morte di chi non la pensa come noi. Voltaire diceva che avrebbe lottato fino alla morte per garantire la libertà di esprimere idee contrastanti con le sue. Odifreddi sembrerebbe giustificare chi uccide in base alla diversità di concezione politica. E’ una versione della violenza propria dei  giacobini francesi  e dei rivoluzionari comunisti russi, riproposta nel 2025 . Meriterebbe un Nobel. Magari per la scienza come venne dato quello per la letteratura a Fo, repubblichino della X Mas  di Salò, diventato fiancheggiatore dei terroristi rossi.
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Il caos

Tutte le riflessioni che abbiamo letto o ascoltato nei mesi scorsi sulla situazione internazionale e sulle due guerre che dividono il mondo, si stanno rivelando miopi e parziali. Anche i politici di tutti i colori rivelano la loro inadeguatezza. Siamo tutti dipendenti dal presidente russo e dal premier israeliano che si rivelano del tutto insensibili ad ogni tentativo di mediazione e ad ogni richiamo al buon senso. Vogliono perseguire i loro fini anche a costo di distruggere in modo irreversibile ogni speranza di pace. Israele si sta rivelando responsabile involontario  di un antisemitismo che ha raggiunto livelli mai visti e che può riarmare la mano al terrorismo internazionale. La parola pace appare una parola sconosciuta al premier israeliano che sopravvive al carcere solo facendo sopravvivere la guerra ad oltranza . Putin minaccia quello che resta dell’Europa, consapevole di trovare una Eu ormai sfilacciata, guidata da gente impreparata e incapace. L’Europa vuole riconoscere uno Stato che non esiste, la Palestina, invece di  tentare di assumere decisioni volte a indurre a più miti consigli Putin

 

Non saranno i soldati polacchi schierati al confine  che potranno intimorire lo Zar. In tutto questo quadro di sfacelo appare l’inettitudine di Trump che tace dopo aver detto idiozie  politiche velleitarie per mesi. Trump in poco tempo è riuscito a ridurre la potenza americana e ogni credibilità politica del presidente. Siamo davvero immersi in una condizione che può portare alla terza guerra mondiale e all’uso dell’atomica. Noi cittadini non possiamo far nulla, a parte i fantasiosi  che si sono imbarcati con Greta e potrebbero creare altre tensioni e altri disastri con la scusa di una finalità umanitaria che maschera il vero intento della propaganda politica . I nostri governi europei sono  al limite. Forse solo Italia e Germania hanno mantenuto un briciolo di coerenza . La Francia dopo il velleitarismo internazionale di Macron ha rivelato una situazione disastrosa in tutti i sensi , per non parlare della Spagna.

Esistono solo politicanti , gli statisti appartengono al passato. Questo è il nostro dramma che può diventare il dramma del mondo. Non illudiamoci: stiamo correndo verso il disastro della guerra. Chi conosce la storia sa cosa accadde nel ‘14 e nel ‘39. Allora la situazione era migliore di quella di oggi. Le diplomazie internazionali non esistono e l’unico linguaggio percepito è quello delle armi.

P.S.
Potrebbe sembrare una grave disattenzione non avere nominato l’Ucraina in questa  pur breve  riflessione. In effetti nel mio ragionamento l’Ucraina mi è apparsa irrilevante: un vaso  di coccio tra vasi di metallo , nessuno dei quali pregiato.

L’Ucraina è stata aggredita, su questo non ci può essere discussione, ma le responsabilità ricadono oltre che sull’aggressore Putin anche sulla NATO  e sull’Europa. E ci sono anche responsabilità evidenti  di Zelensky, rivelatosi del tutto inadeguato. Una parte nella vicenda ha avuto anche il presidente democratico  Biden, responsabile di una instabilità mondiale di cui noi vediamo oggi gli esiti estremi.

