Nel settembre del 1989 usciva nei cinema italiani L’attimo fuggente, film di grande valore e significato al di là della sceneggiatura, della regia e dei protagonisti, capace di proporsi come simbolo di una generazione e di un’epoca. La pellicola del grande Peter Weir, con uno straordinario Robin Williams nel ruolo del professor Keating, propone argomenti e riflessioni profonde sulla capacità di guardare il mondo da diverse angolazioni. Keating diventa il “capitano” dei suoi allievi, interessandosi a loro e a ciò che hanno da dire, insegnando in modo anticonformista di studiare e coltivare il proprio pensiero rompendo le convenzioni conservatrici di una società molto chiusa come quella dei primi anni ’60, facendo amare la poesia. E ognuno di loro cresce, rompe tabù e convenzioni anche in modo drammatico come accade a Neil.
Come dimenticare la “setta dei poeti estinti” che si ritrovano citando i versi di Thoreau (“Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza, in profondità, succhiando tutto il midollo della vita, […] per sbaragliare tutto ciò che non era vita e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”). O le rime potenti dell’Ulysses di Alfred Tennyson (“Venite amici, che non è tardi per scoprire un nuovo mondo. Io vi propongo di andare più in là dell’orizzonte, e se anche non abbiamo l’energia, che in giorni lontani mosse la terra e il cielo, siamo ancora gli stessi, unica ed eguale tempra d’eroici cuori, indeboliti forse dal fato, ma con ancora la voglia di combattere, di cercare, di trovare e di non cedere”). Quando, durante una lezione, il professor Keating salì in piedi sulla cattedra chiedendo ai ragazzi se avevano compreso il perché di quel gesto, di fronte al loro incredulo stupore disse: “Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù.
Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva”. Criticato e allontanato dall’insegnamento dalla direzione conservatrice dell’istituto poté assistere nel suo ultimo giorno di scuola alla coraggiosa e non scontata manifestazione di solidarietà dei suoi giovani discepoli. In quell’epico finale gli studenti salgono in piedi sui banchi gridando “Oh capitano, mio capitano”, dimostrando a Keating di aver compreso il valore del suo modo di insegnare, che nulla è stato vano e che ogni parola ha fatto breccia nei cuori e nelle menti. Colgono l’attimo fuggente, il Carpe Diem nel momento giusto. In quella ribellione c’è un messaggio fatto di passione e amicizia, amore per la vita e la giustizia. Un segnale di speranza nel fatto che, in fondo, cultura e conoscenza possono contribuire a migliorare il mondo. E a salvare noi.
Marco Travaglini
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