PSA “come il Covid”: in due anni, provvedimenti sottodimensionati

Un problema che richiedeva da subito una linea dura  

La filiera suinicola piemontese e nazionale si trova in una situazione per certi versi simile all’emergenza sanitaria, con le dovute proporzioni, generata dalla pandemia di Covid-19, delle cui conseguenze siamo purtroppo tutti a conoscenza” riferisce il presidente di Confagricoltura Piemonte, Enrico Allasia dopo aver esaminato la nuova possibile estensione delle zone di restrizione, atte a circoscrivere una malattia virale, la Peste Suina Africana, che nonostante non si trasmetta all’uomo, sta avendo numerose e nefaste conseguenze sull’intera economia zootecnica e non solo.

Confagricoltura ha stimato in oltre 20milioni di euro al mese le perdite dirette per la filiera suinicola nazionale, ma in realtà sono in crescita se si considera il possibile allargamento delle aree del Piemonte (in cui si contano al 30 giugno scorso 1.164 allevamenti suinicoli) nelle quali è stato riscontrato un focolaio: ad esempio, nella zona 1, sarebbero coinvolti 40 allevamenti per un totale di circa 44.600 capi che passerebbero con la nuova delimitazione territoriali in cui non è possibile movimentare gli animali, a 71 e coinvolgerebbero circa 100.000 capi.

La nuova ordinanza contro la diffusione della Psa, con regole valide per Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna in vigore fino al 30 settembre 2024, prevede l’abbattimento dei suini domestici contagiati, norme di prevenzione e innalzamento dei livelli di biosicurezza, quarantena nelle province di Lodi, Pavia e alcune attigue del Piemonte.

La nostra regione, secondo l’ultimo rapporto di ISMEA, è al secondo posto (16%) per consistenza di suini dopo la Lombardia, dove viene allevata circa la metà del patrimonio nazionale di maiali, con produzioni di elevata qualità, quasi interamente destinate al circuito delle DOP ” precisa Lella Bassignana, direttore di Confagricoltura Piemonte registrando dal vivo le preoccupazioni degli allevatori. “In mancanza di adeguati ristori, a breve molte aziende saranno costrette a chiudere i battenti. L’epidemia, infatti, avanza e porta con sé numerose questioni da risolvere: dai costi per lo smaltimento degli animali fermi in allevamento, alla necessità di estendere la cassa integrazione ai lavoratori delle aziende colpite dalla crisi, alla mancanza di reflui necessari al funzionamento degli impianti a biogas e molto altro” rimarca Bassignana.

Se gli imprenditori agricoli devono continuamente migliorare gli standard di prevenzione contro tutti i contagi, anche la popolazione deve fare la sua parte: Confagricoltura Piemonte invita a smaltire gli avanzi del cibo nell’umido, considerando l’ipotesi che alcuni carni potrebbero venire dai Paesi dell’Est, dove ci sono migliaia di focolari di Psa tra cinghiali e suini allevati, ed essere contagiate: se quello che avanza finisce nella spazzatura, dove spesso vanno a grufolare i cinghiali, si contribuisce a diffondere la malattia.

Il settore chiede con forza una svolta nel depopolamento degli ungulati, principali vettori del virus, e che si adotti ogni misura utile a ristorare dei danni diretti e indiretti di tutte le aziende che oggi risiedono all’interno delle aree coinvolte.

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