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L’ incomunicabilità

C’è sempre stata una certa difficoltà a mantenere un rapporto positivo tra vecchi e giovani, tra generazioni passate e presenti. Restano a testimoniare questa difficoltà gli antichi scrittori greci e latini e tanti altri tra cui Goldoni. Oggi questa difficoltà non è solo sostanziata di gusti diversi, modi di vita anche opposti, spiegabili con il mutare della società. Oggi l‘ incomunicabilità è dovuta anche ad ignoranza: i giovani non sanno la storia del passato, la scuola non li prepara e loro non hanno interesse a sapere. Lasciamo immaginare la confusione che regna nei cervelli di chi pensa di vivere in un eterno presente. Neppure la famiglia supplisce in molti casi ai vuoti. E’ naturale quindi che essi siano preda di chiunque sappia facilmente convincerli a passare dalla loro parte.
In questo caso il dogmatismo ne è la naturale conseguenza perché non c’è la possibilità di confrontare idee e tesi diverse. Benedetto Croce diceva che il problema dei giovani è quello di crescere, ma oggi non basta più. Dopo un po’ di anni nel corso dei quali non ho più avuto occasione di parlare con i giovani come facevo quando insegnavo ,ho provato ad avviare una conversazione e ho notato che la difficoltà a capirsi è aumentata. Chissà quanti sono i lettori giovani che mi leggono? E cosa pensano?
Cerco sempre di non dare per scontato nulla, ma temo che forse il dialogo risulterebbe difficile. Non basta a spiegare il fatto che io sia vecchio. Credo che il fatto di uscire da una certa scuola sia determinante. Mi è capitato tante volte di capire come molti argomenti fossero ignorati dai giovani. La preparazione di un liceo è poco più di quella di una scuola media del passato, mi dicono esperti a cui non è possibile non dar credito. Pensiamo cosa accade per un ex alunno di un istituto professionale… Senza un ponte tra generazioni un Paese non puo’ sopravvivere. Faccio un esempi: l’amor di Patria. Per molti giovani è una parolaccia nazionalista, per i loro nonni significa la guerra , per la mia generazione un qualcosa di vecchio e di impolverato. Eppure è un sentimento di cui parlavano già i Greci e i Romani. Se non riusciamo a colmare il fossato che ci divide, a venire meno è il concetto di popolo. Ma queste sono cose che annoiano i giovani che a volte non provano più neanche i legami del sangue. Un mio amico è stato per mesi ricoverato ed ha rischiato la vita: l’unico nipote non è passato neppure una volta in ospedale. Il giovane ha considerato l’episodio la cosa più normale.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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La scuola ha riaperto

Ho letto le cronache dei giornali sull’apertura delle scuole che partono male senza avere gli organici a posto. Ho letto anche alcune dichiarazioni di dirigenti scolastici quanto meno discutibili. Anche sui telefonini vietati c’è stato chi come il d’Azeglio che ha voluto fare di testa sua, ovviamente una testa antifascista.
Cosa ne pensa? Giulia Finetti

 

Innanzi tutto un titolo di un giornale appare davvero incredibile: “ A scuola non si formano soldati “. Rifarsi all’Ottocento appare assurdo ed esprimerlo in un discorso è una ovvietà talmente evidente che stupisce che l’autore di questa pensata stravagante  sia un dirigente ministeriale. A meno che pensi alla guerra futura. Ma c’è un’altra perla: “Fare errori è  necessario per apprendere“. Una vera sciocchezza. Per apprendere non è obbligatorio commettere errori. E’ un giustificazionismo insensato e demagogico perché è da escludere, penso, un riferimento troppo colto  a Popper che vedeva nell’errore un fatto positivo per l’acquisizione della verità. Poi c’è il “d’Azeglio“ che vuole distinguersi  ad ogni costo, non ritirando i cellulari agli studenti, ma facendo appello alla loro responsabilità. Ultimo aspetto  non da poco: aprire l’anno con atti formali di ossequio alla Palestina. Non escluderei che qualche bandiera sia stata issata in classe da qualche professore orfano dell’eterno ‘68 o da qualche allievo/a che ama sfilare ed occupare pro Palestina.

