Divulgo o conosco?

L’idea per scrivere questo articolo è nata in me apprendendo la notizia della morte di Mario Trufelli, giornalista e divulgatore, che ebbi la fortuna di conoscere quando era caporedattore presso la sede regionale RAI di Potenza.

Molti lo ricorderanno per aver condotto la trasmissione Check up, forse la prima ad aver diffuso il tema della medicina portandolo nelle case degli italiani con un linguaggio semplice, comprensibile anche ai non addetti ai lavori (questa è la missione della divulgazione).

Associandolo a quanto successo alcuni giorni orsono, cioè che Temptation Island ha ottenuto un’audience di molto superiore alla trasmissione divulgativa di Alberto Angela, ho riflettuto su alcuni punti.

La diffusione, globale e massiccia, dei social ha concesso, come sosteneva il compianto Umberto Eco, “[..] diritto di parola agli imbecilli” perché se un tempo era sufficiente togliere il bicchiere a chi sproloquiava nell’osteria, ora occorrerebbe recarsi a casa loro e distruggere ogni dispositivo atto a connettersi in rete.

Ecco, quindi, che ognuno si sente autorizzato a dire la sua, molto spesso nella più completa ignoranza, convinto di essere diventato un guru in materia; la sindrome di Dunning-Kruger, infatti, descrive bene come gli incompetenti siano molto sicuri di sé mentre chi è realmente competente spesso manifesti dubbi o incertezze.

Il diffondersi a pioggia di corsi che in 3 ore online ti certificano master di questa o quella disciplina (per soli 11,99 euro) aggiunge danno al danno, permettendo a molti tuttologi di sentirsi autorizzati a pontificare, con il rischio fondato di compiere danni se parliamo di coaching o altri interventi sulla psiche.

L’enorme proliferazione di consulenti sentimentali, romantici, sessuali, coach di coppia, massaggiatori delle discipline più variegate (e spesso totalmente inutili) mettono in evidenza un solo aspetto: guadagnare in fretta, in un settore in forte espansione ancora per poco, con risultati probabili sotto l’aspetto economico ma dubbi, se non pericolosi, sotto quello salutistico e legale.

Qualcuno ha ancora sentito parlare di macrobiotica? E di new age? Eppure a suo tempo sembravano il toccasana per qualsiasi problema spirituale e nutrizionale.

Se fino a qualche anno fa si cercava il professionista famoso, la cui perizia era nota, anche se più costoso di altri suoi colleghi, ora si tende al risparmio anche in settori in cui non si dovrebbe mercanteggiare affidandosi a chi dichiara di essere il top, solo perché ha speso di più in pubblicità e, magari, ha chiesto 10 euro in meno per una visita.

Vi serve un’altra prova? Quanti libri escono quotidianamente (con gli e-book il costo di realizzazione è prossimo allo zero) sostenendo, spesso, una tesi e l’esatto contrario? Ognuno, anche se titolato, sostiene di aver trovato la pietra filosofale, la formula magica o l’elisir di lunga vita e, spesso, si trova in perfetta antitesicon le tesi di altri colleghi.

Elemento comune di tutto ciò è il guadagno, la bramosia di denaro, il desiderio di arricchirsi (per farne cosa, poi?) e distinguersi da chi, invece, ha optato per scelte diverse, a loro giudizio perdenti; San Basilio Magno, uno dei padri della Chiesa vissuto 1700 anni fa, sosteneva che “il denaro è lo sterco del diavolo”. Io non tirerei in ballo entità malefiche o sovrannaturali, ma mi limiterei a considerarlo uno dei mezzi che la scoietà ha adottato per la propria, lenta, autodistruzione.

Il denaro è, per sua natura, un bene affascinante ma oltremodoinsidioso che ha avuto, da sempre, la capacità di soggiogarci, di imporre ritmi e stili di vita giungendo a modificare gli scopi che alla vita ognuno di noi attribuisce. Se, visto individualmente, il denaro è un credito (nessuno vorrebbe spendere più di quanto ricavi), visto a livello di società è un debito, che aumenta vorticosamente giorno dopo giorno. E’ come acquistare futures in borsa senza l’indicazione del prezzo. Un suicidio.

Naturalmente questo capitalismo disumano non ci danneggia soltanto dal punto di vista economico (imprenditori che, diventati finanzieri, badano solo al profitto e non si accollano il rischio di impresa) ma anche ambientale e sociale (e non solo).

Il ricorso al credito al consumo anche per le vacanze, l’acquisto dell’auto fornita di accessori che non useremo, l’applicazione di uno sconto sul prezzo d’acquisto se chiederemo un finanziamento (non pensando che gli interessi sul finanziamento sono sicuramente superiori al risparmio praticato, ed il finanziamento dev’essere erogato dalla finanziaria ufficiale di quel brand), il recarsi a cena fuori molto più di un tempo, quando ci si trovava una volta a casa di uno un’altra a casa dell’altro, di fatto legittimano il capitalismo e, a braccetto con questo, il consumismo.

Quel che nessuno spiega, e le persone in gran parte ignoranti non capiscono, è che se il capitalismo è servito a pochi, eletti, individui per acquisire il controllo di gran parte del mondo (Arnault, Jobs, Zuckerberg, Musk, Bezos, Gates e altri) per controha portato la quasi totalità degli abitanti del pianeta a perdere il controllo delle proprie finanze, delle proprie scelte e di una vita a dimensione umana.

I servi sciocchi? Sono tra di noi, autoproclamatisi discepoli del verbo “spendere” convinti di poter raggiungere l’Olimpo mentre, ben che vada, potranno salire su una collinetta dei giardini pubblici.

Sergio Motta

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