Le “Variazioni” a colori di Enrico Vanzina

Nella Cripta di San Michele Arcangelo, fino al 27 ottobre

A irrobustire il lungo progetto iniziato nel 2020, Enrico Vanzina – lui e il cinema, i primi passi con papà Steno, la passione per le sceneggiature disposte a mettere allo scoperto i tanti vizi e le poche virtù di un’Italia sempre più piccola, produttore, scrittore che ha dato alle stampe tra l’altro il “ritratto di un paese che non cambia” come quello del fratello Carlo prematuramente scomparso sei anni fa – prosegue con “Atlante Pop”, affidato all’organizzazione di Mauric Renaissance Art e alla curatela di Giuseppe Biasutti e Marcello Corazzini, il suo sguardo, pubblico e privato, sull’Immagine e sulle immagini che si sono impossessate della nostro quotidiano. Immancabile il passaggio dall’immagine in movimento a quella fissa: “Non c’è da stupirsi se un uomo di cinema come Enrico Vanzina – annotava Francesco Poli in una precedente mostra di eguali soggetti -, immerso da sempre nelle immagini in movimento, si dedichi anche, per conto suo come fotografo, alla realizzazione di immagini fisse. Ma l’aspetto interessante e intrigante, è che Vanzina ha utilizzato tecniche fotografiche caratterizzate da una specifica connotazione artistica, con particolari valenze sperimentali e metalinguistiche… si tratta di lavori che si collegano alla gloriosa tradizione dei foto-collage d’avanguardia (in particolare quelli dadaisti, neo-dadaisti e pop) ma sostituendo la forbice e la colla con interventi digitali.” Per dirla con Giuseppe Biasutti, in un tempo di maggiore attualità, “una fotografia è l’orizzonte dell’arte e ammette innumerevoli sconfinamenti.”

Sconfinamenti che sono variazioni, diciotto per l’esattezza, rappresentazioni su un palcoscenico felicemente pop. E allora sono gli oggetti, i ricordi privati come una camera d’albergo, un paesaggio tutto torinese che accomuna un volto di donna e la Mole, o un altro che rende omaggio al De Chirico di un interno metafisico che racchiude la grande fabbrica; e allora sono i volti di Mina biondissima e unghie laccate di un rosso vivissimo – era “Milleluci” di cinquant’anni fa? -, o di Albertone Sordi alle prese con il suo pantagruelico piatto di pasta (“maccarone, m’hai provocato e io te distruggo, me te magno!”), incastonato nella piazza Santi Apostoli vuota e piovosa, o della signorina Chanel, eterna sigaretta tra le labbra; e allora è il volto di Marilyn negli scatti di Sam Shaw e nei colori di Wharol, nelle immagini che ci lasciano intendere quanto “Diamonds Are a Girl’s Best Friend” o quanto sia sensuale augurare buon compleanno a mister President; e allora è il cinema alto, Hollywood e dintorni, dove campeggiano il Billy Wilder dell’eterno “Some Like It Hot” e il nome di Stanley Kubrick, maestro insuperato. E ancora idee, suggestioni, momenti, realtà e invenzioni lunghe decenni, rappresentazioni e set, un amore senza fine, posti in cui sentirsi bene, passioni e memorie, una cultura impareggiabile. Una società che un artista ha saputo e continua a raccontare, un panorama che ci coinvolge, “un atlante” definisce la mostra Biasutti, in cui è bello perdersi.

Suggestioni che crescono in quell’ambiente nuovo e per molti versi ricercato al riparo del quale Enrico Vanzina trova spazio per le tessere del suo atlante, quella Cripta di San Michele Arcangelo di fine Settecento che s’affaccia sulla piazza Cavour (da mercoledì a domenica dalle 15 alle 19, sino al 27 ottobre), spazio antico, pronto a mettere a disposizione di uno sguardo moderno quella sua certa magia che può incantare oggi il visitatore.

Elio Rabbione

Nelle immagini, di Enrico Vanzina “Variazione Torino”, 2022, fotografia a colori; “Variazione Mina”, 2024, fotografia a colori; “Variazione Chanel”, 2024, fotografia a colori.

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