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Cefalonia e Corfù
Ho visto su Rai Storia la trasmissione su Cefalonia e Corfù e l’eccidio dei soldati italiani nel 1943. Curatore era il prof.  Alessandro Barbero che ha introdotto e concluso il documentario. Ho notato che lo storico, turbato in modo evidente anche nel volto e nel linguaggio, ha dato un esempio di come non debba essere lo storico il cui compito non è quello di piangere e indignarsi, ma quello di capire i fatti. Sarebbe comprensibile, ma comunque sbagliato, se Barbero avesse avuto il padre ucciso dai Tedeschi a Cefalonia. Mio nipote che ha assistito con me alla introduzione di Barbero non ha assolutamente capito il tono indignato adoperato. ( …)  A. G. Alberetti ved. Dondo
Ho un po’ tagliato di proposito la Sua lettera perché non voglio avere guai con Barbero. Certo lo storico di Vercelli non è Bloch e neppure Chabod.  E’ un divulgatore televisivo che partecipa emotivamente di quello che dice perché forse il copione lo impone. Lo storico deve invece essere “freddo“ e  distaccato.  Io ho sempre insistito con i miei studenti su questa scelta addirittura preliminare alla  stessa ricerca storica. Ho visto anch’io una parte del documentario che consciamente o inconsciamente smonta la retorica creatasi attorno alla Divisione Acqui e al generale Gandin trucidati dai tedeschi. In effetti Gandin si rivelò tentennante sul  l’arrendersi ai tedeschi o combatterli. Fu un comandante indeciso che addirittura indisse una specie di referendum tra i suoi soldati. Occorre una rilettura critica e non mitizzata di quella storia. E’ vero che furono trucidati o deportati in Germania, ma è difficile sostenere storicamente che a Cefalonia nacque la Resistenza. Chi lo afferma ha un’idea molto approssimativa  dell’idea stessa  di Resistenza.  Rendiamo onore ai soldati caduti, ma essi  caddero trucidati dai tedeschi dopo una battaglia in cui gli Italiani tentarono di tenere testa ai tedeschi. Gli Italiani erano circa 13mila e i tedeschi poco più di 3mila, anche se molto meglio armati . Questo elemento deve far riflettere.  La storia deve prevalere sulle letture partigiane e mitologiche anche a riguardo del dramma di Cefalonia e Corfù, isole cariche di storia italiana per molti secoli, una storia ovviamente  irrisa da Barbero. La Resistenza italiana nacque  già nel 1943 nel Nord Italia con le formazione delle prime bande partigiane comandate da tanti ufficiali dell’Esercito che nel Regno del Sud ebbe nuova vita combattendo nella Guerra di Liberazione. Quello che accadde nelle isole greche va valutato e compreso perché i comandanti rimasero senza ordini. Se Gandin non fu all’altezza, i veri responsabili dello sbandamento  italiano furono Badoglio e Roatta che tra il 25 luglio e l’8 settembre non furono in grado di traghettare l’Italia in modo adeguato. Come ho ricordato recentemente, solo il maresciallo Caviglia sarebbe forse stato in grado di affrontare una situazione gravemente compromessa. Fu già un miracolo mantenere la continuità dello Stato con il trasferimento al Sud che fu precipitoso come una fuga ,ma ebbe delle ragioni motivate che  consentirono  altre scelte.
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I Comuni e le commemorazioni
Ho letto  che al consiglio comunale di Lodi è stato commemorato Charlie Kirk. Mi sembra incredibile che i consigli comunali perdano tempo per commemorare persone del tutto estranee alla vita e alla storia di Lodi e dei Lodigiani. Arturo Actis Grosso
Non deve stupirsi, stiamo tornando ai tempi in cui i consigli comunali votano mozioni e ordini del giorno pro Palestina e contro Israele, come sul Viet Nam e contro gli USA negli Anni 60. Tutti i consiglieri comunali si sentono deputati come tutti i naviganti di Flotilla si sentano personaggi storici. E‘ il segno dei tempi burrascosi che viviamo. E’ comunque  meglio che i consigli perdano tempo a ricordare e a commemorare piuttosto che ad applaudire  le decisioni del podestà. Poi ci saranno anche le cittadinanze onorarie e tante altre corbellerie. Anzi stanno già arrivando.
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